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Frammenti Di Cuore
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Frammenti Di Cuore

3

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Frammenti Di Cuore

Aaron era vagamente consapevole che le sue ginocchia stavano tremando.

“Quanti anni hai?” domandò Silas.

“Ventuno.”

“Da quanto tempo possiedi quell'auto?” chiese, mentre sollevava il pene di Aaron.

Aaron cercò di non sussultare. “Papà me l'ha regalata lo scorso anno.”

“Da quanto tempo vivi in città?” Premette delicatamente i polpastrelli sulla base.

“Abbiamo vissuto qui di tanto in tanto. Dopo un paio d'anni ce ne andiamo e dopo un altro paio ritorniamo.”

“Hai altri familiari nelle vicinanze?”

“Mio fratello minore,” rispose Aaron.

Silas gli alzò le ginocchia, facendogli cenno di rilassare di nuovo le gambe. “Quanti anni ha?”

“Diciassette,” rispose Aaron. “Andrà al college il prossimo autunno.”

Annuendo, Silas gli coprì di nuovo l'inguine con l'asciugamano e si tolse i guanti. “Ha già deciso che cosa studierà?”

“Legge,” rispose. Abbassò lo sguardo su Silas, che si era seduto sul bordo del divano.

“Deve essere bello avere un futuro avvocato in famiglia,” commentò.

“Sì. È anche molto intelligente. Non ho proprio idea da chi abbia preso quel cervello. Deve essere una eredità della famiglia di mamma.” Prese aria bruscamente appena la parola mamma ebbe lasciato le sue labbra.

Per fortuna Silas non insistette oltre. “Devi essere molto orgoglioso di lui.”

“Lo sono.”

“Vado a prenderti dei vestiti. Credi di poter mangiare qualcosa, adesso?”

Lo stomaco di Aaron rispose al posto suo, quasi ruggendo.

Silas sorrise e si alzò. Tornò pochi secondi dopo con i vestiti che avevano lasciato in bagno. “Vado a scaldare un po' di minestra. Hai qualche allergia?”

“No,” rispose Aaron.

“Sei vegano o vegetariano?”

Aaron rise. “No.”

“Bene. Vestiti mentre vado a prendere due piatti.”

Aaron non era sicuro del perché Silas fosse rimasto nella modalità medico sicuro di sé invece di tornare a quella di chioccia iperprotettiva, ma accolse con favore quel comportamento. Forse aveva qualcosa a che vedere col modo in cui aveva lanciato oggetti contro il muro poco prima.

Si alzò dal divano e si infilò un paio di boxer di Silas. Udì un suono raschiante nel corridoio e si sentì un po' in colpa. Probabilmente stava pulendo il casino che aveva combinato.

I pantaloni della tuta erano morbidi e consunti. Si adattarono perfettamente ai fianchi di Aaron, che poté solo immaginare come pendessero da quelli più magri di Silas. Era snello e di poco più basso di Aaron. La maglietta era un po' aderente, ma anche morbida. Aaron osservò il cappotto appeso all'attaccapanni nell'ingresso. Sentì uno strano bisogno di avvolgerselo intorno al corpo.

Fallo e basta. Ti ha messo della crema sul culo come se fossi un bambino. Se questo non ha attraversato la linea del 'e che cazzo', dubito che lo farà indossare il suo cappotto.

Aaron si sentiva un po' intontito mentre si avvicinava all'appendiabiti, ma non ci fece caso.

Forse era lo Xanax a parlare. Qualunque cosa fosse, gli piaceva. Si infilò il cappotto e se lo avvolse stretto intorno al petto, stringendolo così tanto da rischiare di non respirare. Come i pantaloni, anche il cappotto si adattava meglio alla figura di Aaron che a quella di Silas. Dovevano piacergli gli abiti comodi.

Ovviamente Silas scelse proprio quel momento per tornare.

