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Il Cielo Di Nadira
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Il Cielo Di Nadira

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«Alfeo… nostro padre.» ribad? lui, tenendo sempre gli occhi chiusi.

«Non ricordare chi ti ha amato come un figlio, ricorda invece chi ti ha generato. Quelle storie che mi raccontavi la sera davanti al fuoco, quelle che ti ha tramandato tuo padre... il tuo vero padre. Ricorda quando mi parlavi delle lande del nord, fatte di ghiaccio e neve, e di come la gente della tua stirpe sia abituata al freddo pi? estremo. Ricordalo, Corrado, e forse il tuo sangue da uomo del nord ti sapr? scaldare per farti sopravvivere.»

«La compagnia normanna…»

«Esatto, Corrado, la compagnia normanna… continua a ricordare!»

«Mio padre, Rabel… Rabel de Rougeville.»

«S?, Corrado, fu durante l’estate di vent'anni fa l’ultima volta che lo vedesti; me lo hai raccontato un sacco di volte.»

«Io vidi le mura di Siracusa…» borbott? infine, prima di perdere i sensi in un profondo sonno febbrile.

Capitolo 5

Inizio estate 1040 (431 dall’egira), dinanzi alle mura di Siracusa

Della Sicilia essa era la “porta per l’oriente”, la citt? che era stata la pi? gloriosa di tutto il Mediterraneo centrale prima dell’avvento di Roma, la patria dei tiranni e del grande Archimede, una perla tirata fuori dal fondo del mare da delfini divini; questa era Siracusa! Ed infatti la citt? aretusea era un obiettivo troppo prestigioso per essere ignorata, una tappa che il generale dell'Impero d’Oriente, Giorgio Maniace, non poteva trascurare nella sua missione.

La riconquista completa della Sicilia a favore di Costantinopoli non era cosa facile, e quindi, se si voleva riuscire nell’impresa, bisognava prendere Siracusa ai saraceni, cos? che questa diventasse una solida testa di ponte per l’arrivo dei rinforzi da est. La citt? d’altro canto era ben fornita, alimentata da fonti d’acqua interne e difesa da tenaci soldati, i quali si erano ritirati oltre le mura dopo gli scontri iniziali. Il richiamo dei muezzin sui minareti ricordava agli assedianti che conquistarla sarebbe stata un’impresa lunga e logorante.

Giorgio Maniace era un uomo rude e dispotico, e specie con le sue truppe e gli ufficiali al suo comando si dimostrava spesso violento… un perfetto guerriero per dirla tutta. Perfino il suo aspetto testimoniava il suo carattere bruto: orbo di un occhio, era alto pi? della media e i suoi lineamenti erano grezzi, spiacevoli. Tutto di lui incuteva timore, tanto tra i suoi quanto tra le disgraziate milizie saracene che ci si erano scontrate. Il suo valore era indiscusso gi? prima che l’Imperatore d’Oriente gli affidasse la missione di strappare la Sicilia agli arabi, ma adesso che da Messina fino alle porte di Siracusa ricomparivano le croci, la sua fama diventava assoluta. D’altronde serviva un carattere forte e un’autorit? indiscutibile se si voleva riuscire in un’impresa pi? grande della stessa guerra contro l’Islam, cio? riuscire a controllare il variegato esercito da lui comandato. Erano molte le stirpi radunate al soldo di Giorgio Maniace: uomini di Costantinopoli e dei suoi possedimenti, pugliesi, calabresi, armeni, macedoni, pauliciani

(#litres_trial_promo)… ma anche mercenari, i conterati

(#litres_trial_promo) che brandivano la lancia al seguito del longobardo Arduino… la guardia variaga, nordici che avevano attraversato le steppe slave per servire l’Imperatore d’Oriente e guidati da Harald Hardrada… e i normanni del basso corso della Senna, tra i pi? abili guerrieri.

Proprio uno di questi ultimi - tuttavia non ancora soldato - se ne stava a guardare il mare intorno alla quinta ora del pomeriggio, spingendosi con lo sguardo oltre le rovine dell’antica citt? poste sulla terraferma. La citt?, infatti, un tempo era stata ben pi? grande, estendendosi anche su una parte considerevole della costa prospiciente l’isola di Ortigia, l? dove sorge il nucleo della famosa Siracusa. Da duecento anni, tuttavia, dopo il devastante assalto saraceno, consisteva della sola parte insulare e di un’esigua parte della penisola, finita gi? sotto il controllo di Maniace. A ci? che restava di Siracusa gli uomini rivolgevano i pensieri e le armi nel tentativo di riuscire in quell’assedio che durava ormai da mesi, oltre quel canale stretto ed esiguo che divideva la citt?.

