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Il Cielo Di Nadira
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Il Cielo Di Nadira

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Salim torn? a sedersi, umiliato da quel rifiuto. Dunque, lisciandosi la barba, disse lentamente:

«Un giorno, quando mio figlio era ancora un bambino, lo vidi giocare con alcuni roba’i

(#litres_trial_promo) d’oro; li usava come se fossero piccoli blocchetti di legno, facendone pile e lasciandoli cadere. La serva, contrariata, gli gridava dietro come una forsennata, intenzionata a farglieli deporre. Infine mi ci avvicinai io, tirai dalle tasche alcune monete di vetro colorato e gliele proposi in cambio di quelle d’oro. Il bambino accett? prontamente lo scambio.

Ecco, tu, mio caro Umar, sei come quel bambino, disposto a rinunciare ad un offerta d’oro pur di accontentarti di semplice vetro colorato.»

«Col vetro colorato la gente ci compra il pane!» esclam? Umar, infastiditosi per quel giro di parole usato allo scopo di offenderlo.

«Ma tu non vorrai restare per sempre un uomo da vetro colorato… Hai in casa qualcosa che vale pi? dell’oro… e credimi se te lo dico, il tuo Qa’id non ti sta rispettando per niente!»

«Mia sorella appartiene gi? ad Ali ibn al-?awwas!» alz? i toni Umar, mettendosi in piedi e puntando il dito su Salim.

«Il “Demagogo”, colui che ammalia il suo popolo con semplici parole… Ha una dote, ? certo… e io non saprei fare di meglio. Ma comprendi, fratello, che ibn al-?awwas ? capace di offrire solo parole? Solo monete di vetro colorato!»

«Pagher? il prezzo di Nadira quando potr? averla.»

«Io ti offro di pi? e senza neppure chiederti di averla. Sinceramente l’amor carnale mi appaga meno dell’oro e del piacere di spenderlo.»

Umar si trov? spiazzato; possibile che quello non intendesse ci? che pensava sin dall’inizio della seconda proposta?

«Spenderlo come, in questo caso?» chiese.

«Non penserai che creda che la bellezza di Nadira si fermi ai suoi occhi? E questo deve averlo capito anche il tuo Qa’id, altrimenti si sarebbe limitato a guardare. Ci? che tua sorella nasconde sotto il velo dev’essere per certo degno dei suoi occhi, ne sono sicuro. Ti chiedo solo che lei balli per me, stasera, in questa stanza.»

Umar sent? un fuoco salirgli nelle orecchie. Quello sfidava la sua gelosia come se il suo ruolo di protettore della ragazza valesse nulla.

«Jamal, fa’ dono del medaglione che porti al collo al mio amico!» comand? Salim ad uno dei suoi, credendo ancora di poter comprare Umar.

Quello si alz? e infil? al collo del padrone di casa il grosso medaglione.

Umar quindi lo avvicin? alla vista per analizzarlo: si trattava di un oggetto molto costoso, ben intagliato, ben inciso e molto pesante.

«Cos? ti noteranno tutti, fratello!» comment? Salim, sorridendo.

Tuttavia Umar si tolse il cimelio e lo lasci? cadere sul piatto del pane.

«In questa casa non si ? mai suonato o ballato!» concluse perentorio.

«Jamal nel suo bagaglio ha un mizud

(#litres_trial_promo) e sa suonarlo bene.»

Nadira, al di l? della porta, restava sbigottita da quelle richieste e immaginava gi?, cos? come immaginavano Jala e Ghadda, che presto Umar sarebbe andato in escandescenza.

«Jamal sar? allora felice di suonare alla presenza delle tue concubine.» rispose proprio quest’ultimo.

Salim adesso si fece serio e si mise in piedi.

«Ho viaggiato molto… ho conosciuto molta gente… e perfino i qa’id non mi hanno mai rifiutato nulla!»

Umar dunque imit? l’altro, sollevandosi.

«Tu credi di poter comprare tutto, ma l’onore non si pu? comprare nе svendere! Io sono il garante di tutte le donne di questa casa e non permetto che nessuno soltanto pensi di poter trattare al pari di una prostituta mia sorella!»

E quell’altro, adesso sogghignando:

«Se il Qa’id non avesse udito di Nadira, prima o poi l’avresti svenduta al primo offerente… forse anche a chi l’avrebbe trattata come tale. Fidati della parola di uno che conosce il mondo.»

