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Frammenti Di Cuore
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Frammenti Di Cuore

3

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Frammenti Di Cuore

Un altro conato lo squassò. Non uscì niente. Lasciò andare il water e si coprì la testa con le braccia. Forse poteva annegarsi. Quanto poteva essere difficile farlo? Poteva semplicemente trattenere il respiro fino a perdere i sensi, poi la sua faccia sarebbe caduta nel water e lui sarebbe annegato.

Qualcosa si mosse al suo fianco, facendolo sussultare.

“Non preoccuparti,” disse Silas. “Non ho intenzione di toccarti. Voglio solo assicurarmi che tu stia bene.” La sua voce era di nuovo fredda, clinica. Era meno 'povero bimbo stai bene' e più 'fammi dare un'occhiata, sono un dottore'.

Il respiro di Aaron si perse nel water.

“Temo che andrai in iperventilazione se continui a rimanere in quella posizione,” disse Silas. “Riesci a sederti?”

Aaron prese un respiro pesante e si scoprì la testa. Si tenne aggrappato alla ceramica senza aprire gli occhi.

“Molto meglio,” disse Silas. “Stai dondolando avanti e indietro.”

Non si era reso conto di farlo.

“Mi sa che quel movimento sta solo aumentando il senso di nausea che provi.”

Aaron smise di dondolare. Ora che non si muoveva più, riusciva a sentire quanto tremassero le sue mani. “Scusa,” mormorò.

“Non hai nulla di cui scusarti,” lo tranquillizzò Silas. “Vorrei sentire la tua frequenza cardiaca. Posso toccarti il polso?”

Aaron non rispose, si limitò a tendere un braccio. “È accelerata,” sussurrò. “Lo sento anche da solo.”

Silas non era come gli altri. Certo che non lo era: aveva letteralmente buttato giù una porta a calci ed era accorso, pistola in mano, in aiuto di Aaron. Silas era buono.

“Ho un'idea,” disse Silas.

“Quale?”

“Penso che dovresti sederti di fronte a me con una mano sul mio cuore.”

Aaron spalancò gli occhi e si voltò per guardarlo. Era in piena modalità dottore. Lo stava osservando attentamente, con la testa piegata di lato.

“A cosa servirà?” domandò Aaron.

“È un esercizio di respirazione,” gli spiegò. “Ti aiuterà a far sincronizzare il tuo respiro col mio. Conterò anche a voce alta.”

“Sembra una di quelle stronzate dei corsi di meditazione,” borbottò Aaron. Tuttavia, si allontanò lentamente dal water e si sedette a gambe incrociate sul pavimento del bagno, davanti a Silas.

“Metti la mano qui,” disse l'uomo. Toccò un punto in alto sul lato sinistro del proprio petto.

Aaron si avvicinò un po' e alzò una mano tremante. Fece un mezzo singhiozzo quando tentò di prendere aria, poi allargò le dita sul petto di Silas.

Silas sorrise. “Bene. Ora, inspira. Uno, due, tre, quattro, cinque. Espira. Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette.”

Aaron sentì il petto di Aaron sollevarsi e poi abbassarsi sotto le proprie dita. Aveva la mano lucida, e si rese conto che aveva ancora la saliva che gli copriva un lato del viso. Cercò di pulirla con la mano libera.

“Inspira. Uno, due, tre, quattro, cinque.” Silas gli porse un asciugamano pulito che aveva appoggiato al proprio fianco. Silas era sempre preparato. Forse era il dottore in lui. O forse era la conseguenza di un altro segreto.

Aaron seguì il respiro di Silas finché il singhiozzo si calmò e il braccio smise di tremare. Da qualche parte in quello strano tentativo di farlo calmare, la sua mano si era stretta a pugno e ora stringeva il davanti della camicia di Silas. Allentò le dita e la lasciò andare. “Scusa,” mormorò di nuovo.