Conrad aveva nove anni e la guerra l’aveva conosciuta presto, affinchе si temprasse al destino che l’avrebbe accompagnato per tutta la sua vita; per natura, infatti, ogni maschio normanno non poteva essere qualcosa di diverso da un guerriero. Ma Conrad era anche un sognatore... Forse perchе suo padre riteneva giusto risparmiarlo ancora al battesimo delle armi, Conrad sapeva sognare, senza dover fare i conti con le atrocit? degli uomini al massacro che offuscano gli occhi e ottenebrano la mente. Negli occhi verdi di Conrad quindi ci si poteva ancora specchiare e vedere il riflesso della speranza e di quell’idea di casa e di famiglia che per met? gli era stata negata con la morte prematura di sua madre, una nobildonna di discendenza franca.

Rabel de Rougeville si era portato dietro il figlio, e la balia di questi, nella sua discesa in Italia quando il bambino aveva solo un anno. Attirato a Salerno dai lauti compensi che venivano elargiti ai nobili cadetti normanni e invogliato dalle notizie dei compatrioti che l’avevano preceduto, Rabel aveva allora deciso di unirsi ai suoi compagni d’armi e di darsi al servizio del migliore offerente. In quelle terre non mancavano di certo le guerre… terre insanguinate dagli infiniti conflitti tra Costantinopoli e gli ultimi principati longobardi. Per non parlare delle continue scorrerie dei predoni arabi sulle coste calabresi. E cos?, quando Giorgio Maniace aveva messo su l’esercito per l’invasione della Sicilia, Rabel e i suoi commilitoni avevano risposto all’appello. Messina era caduta subito, ma le battaglie successive erano state cruente, devastanti, tanto per la popolazione quanto per entrambi gli eserciti, con grosse perdite proprio in seno al contingente normanno. In due anni di guerra Maniace era riuscito a spingersi solo a fin sotto le mura di Siracusa, controllando appena la costa ionica. La gente dell’iqlim di Demona, la cuspide nord orientale dell’Isola a maggioranza cristiana, aveva appoggiato l’invasione, tuttavia il resto di Sicilia era a tutti gli effetti un feudo saraceno e conquistarlo sarebbe stata un’opera lunga e difficile.

Perdendosi con lo sguardo oltre il porto piccolo e la citt?, Conrad allarg? le braccia intento all’impossibile, abbracciare il mare e l’orizzonte. Suo padre lo guardava alle spalle ormai da minuti, e quando, avvicinatosi, gli stropicci? i lunghi capelli biondo-ramati, Conrad si volt? di soprassalto, quasi spaventato che l’altro potesse rimproverarlo per il gesto banale che stava compiendo.

«Vuoi afferrare il mare, figliolo?» chiese Rabel, vestito di una semplice tunica bianca ma armato.

«? la cosa pi? bella che esista!»

«Temo che le tue tasche siano troppo strette per contenerlo tutto…»

«Dio pu? contenerlo per?!»

«Forse ? proprio questo la Terra… le Sue tasche... e noi ci siamo dentro.»

«Roul dice che Dio ci ha scelti tra tutta la gente perchе il nostro sangue ? il migliore che esista.»

Rabel sorrise e guard? anch’egli il mare.

«Ogni nazione, cos? come ogni popolo, crede di essere migliore di un’altra. Guarda questa terra… i maomettani credono di avere il favore di Dio, l'Imperatore di Costantinopoli crede di essere il Suo vicario e lo stesso crede il Papa... e prova a passare per la Giudecca di una di queste citt? e a chiedere da che parte stia Dio. Conrad, figliolo, cerca di divenire tu stesso una persona migliore, indipendentemente dal tuo sangue.

Ho visto maomettani battersi con pi? onore dei nostri… sono sicuro che Iddio li stimi in gloria indipendentemente dal padrone che servono. Da quando siamo sbarcati su questa terra ho aperto gli occhi su molte cose.»

«E Roul?»

«Roul ? il mio migliore amico, ma combattiamo per un bene diverso.»

«Dite che voi non combattete per il compenso?»

