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Lo Scricciolo
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Lo Scricciolo

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Dopo i massacri a cui aveva assistito era ormai fin troppo cinico per lasciarsi andare all’innocenza della sua giovinezza. Avrebbe preteso altre prove. Se la donna non era Molly – e lui doveva credere che non lo fosse – l’avrebbe tartassata fino a farla confessare.

Andò a cercarla, fermandosi sulla soglia di un’altra camera da letto. La donna – o meglio l’impostora – era inginocchiata davanti a un caminetto. Le fiamme tremolanti gettavano un caldo bagliore per tutta la stanza. La vide girarsi sui talloni calzati da stivali a prendere qualcos’altro da bruciare e fu colpito dal suo aspetto giovane e vulnerabile contro il fuoco che, intanto, le illuminava il contorno dei seni. Alti, tondi e ben modellati. La sua mente indugiò per un attimo su quella vista, quindi la spinse brutalmente da parte.

Non era proprio il momento di cedere all’attrazione.

Si era tolta il cappello, rivelando capelli di un castano scuro legati dietro la nuca. Molly aveva i capelli scuri. Così come altre centinaia di donne, ricordò a se stesso.

«Dubito che troverei qualcosa di asciutto là fuori, perciò arderò dei pezzi di sedia» disse lei, notando la sua presenza.

«Che nome avevi dato alla tua fionda?»

Lasciandosi andare contro una parete lì vicina, la giovane soffiò una ciocca di capelli dal viso. «Scricciolo.»

Mmm, un colpo di fortuna. «Perché?»

Non sembrava preoccupata, solo stanca. «Perché credevo davvero che fossero gli scriccioli a lasciare tutte le pietre che usavo.» Si portò una mano dietro la testa e tirò via la corda che legava i capelli, poi passò le dita tra la massa umida, sorprendentemente corta, e lo guardò dritto negli occhi.

«Una volta» continuò piano «ti dissi che saresti riuscito a trovarmi seguendo delle tracce che avrei lasciato solo per te, proprio come fa lo scricciolo con la scia di sassolini dal suo nido.»

Non si poteva certo dire che non fosse a conoscenza delle sue conversazioni con la giovane Molly. Forse la morte non era stata immediata. Forse avevano trascorso del tempo insieme, le aveva parlato. Magari era lei, la bambina che sosteneva i Comanche avessero ucciso. Lei era sopravvissuta e Molly era morta. Doveva essere così.

E la motivazione e la logica dov’erano? Nonostante tentasse l’impossibile per negare le dichiarazioni della sconosciuta, non riusciva a trovare la maniera di contraddirle. Abbracciarle, però, avrebbe mandato in frantumi il suo mondo.

«Perché i capelli così corti?» chiese.

Con un pizzico d’imbarazzo, la giovane si toccò la massa che sfiorava le spalle. «Quando Elijah mi trovò con il trafficante ero piuttosto malconcia. Così, per evitare altri guai, mi ordinò di tagliare i capelli e fingermi maschio.»

«E lui? Le teneva a posto le mani, Elijah?» Per qualche ragione quell’immagine lo infastidiva.

Lei sorrise. «Era vecchio. E anche se non del tutto lucido, era buono di cuore. Con me si comportava da nonno.»

«Non così buono, direi, se ti ha tenuta con sé per due anni.»

«La sua mente era governata dall’oro e dall’argento. Una vera malattia per alcuni. Io gli ero debitrice per avermi salvata da Torres, ma quando fui forte abbastanza da lasciarlo ci perdemmo nella Sierra Madre. Prima di morire, però, disse che una volta conclusa la sua ultima ossessione mineraria mi avrebbe aiutata a tornare nel Texas. In fondo, voleva essere giusto con me.»

«Così, lui ha tirato le cuoia e tu sei tornata qui, giusto?»

«Sì. Perché fatichi tanto a credere che sia io?»

