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La Ragazza-Elefante Di Annibale Libro Uno
La Ragazza-Elefante Di Annibale Libro Uno
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La Ragazza-Elefante Di Annibale Libro Uno

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“Scopriamo quanto vale questa piccola pietra prima di andare a cuocere il pane e filare il cotone,”mi rispose.

* * * * *

Quella notte, aspettai per essere sicura che Yzebel dormisse profondamente prima di andare via.

Quando arrivai alla tenda della ragazza schiava, il cestino di cotone e il suo attrezzo rotante erano spariti. Non sapevo cosa pensarne, nel bene o nel male, qualcosa era successo da quando ero passata con il mio carico di pane prima del tramonto.

Mi ci volle solo un momento per decidere cosa fare. Con la mano sul mio fianco, corsi lungo il sentiero che portava allaCollina Rocciosa e nel bosco. Seguii il sentierosu cui Tin Tin Ban Sunia e io avevamo portato il cestino con i filati, arrivando infine al sentiero che portava alla solitaria capanna dove viveva il grasso uomo peloso.

La luce della luna proiettava ombre nere lungo il sentiero. Corsi dietro uno degli alberi e mi premetti contro il tronco, nascondendomi lì per osservare la capanna. Gli unici suoni che sentii furono un cane che abbaiava da qualche parte in basso nell’accampamento principale e il mio respiro uscirein brevi sbuffi. Nulla si mosse da nessuna parte. Corsi dietro un altro albero più vicino alla porta principale e rimasi perfettamente immobile, ascoltando. Niente, non un suono provenne dall’interno.

Corsi a un lato della capanna e mi avvicinai a una finestra, ma era chiusa. Dopo un momento, mi diressi verso il retro della capanna e trovai un’altra finestra con le persiane aperte. Mi avvicinai al bordo della finestra per sbirciare dentro; era buio pesto. Mi chinai sotto la finestra per guardare dall’altra parte ma non vidi comunque nulla. Mi appiattii contro il muro e ascoltai. Sentii un debole suono come respiro affannoso, ma forse erano solo il mio respiro irregolare e il mio cuore.

Se fossi stato più coraggiosa, sarei scivolata dentro e avrei cercato di trovare Tin Tin Ban Sunia nell’oscurità, ma sarei solo riuscita a farla picchiare di nuovo.

Correndo da un’ombra d’albero alla successiva, raggiunsi il sentiero e tornai al campo con il cuore pesante.

* * * * *

Su Via degli Elefanti, trovai Obolus che sgranocchiava il fieno al chiaro di luna.

“Ciao, Obolus.”

Sembrava non notarmi mentre cercava altro fieno. Il suo essere a mio agio con me nelle vicinanze era un buon segno. E sapevo cosa gli avrebbe fatto piacere.

“Torno subito.”

Guardai su e giù per il sentiero per essere sicura che non ci fosse nessuno in giro, poi attraversai la strada per prendere un enorme melone a strisce verdi. Era così grande che non riuscivo quasi a trasportarlo.

Quando tornai da Obolus, sollevò la proboscide e aprì la bocca, ma il melone era troppo pesante per me perché potessi sollevarlo. Pensai di lasciarlo cadere a terra per aprirlo e dargliene un pezzo alla volta, ma poi avrebbe perso il succo che gli piaceva così tanto. Sollevai il melone, e questa volta l’animale arricciòla sua proboscide sotto il frutto, e insieme glielo abbiamo infilato in bocca. Inclinò la testa all’indietro, schiacciando il melone come un grosso uovo. Dopo averlo finito, mi sfiorò con la sua proboscide, facendomi quasi cadere.

“Obolus,” dissi ridendo. “Faresti meglio a non spingermi così.”

Gli afferrai la zanna con entrambe le mani, tirando più forte che potevo. Alzò la testa, sollevandomi da terra. Urlai ridendo e lui gentilmente mi posò a terra.

“Vorrei potermi arrampicare sulla tua testa e cavalcare sulla tua schiena come fanno i conduttori di elefanti.” Gli diedi una pacca sul lato del viso. “E perché non dormi? È molto tardi, lo sai.”

Quando cercò altro fieno, andai dall’altra parte del suo pagliaio e presi un oggetto simile a un mattone.“Che cos’è questo, Obolus?”