“Le prime notti sono le peggiori,” disse Silas. “Ma ti assicuro che poi va meglio.”

Aaron si passò una mano sul viso. Si sentiva di nuovo appiccicoso e il suo alito era terribile. Non riusciva neanche a prendersi cura di se stesso. Non meritava che qualcuno come Silas si occupasse di lui.

Silas tirò lo sciacquone e chiuse il coperchio. “Vuoi guardare un film?” propose. “Il divano si trasforma in un letto e ho tutti i film di Jurassic Park in DVD.” Fece una pausa. “Devo essere onesto. È molto difficile resistere alla tentazione di obbligarti a riposare e infilarti una flebo nel braccio per assicurarmi che tu sia reidratato.”

“Preferisco di gran lunga guardare Jurassic Park,” disse Aaron.

“Posso almeno convincerti a sdraiarti nel caso in cui ti venga sonno?”

Aaron emise una specie di risata. “Sì.”

“E posso convincerti anche a vedere se riesci a tenere un po' di pane tostato e un bicchiere d'acqua nello stomaco?”

Aaron sospirò. “Silas, dovrei andare a casa. È tardi. Papà e Daniel probabilmente stanno dormendo. Rimarrai sveglio tutta la notte se resto qui.”

“Non ho niente di meglio da fare,” rispose Silas. “Se te ne vai, starò comunque sveglio tutta la notte a preoccuparmi per te, e non posso garantirti che non ti seguirò a casa per tenerti d'occhio.”

“Questa cosa è folle.”

“Ne sono consapevole.”

Aaron scosse la testa. “Dove lo tieni il DVD di Jurassic Park?”

* * * *

Silas praticamente costruì una sorta di barricata con i cuscini per dividere in due parti il divano letto. Si preoccupò che Aaron fosse più comodo possibile, gli sentì di nuovo il polso, rifletté a voce alta se fosse il caso di fargli prendere un altro Xanax e infine gli portò due fette di pane tostato e un bicchiere di acqua fresca.

Aaron passò la mano su uno spazio vuoto vicino alla muraglia mentre Silas gli consegnava il cibo.

“Non sono del tutto sicuro che sia una buona idea stendermi con te,” disse Silas.

Aaron si morse un labbro e ritirò la mano, perché, beh, a cosa diavolo stava pensando? Non era il caso di immaginarsi rannicchiato su un divano insieme a un uomo. L'ultima volta che Silas aveva tentato di consolarlo, Aaron aveva vomitato. Per non parlare del fatto che era sporco e imbrattato in un modo che non avrebbe mai potuto lavare. E per di più Silas era stato costretto a prendersi cura di lui per tutta la cazzo di serata. Il minimo che Aaron poteva fare era riuscire a stare seduto con lui sul suo divano.

Aaron diede un morso al toast e fece una smorfia. “È cartone ricoperto di olio per motori?”

“È pane integrale con un sostituto del burro,” rispose con noncuranza Silas. Sparì per qualche secondo e poi tornò con due tazze di tè. “Devi bere tanta acqua, ma ho pensato che avresti apprezzato qualcosa di caldo nello stomaco.”

Dopodiché, afferrò il telecomando e accese la televisione. Lanciò un'occhiata al divano, poi si avvicinò con cautela e strisciò dietro ai cuscini per prendere posto accanto ad Aaron.

Nel momento in cui percepì il calore di un altro corpo, il cuore di Aaron sobbalzò e tutto il suo corpo venne percorso da un brivido. Il suo cervello decise di reagire facendogli serrare le braccia sul petto, ma al tempo stesso si avvicinò un po' a Silas.

Silas non nascose in nessun modo il fatto che adesso lo stava studiando. Dopo diversi minuti passati a fissarsi, Silas sollevò il braccio e lo lasciò ricadere sullo schienale del divano, proprio dietro le spalle di Aaron.