L’ondata di emozioni lo sorprese. Abbassò gli occhi sui propri stivali consunti e si schiarì la gola. «La cercai» disse «sfinendomi al punto da non reggermi più in sella.» Ancora in piedi nel vano della porta volse lo sguardo verso di lei, sul lato opposto della stanza. «Non infangherò la sua memoria solo perché tu arrivi qui dal sud e ti dichiari Molly risorta.»

Lei scosse la testa con aria rassegnata. «Allora, penso che dormirò. Sono troppo stanca per continuare, soprattutto se ti rifiuti di credere a una sola delle mie parole.»

Gettò una coperta umida sul pavimento duro e si distese accanto alla parete. Matt si sistemò di fronte a lei, sul lato opposto del camino, per tenerla d’occhio in caso… In caso che cosa? Non avrebbe saputo dirlo. Il suo istinto ormai non rispondeva più.

Appoggiando la testa sul braccio, la giovane concentrò di nuovo lo sguardo azzurrissimo su di lui. «Sei sposato, Matt?»

«No.»

«E non hai figli?»

«No.»

«I tuoi come stanno? E tuo fratello Logan?»

«Discretamente, direi.»

«Bene.» Abbassò le palpebre. «Quante volte ti ho pensato» aggiunse assonnata, quindi sorrise e aprì un occhio. «Ricordo quando dicevi che avresti sposato una gran signora, tutta agghindata e in gamba quanto un uomo. Sono contenta di sapere che ti è passata.»

Tornò a chiudere gli occhi e in men che non si dica il respiro regolare indicò che si era addormentata.

Matt notò la spruzzatina di lentiggini sul naso. Anche Molly le aveva. E le dita della mano, lievemente appoggiata al viso, nella loro forma erano simili a quelle di Molly, nel senso che gliele ricordavano.

La vedeva, adesso: l’ombra della bambina nella donna.

Molly viveva, era proprio lì di fronte, un miracolo dal passato che sfidava ogni previsione.

Non era un uomo religioso, lui. Tuttavia, non riusciva a ignorare la sensazione che nell’estrarre le carte del destino dal Suo mazzo, Dio gli avesse giocato un bello scherzetto e, con tutta probabilità, si fosse divertito.

La donna sull’altro lato della stanza era un messaggio: la tua vita non è quel che sembra e tutte le convinzioni che pensavi di avere a proposito del mondo, e del tuo in particolare, sono sbagliate.

Molly era lì.

E con quella rivelazione un alito di vita gli attraversò l’anima. Una carezza carica di speranza.

Forse, in fondo, vivere valeva davvero la pena.

Capitolo Quattro

Matt si svegliò di colpo. Intensi raggi di sole filtravano da due finestre scure, illuminando una stanza vuota. La polvere danzava nei fasci obliqui e l’odore di chiuso permeava ancora l’ambiente, pesante malgrado lui e la donna vi avessero trascorso la notte.

E non una donna qualunque.

Molly.

Alzandosi, si scrollò di dosso la sonnolenza e uscì con passo determinato. La vide all’istante, che camminava sul fianco di una collina poco lontana dalla casa. Sollevato, tirò un profondo respiro. Una parte di lui aveva pensato che fosse andata via.

E in quel caso, sarebbe stato chiaro che era un’impostora. Ma il fatto che fosse rimasta confermava dunque l’ipotetica identità? Matt davvero non sapeva come procedere. Il suo istinto, però, gli diceva che da quel momento in poi la sua vita non sarebbe più stata la stessa.

Sistemò il cappello in modo da ripararsi gli occhi dal sole, quindi la raggiunse. Era l’esatto posto in cui l’aveva lasciata quella sera di dieci anni prima, l’ultima volta che l’aveva vista viva.

«Qualche problema?» chiese.

Lei si spostava avanti e indietro, fissando il terreno. «No, non proprio.» Con le mani sui fianchi, sospirò. «Non è che ricorderesti dove l’ho nascosto?»