“Ho del manzo con le verdure oppure dei noodle di… oh,” disse Silas, inclinando la testa di lato.

Aaron stava per spiegargli la situazione, ma Silas lo anticipò.

“O dei noodle di pollo,” concluse. “Lo ammetto, non ho mai imparato a fare molto altro oltre a uova e toast, e il più delle volte bruciacchio anche quelli. Spero che la zuppa in scatola vada bene.”

“Non sono schizzinoso,” rispose Aaron, ancora avvolto completamente dal cappotto.

“Vuoi mangiare sul divano oppure in cucina?” chiese Silas. “Se posso darti un consiglio, ti suggerisco il divano, è più morbido.”

“Uh, sì… va bene il divano,” disse Aaron. “Ecco… avrei dovuto chiederti il permesso.” Fece un mezzo gesto verso il cappotto. “Io… non ho… non so perché l'ho fatto.”

“Non hai bisogno di dire niente. Per quanto mi riguarda, questo è il tuo spazio sicuro e puoi fare quello che vuoi. Ciò che è mio è anche tuo.” Le sue guance si colorarono all'improvviso di un rosa acceso. “Sono felice di possedere qualcosa che ti dia un po' di conforto.”

Aaron sentì l'impulso irrefrenabile di correre verso di lui e seppellire il viso nel suo collo, di abbracciarlo e farsi abbracciare. Invece, strinse più forte il cappotto. “Oggi mi hai salvato,” disse con calma. “Spero tu te ne renda conto.”

Le sopracciglia di Silas si aggrottarono e le sue mani iniziarono a tremare. “Vorrei tanto abbracciarti, adesso, ma non voglio metterti a disagio o spaventarti in qualche modo.”

“Oh,” esclamò Aaron. “Puoi… sì, dovresti farlo. La cosa dell'abbraccio, intendo.”

Silas ridusse la distanza tra loro in due rapidi passi e lo prese tra le braccia. Aaron gli nascose il viso nell'incavo del collo. Silas gli appoggiò il palmo aperto sulla schiena, facendo scorrere la mano in un rilassante movimento circolare.

E, dannazione, Aaron si ritrovò a piangere di nuovo. Silas prese un respiro tremante e Aaron capì di non essere l'unico rimasto turbato dagli eventi della giornata. Si avvicinò ancora di più al suo corpo e Silas rispose stringendolo con più forza. In quel momento, Aaron si rese conto che anche Silas doveva avere una storia alle spalle. A un certo punto, qualcosa nella sua vita doveva essere andato storto e adesso lo faceva sentire a pezzi. Era successo senza dubbio qualcosa che gli stava permettendo di capire bene quello che Aaron stava provando. Qualcuno doveva averlo ferito molto profondamente.

Aaron chiuse gli occhi e deglutì. Silas era una brava persona. Aaron avrebbe ucciso qualsiasi figlio di puttana lo avesse fatto sentire come si sentiva in quel momento. Ma non Silas. Senza pensare, premette le labbra contro la pelle esposta della sua spalla.

Silas fece un altro respiro tremante ed emise un piccolo gemito. “Sei al sicuro con me, Aaron, te lo prometto.”

“Anche tu sei al sicuro con me, Silas,” gli assicurò. Fece scorrere una mano sul suo collo fino ad affondare le dita nei suoi capelli morbidi. “E sfido quegli stronzi a cercare di darci la caccia.”

Capitolo Cinque

Segreti

Silas preparò il brodo di pollo e lo mangiarono insieme sul divano. Mentre mangiavano, accese la televisione su qualcosa di neutrale.

Aaron guardò Silas con la coda dell'occhio e la sua immaginazione prese il sopravvento, dipingendo l'immagine di una giornata piovosa. Quel giorno l'ex dottore non stava molto bene, così Aaron aveva pensato di cucinare per lui, preparandogli la minestra di pollo e gnocchi di sua madre… senza l'ingrediente segreto. Era morta prima di potergli dire quale fosse. Aaron aveva ricomposto la ricetta attraverso la memoria e anni di tentativi ed errori.