Aaron guardò in basso e decise che, tra tutte le emozioni che in quel momento gridavano per far emergere la propria voce, la speranza era quella che stava avendo il sopravvento.

Silas premette il tasto play e il film cominciò.

Quando il T-Rex distrusse il recinto e ottenne la libertà, i cuscini erano stati spostati e Aaron e Silas erano ormai seduti spalla a spalla, col braccio di quest'ultimo avvolto saldamente attorno ad Aaron.

Quando, invece, il piccolo dinosauro velenoso uccise uno dei personaggi sul sedile anteriore della jeep infangata, la testa di Aaron era appoggiata sotto il mento di Silas.

Aaron si rilassò completamente contro Silas mentre la corrente tornava a percorrere il recinto e i velociraptor venivano attaccati dal T-Rex. Si sentiva sempre più assonnato.

Quando Silas fece partire il film successivo, Aaron si svegliò di soprassalto, ma solo per avvicinarsi ancora di più al dottore e mormorargli un “grazie” prima di riaddormentarsi.

Capitolo Sette

Il Video

Aaron si svegliò sentendo il telefono vibrare accanto al proprio viso. Stava sudando, mentre lottava per separare la realtà da quello che stava sognando. Raggiunse il telefono con una mano. Era l'una del pomeriggio. Aveva tredici chiamate perse, venti nuovi SMS e cinque messaggi nella segreteria telefonica. Controllò le chiamate perse. Daniel lo aveva chiamato dieci volte. Le altre tre provenivano da un numero sconosciuto. Farley?

Controllò la segreteria telefonica. Il primo messaggio era proprio di Farley.

“Sono sicuro che pensi di essere intelligente, piccolo ladro che non sei altro. È una fortuna che Silas abbia un cuore grande e tenero e un cervello delle stesse dimensioni di una noce. Peccato che io mi arrabbi molto facilmente e odi, odi, chi non fa niente per guadagnarsi il pane. Hai un'ora per rispondere. Restituiscimi i soldi e ci dimenticheremo che quel piccolo incidente sia mai successo.”

Farley aveva lasciato quel messaggio alle nove del mattino. Il messaggio successivo era sempre da parte sua.

“Sul serio, Aaron, non pensavo che ci avresti dato il tuo vero nome. Abbiamo fatto una piccola scommessa. Io confidavo nella tua intelligenza. Ho perso. Perché non sei intelligente. È la seconda volta nel giro di ventiquattro ore che perdo dei soldi per colpa tua. Comunque, questo è solo un avvertimento. Ti restano dieci minuti.”

Farley ne aveva lasciato un altro alle dieci e un quarto.

“Per fortuna ho trovato un altro piccolo Beaumont online. Si chiama Daniel. È 'amico' di un certo Aaron Beaumont, anche se il povero Aaron non sembra avere una vita virtuale molto attiva. Daniel ti ha taggato in alcune foto, però. 'Festeggiando il mio sedicesimo compleanno con papà e Aaron'. Che ragazzo dolce. Presumo che sia tuo fratello? Sai, gli ho scritto un'ora fa, subito dopo averti chiamato. Gli ho detto che avevo alcune informazioni su di te. Gli ho dato il mio numero. Ha chiamato subito ma non ho risposto. Ho aspettato. Speravo davvero che tu mi chiamassi, fremo per sentire ancora la tua voce. Ma, visto che tu non mi hai chiamato, ho scelto Daniel. Gli ho inviato un bel video. Ora non smetterà più di chiamare. Oh, sento un telefono squillare, potrebbe essere lui. Meglio che vada.”

Il messaggio successivo era da parte di Daniel. Tutti i successivi erano da parte sua. Non c'era niente da Robert e nient'altro da Farley.

Un russare dall'altra parte del divano fece sobbalzare Aaron.