Lo sollevai in modo che potesse vederlo. Era una specie di blocco compresso contenente carote, datteri e olive, insieme ad altre verdure verdi e gialle.

Obolus lasciò cadere il fieno e prese il mattone. Se lo mise in bocca, lo sgranocchiò e deglutì.

“Beh, spero che fosse qualcosa che potresti mangiare.”

Qualunque cosa fosse quel mattone, sembrò soddisfare la sua fame perché si inginocchiò sulle zampe anteriori, abbassò quelle posteriori a terra e rotolò piano su un fianco.

“Vedo che finalmente ti riposerai un pochino.”Afferrai un carico di fieno e lo lasciai cadere a terra vicino al suo petto, l’animale ci arrotolò la proboscide. “No!”La spostai via. “È il mio letto quello che stai cercando di mangiare.”

Sparpagliai il fieno e vi strisciai sopra, posando la testa sulla sua proboscide arrotolata. Emise un grande sospiro e sapevo che presto si sarebbe addormentato. Rotolai su un fianco e chiusi gli occhi.

Qualche tempo dopo quella notte, mi svegliai di soprassalto: qualcuno si era mosso nel fieno accanto a me!

Capitolo Dieci

Rotolai via, pensando che potesse essere Sakul. Sbattei contro la proboscide di Obolus ma poi capii chi era l’altra persona.

“Tin Tin Ban Sunia!”Gridaie mi allungai per abbracciarla. “Ero così preoccupata per te.”

L’elefante alzò la testa per vedere quale fosse il problema.

“Va tutto bene, Obolus.” Gli accarezzai la proboscide. “È la nostra amica Tin Tin Ban Sunia. Vedi, è una ragazza,proprio come me.”

Il grande elefante ci guardò per un momento, poi posò la testa e chiuse gli occhi.

“Fammi vedere la tua faccia.”Girai delicatamente la testa della ragazza. Alla luce della luna, vidiil suo brutto livido viola e l’occhio nero. Il suo labbro spaccato era gonfio e scolorito. “Ucciderò quel vecchio grassone per quello che ha fatto. Perché è così cattivo con te?”

“Tin tinbansunia?”Chiese lei, indicando l’enorme animale che stava dormendo accanto a noi.

“È Obolus, è un mio amico. Mi ha tirato fuori dal fiume, poi mi ha salvato da Ukaron, che ha cercato di soffocarmi. In questo modo.”

Mi misi le mani attorno alla gola, alzai gli occhi e tirai la lingua fuori dal lato mentre scuotevo la testa. Lei rise e mi spostò le mani dalla gola.

“Sei scappata?”Chiesi. “Sai che verrà a cercarti domani mattina.”

Tin Tin sorrise, accarezzando il fieno dove eravamo sedute.

“È il mio letto. Mi piace dormire qui, vicino a Obolus.” Mi distesi sul fieno. “Sdraiati come me, cosìpotremo guardare le stelle.”

Mi distesi per farle vedere come e lei si sdraiò accanto a me.

“Tin tinbansunia,” disse e indicò una stella che sembrava più luminosa delle altre.

“È bellissimo.”

C’erano molte cose che volevo chiederle. Il lato del suo viso doveva farle male, e anche la nuca, nel punto in cui aveva colpito l’albero. E il marchio sul suo viso – come deve aver gridato quando l’ha marchiata. Mi chiedevo da dove venisse e come avesse imparato a creare il filo e quale lingua parlasse. Probabilmente era curiosa riguardo a me, chiedendosi da dove venissi e perché dormissi accanto a un grande elefante.

Cercai di ricordarmi dove fossi solo tre giorni fa, ma ben poco era rimasto nella mia memoria. La mia vita sembrava essere iniziataal fiume, poco prima che Obolus mi salvasse dall’annegamento.

Perché quegli uomini mi hanno gettata nel fiume? Chi erano?

Non riuscivo a ricordare nulla. Ricordavo solo di aver avuto molto caldo e di non aver voluto altro che dormire, poi la forte proboscide di Obolus mi si era avvolta intorno per tirarmi fuori dall’acqua.

“Tin tinbansunia,” dissi

La ragazza ridacchiò e mi si rannicchiò vicino.

