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Lo Scricciolo
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Lo Scricciolo

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«Non so granché, tranne che qualche mese fa Molly l’ha trovata massacrata di botte poco fuori Albuquerque.»

Logan rimase assorto per qualche istante, il contegno improvvisamente serio.

«Li hanno presi, i bastardi?» chiese in tono gelido.

«Non lo so.»

Matt guardò suo fratello minore e comprese che dietro quella personalità tanto affabile c’era un uomo determinato. Mai gli era capitato d’incontrare qualcuno con lo stesso innato senso di giustizia di Logan; per forza era diventato vicesceriffo. E la sua reputazione era ben nota: faceva con successo quel che doveva a prescindere dalle avversità. Matt si fidava delle sue doti da segugio quanto di quelle di Nathan o delle proprie.

Sia lui che Logan avevano imparato tecniche di sopravvivenza e caccia dal vecchio Joseph Orso Che Corre, un permaloso Kiowa che aveva lavorato presso il ranch dei Ryan sin dagli inizi del loro insediamento nel Texas. Quanto zio Joe aveva insegnato a entrambi sulla terra e le creature che la abitano, essere umano incluso, era molto più di quello che Matt aveva imparato negli ultimi dieci anni da solo.

Perdere il vecchio indiano qualche anno prima era stato quasi come perdere un padre. Non capitava tutti i giorni d’incontrare uomini simili. Chissà perché aveva abbandonato i Kiowa – Matt se lo chiedeva ancora – ma Joe si era sempre rifiutato di parlarne e lui sospettava che la ragione fosse legata a una qualche tragedia. Chi prima chi dopo, la sventura colpiva un po’ tutti da quelle parti.

Lanciò un’altra occhiata a suo fratello. Era improvvisamente tornato da Virginia City l’anno prima, annunciando che intendeva restare al ranch a dare una mano. Matt non gli aveva mai chiesto perché, tuttavia aveva la sensazione che dovesse essergli accaduto qualcosa di serio per indurlo a lasciare la posizione di vicesceriffo così su due piedi.

Solo negli ultimi mesi, dopo parecchi anni di separazione, erano finalmente riusciti a trascorrere del tempo insieme, il che gli aveva dato modo di accorgersi che Logan poteva anche apparire accattivante, ma sotto quel fascino celava il fermo proposito di lavorare sodo e non permettere a nessuno di avvicinarsi troppo. Un aspetto, quest’ultimo, che li accomunava.

Non ricordava di aver mai incontrato alcuna donna per cui suo fratello avesse espresso interesse. D’altro canto, però, non restando mai in un solo posto abbastanza a lungo da formare un legame serio, Logan non ne aveva mai portata a casa nessuna.

A differenza sua che oggi ne aveva portate ben due, una delle quali gli era entrata nel sangue come non gli succedeva da tempo. Meglio mettersi l’anima in pace, però: il suo compito, infatti, era proteggere Molly proprio dai tipi come lui, non farne una preda da cacciare.

«Chi è l’altra?» chiese Logan. «Come ci sono finite qui lei e Claire?»

«Non ci crederai» rispose piano Matt «ma Molly è… Molly Hart.»

«Molly Hart?» ripeté Logan, visibilmente confuso. «La stessa che fu uccisa anni fa?»

Matt annuì con fare lento.

«E come diamine è possibile?» insistette Logan incredulo.

«Ti dirò ciò che so ma tienilo per te. Dubito Molly voglia che il passato continui a ronzarle intorno.»

Matt aveva raccontato tutto a suo padre a inizio serata perché sentiva che fosse necessario informarlo e adesso ne avrebbe parlato con Logan perché sapeva che di lui poteva fidarsi, che avrebbe tenuto la bocca chiusa. Nonostante i Comanche e i Kiowa non fossero più una minaccia, il sentimento di odio verso gli indiani era ancora profondo in quella zona del Texas, al punto che, talvolta, il senso di disgusto veniva esteso anche agli ex prigionieri bianchi che cercavano di tornare a vivere tra la propria gente.

