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La Ragazza-Elefante Di Annibale Libro Uno
La Ragazza-Elefante Di Annibale Libro Uno
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La Ragazza-Elefante Di Annibale Libro Uno

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L’elefante inclinò la testa per guardarmi. Mi alzai in sulle punte e gli diedi una pacca sulla parte inferiore dell’orecchio. Sbatté le palpebre, guardò l’uomo per un momento, poi di nuovo me.

Sapevo che ci sarebbe voluta solo una leggera pressione dell’enorme proboscide di Obolus per spremere la vita dall’uomo.

“Mettilo giù.” La mia voce si incrinò, non suonava affatto forte.

Obolus abbassò l’uomo a terra, rilasciando la presa. Il tipo cadde sulla terra, atterrando con forza su un fianco, poi ricadendo sulla schiena. Due lavoratori si inginocchiarono, cercando di aiutarlo.

“Così va meglio,”dissi a Obolus e presi la fine della sua proboscide tra le mani, poi lo guardai.“Grazie per avermi salvato di nuovo la vita, ma quest’uomo era solo arrabbiato perché ho disturbato te e tutti gli altri elefanti.”

L’uomo a terra respirava affannosamente mentre il tumulto lungo il sentiero si calmava. I cuccioli di elefante smisero di correre e abbassarono le proboscidi per guardare me e Obolus, che portò l’estremitàdella proboscidealla mia guancia e mi annusò il viso e i capelli.

“Ora,” dissi, “ti darò un melone da mangiare, e prometto di non correre e urlare di nuovo se non impazzirai per ogni piccola cosa.”

Raccolsi un grosso melone giallo accanto al pagliaio e glielo porsi. Arrotolò la proboscide e aprì la bocca. Lospinsi dentro e risi quando lo schiacciò. Abbassò la testa per me e io gli diedi una pacca sulla faccia.

“Bravo ragazzo.”

“La ucciderò.”

Quando sentii la voce roca alle mie spalle, mi voltai e indietreggiai contro la gamba di Obolus.

L’uomo si rimise in piedi.

“No,” disse un altro uomo che trattenne il primo uomo con una mano sul braccio. “Hai visto come lo ha calmato?”; Era un grande uomo, dalle spalle larghe e muscoloso, ma i suoi occhi erano profondi e pensierosi. Mi guardò con un’espressione gentile. “Sei quella che Obolus ha tirato fuori dal fiume, non è vero?”

Annuii.

“Come immaginavo.” Prese l’altro uomo per il braccio. “Ukaron, sai che questi poveri animali reagiscono a cose che non possiamo sapere. Hai visto come obbediva ai suoi ordini come se si fossero allenati insieme per tutta la vita. L’ho visto solo una volta, quando hanno portato quel ragazzo dalle Indie, quello abbattuto da un giavellotto romano a Messina. Come si chiamava?

“Ponichard.” Ukaron si rispolverò. “E allora?”

Fissavo Ukaron. La pelle del suo viso era troppo tesa, le labbra tirate in un ghigno costante, e gli zigomi e il mento quasi spuntavano attraverso la superficie. Aveva gli occhi socchiusi e bagnati come un uomo malato, ma forse era perché Obolus lo aveva quasi ucciso.

“Era lo stesso, Ukaron,” disse l’altro uomo. “Quel ragazzo, Ponichard, quando incontrò per la prima volta l’elefante Xetos. Ricordi che canaglia che poteva essere quell’animale. Tuttavia, dal primo momento in cui Ponichardlo toccò, Xetos era al comando del ragazzo, al punto che abbiamo dovuto sopprimere la bestia quando il ragazzo è morto in battaglia. E ora Obolus ha stretto un forte legame con questa bambina, e lei con lui. Non oso tentare di spiegare quale scopo gli dei abbiano per tali cose, proprio come non metto in dubbio la loro infinita saggezza. Ti suggerisco di non manomettere questa relazione tra la bestia e la bambina.”

“Ti sbagli, Kandaulo.” Ukaron mi tenne d’occhio mentre parlava con l’uomo. “È una bambina demoniaca. Ha tentato di far scappare questi animali per distruggere il campo. Se sono coinvolti alcuni dei, sono gli dei degli inferi.” Si asciugò un avambraccio peloso passandoselo sulla bocca, prese il bastone da un uomo accanto a lui e andò via.