* * * * *

Mi svegliai per via della paglia che mi cadeva sul viso. Obolus torreggiava su di me, mangiando dal suo pagliaio prima dell’alba. Mi chiedevo se Tin Tin dormisse ancora, ma se n’era andata.

“Dov’è andata?”Chiesi a Obolus quando mi alzai e mi stiracchiai.

La sua grande proboscidemi si avvicinò e mi si avvolse attorno alla nuca per poggiarsi sulla mia spalla. La accarezzai.

“Immagino che volesse andare via prima che l’uomo grasso si svegliasse e scoprisse che non c’era.”

Sollevai la sua proboscide dalla mia spalla.“Torno subito,” dissi, poi camminai lungo Via degli Elefanti.

Accanto al sentiero, trovai quello che cercavo: più di quei blocchi alimentari. Ce n’era una pila dietro un pagliaio a metà del sentiero. Ne presi due e tornai di corsa da Obolus.

Gli piacevano davvero quei blocchi. Quando finì il secondo, succhiò l’acqua dal suo abbeveratoio e se laversò in bocca.

“Devo andare, Obolus.” Gli diedi una pacca sul lato del viso. “Verrò a vederti più tardi oggi dopo aver terminato il lavoro.”

Emise un suono rimbombante e sollevò un po’ di terra con la zampa. Non ero sicurase volesse dirmiarrivederci oppurese avesse ancora fame.

* * * * *

Tornai alla tenda prima che Yzebel si svegliasse, quindi spazzai via le ceneri dal fuoco della notte precedente per scoprire alcuni carboni ardenti. Vi aggiunsi dei ramoscelli e delle foglie e presto il fuoco divampò. Dopo aver riempito una pentola con l’acqua dalla borraccia, la posizionai sulle pietre del focolare.

Yzebel sembrò sorpresa quando uscì dalla tenda e mi trovò a lavorare al focolare, ma poi sorrise e inspirò profondamente l’aria fresca del mattino.

“Partiamo presto per barattare per leprovviste,”disse Yzebel. “Poi andremo a vedere Bostar per quanto riguarda lo zaffiro.”

“D’accordo.”

Spinsi tre grossi bastoncini di legno sotto la pentola, mi alzai e mi lavai le mani, pronta per partire.

Il sole sorse non appena oltrepassammo la fine di Via degli Elefanti e continuammosul Sentierodelle Ceramiche. Stavamo andando dall’uomo dell’orzo per vedere se avesse del grano duro.

“Sei mai stata nella città di Cartagine?”Chiesi.

“Sì, ma è un posto enorme, con così tante persone che sono sempre di corsa. Ci vado solo se mi serve assolutamente qualcosa che non posso trovare qui.”

Un carretto a due ruote venne verso di noi sullo stretto sentiero. Un vecchio con una tunica laceravi zoppicava accanto. Schioccò la frusta sulla testa del bue. Yzebel e io ci spostammo dal sentiero per lasciarlo passare. Vidi le ceramiche ammucchiate nel carretto. Tutte le ciotole, i vasi e le brocche erano decorate con navi dipinte, soldati ed elefanti. Uno strato di paglia faceva loro da cuscinetto sulla pista accidentata. Aveva infilato altra paglia tra i vari pezzi.

Tornammo sul sentiero per continuare il nostro cammino. “Ti piace vivere nel campo?”Chiesi.

“Sì, mi piace. Qui puoi conoscere le persone e fare amicizia. In una città grande, a nessuno importa degli altri. La loro unica preoccupazione è separarti dai tuoi averi. Se non hai nulla di valore, allora sei inutile per loro.”

Oltre le ceramiche, arrivammo a un conciatore. L’odore del posto era terribile, come l’odore della carne in decomposizione, ma Yzebel si fermò per dire buongiorno. La sua tenda era attaccata al lato di un carro a due ruote, ma le ruote erano a raggi, e non solide come quelle del carro del vecchio con il carico di ceramiche. Una tenda da sole copriva il suo spazio di lavoro e gli faceva ombra, e diverse pelli di capra erano stese tra i pali di supporto affinché si asciugassero. Una pila di spessi pellami di bue giaceva alle sue spalle. Usava un martello di legno e una serie di piccoli pugni di ferro per decorare una corazza di cuoio con una scena di battaglia. Il pettorale giaceva su un blocco di legno rotondo posizionato sulle sue cosce.