«Sono nato soldato e mio padre mi ha cresciuto perchе divenissi tale. Da che la nostra stirpe lasci? le fredde lande dello Jylland

(#litres_trial_promo) non abbiamo mai impugnato qualcosa di diverso da una spada. Questo ? il nostro mestiere, e il compenso per la battaglia ? il nostro salario. Tuttavia, mio caro Conrad, il compenso pu? riempirti le tasche e pu? riempirti il cuore; sta a te decidere dove metterlo.»

«Dite che il compenso pu? essere pericoloso?»

«Tutto pu? essere pericoloso se ci conduce all’asservimento di un vizio e di un fine egoistico. Potere, denaro e donne… guardati bene da tutto questo!»

«Ma voi avete amato mia madre…» afferm? confuso e dubbioso Conrad.

«Non c'? nulla di male nel potere quando i tuoi sottoposti diventano i tuoi figli; nulla di male nel denaro quando sfama la tua bocca e quelle di coloro che comandi; e per nulla al mondo niente di sbagliato nel calore della donna che ami. Ma io, figlio mio, ho amato una sola donna e nessun’altra ha potuto prendere il suo posto. Tu le somigli molto… i tuoi occhi, i tuoi capelli, il tuo colorito… e il tuo nome, Conrad, ereditato dalla sua stirpe… Mi presentarono una graziosa fanciulla gi? due settimane dopo la sua morte, eppure non volli che nessuno prendesse il suo posto e che tu fossi indotto un giorno a chiamare qualcun altro “madre”; non l’avrei sopportato. Se serviva una finta madre c'era gi? la balia.»

«Cosa devo temere quindi?»

«Il desiderio che spinge all’efferatezza. Quando la brama di avere qualcosa sorpassa l’onore e ogni regola di umana piet?.»

«E le donne?» chiese perplesso Conrad, per via della curiosit? tipica della sua et? interessato a quell’essere misterioso che ? la donna, finora conosciuto solo nel seno della balia.

«Le donne… nulla ti vieta di amarle, ma guardati dagli occhi di una donna che non ti appartiene!»

«Rabel!» chiam? qualcuno giunto tra le rovine appena fuori dall’accampamento.

«Roul, ? gi? il momento?»

Quella domanda presentava il personaggio. Roul Pugno Duro era il compagno d’armi da cui Rabel non si era mai separato. Erano partiti insieme alla volta dell’Italia e si erano sempre protetti in battaglia. Roul era un energumeno di quasi due metri, dalla voce possente e dai modi poco raffinati. Una barba pi? folta del normale marcava il suo viso e i capelli erano pi? scuri della media, con una lunga trecciolina che scendeva sul lato destro della testa. Tradivano il suo anormale colorito quasi mediterraneo gli occhi azzurri, i lineamenti nordici e la statura fuori dal comune. Era un poco di buono, lo sapevano tutti, ma era pure un ottimo soldato, uno dei migliori nell’uso dell’ascia da combattimento. Cosa c’entrasse Roul con il nobile animo di Rabel se lo chiedevano in tanti, e forse era proprio il carattere misericordioso del secondo il collante di quell’amicizia. Rabel tollerava gli eccessi di Roul sia perchе erano cresciuti insieme e sia perchе Roul sapeva coprirgli bene le spalle in battaglia.

«Non ancora; parlano di domattina all’alba. Ma ? arrivato il vino e tutti aspettano frate Rabel per festeggiare.»

“Frate Rabel”, ? cos? che l’intera compagnia normanna, sin da quando in trecento avevano passato il Faro

(#litres_trial_promo), chiamava il nobile de Rougeville. Adesso era arrivato il vino e chiedevano la presenza di tutti.

Per quanto i viaggiatori arabi pi? dediti alla mondanit? avessero vantato il vino di Sicilia, esso era una cosa rara da trovare. Infatti, dato che gli islamici vietavano la coltivazione della vite sui territori da loro controllati, su queste terre si vedevano solo modeste quantit? di acini. Gi? all’arrivo di Maniace, nel 1038, i cristiani avevano presto ripiantato le viti per riattivare la produzione di massa, ma ancora non erano sorti grappoli a sufficienza e bisognava importare grandi quantit? di bevanda se si voleva brindare alla buona sorte.

«E porta anche Conrad; ? ora che si diverta come sanno fare gli uomini!»

Rabel fiss? il figlio e scosse la testa, indicandogli la sua contrariet? per l’invito dell’altro.

«Willaume e Dreu?»

«I fratelli de Hauteville

(#litres_trial_promo) siedono allo scanno della taverna gi? da un’ora.»