“Va’ ora, ragazzina,” disse Kandaulo. “E la prossima volta che ti avventuri lungo Via degli Elefanti, ti suggerisco di farlo silenziosamente.”

“Sì, Kandaulo. Lo farò.” Accarezzai l’stremità della proboscide che si posò sulla mia spalla. La pelle grigia dell’elefante appariva ruvida e vecchia con tutte le rughe, ma al tatto era morbida e gentile. “Addio, amico mio. Dormi bene stanotte.”

Obolus si allungò in cerca di altro fieno e io ne presi una manciata per lui, ma poi mi ricordai.

“Oh, no,” sussurrai, “la brocca da vino di Yzebel!”

Lasciai cadere il fieno e corsi di nuovo sullaVia degli Elefanti.

Capitolo Quattro

Tutto quello che trovai fu una grande macchia fangosa di vino sul sentiero. Mi inginocchiai e spinsi le dita nel fango viola e marrone, non volendo credere a ciò che i miei occhi vedevano. Però era tutto vero: il prezioso vino passito di Yzebel non c’era più. Avevo fallito.

Si era affidata a me per portare il vino dal fornaio in cambio di pane, ma non ci sono riuscita neanche per metà. La vista di Obolus vivo aveva completamente confuso il mio senso di responsabilità e i miei sentimenti avevano messo in ombra il mio desiderio di fare qualcosa di buono per Yzebel. A peggiorare ancora le cose, la brocca era svanita. Qualcuno l’aveva presa, lasciando solo un’impronta di sandalo nel fango. Come potrei mai rimediare a tutto ciò?

Mi si strinse il cuore e iniziai a piangere. Yzebel non si sarebbe mai più fidata di me.

“Hai perso qualcosa?”Una voce familiare provenne da dietro di me.

Alzai lo sguardo e incontrai i morbidi occhi castani del giovane uomo del fiume. Quello di cui avevo indossato il mantello – Tendao.

“Il vino di Yzebel.” Mi asciugai le dita fangose sulla guancia. “È sparito.”

Tese la mano per aiutarmi, apparentemente non curandosi del fango. “Avresti dovuto portare il vino a Bostar in cambio delle pane?”

Annuii.

“Sai perché Yzebel voleva il pane?”

Risalimmolungo la Via degli Elefanti verso il bivio del sentiero.

“Per i soldati per quando verranno ai suoi tavoli stasera.”

“Sì, le piace avere del pane per loro all’ora di cena.”

“L’ho delusa, Tendao. E ora devo andare a dirle che cosa terribile che ho combinato.”

“Sì, glielo devi dire,”mi rispose. “Ma prima di farlo, fermiamoci davanti alla tenda di Lotaz.”

Non avevo sentito parlare di questaLotaz, ma non avevo alcuna fretta di tornare da Yzebel a mani vuote e ammettere di aver fallito.

Cercai di sfuggire all’immagine del volto severo di Yzebel pensando ad altre cose. La terra della Via degli Elefanti era morbida e calda sotto i miei piedi nudi. Pensai alle centinaia di elefanti euomini che l’avevano calpestata per molte stagioni, trasformando la terra in una polvere fine. Querce e pini fiancheggiavano il sentiero, fornendo ombra agli animali. Le lunghe ombre ora coprivano gran parte dell’ampio sentiero.

In cima alla collina, andammo a destra, come avrei dovuto fare prima. Dopo un po’ci imbattemmo in una tenda fatta di un materiale fino e sottile. I colori rosso, giallo e blu del tessuto a strisce brillavano nel crepuscolo. Le ombre tremolavano da una lampada che bruciava dentro. Davanti a essa c’era un tendalino frangiato, sostenuto da due lance di metallo conficcate nella terra. Un uomo di colore sedeva a gambe incrociate sotto la tenda.

“Va’da quello schiavo.”

Tendao mi fermò a una certa distanza, poi mi istruì riguardo cosa avrei dovuto dire all’uomo. Gli ripeteitutto, assicurandomi di aver capito.

“Ma sembra così cattivo, Tendao. Verrai con me?”

“No. Devi farlo da sola.”

Lo schiavo mi osservò intensamente mentre mi arrancavo verso di lui, i miei piedi che si trascinavano nella terra, riluttanti nel portarmi dove non volevo andare.