Doveva andarsene. Avrebbe ascoltato il resto dei messaggi in macchina. Le sue mani tremavano mentre scivolava sul materasso. Sgattaiolò in bagno e indossò velocemente i suoi vecchi abiti. Non poteva rischiare di presentarsi a casa indossando il pigiama di un altro uomo. Prese le chiavi e il portafoglio e, finalmente, fu pronto.

I soldi li aveva presi Silas quando erano fuggiti. Ce li aveva lui. Aaron tornò in camera e vide la borsa appoggiata sul bordo del letto. Il denaro era ancora tutto dentro. Con i soldi in mano, se ne andò il più velocemente e silenziosamente possibile.

Hanno rapito Daniel. Dovrò ucciderli. Ma cosa ne so io di come si nascondono dei cadaveri?

Aaron allontanò quei pensieri dalla propria mente e si mise dietro il volante. Tenne il telefono premuto contro l'orecchio mentre si allontanava dalla casa di Silas. Ascoltare i messaggi era l'unico modo per cercare di capire se Daniel era al sicuro. Farley aveva detto di avergli inviato un video. Quello poteva dire una sola cosa. Silas aveva sparato alla telecamera ma questo non significava che avesse distrutto anche la scheda SD o la memoria. Aaron aspettò ansiosamente che il messaggio di Daniel iniziasse. Anche se Farley non lo avesse rapito, Aaron era certo che non lo avrebbe più rivisto, non dopo aver visionato il contenuto di quel video. La sua famiglia lo avrebbe rinnegato.

Aaron decise di ascoltare prima l'ultimo messaggio che gli aveva mandato Daniel.

Iniziò con un sospiro profondo, poi suo fratello parlò. “Non so cosa stia succedendo e perché non rispondi al telefono. Papà continua a non farmi chiamare la polizia. Mi sta facendo davvero arrabbiare. Non so cosa fare. Per favore, torna a casa.”

Aaron si fermò. Le mani gli tremavano troppo per permettergli di tenere il volante in modo saldo. Daniel era al sicuro, ma adesso Robert sapeva quello che aveva fatto. Quanto sapeva?

Fece partire il primo messaggio di Daniel.

“Aaron, questo tizio mi ha scritto circa un'ora fa dicendo che aveva alcune informazioni su di te. Pensavo fosse una stronzata ma poi mi ha mandato… ha mandato… chiamami, okay?”

Aaron deglutì a fatica e scorse i messaggi scritti. Li lesse in fretta, come se prestare solo la metà dell'attenzione necessaria potesse rendere la situazione meno grave. Ascoltò anche l'ultimo audio di Daniel, confermando i propri sospetti.

Farley aveva provato a chiamare Aaron, che però stava dormendo e quindi non aveva potuto cogliere l'unica occasione di sistemare le cose. Daniel aveva quindi chiamato Farley che, alla fine, gli aveva inviato il video.

Nei messaggi Daniel non fu in grado di spiegargli bene cosa aveva visto. Continuava a chiamarlo 'il video'. Dopo aver tentato e non essere riuscito a contattare Aaron, Daniel lo aveva detto a Robert. Robert gli aveva consigliato di aspettare, sperando probabilmente che Aaron tornasse a casa. Nel frattempo Daniel aveva cercato di contattare in qualche modo Aaron.

Il telefono gli vibrò in mano e lui sobbalzò. Era Daniel. Aaron gettò il telefono sul sedile del passeggero e riportò la macchina sulla carreggiata. Doveva prima tornare a casa, poi avrebbe accettato le conseguenze delle proprie azioni, infine avrebbe cercato di capire come rimediare a quel disastro.

Capitolo Otto

Ritorno a Casa

Quando Aaron entrò nel vialetto di casa, la porta principale della piccola villetta familiare bianca si spalancò. Un adolescente allampanato con i capelli biondi e arruffati si precipitò verso la macchina. Aaron ebbe a malapena il tempo di chiudere la portiera prima che Daniel gli arrivasse di fronte, guardandolo come se si trovasse davanti un fantasma.