Dopo anni di brodo troppo salato, gnocchi gommosi e verdure mollicce, Aaron si sentiva abbastanza sicuro di aver imparato dai propri errori e di aver raggiunto la giusta consistenza degli ingredienti. Danny diceva sempre che andava bene. Ma era un bambino quando la loro mamma era morta. Non aveva la vera ricetta con cui confrontare quella di Aaron.

Robert di solito non lo mangiava. Nelle rare occasioni in cui lo faceva, dava ad Aaron qualche consiglio. 'Tua madre faceva prima rosolare le verdure,' oppure 'June si lamentava sempre che l'impasto fosse troppo appiccicoso.' Aaron aveva ricostruito le ricette di sua madre attraverso i propri ricordi spezzati e qualsiasi cosa suo padre fosse stato disposto a condividere. Aveva raccontato a Danny molte storie su di lei, per mantenere vivo il ricordo nella loro casa il più a lungo possibile. La mamma aveva amato Danny, e Danny sicuramente l'avrebbe amata a sua volta.

Aaron sbatté e palpebre. Il pensiero di piangere di nuovo lo faceva stare male. Il pensiero di vomitare di nuovo lo faceva stare addirittura peggio.

Lanciò un'occhiata dall'altra parte del divano e la sua immaginazione continuò a lavorare. Silas avrebbe adorato la sua zuppa. Era certo che gli sarebbe piaciuto tutto quello che avesse cucinato per lui. Avrebbe insistito sul fatto che non aveva bisogno che Aaron si prendesse cura di lui. Aaron avrebbe insistito per continuare ad accudirlo. Silas, allora, gli avrebbe ricordato chi era il dottore.

Aaron sorrise al pensiero di un Silas scontroso, con i capelli arruffati dal sonno dal quale si era appena svegliato e le guance arrossate mentre litigavano… ma che alla fine si arrendeva. Aaron lo avrebbe aiutato a dormire – probabilmente avrebbe preso tutto quello che Silas gli avrebbe dato – e…

Aaron lasciò cadere il cucchiaio nella ciotola.

Merda.

La sua pelle formicolava e una sgradevole sensazione di freddo gli attraversò tutto il corpo, infilandosi nel suo stomaco e aggrovigliandolo. Lanciò un'occhiata a Silas. Sì, era attraente. Sì, era gentile. Sì, ad Aaron era piaciuto baciargli la pelle, poco prima. Sì, Silas era l'unica nota positiva di quella giornata. Silas era l'unica cosa buona da un bel po' di tempo.

“Tutto bene?”

A quanto pareva, il brivido interno di Aaron non era stato poi così interno. “Sì,” borbottò. “Sono solo stanco.” Aveva bisogno di tornare a casa. Non poteva essere di nuovo gay. Robert avrebbe raccontato a Daniel tutte le cose brutte che suo fratello maggiore aveva fatto e avrebbe distrutto l'immagine che aveva di lui.

Silas prese il piatto dalle sue mani. “Stai tremando.” Toccò con due dita l'interno del polso di Aaron. “E la tua frequenza cardiaca è più alta del normale.” Prese la sua mano tra le proprie. “Sono qui, se vuoi parlarne.”

“Ti ho già detto tutto,” rispose Aaron, sperando che Silas si riferisse solo a quello che era successo quel giorno.

Non posso andare a casa. Sono sporco. Robert capirà subito quello che è successo.

Il cuore di Aaron perse un battito. Non avevano discusso di dove avrebbe passato la notte, giusto? Non riusciva a ricordare. Silas voleva che rimanesse? Dove avrebbe dormito? Robert avrebbe scoperto anche quello?

“Che ore sono?” chiese Aaron.

“Quasi mezzanotte.”