A dieci passi di distanza, mi fermai e dissi, “Lotaz.”

Non rispose,stette a fissarmi finché non abbassai gli occhi a terra. Alla fine parlò.

“Questa è la tenda di Lotaz. Perché sei qui?”

“Sono venuta per conto di Tendao.”

Lo schiavo balzò in piedi e si affrettò a entrare. Un momento dopo, ne uscì una donna magra. Era illuminata da entrambi i lati da una coppia di lampade a olio che pendevano dai supporti a lancia. Lotaz era bellissima con un abito di seta blu chiaro e un paio di pantofole abbinate. Un’ampia cintura scarlatta di corde intrecciate le stringeva la vita magra e una raffinata catena d’oro reggeva il fodero di un pugnale ingioiellato. La piccola arma le oscillava sulle cosce ad ogni suo passo. Le sue labbra erano dipinte di rosso e le sue guance eranodel colore dei boccioli di rosa, creando così un morbido contrasto con la sua carnagione cremosa. Una collana di argento eoro le adornava il collo.

Lo schiavo uscì per mettersi dietro di lei, con le braccia incrociate sul petto nudo. Incombeva come un’enorme ombra scura, in netto contrasto con la pelle bianca della donna.

“Che cosa sai di Tendao?”Mi domandò.

“Devo solo riferirle che farà come ha richiesto.”

Guardò oltre le mie spalle, scrutando il sentiero scuro in entrambe le direzioni. Guardai anche io, ma Tendao non era in vista.

“Perché ha mandato te?”

Scossi la testa, non sapendo come rispondere.

“Quando verrà esaudita la richiesta?” La voce di Lotazaveva un tono acuto ed esigente.

“Domani, prima del tramonto,” risposi ripetendo le parole che Tendao mi aveva detto di dire.

Sembrava riluttante a trattare con me riguardo questa transazione. Non capivo neanche perché fossi venutada Lotaz per conto di Tendao.

Dopo un momento, disse: “Molto bene. Aspettami qui.”

Lotaz entrò e tornò dopo un momento. In una mano, portava una brocca di vino quasi identica a quella che avevo perso. L’altra mano era invece chiusa, le dita serrate. Molti braccialetti decorati le tintinnarono lungo il polso quando fece per consegnarmi la brocca di vino. Poi si interruppe.

“Perché vieni da me così sporca?”

Guardai le mie mani tese; erano sporche di fango secco. Quando provai a pulirle, lo schiavo scomparve dietro la tenda per tornare poi con una bacinella d’argilla con dell’acqua, che mise ai miei piedi. Mi inginocchiai per lavarmi, la faccia che mi bruciava per l’umiliazione. Mi lavai rapidamente, mi alzai e mi asciugai le mani sul mantello.

Lo schiavo mi sorrise brevemente e mi fece l’occhiolino quando si mise tra me e la donna. Prese la bacinella e tornò al suo posto. Non sapevo se si sentisse dispiaciuto per me o se stesse solo cercando di essere amichevole con un’altra schiava. Lotaz certamente mi ha fatto sentire come una schiava.

Mi porse la brocca e io la presi tra le mie braccia: questa non l’avrei fatta cadere.

“Questo vino è il pagamento per il lavoro che Tendao farà per me,”disseLotaz. “Non lo pagherò più di così.”

Allungò l’altra mano e lentamente aprì le dita. Due grandi perle perfettamente abbinatee molto belle, riposavano nel palmo della donna. Tutto quello che potevo fare era fissare il lucente splendore delle gemme preziose che brillavano nella luce gialla delle lampade.

“Prendile,” ordinò Lotaz. “E assicurati che le perle vadano immediatamente da Tendao. Saranno usate per fare il lavoro. Mi hai capito?”

Annuii, spostando il vino per liberare la mano destra in modo da poter prendere le perle a Lotaz. Rimasi ferma, fissando la donna, non sapendo cosa fare.

“Vai!” mi disse con un cenno della mano, spingendomi via come se fossi un fastidioso moscerino.

Mi affrettai lungo il sentiero oscuro nella direzione in cui Tendao mi aveva detto di andare. Poco prima di arrivare all’angolo, guardai indietro per vedere Lotaz e lo schiavo che mi osservavano. Provai un grande sollievo quando passai dietro lo steccato dove Tendao mi aspettava.

“Vedo che hai li vino passito.”