Un fatto che proprio non riusciva a comprendere. Quei poverini erano spesso malridotti, tanto nel corpo quanto nella mente, e non aiutava che familiari e amici che avevano disperatamente agognato il loro ritorno non riuscissero poi a scendere a patti con quanto gli era accaduto. In particolar modo, se le vittime erano donne.

Quando Matt ebbe finito di raccontargli del ritorno di Molly tra i vivi, Logan scosse la testa, allibito.

«Meglio una sella vuota che un cattivo padrone» disse.

Matt lo guardò, confuso.

«È quello che ho sempre pensato di Davis Walker» spiegò suo fratello. «Trattava sempre da schifo i suoi cavalli. Qualcuno avrebbe dovuto dirglielo anni fa. Ma immagino che Cale, Joey e T.J. avessero di meglio da fare che rimettere il padre in riga.»

«Concordo sul fatto che Walker non sia il più irreprensibile dei cittadini, ma nessuno di noi è uno stinco di santo da queste parti.»

«Tu parla per te» ribatté Logan con un sorrisino.

«E certo, in fatto di santi tu sei decisamente il primo della lista» lo punzecchiò Matt. «Il grosso interrogativo è perché?» continuò, poi, in tono più serio. «Perché Davis Walker avrebbe assoldato una banda per attaccare gli Hart, ucciderli e portare via Molly? L’unico motivo di cui sappiamo noi è che sembrava avere un debole per la madre.»

«Direi che è sufficiente. Ho visto crimini peggiori commessi per molto meno.»

«Già» replicò Matt in tono stanco. «Anch’io.» Ma detestava il pensiero che Walker si fosse macchiato di quell’azione. E sapeva che la possibilità gravava anche su suo padre.

«Ne hai già parlato con papà?» chiese Logan.

«Prima. Non è riuscito a darsi spiegazioni. Voleva discuterne con mamma perché pensava che potesse ricordare qualcosa, però ha detto che dalla morte di parto della moglie Davis non è più stato lo stesso.»

«Quello di T.J.?» chiese Logan, inarcando un sopracciglio.

Matt annuì.

«Immagino questo spieghi la sua inclinazione ai piaceri. La madre non era lì a farlo rigare diritto.»

«L’intemperanza è quasi una delle migliori qualità di T.J.» commentò Matt, torvo.

«Beh, sei riuscito davvero a lasciarmi a bocca aperta, e non si verifica spesso ultimamente.»

«Dormiamo un po’, adesso.» Matt si allungò sul divano. «Penseremo al da farsi domani.»

«Qualcosa mi dice che resterò su questo pavimento per un bel pezzo. Forse dovremmo trasferirci nella casa dei mandriani finché mamma non avrà finito di ridecorare le stanze sull’altro piano.»

«Che c’è, l’età ti sta rammollendo?»

«No, sono semplicemente realista. Non dirmi che non hai notato le due donne, giovani e graziose, che in questo istante dormono nei nostri letti…»

«Sta’ alla larga da Molly.» La voce di Matt era sommessa ma velata di una tacita minaccia. Fu solo dopo aver pronunciato quelle parole che si accorse di quanto possessivo si sentisse nei suoi confronti. Respirando a fondo per calmarsi, aggiunse: «Scusa, mi sono espresso male. Penso solo che dovremmo prendercene cura finché non si sarà sistemata in qualche modo. Dovrà pur esserci un marito adatto a lei tra i giovani aiutanti che circolano da queste parti.»

Logan sollevò un sopracciglio. «Le stai cercando marito?» Rise. «E quando saresti diventato il suo angelo custode? Perché devo proprio dirtelo, Matt, il modo in cui la guardavi qualche minuto fa di angelico non aveva un bel niente.» La pronuncia strascicata di suo fratello era sempre accentuata quando pur rivolgendo complimenti assestava colpi nei posti più impensati.

«Che cosa vorresti dire?»

«Niente» rispose Logan con un’alzata di spalle. «Però non sono cieco, e so che ci vedi fin troppo bene anche tu. Ho notato, sai, che indossava solo una delle tue camicie. Vuoi trovarle un marito? Non credo che sarà un problema. Ma ti converrà essere davvero sicuro di quello che vuoi tu prima di provare a prendere il controllo della sua vita.»