«Di che cosa staremmo parlando?» rispose lui, ancora determinato a non cedere di un’oncia.

«Il mio occorrente per la sopravvivenza.» Guardandolo con occhi socchiusi, avvicinò le mani a formare una scatola.

Matt le fissò, affascinato dalle dita lunghe e femminili scurite dal sole.

«Ricordi? La stavo seppellendo quella sera, quella dell’attacco. Era una scatola di metallo con… non so più neanch’io quello che ci misi dentro.»

«Già, chissà perché» ribatté lui ad alta voce, subito pentendosene. Era davvero tanto idiota? Avrebbe dovuto chiederlo a Nathan. Solo lui gli avrebbe detto le cose come stavano.

La giovane lo congedò con un gesto della mano e si voltò, disgustata. «Va’ via, Matt. Non sei per niente d’aiuto, qui.»

Lui sbuffò, sforzandosi di chiamare a raccolta alcune delle buone maniere che per anni sua madre aveva provato a inculcare in lui e in suo fratello. «Perché non provi vicino all’arbusto di quercia?»

Lei lo fissò, poi andò verso il cespuglio irregolare. Afferrò una grossa pietra e prese a scavare, così come aveva fatto proprio quella sera di dieci anni prima.

Abbandonando di soppiatto la festa, era andata lì a nascondere la sua scatola. E lì Matt l’aveva trovata, con il grazioso vestitino giallo sporco di terra e i boccoli castani, raccolti con un nastro dello stesso colore dell’abito, che ricadevano in avanti mentre china sulla buca continuava a scavare con una pietra, proprio come adesso. Gli aveva detto che seppelliva la scatola in caso di un attacco indiano – i Comanche erano stati una minaccia costante, ma sua madre aveva temuto anche i Kiowa a nord e persino i Tonkawa a sud, tanto da generare una leggera ossessione nelle figlie.

Matt sapeva già allora che suo padre e gli altri proprietari di ranch si erano molto prodigati per una convivenza pacifica con gli indiani della zona, tuttavia non era mai riuscito a convincere Molly. E, alla fine, aveva avuto ragione lei. Una consapevolezza che lo feriva come un pugnale nelle viscere.

La pietra colpì qualcosa di solido.

«Non avrei mai creduto di trovarla ancora qui.» Tirò fuori la scatola dal suo nascondiglio nella terra, spolverò la superficie, quindi sollevò con cura il fermo e la aprì.

Lui conosceva già il contenuto – glielo aveva mostrato Molly quella sera prima di seppellire il tutto – ma gettò comunque un’occhiata curiosa oltre la spalla della giovane. Una bussola, una bottiglia vuota per l’acqua, un coltello, dei fiammiferi, un pezzo di stoffa in caso di ferite e sul fondo la vecchia fionda ormai usurata. «Scricciolo» sussurrò lei, sollevandola. Spinse da parte gli altri oggetti ed estrasse un foglio di cartapecora piegato, quindi ripose la fionda.

«E quello che cos’è?» chiese lui.

La giovane chiuse la scatola, la infilò sotto il braccio e si rialzò, con la pergamena sbiadita in mano. «Solo una lettera che a suo tempo pensai di dover nascondere.» Avviandosi verso il ranch, la spiegò e prese a leggere.

Non si accorse che Matt la seguiva e nel voltarsi di scatto gli finì contro.

«Avete mai scoperto chi uccise i miei genitori?» chiese, seria in viso.

«No.» Lui, sua madre, suo padre, gli aiutanti del ranch e gli altri proprietari terrieri che si erano uniti nella ricerca di Molly e degli assassini di Robert e Rosemary Hart avevano incontrato non poche difficoltà. In qualche modo, i sospetti erano riusciti a sfuggirgli.

«Neanche un piccolo indizio?» insistette, speranzosa.

«Seguimmo le tracce degli uomini che vi attaccarono e portarono via te» disse lui «ma senza successo.»

