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La Ragazza-Elefante Di Annibale Libro Uno
La Ragazza-Elefante Di Annibale Libro Uno
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La Ragazza-Elefante Di Annibale Libro Uno

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Il mio viaggio verso la tenda di Bostar era durato molto piùdel volo di una freccia, ma alla fine, grazie a Tendao, ero arrivata con una brocca di vino da barattare per il pane di Yzebel.

“Veniamo dalla tua buona amica Yzebel,” dissi. “Vuole che scambiamo questa brocca di vino passitocon sei delle tue pagnotte più fresche.”

“Noi?”Chiese Bostar e si mise i pugni sui fianchi, sforzandosi di far assumere un’espressione severa alla sua faccia allegra. “Ti porti una rana tra le pieghe del mantello oppure ci sono degli aiutanti invisibili che si trascinano alle tua calcagna?”

Guardai dietro e scoprii che Tendao era scivolato via di nuovo.

“Mi ha appena detto–” Cominciai ma mi fermai.

Mi resi conto che il mio amico Tendao doveva essere un uomo molto timido che aveva grandi difficoltà a gestire le persone. Per qualche ragione, questo mi rese felice, perché sembrava che volesse che io parlassi per lui quando non poteva farlo da solo.

Guardai il fornaio e vidi che non riusciva mantenere la sua espressione seria a lungo. La sua pelle aveva il colore della sabbia sott’acqua e i suoi occhi scuri brillavano di una buona natura repressa. Già mi piaceva.

“Come fai a esserne a conoscenza del mio amico ranocchio che viaggia con me ed è così timido che sbircia solo con un occhio per vedere cosa sto facendo?”

L’uomo scoppiò a ridere e mi diede una pacca sulla spalla così forte che quasi feci cadere la mia preziosa brocca.

“Se non me lo togli,” dissi, tendendogli il vino,“morirò sicuramente nel tentativo di proteggerlo.”

Bostar ridacchiò e prese la brocca. “Vedo che stai imparando fin dalla tenera età la profonda responsabilità di prendersi cura degli oggetti di valore di un’altra persona.”

“Oh, sì. Sto imparando.”

Bostar portò il vino nella sua tenda. Quando tornò, nelle sue braccia teneva delle pagnotte rotonde e piatte.

“Queste sono le ultime di oggi. Ho finito di cuocerle appena prima del tramonto e le ho tenute, sapendo che la tua Yzebel avrebbe avuto bisogno di loro stasera per i suoi tavoli.” Mise i grandi pani su un panno ruvido steso sul suo banco da lavoro. “Ci sono sei pagnotte qui, più unaextra.” Raccolse gli angoli del panno e li legò in cima. “Puoi dirle che quella in più è tua per avermi fatto fare una bella risata alla fine di una lunga giornata. E assicurati di restituirmi il panno domani.”

“Grazie, Bostar.”Presi il fagotto pesante per appoggiarlo sulla mia spalla. “Vorresti che ti portassi un ranocchio dal fiume quando torno domani? Puoi portarlo nel tuo grembiule e non sentirti mai solo.”

Dopo un momento, il grande uomo sorrise, mostrando i denti bianchi e uniformi sotto i baffi ben rifiniti. “No, bambina mia. Sono grato agli dei che hai sostituito quel Jabnet dalla faccia acida. Se tu e Ranocchioveniste nella mia tenda ogni giorno, non mi dispiacerà mai più sopportare gli altri sciocchi.”

Sarebbe stato così facile rimanere un po’ a parlare con il fornaio:trovavo conforto nella sua presenza.

“Così va meglio,” disse Bostar. “Sapevo che eri capace di sorridere.”

Sì, mi sentivo molto meglio, ma dovevo ancora affrontare Yzebel e spiegarle cosa era successo alla prima brocca di vino.

“Devo andare a dire qualcosa a Yzebel. Arrivederci, Bostar.”

Lo sentii dire buonanotte da dietro di me mentre mi affrettavo con il fagotto con il pane.

Capitolo Cinque

Sulla viadi ritorno ai tavoli di Yzebel, cercai Tendao ma non lo vidi da nessuna parte lungo i sentieri.

Passai vicino alla tenda di Lotaz. Era illuminata all’interno e riuscii a vedere la sua sagoma svolazzare con la fiamma della sua lampada, un’ombra sfocata contro il tessuto. C’era qualcuno con lei. L’ombra scura di un uomo alto, rigido nella postura, le stava molto vicino. Anche la sua ombra svolazzava avanti e indietro, come se fosse incerto se avvicinarsi o allontanarsi da lei. Indossava uno strano cappello, alto davanti e basso dietro.

Camminai lungo il lato opposto del sentiero, stando lontana dalla tenda. Potevo sentire gli occhi dello schiavo di Lotaz su di me. Deve essersi nascosto da qualche parte nell’oscurità fuori dalla tenda, a guardare.