«Ciò che voglio io non conta. Molly ha patito le pene dell’inferno. E io intendo assicurarmi che d’ora in avanti la sua vita sia migliore.»

«Penso che mi divertirò» rispose Logan, allungandosi sul pavimento.

«A far cosa?»

Un’altra risata. «A guardare te che fai da sensale.»

«Dormi.»

Suo fratello rispose con l’ennesima risatina, quindi ci fu silenzio.

Capitolo Otto

Molly si svegliò con il sole che splendeva attraverso le finestre. Tra l’incontro con Matt nel cuore della notte, nonché le nuove sensazioni che la sua vicinanza aveva scatenato, e il fatto di non dormire in un letto da ben dieci anni, la sua nottata era stata per lo più insonne. Trovando il tutto troppo morbido, aveva gettato una coperta sul pavimento e solo nelle prime ore del mattino era finalmente riuscita ad addormentarsi sulle solide assi di legno.

Le immagini che le avevano affollato i sogni tornarono alla mente. Era al ranch dei suoi, prima della sera in cui tutto era improvvisamente cambiato. Nel sole del pomeriggio, con Emma di fianco, si gingillava accanto al recinto del bestiame. I ricci scuri di sua sorella erano così belli in quella luce dorata che nel sogno Molly non aveva potuto fare a meno di attorcigliarseli al dito.

Che gioia essere di nuovo insieme, Emma.

Sua sorella aveva sollevato la testa verso di lei con un sorriso che le aveva scavato una fossetta in una delle guance, come sempre accadeva quando era molto felice. Quella vista le aveva scaldato il cuore. Poi, nel recinto era apparso un uomo a cavallo: Matt, che cercava di domare l’animale. Ma non era giovane come in quell’estate di dieci anni prima. Era il Matt del presente.

Ricordare il sogno le procurò una fitta al cuore. Emma. Quanto tempo perso. Se tutto andava bene, però, l’avrebbe rivista presto. Nel tentativo di liberare la mente dalle nebbie del sonno, si stropicciò gli occhi.

Susanna le aveva lasciato ai piedi del letto un semplice abito marrone scuro e diversi capi d’intimo bianchi. Leggermente confusa, Molly infilò calze, mutandoni e un sottile sottogonna, quindi indossò una camiciola, abbottonandola alla bell’e meglio. Non vestiva a quel modo da quando era bambina, ma nel giro di poco fu pronta.

Gongolante per aver riacquistato un aspetto femminile, ruotò i fianchi facendo svolazzare l’orlo dell’abito intorno alle caviglie. Dieci anni erano passati dall’ultima volta in cui si era sentita così, pensò con un nodo in gola e gli occhi che bruciavano.

Inspirando a fondo per soffocare l’impulso di piangere, prese gli stivali. Erano così sbiaditi e sporchi… ma non ne possedeva altri. Tirò su i gambali, ben consapevole di quanto poco legassero con l’abito, e si chiese perché le importasse tanto. Matt. A importarle era come sarebbe apparsa ai suoi occhi.

Decisa a non intrattenere oltre quel pensiero, spostò l’attenzione sui capelli, che scendevano disordinati intorno al viso. Per l’intero periodo trascorso con Elijah, l’uomo aveva insistito che li portasse corti, e perciò non avevano ancora raggiunto la lunghezza desiderata. Iniziò a raccogliere la massa di ricci dietro la testa, quindi la lasciò ricadere con un gesto frustrato. La sua esperienza in fatto di acconciature che incontrassero il gusto altrui era praticamente nulla.

E per gusto altrui intendeva quello maschile.

Il gusto di Matt.

Sospirò, sconfortata. Si stava comportando da sciocca. Con tutta probabilità Matt non si sarebbe neanche accorto di lei.