“Stavo letteralmente per chiamare il 911,” sbottò Daniel. Alzò il telefono. “Che diavolo è successo? Dove sei stato? Volevo venire a cercarti ma papà non mi ha permesso di prendere la Jeep.”

“Scusa,” disse Aaron. “Sono rimasto fuori fino a tardi, ho bevuto troppo. Mi sono fermato a casa di un amico.”

Daniel scosse la testa. “Ma quel tizio strano… Hai ricevuto i miei messaggi? Questo tipo mi ha scritto in privato dicendomi che aveva delle informazioni su di te, poi un'ora dopo mi ha mandato questa… questa… una cosa, e ho pensato… non lo so. Pensavo fossi stato rapito. Sei stato rapito?”

“No,” rispose Aaron. “Posso controllare il tuo telefono?”

Daniel alzò un sopracciglio.

“Voglio vedere il video che quel tizio ti ha inviato,” disse Aaron. “Puoi descrivermelo tu stesso oppure darmi il telefono e farmi guardare.”

Daniel gli consegnò il cellulare senza protestare.

Aaron scorse la chat fino a trovare il file inviato da Farley. Abbassò il volume dell'audio prima di avviare la riproduzione. Sei secondi. E basta. Sei secondi in cui succhiava il cazzo di Silas. Era una ripresa troppo vicina e a fuoco per dire che non si trattava della sua bocca intenta a leccare quell'uccello. Non mostrava nient'altro. Non mostrava Aaron che si dibatteva o urlava. Non mostrava Aaron che ripeteva più volte la parola 'no' singhiozzando. Erano solo sei secondi di Aaron bendato che, all'apparenza, succhiava ben volentieri un cazzo.

Aaron cancellò il file, poi riconsegnò il cellulare a Daniel.

“Pensavo,” iniziò Daniel, con la voce leggermente incrinata. “Pensavo che fosse il video di un ricatto… o qualcosa del genere.” Si morse il labbro. “Lo è? Sei stato ricatt…”

“No,” sbottò Aaron.

“Stai bene?”

“Sì, Danny, certo che sto bene.” Incrociò le braccia sul petto per nasconderne il tremito. Non riusciva a smettere di tremare, cazzo. Il suo stomaco si rivoltò.

“Allora non capisco,” mormorò Daniel.

“Qualcuno si è solo comportato come una testa di cazzo,” disse Aaron.

“Hai detto di aver bevuto troppo. Ricordi cosa è successo la scorsa notte?”

Aaron si passò una mano sul viso. “Non è successo niente. Questo,” indicò il telefono, “non ha niente a che vedere con la scorsa notte.”

Che le Olimpiadi della Menzogna abbiano inizio.

“Non so che cosa sia,” continuò Aaron. “Ma non si tratta di me e non devi preoccuparti.”

Daniel guardò il telefono. “L'hai cancellato,” disse. “Aaron, quella era una prova.”

“Papà l'ha visto?”

Daniel alzò gli occhi al cielo. “Sì, ma non è stato affatto d'aiuto. Era sfinito la notte scorsa ed era ancora stanco morto quando si è alzato. Diavolo, probabilmente è già di nuovo ubriaco.”

“Dov'è?”

“Dentro,” rispose Daniel. “È andato al lavoro, ma lo Zio Jack l'ha rimandato a casa.”

Jack Miller era il loro zio non ufficiale, e anche l'unico motivo per cui Aaron e Robert avevano un lavoro. Jack possedeva un'officina in città. Aaron era un meccanico a tempo pieno e Robert lavorava part-time. Jack mandava regolarmente a casa Robert.

Se Robert quel giorno fosse stato sobrio, sarebbe stato al lavoro. Se fosse stato al lavoro, non avrebbe visto il video. Poi pensò che, se Robert fosse stato al lavoro, Daniel sarebbe stato da solo e avrebbe chiamato la polizia, e Robert lo avrebbe comunque scoperto.