Guglielmo de Hauteville, Willaume nella loro lingua, sarebbe stato soprannominato Braccio di Ferro, in quanto si narra che uccise, con l’ausilio di una sola mano e brandendo la lancia, un campione saraceno che aveva fatto una grande strage di greci e nordici durante una fase precedente dell’assedio di Siracusa. Ma era ovvio, nonostante aleggiasse gi? la leggenda tra le truppe, che la storia fosse improbabile. Tuttavia il nome della sua casata acquisiva sempre pi? lustro tra gli uomini del contingente normanno gi? al suo comando.

«Sarebbe pi? saggio raccogliersi in preghiera e in contemplazione. Servir? soprattutto l’aiuto del buon Dio. Abd-Allah ha raccolto le intere forze di Sicilia, e dall’Africa ne sono giunti altri. Crede che riuscir? a farci levare l’assedio a questa citt?, e far? di tutto per ricacciarci da dove siamo venuti. Dobbiamo respingere il contrattacco prima che l’emiro giunga per schiacciarci contro queste mura, ma questa volta temo che non baster? il coraggio dei pi? prodi a trascinare l’intero esercito.»

«Se bevessi di pi? e pregassi di meno saresti pi? ottimista!»

Consapevole di poter poco nel tentativo di convincere l’altro, Rabel si rivolse al figlio, serio che di pi? non avrebbe potuto.

«Hai sentito? La partenza ? per domani all’alba. Sai cosa devi fare.»

Quindi segu? Roul lungo il cammino per la taverna.

Conrad sapeva bene quello che doveva fare, ed era quello che faceva ormai da due anni: preparare il bagaglio del padre, sistemare la sua armatura, dare l’ultima affilata al taglio della spada e preparare lo stendardo con su lo stemma di famiglia, un’ascia danese sovrastata da una verde foglia di quercia inserite in uno scudo a campo rosso... stendardo che proprio Conrad avrebbe sostenuto per tutto il tragitto fino al luogo della battaglia, in marcia a cavallo accanto al padre.

Quei discorsi sulle donne e sul vino fecero una strana ed inedita gola a Conrad - il mistero del proibito fa sempre gola ai ragazzini - cosicchе, appena i due cavalieri lasciarono il luogo dei fabbricati in rovina, si diresse anch’egli verso la taverna, la quale era in realt? un ritrovo accomodato a tale uso da un contadino cristiano che sperava di speculare sui bisogni delle truppe.

Era appena la quinta ora, come detto, e il sole picchiava ancora forte sulla testa di Conrad. Passava tra le tende affollate da soldati di ogni sorta, con gruppi a destra e a manca tutti in conversazione nel proprio idioma... e tra i preti predicatori, in piedi e in posizione elevata, che facevano la voce grossa dopo decenni di preghiere dette a bassa voce. Benedicendo ogni soldato che passava sotto i loro sgabelli, santificarono anche il ragazzo quando fu loro vicino.

Quindi Conrad entr? nella taverna e fu allora che si trov? a tu per tu col bieco vizio che domina gli adulti. Calici strapieni di vino, giocatori di dadi ad ogni tavolo ed una manciata di prostitute, quelle che ci si improvvisavano per denaro e quelle costrette perchе adesso le fanciulle del popolo dovevano darsi ai conquistatori. Conrad scapp? via, temendo che tra quegli uomini si imbattesse nella vista di suo padre.

Capitolo 6

Inverno 1060 (452 dall’egira), Raba? di Qasr Yanna

Umar chiuse la porta spazientito. Le richieste della povera ragazza cristiana, che pure si era umiliata al punto di baciargli i piedi, vennero perci? interrotte definitivamente.

«Non ho tempo per gli scocciatori. Se si ripresenta, cacciatela!» ordin? alla solita donna della servit? che in un primo momento le aveva aperto.

I singhiozzi disperati del pianto di Apollonia dall’altro lato della porta vennero ignorati con ancor pi? facilit? delle richieste verbali di poco prima.

Nadira se n’era stata in un angolo buio della stanza d’ingresso, intenta ad osservare la scena che si stava consumando sull’uscio di casa, ma ora che la porta era stata chiusa, tagliando la voce e le speranze alla povera ragazza di fuori, si avvicin? al fratello e gli disse arrabbiata:

«Non bastava la vergogna con cui ti stai gi? coprendo?»

E lui, estremamente infastidito dal giudizio della sorella, gi? in collera per la discussione del pomeriggio e per il fatto che sua madre fosse intervenuta in difesa della figlia, minacci?:

«Bada, Nadira… bada… bada che non ti mandi dal tuo Qa’id su di una lettiga!»