Aprì la porta della camera da letto e si diresse sul davanti della casa. Dal vasto salotto provenivano delle voci e nell’udirle Molly indugiò un attimo sulla soglia, quindi entrò. La conversazione s’interruppe all’istante e i presenti si girarono a guardarla, mentre una vampata di calore si arrampicava su per il collo, incendiandole il viso.

Erano tutti in piedi, Susanna e Claire sul lato destro e Logan e Matt sul sinistro. Di quest’ultimo colse la presenza con la coda dell’occhio, ma non riuscendo a trovare il coraggio d’incontrare il suo sguardo, preferì concentrarsi sull’uomo più anziano che le stava proprio di fronte. Sebbene ricordasse di averlo incontrato solo un paio di volte da bambina, sapeva che era il padre di Matt.

Di figura imponente, Jonathan Ryan era alto quanto i suoi figli e con spalle altrettanto larghe, ma il viso rugoso e i capelli grigi mostravano gli anni di lotta contro quella terra. Fissò su di lei gli occhi verdazzurri – così simili a quelli di Matt – e raddolcì l’espressione. Prossima a un crollo emotivo, Molly sentì una stretta alla gola.

«Buon Dio» esordì piano Jonathan. «Non avevo mai visto nessuno tornare dal regno dei morti, ma tuo padre lo diceva sempre, che avevi la grinta di un ragazzo. Non mi sorprende tu sia sopravvissuta, Molly. Bentornata a casa.»

Le mani della giovane presero a tremare, così le nascose tra le pieghe del vestito, tormentando il morbido tessuto con le dita.

Jonathan si avvicinò e posò le proprie mani sulle sue spalle. «Puoi restare qui quanto vuoi» disse in tono risoluto.

Con il cuore che martellava nel petto, Molly annuì e si schiarì la gola, ritrovando finalmente la voce. «Sono contenta di rivedervi, signore.» Sembrava avesse ingoiato un rospo.

Jonathan la lasciò andare. «Devi essere affamata» disse. «Andiamo a fare tutti colazione; continueremo dopo.»

Molly lanciò un’occhiata a Claire, notando che anche l’amica indossava un abito, color crema, e aveva legato i capelli biondi con un nastro. Stava benissimo, mentre lei si sentiva una trasandata bambola di pezza.

Si stavano spostando verso la sala da pranzo, quando Logan si avvicinò e la strinse in un veloce abbraccio, cui il suo corpo rigido rispose in maniera impacciata.

«Ieri sera non sapevo che fossi tu» si scusò lui con voce e occhi colmi di calore. «Immagino che dirti “è un piacere rivederti” sia decisamente riduttivo.»

Lei spinse il busto indietro, iniziando a rilassarsi.

«Io, invece, ti ho riconosciuto subito» disse. «Con Matt vi somigliate troppo.» Apparso all’improvviso, questi riempì lo spazio tra loro, costringendo Logan a sciogliere l’abbraccio e a farsi da parte.

Senza respiro di fronte all’intensità del suo sguardo, Molly azzardò finalmente un’occhiata al suo indirizzo. Era infastidito, si accorse con sorpresa. Doveva essere per via del suo aspetto.

«Già, ma tra i due il bello sono io» scherzò Logan strappandole una risatina spontanea, del tutto irrefrenabile. La sua affabilità e la simpatia erano le stesse di sempre.

In silenzio, Matt lo invitò a precederli verso la sala da pranzo e mettendole una mano sulla schiena la guidò lungo il corridoio. A quel contatto il sorriso di Molly svanì.

Il suo aspetto non l’aveva mai neanche sfiorata durante i giorni e le notti – quelle interminabili settimane – in cui aveva contemplato il ritorno a casa. Certo, aveva sperato di vederlo ma immaginandolo così come lo ricordava lei. L’uomo che la toccava adesso era tutt’altra storia, come pure la reazione del proprio corpo.

Una parte di lei voleva girarsi e avvicinarglisi, tanto da sentirsi circondata dal suo profumo – sapone e sole uniti a un più vago odore maschile – e ammantarsi della sua forza. L’altra voleva scappare via senza mai voltarsi indietro. Non aveva esperienza in fatto di uomini, ma sapeva per certo che questo crescente desiderarlo non le avrebbe procurato altro che sofferenze.