Al bivio, mi fermai a guardare Via degli Elefanti. Una leggera brezza raccolse le foglie cadute e le disperse lungo il sentiero. Sentii solo un ronzio silenzioso provenire da alcuni animali, un netto contrasto rispetto a prima, quando avevo mandato in subbuglio l’intera mandria. Alcune lampade appese oscillarono sui rami degli alberi e alcuni animali stavano sgranocchiandoil fieno rimasto, ma la maggior parte di loro si era sistemata per dormireoppure sonnecchiava in piedi. Un unico ragazzo dell’acquasi stava ancora dando da fare.

Mentre lasciavo Via degli Elefanti mi chiesi come dormisse Obolus. Si inginocchiava, appoggiando il suo grande peso sulle ginocchia oppure si girava su un fianco? Sicuramente, le sue costole si sarebbero spezzate sotto il suo grande peso. Forse dormiva in piedi, ma cosìrischiavadi cadere durante la notte. Decisi di andarci una notte, a vedere come si riposava.

Presto arrivai nel posto in cui la schiava aveva lavorato prima,girando il filato, ma non la vidi. La tenda era buia all’interno.

Il rumore dei tavoli di Yzebel mi arrivò ancora prima che io girassi su per l’ultima curva del sentiero. Immaginavo che dovessero essere i soldati a scherzare e ridere mentre consumavano la cena. Rabbrividii al pensiero di loro che mi prendevano di nuovo in giro. Ma ancora di più, temevo lo sguardo sul viso di Yzebel quando le avrei confessato del mio incidente con il vino.

Uno dei soldati annunciò il mio arrivo prima che potessi parlare con Yzebel. Voltò la sua faccia pelosa verso di me quando superai il primo tavolo.

“Dammi un po’di quel pane, ragazza!”Gridò. “Come pensi che possa mangiare questo stufato senza pane?”

Yzebel si voltò al suono della voce del soldato e quasi fece cadere una scodella calda dicontu luca nel grembo di un uomo. La sua espressione fu un misto di sorpresa e irritazione mentre mi fissava, ma presto mutò in sollievo. Poi guardò verso suo figlio Jabnet come a dirgli‘Te l’avevo detto’. Era al primo tavolo, a versare del vino nella tazza di un soldato.

Vidi Jabnet fissarmi, con gli occhi spalancati e la bocca aperta.

“Maledetto, ragazzo!”Urlò l’uomo della ciotola quando il vino viola straboccò sul bordo e gli corse lungo il braccio. “Allontanati prima che ti colpisca.”

Appoggiai il mio fagotto sul bordo di un tavolo e cominciai a sciogliere il nodo. Uno degli uomini afferrò una pagnotta dall’interno della stoffa prima che potessi aprirla. Ne strappò un pezzo e la passò a un altro uomo. Anche il soldato seduto di fronte a lui prese una pagnotta e la lanciò al tavolo successivo. Ne prese un’altra e lalanciò nelle mani in attesa di un uomo al quarto tavolo.

Presto rimase solo una pagnotta. L’uomo si allungò a prenderla, ma io la afferrai prima. Quella mi apparteneva e non avevo alcuna intenzione di rinunciarvi senza combattere. L’uomo mi lanciò un’occhiataccia e pensai che mi avrebbecolpita, ma uno dei suoi compagni gli lanciò un pezzo di pane. Rimbalzò sul suo naso e cadde nella sua ciotola. Afferrò il pane, mi fece un sorriso facendomi vedere gli spazzi tra i suoi denti e tornò a mangiare il suo stufato.

Lungo i tavoli, i soldati deglutirono rumorosamente il succo dello spezzatino e divorarono tutto come un branco di animali selvatici.

Mi affrettai verso il fuoco e posai il mio fagotto accanto al focolare.

“Ecco,” disse Yzebel, spingendomi tra le mani una pesante recipiente di legno. “Riempi qualsiasi ciotola vuota con questocontu luca a meno che non ti dicano diversamente. Poi fai lo stesso con lo stufato dalla pentola sul fuoco.”

“Sì, lo farò.”

Il delizioso aroma del cibo mi ricordò che avevo fame, ma avrei aspettato che i soldati fossero nutriti. Quando cominciaicon il primo tavolo, riempiendo ogni ciotola che mi veniva porta, Yzebel prese Jabnet per un braccio, tirandolo da parte. Gli disse alcune parole forti e gli scosse un dito in faccia, ma non riuscii a sentire quello che diceva.