«Quando gli indiani ci assalirono, però, alcuni di quegli uomini furono uccisi.»

«I corpi non furono mai trovati. Avesti modo di riconoscere i rapitori?»

Lei scosse la testa, poi sembrò esitare.

«Che c’è?» chiese lui.

«Non credi neanche alla mia identità. Perché dovrei parlarti dei miei sospetti?»

Matt la guardò, dritto in quegli occhi dall’azzurro intenso… non vi era dubbio: erano quelli di Molly Hart. Il come e il perché non quadravano, ma adesso che la osservava, sotto il brillante cielo texano, ecco che tornavano i sussurri del passato – i loro come pure quelli di migliaia di anni di vite e lotte in quella landa sterile – a echeggiare nella mente e nel cuore, a ricordargli quello che aveva provato il giorno in cui credette di averla persa.

Il corpo di Molly era stato recuperato e avvolto nella coperta in cui giaceva, ai piedi del gruppo di uomini e ragazzi che erano andati a cercarla. I resti testimoniavano crudeli violenze. Stordito, Matt si era allontanato a piedi dalla valle in cui era situato il ranch degli Hart, fermandosi infine in cima a una collina per fissare il tramonto. Le vaste pianure del Texas si estendevano a perdita d’occhio e il crepuscolo gettava sulla terra ombre scure accompagnate da un forte vento.

Sembrava che il soffio imponente gli attraversasse il corpo. La mente, il cuore, i sogni… ogni parte di lui abbracciava quanto restava di Molly.

Aprì la mano e fissò la croce d’oro sulle dita callose. Il dolore che si sforzava di ignorare lo travolse e la tensione nelle viscere si sciolse in maniera tanto rapida che le gambe vennero meno.

Cadde in ginocchio, con il corpo scosso da incontrollabili singhiozzi. Inveì contro Dio, contro i Comanche, contro Robert Hart per aver portato le tre giovani figlie in quel luogo deserto, ma più che gli altri, maledisse se stesso. Se solo non si fosse mosso dal suo fianco quella sera, forse sarebbe rimasta viva.

Ed era viva.

«Ma io ti credo» disse brusco «e mi spaventa a morte.»

«Perché?»

«Perché avrei dovuto trovarti. E ancor più, perché se fossi rimasto con te allora non saresti mai stata rapita.»

Il viso di lei esprimeva sorpresa. «Ma tu non ne hai colpa.»

«Non avrò colpa dell’accaduto, ma delle mie azioni sì. Non riesco a immaginare quello che devi aver sopportato in questi dieci anni. È un miracolo tu sia ancora viva.»

«Ho smesso di credere ai miracoli molto tempo fa» rispose la giovane in un soffio. «È già difficile sopravvivere giorno per giorno.»

«Ti aiuterò come posso.»

Lei gli lanciò un’altra occhiata confusa. «Io non mi aspetto il tuo aiuto.»

«Che cosa vuoi fare? Dove hai intenzione di andare?»

Con espressione rassegnata, lei sedette su un masso lì vicino. «Non lo so. Non ci ho ancora pensato.»

«Mia madre può aiutarti a contattare le tue sorelle.»

«Sì, mi piacerebbe» rispose lei, giocherellando con la pergamena sbiadita nelle sue mani.

«Che c’è scritto?»

Mordendosi il labbro inferiore, ignorò la domanda. «È ancora vivo Davis Walker?» chiese, invece.

«Sì. Gestisce il suo ranch da queste parti.»

Lei annuì e gli porse la lettera.

Cara Rosemary,

non puoi respingermi in eterno. Lo so, mi hai detto di stare lontano ma non ne sono capace, ho bisogno di vederti. Devo sapere perché non vuoi incontrarmi. Che cosa nascondi?

Davis

Matt guardò Molly, sbalordito. «Davis? E tua madre?»

«Così sembra.»