“Sì.”

Tesi l’altra mano con le due perle. Le prese e io misi entrambe le mani sotto la caraffa. Ispezionò le perle, poi le lasciò cadere in una borsa di cuoio legata alla cintura.

“Ora,” disse, stringendo i cordoncini, “andiamo a cercare il panettiere Bostar e barattiamo quel vino con del pane.”

Fu una tale sorpresa. Il vino era un pagamento per Tendao in cambio di un servizio che doveva eseguire per Lotaz, ma sembrava disposto a lasciarmelo usare al posto della brocca che avevo perso. Perché avrebbe dovuto fare una cosa del genere? E che servizio doveva svolgere per Lotaz? Decisi di chiedergli delle spiegazioni, ma parlò prima che avessi la possibilità di trasformare i miei pensieri in una vera domanda.

“Il tuo modo ardente mi ricorda qualcuno.”

“Chi?”

“Hai mai sentito parlare di Liada, lo spirito della roccia di Byrsa?”

“No, conosco solo la principessa Elissa,” risposi.

“Bene, questa storia ha molto a che fare anche con la principessa Elissa. Moloch, il dio dell’oltretomba, ha sepolto Liada nella roccia di Byrsa,” mi cominciò a raccontare

“Perché?”

“Quella era la sua punizione per aver fatto amicizia con un piccolo vitello che i sacerdoti avevano scelto per il sacrificio a Moloch.”

“Oh, no. Perché dovrebbero sacrificare un piccolo vitello?”

“Una vita giovane è più preziosa di una vecchia. L’idea non piaceva nemmeno alla schiava Liada. Durante l’ora più buia della notte, prima del giorno della cerimonia, si intrufolò nel recinto dove c’era il vitello, rimosse le catene e condusse la piccola creatura, insieme a sua madre, molto lontano per liberarle.

“Quando Moloch venne a sapere di questo atto insidioso, ordinò ai sacerdoti di incatenare la ragazza allo scoglio di Byrsa, lì intrappolò il suo spirito nella pietra e la seppellì. Poi fece sacrificare ai sacerdoti il corpo senza spirito di Liada, insieme ad altri nove bambini, sul suo altare. Questa brutale offerta fu il suo avvertimento per chiunque volesse intromettersi negli affari dei suoi sacerdoti.

“Quando la nostra Elissa venne a sapere della terribile disavventura di Liada, andò alla roccia di Byrsa e sentì lo spirito della roccia gridare in cerca d’aiuto. Mentre ascoltava la storia dell’eterna punizione di Liada, la principessa Elissa mise le mani sulla roccia. Quindi, usando nient’altro che una preghiera per la dea madre Tanit e il potere della sua forte volontà, divise la pietra in due, liberando lo spirito di Liada.”

Tendao rimase in silenzio per un po’e pensai che avesse perso il filo della storia.

“Che cosa è successo allora allo spirito della ragazza,”domandai, “dopo che la principessa Elissa l’ha liberata?”

Tendao mi guardò, poi riportò lo sguardo sul buio sentiero davanti a sé. “Per tutto questo tempo dalla liberazione di Liada, il suo spirito ha vagato per tutto il mondo, alla ricerca di una bambina che la accogliesse.”

Alzai lo sguardo su Tendao, pensando che avesse inventato questa storia solo per farmi stare meglio.

Mi sorrise. “È una delle tante leggende sulla nostra principessa Elissa e sono certo che sia vera.”

“Ma come farà Liada a trovare qualcuno che la accolga?”

“Sta aspettando una ragazza che faccia amicizia con una povera bestia, schiavizzata come lo era lei stessa.”

Mentre camminavo, osservando il suolo e pensando al fatto che Liada fosse una schiava, mi resi conto vagamente che Tendao rimase indietro.

“Intendi dire come Obolus?”Chiesi.

“Che cosa dici, bambina?”Sentii una voce rimbombante provenire dal sentiero davanti a me.

Alzai lo sguardo per ritrovarmi a camminare verso un uomo molto grande. Indossava un lungo grembiule e il suo viso sorridente era sporco di farina di grano. Dall’aspetto dell’uomo e dal meraviglioso profumo di pane fresco, dedussi che doveva essere il fornaio. Tre lampade a olio appese sopra i suoi tavoli da lavoro distorcevano l’oscurità della serata.