Solo la rinuncia a qualsiasi legame affettivo aveva reso la sopravvivenza degli ultimi dieci anni sopportabile… quasi. Niente, e nessuno, era mai rimasto una costante nella sua vita.

Ed essendo cambiate così tante cose, era chiaro che presto avrebbe dovuto riprendere il proprio cammino. Aveva pensato che il Texas fosse il punto d’arrivo, ma la sua casa non era più lì. I suoi genitori erano morti, il ranch era abbandonato e le sorelle vivevano altrove. Non le restava altro che occuparsi di Davis Walker.

«Il bello saresti tu solo a confronto con un armadillo» ribatté Matt mentre entravano nella sala da pranzo.

Estrasse una sedia per Molly e fece cenno a Claire di sederle accanto, quindi lui e Logan si accomodarono di fronte. Jonathan prese posto davanti all’ampia finestra – con la luce del sole che riempiva la stanza e prometteva un nuovo giorno – e Susanna sedette all’altro capo. Sulla grande tavola di legno scuro, con il bordo arricchito da elaborati intagli, erano disposti con cura scintillanti piatti bianchi e argenteria lustra. Le sedie ben assortite erano larghe e robuste. Un tavolo lungo era addossato a una delle restanti pareti, mentre su quella opposta grandeggiava un’alta credenza a vetri colma di bicchieri e stoviglie da tavola. Molly si sentì ansiosa. Mangiare non era mai stata una faccenda tanto complicata per lei. La sera prima con Claire e Susanna avevano consumato la cena in cucina, il che le era andato perfettamente a genio.

«A me gli armadilli sono sempre piaciuti» rispondeva intanto Logan in tono affabile.

«Claire» intervenne Molly, colpita da un pensiero improvviso «ti hanno già presentato Logan?»

«Sì» rispose l’amica, lanciando uno sguardo distaccato al fratello di Matt. «Proprio prima che arrivassi tu.»

Per tutta risposta, lui le sorrise e strizzò un occhio.

Era raro che Claire mostrasse delle reazioni, eppure le sue guance si erano colorate, notò Molly.

«Hai dormito bene?» chiese a bassa voce, avvicinandosi a quella che era diventata la sua compagna di viaggio e che sospettava sarebbe rimasta nella sua vita solo per poco, come tutte le persone che aveva conosciuto.

«Sì, grazie.»

L’imbarazzo che l’amica provava, nel trovarsi in quel posto sconosciuto tra gente estranea, doveva essere almeno il doppio del suo.

«Io continuo a dimenticare che sei mancino...» iniziando a mangiare, i gomiti di Matt e Logan si erano scontrati, e il secondo sembrava approfittarne «… ma tu fingi di non ricordare che sono più grande di te» sbottò Matt esasperato, schivando l’ennesima gomitata.

«Posso sempre batterti» si vantò Logan con la bocca piena di uova strapazzate. «Quando e come vuoi. Decidi tu.»

«E proprio quando pensi che siano ormai uomini, adulti e maturi, i tuoi figli ti ricordano che sono ancora dei ragazzi» disse Susanna sporgendosi verso Molly e Claire. «Che ne dite di scambiarvi di posto, voi due?» aggiunse a voce più alta.

Fu Matt a spostarsi e sedere proprio di fronte a Molly. Sentendo il suo sguardo su di sé, lei sollevò gli occhi e… quasi lasciò cadere la forchetta.

«C’è una cosa che ho sempre voluto sapere» disse Logan «e adesso che sei qui magari saprai darmi una risposta. Chi fu a rubarmi i vestiti quell’estate che eravamo tutti al ranch di tuo padre e dopo un pomeriggio passato a domare cavalli andammo a fare una nuotata nello stagno della tenuta?»

Molly tossì, ingoiando le uova a fatica. «Ecco, io…» esitò «credo sia stata Emma.»

«Emma?» ripeté Logan, stupito. «La piccola Emma di sette, otto anni?»

«Mia sorella minore» spiegò lei rivolta a Claire.