«E tu fidati di me che conosco me stesso. Hai profanato la mia ospitalit?, per cui non posso tollerare ancora la tua presenza in questa casa.»

E guardando la solita serva che reggeva la brocca, continu?:

«Fa’ consegnare a questi uomini le loro cose e i loro cavalli.»

Umar li fiss? per tutto il tempo in cui, umiliati oltre ogni dire, quelli raccolsero le proprie cose e lasciarono la casa. Tuttavia il sorriso di Salim non scomparve mai dal suo viso; nervosamente sembrava voler nascondere l’imbarazzo.

Poi, giunto sulla porta, questi disse:

«Ascolta il mio avvertimento, Umar: hai promesso Nadira al Qa’id, e proprio davanti al Qa’id e davanti ai suoi ospiti tra non molto ella danzer? senza alcuna vergogna!» e se ne and?, scomparendo nel buio della notte insieme agli altri due.

«Chi era l’uomo che ti sei inimicato?» chiese Jala quasi in preda all’ansia.

«Era colui che non voglio diventare!» tagli? corto Umar, ritirandosi in camera sua e invitando le altre a fare altrettanto.

Capitolo 7

Inverno 1060 (452 dall’egira), Raba? di Qasr Yanna

Quando Idris fin? di prostrasi per la ?alat del tramonto potе rendersi conto che Apollonia, contravvenendo al divieto, abbracciava suo fratello. Senza che la ragazza si avvedesse di nulla la tir? per il velo, scoprendole i capelli, e poi, appigliandosi proprio ai capelli sciolti, la trascin? all’indietro per terra, intanto che lei si dimenava con le gambe. Idris ne aveva abbastanza di quella presenza che rendeva fastidioso un compito gi? sgradevole di suo, e quindi, intenzionato a darle una lezione una volta per tutte risolutiva, decise che l’avrebbe ammansita usando la corda nel modo in cui il giorno prima aveva fatto con Corrado. La prese a colpire dove capitava, mirando soprattutto al volto. Apollonia intanto cercava di coprirsi con le braccia mentre urlava.

Pi? in l? Corrado tremava, socchiudeva gli occhi e tornava a serrarli stretti in preda ai dolori febbrili. Vide ad un tratto l’immagine di un uomo… un uomo adulto, denudato da testa a piedi e legato al palo di un pennone. Quell’uomo tuttavia non gridava ai colpi inferti dal suo torturatore, ma fieramente sopportava stringendo i pugni.

«Roul, che fanno a quell’uomo?» domand? Corrado a nessuno.

La scena che si stava consumando davanti al suo sguardo aveva ridestato un trauma d’infanzia. Nondimeno, se Corrado fosse stato pienamente cosciente, avrebbe per certo tentato di sradicare il palo a cui era legato nel tentativo di farla pagare a colui che in quel momento si accaniva su sua sorella.

Casualmente ci pens? Umar a farlo smettere, proprio nel momento in cui questi si accingeva a salire sul terrazzo.

Apollonia, dunque, avendo avuto il permesso di starsene buona buona in un angolo, si rannicchi? con le spalle al muretto e vers? lacrime tra le sue ginocchia.

Quando Umar stabil? l’orario della liberazione del prigioniero, Apollonia pianse pi? forte, avvertendo il sollievo per qualcosa che sembrava non avere pi? fine.

In seguito Idris prese per le redini i destrieri dei tre ospiti e li condusse nelle stalle attigue alla casa.

«Non farmi pentire di essermi fermato quando poco fa Umar me lo ha chiesto.» avvert? la guardia, fissando Apollonia.

La ragazza non poteva rischiare di contravvenire un’altra volta alla proibizione, e questo non per la paura di essere picchiata un’altra volta, ma temendo che fosse costretta a tornarsene a casa.

«Fratello, fratello! Io sono qui, non me ne vado.»

Poi si avvicin? un altro po’, trascinandosi sul suolo con gambe e mani; se ne stava comunque ad almeno quattro passi di distanza.

«Corrado, mio respiro e mia vita, devi resistere solo un altro po’. Fratello, rispondimi, fammi capire che vi ? ancora il battito dell’anima nel tuo petto.»

Quindi si avvicin? mezzo passo in avanti e disse:

«Io so bene che la tua gelosia per me ? quella di un fratello per una sorella… ma lo stesso non pu? dirsi della mia devozione per te...»