Al terzo tavolo, un uomo aveva un lato intero persé stesso. Di fronte a luierano seduti cinque uomini chestavano divorando il loro cibo, a volte prendendo dei bocconi anche dalla ciotola del loro vicino. L’uomo solo sedeva in silenzio, i suoi occhi seguivano ogni movimento intorno a lui. Mi piacquero i suoi lineamenti; occhi distanti, linea della mascella forte, mento squadrato, i capelli lunghi folti e scuri. La maggior parte degli altri soldati era più vecchia di lui. Tuttavia, pensai che si comportasse in modo più maturo di tutti loro.

Tenni il cucchiaio di legno sopra la sua ciotola vuota per riempirlo con il grano duro e il montone fumanti, ma allontanò la mia mano.

“No,”mi disse. “Vorrei un’altra mezza ciotola del tuo vino.” Tese la sua tazza vuota e mi guardò per la prima volta. “Per favore,”aggiunse.

Non sapevo se fosse la sua gentilezza, il suo aspetto curato e pulito, o i suoi occhi. Avevano un’espressione che potrei descrivere solo come una forza calma, ma il mio giovane cuore eseguì un nuovo trucchetto nel mio petto. Il suo profumo mi fece venire in mente l’odore di pelle nuova e dello sforzo intenso. Su un uomo inferiore, sarebbe stato spiacevole.

Sbattei le palpebre quando un pugno peloso batté su un tavolo vicino, dove un nuovo sgradito arrivato urlava per il cibo.

Bastò uno sguardo dall’uomo accanto a me per zittire l’altro. A eccezione di Tendao e Bostar, tutti gli uomini del campo mi sembravano brutti, chiassosi e odiosi. Quest’uomo non era nessuna di quelle cose. Era giovane; la barba gli era appena comparsa. I suoi occhi erano di un marrone intenso, e il suo comportamento era forte, ma non prepotente. La sua pelle era più scura della mia di alcune tonalità. Il colore mi ricordava la piuma dell’ala di un falco.

“Sì,” dissi infine e posai la mia scodella sul tavolo. Gli presi la ciotola dalla mano. “Le porterò il vino.”

Mi affrettai a dove Jabnet versava il vino all’ultimo tavolo. Dopo avergli preso la brocca da vino, riempii a metà la tazza dell’uomo, quindi rimisi la brocca nelle mani di Jabnet.

Di nuovo al tavolo dell’uomo, misi la ciotola davanti a lui. “Vuole dell’altro stufato? Ne abbiamo ancora un po’ sul fuoco.”

Scosse leggermente la testa e prese la tazza, congedandomi con un movimento casuale della mano. Tutto ciò accadde in modo così fluido, che se avesse parlato, avrebbe potuto dire: “No, grazie. Puoi andare ora e occuparti dei tuoi doveri.”

Continuai il mio lavoro, prendendo la ciotola di contu luca per servire gli altri uomini. Alla fine del quarto tavolo, la mia scodella era vuota. Andai al focolare e cominciai a riempirla dalla pentola. Yzebel rimase accanto al fuoco, versando quello che era rimasto dello stufato.

“Chi è quell’uomo?”Chiesi, sussurrando a Yzebel.

“Quale?”Anche Yzebel mi sussurrò.

“Quello.”Indicai con la testa dietro ma non ho guardai dalla sua parte. “Seduto da solo.”

Yzebel diede una rapida occhiata alle mie spalle. “Quello è Annibale. Figlio del generale Amilcare.”

Mi ricordai che il nome di Annibale era stato citato da Tendao al fiume.

Yzebel si protese verso di me, continuando a sussurrare: “Spero che questi uomini riempiano presto le loro pance. Questo è l’ultimo che rimanedello stufato.”

“E anche delcontu luca.” Raccolsi il grano duro e la carne rimanenti con il cucchiaio di legno.

Yzebel mi fece l’occhiolino. “Beh, vediamo che cosa succede.”Allungalo, dandone a ogni uomo solo un po’.”

“Abbiamo ancora una pagnotta.” Annuii verso il mio fagotto a terra vicino al fuoco. “Se si arrabbiano con noi, possiamo buttarla fuori sul sentiero, e correranno tutti per farla a pezzi come un’orda di sciacalli.”

La faccia di Yzebel si illuminò e pensai che avrebbe riso, ma non lo fece.

“Vieni, ora,” disse Yzebel con un sorriso,“torniamo al lavoro.”

* * * * *

Un po’ dopo mezzanotte, anche l’ultimo dei soldati se ne andò. Avevano leccato pulita ogni ciotola.

Mi aveva fatto piacere vederli andare via.

Jabnet iniziò a pulire uno dei tavoli, ma Yzebel lo fermò, dicendo che avrebbe potuto lasciarlicosì fino al mattino. Tutti e tre abbiamo raccolto tutto il rame e i ciondoli che gli uomini avevano lasciato sui tavoli e li abbiamo messi insieme alla fine del primo tavolo. Jabnet e io ci sedemmo di fronte a Yzebel e la osservammo sistemare gli oggetti.