L’uomo disse buongiorno e sorrise mentre metteva da parte il suo lavoro. Si alzò in piedi e fui sorpresa di vedere che non era molto più alto di quando stava seduto. Le sue gambe magre si piegarono e dovette alzare lo sguardo per guardarci.

Una donna uscì dalla tenda e prese le mani di Yzebel tra le sue.

Yzebel sorrise alla moglie del conciatore. “Buongiorno, Avani.”

“E questa chi è?”Avani mi indicò.

“Lei è Liada.”

“Liada? Laprigioniera della Rocca di Byrsa?”

Annuii.

“È lì che avevo già sentito quel nome.” Disse Yzebel. “Proviene dalla leggenda della principessa Elissa.” Mi guardò, corrugando la fronte.

“Dove l’hai trovata?” Chiese Avani a Yzebel.

Yzebel si voltò di nuovo verso la donna. “È arrivata ai miei tavoli solo l’altro giorno e ha deciso di restare.”

“Ti sarà di grande aiuto, Yzebel. Hai sempre da fare con tutti quei soldati che vengono ogni notte.”

Yzebel mi mise un braccio attorno alle spalle. “Potrebbe essere,” disse e mi fece l’occhiolino.

Lasciammo il conciatore e sua moglie e oltrepassammo molti altri pellettieri mentre il sentiero percorreva un dolce pendio e attraversava gli alberi di carruba. Le lunghe e sottili foglie degli enormi alberi frusciavano nella brezza mattutina.

“Come si chiama questa collina?”Chiesi.

“Fonte fredda,”mi rispose Yzebel. “A causa della sorgente che scorre da sotto una grande pietra dall’altra parte. L’acqua è sempre gelida, anche nei giorni più caldi.”

In fondo alla collina, arrivammo a un altro sentiero che si chiamavaSentiero dei Tessitori.

“Tutti nel campo prendono la loro acqua fresca dalla sorgente.”

Abbiamo visto molte persone impegnate a realizzare tessuti lungo entrambi i lati di questo nuovo sentiero.

“Dove vanno tutte le ceramiche e le stoffe?”

“Quasi tutto ciò che viene prodotto nel campo va all’esercito,”rispose Yzebel. “Soprattutto, ci sono armi e armature, ma i soldati hanno bisogno anche di altre cose. Abiti, ciotole, cibo, tende e qualsiasi altra cosa ti venga in mente. Ciò che l’esercito non compra va a Cartagine. Poi i mercanti caricano tutte le merci sulle navi per portarle attraverso il mare per barattare per oro, argento, spezie, seta e buoi.”

Il numero di persone che conoscevano Yzebel era incredibile. Parlò con molti di loro lungo ogni sentiero.

Arrivammo in una piazza ombreggiata da alberi nel mezzo del Sentiero dei Tessitori, dove venti donne e ragazze, insieme a un uomo, erano tutte impegnate ai loro telai.

Una donna tesseva su un telaio verticale, mentre due ragazze identiche presero un grande quadrato di materiale da una vasca piena di acqua tinta. Le ragazze attorcigliarono il tessuto tra loro per strizzarlo, poi lo appesero a una corda stesa tra le palme vicine.

Lungo la parte inferiore del telaio della donna, pesanti pietre stringevano le corde verticali mentre lei correva avanti e indietro una spoletta trasversalmente, tirando dentro e fuori il filo intrecciato tra le corde. Una volta completate tre o quattro file, usò un pettine in osso per spingere i fili intrecciati contro le file precedenti.

“Buongiorno, Yzebel.”La tessitrice lasciò oscillare la spoletta. “Non fai colazione con noi?”

“Oh no, Riona. Dobbiamo andare dall’uomo dell’orzo prima che finisca il grano.”

“Vedo che hai un’aiutante oggi.” Riona mi sorrise e sembrò non sentire le parole di Yzebel. “Kazza, Belala,” chiamò le sue figlie. “Portate il latte di quella capra e il burro che avete preparato ieri sera.”

“Sì, Madre,”risposero le ragazze insieme quando finirono di appendere il tessuto rosso-viola per farlo asciugare al sole del primo mattino.