“Non è arrabbiato,” lo tranquillizzò Daniel. “Non è stato semplicemente di alcun aiuto.” Scosse la testa e i capelli gli caddero sulla fronte, così li spostò. “Dio, sono felice che tu stia bene.”

“Credo sia il caso di dire a papà che sono tornato,” sospirò Aaron.

“Vengo con te.”

Non serviva a niente. Con Daniel a casa, sveglio e preoccupato, Robert non avrebbe detto niente. Aaron era qualcosa da eliminare ma Robert avrebbe aspettato che Daniel fosse da un'altra parte. La loro madre era morta in un incidente d'auto quando Daniel era ancora piccolo ma il ragazzo aveva ancora gli incubi. Dopo la morte di June, Robert aveva dedicato la propria vita a mantenere il mondo intorno a Daniel puro, pulito e sicuro. Daniel aveva odiato quella premura e un giorno aveva confidato ad Aaron che il motivo per cui voleva trasferirsi in un college così lontano, era principalmente per allontanarsi da Robert.

Aaron pensò all'incidente. All'epoca, Aaron era già sporco. Quando andava ancora al liceo, infatti, Robert lo aveva beccato a pomiciare con un ragazzo, e quello aveva compromesso per sempre le cose. Era stato il suo primo e ultimo appuntamento. Era stata anche la prima volta che Robert lo aveva colpito. Aveva detto ad Aaron che non sarebbe mai diventato un vero uomo. Aveva fatto credere ad Aaron di essere troppo sporco per stare vicino a Daniel: se voleva continuare a far parte della sua vita, da quel momento avrebbe dovuto comportarsi bene.

Daniel, ovviamente, non sapeva niente di tutto quello.

Robert gli aveva giurato che, il giorno in cui avesse deviato di nuovo dalla retta via, sarebbe stato anche l'ultimo un cui avrebbe visto Daniel. Non aveva spiegato bene il significato della parola 'deviare', ma Aaron aveva sempre avuto troppa paura per chiedere chiarimenti. Ma non aveva bisogno di spiegazioni per capire che quello che era successo il giorno precedente rientrava tra le 'deviazioni'.

Seguì Daniel in casa. Robert era seduto sul divano e stava guardando la televisione. Fece un cenno con la testa in direzione di Aaron quando i due ragazzi entrarono.

“Te lo avevo detto,” disse Robert a Daniel. “Ti sei preoccupato per niente. Aaron, sono felice che tu sia tornato.”

“Grazie,” rispose Aaron. “Mi dispiace avervi fatto preoccupare.”

“Non ero preoccupato,” disse Robert.

Daniel alzò gli occhi al cielo. “Dovreste essere entrambi preoccupati. Quello che è successo è stato strano.”

Aaron finse di sbadigliare. “Vi dispiace se faccio un pisolino? Mi sento ancora un po' intontito per via dell'alcol.”

Robert non disse niente. Non lo guardò neppure. Daniel scosse la testa, chiaramente esasperato e probabilmente per niente convinto dalla falsa tranquillità che Robert e Aaron stavano cercando di dimostrare. Aaron non era mai stato bravo a fingere e Daniel era troppo intelligente per continuare a lungo a vivere nel mondo perfetto che gli avevano costruito intorno. Sapeva già troppo. Ma Robert aveva ragione a volerlo tenere ancora un po' al sicuro. Robert aveva sprecato la propria vita. Quella di Aaron ormai era irrecuperabile. Daniel era l'ultima speranza. Se nascondergli la verità poteva tenerlo alla larga dalle cose brutte del mondo, abbastanza a lungo da permettergli di trovare la propria strada, allora Aaron era ben felice di mentire.