“Argento.”Tenne una grande moneta lucente alla luce della lampada.

“Penso che l’abbia lasciata Annibale,” dissi.

“Davvero?” Yzebel la girò per guardare dall’altra parte. “È romana.”

“Romana?”

Mi consegnò la moneta. “Sono le persone oltre il mare. Quelli che hanno sconfitto il generale Amilcare nell’ultima guerra.”

“Sembra davvero vecchia. È un cavallo con le ali?

“Sì,”rispose Yzebel. “I romani lo chiamano Pegaso. Pazzi a pensare che i cavalli possano volare.”

Sul retro della moneta c’era il contorno del volto di un uomo e alcune parole attorno al bordo. “Chi è?”Domandai restituendo la moneta a Yzebel.

“Qualcheromano morto.” Gettò di nuovo la moneta nella pila.

“Ho fame,”disse Jabnet.

Yzebel si guardò attorno verso tutte le ciotole vuote, poi le pentole accanto al fuoco; anche quest’ultime erano vuote. “Anch’io,”rispose, “ma hanno mangiato tutto.”

“No, non l’hanno fatto.” Corsi a prendere il mio fagotto dal focolare. Lo riportai al tavolo e tirai fuori l’ultima pagnotta. “Ho salvato questo.”

Yzebel rise e prese la pagnotta. La spezzò, dando a ognuno di noi un grosso pezzo di pane, poi prese una brocca dal tavolo. Scosse la caraffa e scoprì che conteneva ancora un po’di vino. Presi tre tazze da un altro tavolo e Yzebel vi versò il vino, dividendolo equamente tra le tre ciotole.

“Jabnet, portami la borraccia,” disse.

Il ragazzo scivolò dalla panca e si diresse verso il focolare, borbottando qualcosa sul vino. Quando tornò con la borraccia, Yzebel annacquò il vino; Jabnet e il mio molto più del suo.

Mangiammo il nostro pane mentre Yzebel esaminava un paio di orecchini con grandi cerchi d’oro e un pettine d’avorio.

Avevo quasi trovato il coraggio di raccontare a Yzebel del vino che avevo versato su Via degli Elefantiquando prese un anello dalla pila di ciondoli e lo diede a Jabnet. Lui lo studiò, poi provò a metterselo sul pollice, ma non ci entrava.

Dopo aver fatto scivolare l’anello sul mignolo, disse: “È tutto quello che otterrò?”

Yzebel ignorò il ragazzo e continuò a sistemare i gioielli sgranocchiando il pane. Alla fine raccolse un altro oggetto, lo esaminò per un momento, poi me lo porse.

I miei occhi si spalancarono e trattenni il respiro. “Per me?” Sussurrai.

Capitolo Sei

Non potevo crederci al fatto che Yzebel mi avesse dato il braccialetto. Realizzato in rame spesso, era largo e adornato da incisioni intricate. Al centro c’era un grande cerchio che racchiudeva l’immagine di qualcosa che non riuscivo a distinguere. Più lo guardavo da vicino e più dettagli riuscivo a scorgervi. Me lomisi al polso, ma mi scivolò giù, cadendomi dalla mano.

“Ecco.” Yzebel prese il braccialetto. “Lascia che ti faccia vedere.”

Lo esaminò per un momento. Uno spazio dalla larghezza del suo pollice separava le due estremità che si curvavano attorno al polso. Premette le estremità l’una verso l’altra, le lasciò andare, poi le strinse ancora una volta, avvicinandole. Mi fece segno di allungare la mano, quindi aprì leggermente il braccialetto per mettermelo al polso. Si adattò perfettamente, c’era abbastanza spazio per muoverlo ma non perché mi scivolasse dalla mano.

“Bellissimo.” Allungai la mano per ammirarlo. “È la cosa più incredibile che abbia mai visto. Grazie Yzebel. Non lo toglierò mai.”

Agitai il polso verso Jabnet in modo che potesse vederne la bellezza. Socchiuse gli occhi con il suo fare odioso.

“Vado a letto,”disse.

Sua madre gli diede la buonanotte e lui prese la nostra lampada per andare nella tenda.

Avvicinai un’altra lampada per esaminare il braccialetto sotto una luce migliore. All’improvviso, mi resi conto di ciò che vi era inciso.

“Elefanti!”Esclamai.

Due colonne di elefanti finemente incisi marciavano sui lati, verso la parte rotonda al centro. Il pezzo rotondo copriva parzialmente l’ultimo elefante su ciascun lato, dando l’impressione che l’animalevi abbia camminato proprio sotto di esso.

“Hai visto gli elefanti?”Girai il polso verso Yzebel.

Sorrise e annuì.