«Me ne andr? felice dal “mio Qa’id”, pur di non vederti pi?!»

«Perchе non te ne andasti allora quando venne a chiedere la tua mano? Mi pare che lui volesse portarti al suo palazzo gi? il giorno dopo.» rispose Umar, indicando col dito in alto verso la direzione di Qasr Yanna, sede del palazzo di ibn al-?awwas.

«Perchе richiesi di poter aspettare che tua moglie partorisse, cos? da vedere il tuo terzo figlio.»

«Come se Ghadda avesse bisogno di una ragazzina dalla testa montata per essere aiutata nella sua gravidanza…»

«Non hai preso neppure un capello di nostro padre...» rispose Nadira, che dunque, avvicinandosi un altro po’, gli punt? il dito in faccia e prosegu?:

«Sei un ingrato… con me come con quei poveri contadini che servono questa casa da che sono nati. Se non lo fossi non avresti ignorato quella disgraziata che ancora piange dietro la nostra porta.»

Il richiamo del muezzin allora si lev? alto per tutto il Raba?; l’ultimo raggio di sole era scomparso dietro al monte di Qasr Yanna.

«? una disgraziata, hai detto bene, e sempre lo sar?… Spiegami perchе devi prendere tanto a cuore questa cosa.»

«Perchе se tu fossi stato legato a quel palo, io mi sarei gettata ai piedi del tuo aguzzino con ancor meno dignit? della ragazza cristiana.»

Detto questo Nadira scoppi? in lacrime, ma pure continu?, mentre Umar si trovava spiazzato da quell’inaspettata dichiarazione di devozione nei suoi confronti.

«E mi chiedi perchе ho chiesto al Qa’id di aspettarmi per tre mesi...»

Tuttavia Umar si fece serio e raccolse in sе tutta la forza che aveva per mostrarsi duro.

«Tu e i tuoi pianti, Nadira. Non riuscirai ad impietosirmi!»

«Mi chiedo quanto ti dispiaccia che ci vedremo solo se Allah vorr? d’ora in avanti.»

«Spero allora che Allah accolga la mia richiesta di tenerti lontana.»

Nadira prese a piangere pi? forte e, battendogli sul petto, url?:

«Non sei nulla, Umar… nulla… e forse se sarai finalmente qualcosa sar? solo grazie a me!»

Umar, che non poteva sopportare quelle parole che come lame ferivano il suo orgoglio, le moll? uno schiaffo e le disse:

«Non senti che ? l’ora della ?alat del tramonto? Va’ a purificarti prima che la notte arrivi completamente.»

«E tu va’ a lavarti pure l’anima!»

Si lasciarono frettolosamente, ognuno per le sue camere, arrabbiati e in collera l’uno con l’altra.

Quando Umar fin? la sua preghiera rimase pensieroso e si sedette sul suo letto, rimuginando su quello schiaffo dato in preda all’ira.

«Cos’? successo poco fa sulla porta? Ti ho sentito litigare durante l’adhan

(#litres_trial_promo).» domand? Ghadda, venendosi a sedere accanto mentre si teneva il grosso pancione.

«Mia sorella mi manda in bestia! Da quando il Qa’id ha chiesto la sua mano non fa altro che criticare il mio operato.»

«E tu, Umar, non fai altro che provocarla… Da che vivo sotto questo tetto non avevo mai visto nessuno legato al palo del cortile. Non sar? che da quando il Qa’id ha chiesto la mano di Nadira tu ci tieni a ribadire chi comanda in questa casa e sull’intero villaggio? Tutti parlano di tua sorella, molto pi? di quanto lo abbiano mai fatto di te. Ma in fondo, mio amato, voi due siete uguali… testardi e sempre pronti ad imporre la propria parola sull’altro. Per di pi? siete cambiati entrambi da quel giorno… lei si ? montata la testa, ma tu hai smarrito la via di tuo padre. Manca anche a me l’Umar che conoscevo.»

«Vorresti insinuare che io sia geloso di Nadira? Che io tema di perdere il ruolo di persona pi? importante di questa casa?»

«Non solo della casa, ma dell’intero Raba?.»

«Io geloso di Nadira; che sciocchezze!» concluse Umar, ridendo nervosamente nel tentativo di nascondere il suo disagio di fronte a quella verit? che anche una parte di sе sapeva essere esatta.