* * * *

Aaron rimase chiuso nella propria stanza fino al tramonto. Non si cambiò i vestiti. Non gliene importava niente. Non riuscì neppure a dormire un po'. Una parte di lui stava disperatamente sperando di poter restare lì. L'altra sapeva che doveva andarsene. Le persone che aveva tentato di ingannare lo stavano inseguendo e la prima cosa che avrebbero fatto sarebbe stato allungare le mani e distruggere il mondo di Daniel.

Si sedette sul letto, prendendosi la testa tra le mani. Robert non gli avrebbe mai permesso di restare lì.

Sentì la porta di Daniel chiudersi verso mezzanotte. Robert entrò nella sua un'ora dopo. Non bussò. Aprì la porta e, quando vide che Aaron era sveglio, gli fece un cenno. Non potevano parlare lì, avrebbero rischiato di svegliare suo fratello.

Aaron seguì suo padre al piano di sotto, attraversando il soggiorno e l'ingresso e poi uscendo in giardino. Era buio. Non c'era la luna, solo un'infinità di stelle luminose.

“Che cosa hai fatto?” domandò Robert.

Aaron non riuscì a guardarlo. Il suo stomaco si rivoltò di nuovo.

“Devi dirmelo, così posso prepararmi.”

“Ho rubato dei soldi,” disse Aaron. I soldi, si rese conto, erano ancora nel bagagliaio della sua auto.

“Cos'era quel video?”

Non aveva senso mentire ma una parte di Aaron, quella meno razionale, lo spinse comunque a rispondere: “Non lo so.”

Robert lo colpì forte, sul viso. “Cos'era quel video?” ripeté.

“Ho accettato di farlo per soldi,” rispose Aaron. Sentì il sapore del sangue in bocca. Robert non era mai stato il tipo da andarci piano. “Mi sono spaventato all'ultimo minuto e sono scappato. Ma ho preso lo stesso i soldi. Li rivogliono indietro.” Aaron si rese conto solo in quel momento di aver lasciato Silas fuori dal racconto, e neanche lui riuscì a capirne il motivo.

“Parla chiaro, ragazzo,” disse Robert. “Loro chi? Quanti sono? Ci daranno la caccia?”

Aaron scosse la testa. “Ho preso io i soldi,” ripeté. “Glieli restituirò e chiuderò la faccenda. Non ci faranno del male.”

Robert lo colpì di nuovo. “Loro chi?” ripeté. “Voglio i numeri precisi, Aaron. Quanti sono?”

“Due uomini e una donna,” mormorò. “Uno degli uomini è il tizio che ha contattato Daniel. Ma, dopo che gli avrò restituito i soldi, andrà tutto bene. Quello sistemerà tutto.”

Robert non disse niente e Aaron non rialzò lo sguardo. Fissò i piedi di suo padre. Non gli sfuggì il fatto che Robert avesse deciso di avere quella conversazione vicino alla sua auto. Aaron sentì la propria voce risuonare nell'aria prima di rendersi conto di stare parlando.

“Non voglio andarmene,” mormorò.

“Non rendere le cose più difficili del necessario,” rispose Robert.

“Per favore.” Sapeva che doveva andarsene. Aveva messo Danny in pericolo. Quando June era morta, avevano giurato di proteggerlo da tutto. Ma adesso Aaron era un pericolo per lui. Doveva andare via.

Sentì le chiavi tintinnare e capì che Robert doveva averle appoggiate sul cofano dell'auto. “Gli dirò che abbiamo litigato,” disse. “Gli dirò che hai un ragazzo. Che ti sei ubriacato, hai fatto quel video e che il tuo fidanzato lo ha mandato per scherzo a Daniel.”

Aaron annuì.

“Non hai pensato che fosse una gran cosa,” continuò Robert. “Io e te ne abbiamo parlato, ti ho detto che quello che è accaduto è una cosa grossa. Tu ti sei arrabbiato e sei andato a vivere dal tuo ragazzo. Probabilmente non ci parlerai per un po', credendo di essere dalla parte della ragione. Ecco quanto sei pazzo. Capito?”

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