Nonostante la mente dell’altro fosse annebbiata e la sua comprensione delle cose quasi inesistente, Apollonia faticava a dire ci? che teneva serbato in cuore da anni, quel sentimento che l’aveva pi? volte fatta vergognare dinanzi all’icona della Vergine.

«Non giudicarmi come sorella fedele, poichе per Michele forse non sarei rimasta qui con tanto sacrificio… Non giudicare affatto queste azioni, Corrado, perchе ci? che scopriresti potrebbe allontanarti da me… e per me questo sarebbe peggio che vederti morire.»

Quando Idris torn? sul cortile lei smise di confessare ci? che le avrebbe causato l’ostracismo del villaggio, un’emarginazione maggiore di quella che gi? viveva per il suo essere cristiana.

Essendo il buio completo, il muezzin echeggi? l’adhan della notte. Idris allora si sedette sul muretto, abbastanza distante da non sentire la ragazza, ma abbastanza vicino per intervenire se lei si fosse avvicinata come in precedenza.

«Un paio d’ore e ti porto a casa.» disse sorridendo Apollonia.

Tuttavia ritorn? seria quando si accorse di non sentire pi? le dita dei piedi e quando immagin? un effetto ancora peggiore che quel freddo poteva causare su suo fratello. Cominci? a tremare per la temperatura e cerc? di riscaldarsi le mani soffiando dentro i pugni.

«Ragazza, va’ a casa! Non vedi che tremi?» l’incoraggi? Idris, vedendola in quello stato.

«Non me ne vado… manca poco ormai.» rispose invece a Corrado.

I suoi occhi nocciola guardavano all’ins?, al viso di suo fratello, mentre le lacrime si raggelavano appena sotto le palpebre, non avendo la giusta inclinazione per scorrere gi?.

«Quanto ti gioverebbe adesso che tu avessi un po’ di fede in Dio…» chiese tra sе e sе Apollonia in relazione a Corrado, conoscendo la sua apatia nei confronti degli argomenti religiosi.

«Lo so, fratello mio, che ti rifiuti di credere che esista un Dio capace di permettere tutto il male che ti ? capitato. Lo so che Cristo e tutti i santi ti delusero gi? una volta, quando le tue preghiere non vennero accolte mentre speravi nel ritorno di tuo padre.»

«Rabel de Rougeville.» borbott? Corrado.

Apollonia si zitt? improvvisamente; suo fratello era ancora cosciente. Che avesse sentito la sua dichiarazione d’amore di poco prima…

«Corrado, fratello, ebbene tu sei vivo!»

«Rabel de Rougeville!» ripetе lui con tono pi? elevato e tutto d'un fiato, quasi piangendo e quasi gridando.

«Ricorda il santo che protegge tuo padre, appellati a lui!» lo invit? Apollonia, nel tentativo di tenerlo sveglio e impegnato.

«Sant’Andrea…»

«‘Ag?ou Andrеas

(#litres_trial_promo).» ripetе Apollonia in greco, ovvero nella lingua della liturgia cristiana in Sicilia.

In famiglia Apollonia si esprimeva in una sorta di volgare latino, e lo stesso faceva sia con i cristiani di Qasr Yanna che con molti indigeni convertiti all’islamismo. Quando tuttavia si trattava di pregare, rispolverava il vecchio greco... a dire il vero neppure tanto compreso. Diversamente, al Raba?, essendo un luogo ristretto e abitato prevalentemente da circoncisi, Apollonia e famiglia si esprimevano in arabo; quello di Sicilia ormai peculiare rispetto alla lingua del Profeta. Talune volte usavano pure qualche parola berbera che avevano appreso sentendo parlare le donne di tale stirpe al pozzo e gli uomini nei campi.

Apollonia chiuse gli occhi e a mani giunte cominci? a recitare le sue preghiere, invocando Maria madre di Dio, la Vergine, in favore di Corrado. Ovviamente pregava a bassa voce, essendo proibito per un non seguace dell’Islam far sentire le proprie orazioni alle orecchie di un credente… ed Idris se ne stava anche fin troppo vicino.

«Mariаm Theotоkos, ‘e Parthеnos

(#litres_trial_promo)...» cominci?.

Corrado avvertiva la voce di Apollonia cos? come avvertiva in quel momento la voce dei suoi ricordi, ridestati da quell’immagine della Madonna e dei santi a cui sua sorella si appellava.

Capitolo 8

Inizio estate 1040 (431 dall’egira), vallate ad est di Tragina

I vessilli sventolavano indomiti al vento; un vento incerto quel giorno, forse neppure Dio sapeva da che parte stare… cos? come, al giudizio dei posteri increduli, Dio era confuso su chi dovesse sostenere in quella battaglia. Da un lato, al grido di “Allahu Akbar

(#litres_trial_promo)”, i saraceni di Sicilia e d’Africa - arrivati in supporto dei primi - pronti a ricacciare via l’invasore. Dall’altro lato, inneggiando “Cristo vince”, gli uomini al soldo di Costantinopoli, per i quali gli invasori erano quegli altri.

Invitati dal loro comandante, al riparo tra il Jebel

(#litres_trial_promo) e le Caronie, gli uomini di Abd-Allah si prostravano verso La Mecca e involontariamente verso l’esercito nemico. Raccolti in preghiera lo erano pure gli altri, tuttavia, non in un unica orazione armoniosa, ma chi in latino e chi in greco.

L’accampamento era stato montato a circa venti miglia a levante del monte su cui ? arroccata la cittadina di Tragina

(#litres_trial_promo), e qui, tra le tende, Conrad aveva osservato il padre allontanarsi con l’intero esercito appena qualche ora prima.

Eccetto per la presenza di un modesto villaggio di mercanti e contadini, si trattava di una zona lontana dai centri abitati, ricca di boschi da un lato, sui versanti dei monti pi? alti, e di colline erbose adatte al pascolo dall’altro. Un fiume scorreva proprio nel punto pi? basso della valle, e di questo un rivolo perdurava nonostante l’estate, assicurando l’approvvigionamento idrico ai soldati.

Ora Conrad fissava il punto in fondo alla strada in cui aveva visto suo padre per l’ultima volta. La mattina l’aveva aiutato ad indossare, sulla lunga tunica bianca, la pesante cotta di maglia, la quale aveva sul petto una croce rossa. Faceva gi? caldo nelle prime ore successive all’alba, per cui aveva tenuto l’elmo al riparo dal sole, affinchе risultasse pi? fresco quando suo padre l’avrebbe messo. Come ultimo gesto, prima di salire in groppa al suo cavallo, Rabel aveva stropicciato i capelli del figlio e in cambio Conrad gli aveva passato lo stendardo e l’elmo. Poi uno sguardo e via a confondersi nella marea umana di soldati in avanzamento verso la radura appena fuori dal campo; qui Giorgio Maniace aveva arringato le sue truppe. Conrad era salito perci? sullo sgabello appena lasciato libero da un frate benedicente e aveva cercato di individuare Rabel tra gli uomini radunati l? in fondo. Poi aveva visto Roul, testa e spalle svettare oltre gli altri, ed aveva immaginato che suo padre fosse l? vicino.

Sapevano tutti che quella sarebbe stata la battaglia pi? importante dell’intera campagna siciliana, tuttavia Rabel aveva cercato di nascondere la sua tensione per tutte le ore in cui quel giorno era stato insieme al figlio.

«Sono in molti quegli altri?» aveva chiesto Conrad.

«Le vedette parlano perlopi? di fanteria. Noi abbiamo un cavallo!»

«Potrei assistere alla scena questa volta...»

«Conrad, figliolo, te l'avr? ripetuto cento volte: tu resti qui con le donne, la servit? e i monaci…» chios? Rabel, che pure continu?:

«Ma se le cose dovessero mettersi male, alle prime avvisaglie, scappa sulle colline e nasconditi.»

«C'? questa possibilit?? Tancred e Roul dicono che le cose andranno come sono andate finora… Vinceremo e porteremo a casa lauti compensi.»

«E hanno ragione… non c'? nulla di cui preoccuparsi. Il nostro ? un mestiere difficile, ? vero, ma sappiamo il fatto nostro. E poi, guai a portare sconforto tra i soldati!»

Cos? Rabel aveva rincuorato il figlio.

Era gi? mezzogiorno e per l’accampamento si respirava tutta l’apprensione per quell’attesa snervante. Ogni tanto qualcuno tornava dal campo per venire a dare notizia circa l’andamento della battaglia. Qualcuna tra le ragazze della servit? piangeva, per certo affezionata a qualche soldato con cui era nata una tresca. Poi un prete da campo avvicin? Conrad, il quale se ne stava ancora seduto sullo sgabello sotto il sole, e gli disse:

«Figliolo, tuo padre non torner? anzitempo se te ne resti qui a fissare il fondo della strada.»