Se Silas non lo avesse invitato a restare, avrebbe dormito in auto. Prese il telefono dalla tasca dei pantaloni della tuta. Era la prima volta che controllava il telefono da ore. Nessun messaggio. Nessuna chiamata persa.

Silas alzò la mano e la posò sulla sua spalla. “Dovresti dormire. Ho alcune pillole da farti prendere prima di andare a letto.” Strinse un po' la presa prima di alzarsi dal divano.

Aaron fissava ancora il telefono. Se fosse scomparso, quanto tempo sarebbe passato prima che qualcuno lo cercasse?

Silas gli toccò di nuovo la spalla e gli diede una manciata di pillole. Aaron le ingoiò tutte in una volta.

Sentì Silas sospirare dietro di lui. “Dormirò sul divano,” disse l'uomo. “Dammi il tempo di mettere delle coperte pulite sul letto, poi puoi stenderti e riposare.”

Aaron chiuse gli occhi e sprofondò nel divano. “Dormirò qui,” disse. “Hai già fatto abbastanza.”

“Ordini del dottore,” disse Silas con un sorriso. “Hai bisogno di una stanza tutta tua dove stare tranquillo.” Poi se ne andò, senza dare ad Aaron la possibilità di ribattere.

Aaron guardò la TV, senza seguire molto il programma su cui era sintonizzata, fino a quando Silas tornò. “Sul comodino ho messo una scatola di medicinali e un po' d'acqua. Ci sono due antidolorifici, un antibiotico e un altro Xanax. Fammi sapere se ti serve altro. Non ti sto tenendo nascosti i farmaci, ho solo bisogno di tenere traccia di quello che prendi per non mischiarli troppo.” Silas era in piedi di fronte a lui e lo guardava con la testa leggermente piegata di lato.

Aaron non riusciva a capire bene. “Come fai ad avere così tante medicine?”

“Mia sorella possiede una farmacia.”

Aaron alzò un sopracciglio. “Quindi non dovresti avere quella roba in casa, giusto?”

“Tecnicamente no,” sbuffò in risposta.

A quanto pareva, aveva premuto un qualche interruttore dentro di lui. Non riuscì a trattenersi dall'insistere. Per la prima volta, non era Aaron quello sotto la lente di ingrandimento. “Sei ancora un dottore?”

“Sì. Sarò sempre un dottore. Ma se mi stai chiedendo se ho una licenza, allora no.”

Aaron sbatté le palpebre, poi sorrise lentamente. “Hai dei segreti,” commentò.

“Sì.”

Aaron si alzò dal divano, il cappotto di Silas ancora avvolto intorno al corpo. “Ex militare, medico senza licenza, dannatamente bravo con le armi, pieno di medicine prese sotto banco, ex pornostar e uomo gay… o quest'ultima cosa faceva parte della recita?”

“Gay,” confermò Silas.

Aaron annuì. “Quali altri segreti hai?”

“Pratico arti marziali e ho una cintura marrone.”

“Che cazzo, Silas! Sul serio?”

“Sì. Ho intenzione di raggiungere la cintura nera il prossimo anno.”

Aaron rise. “Beh, cazzo. Questo di certo era un segreto di Stato!”

Le labbra di Silas si contrassero in un'ombra di sorriso. “Dovresti riposare, adesso.”

“Stai cercando di dirmi che devo smetterla di fare domande stupide?”

“No, sto solo cercando di prendermi cura del mio paziente,” rispose Silas. Si voltò e si diresse verso la camera da letto, senza aspettare che Aaron lo seguisse.

Aaron alzò gli occhi al cielo e gli andò dietro.

Il suo personale medico-senza-licenza scostò le coperte, poi indicò il comodino per mostrargli dove fossero i medicinali.

“Se non riesci a dormire, nella libreria ci sono molti libri. Quelli sullo scaffale più in alto sono i miei preferiti, quindi ti consiglio di iniziare da lì.” Sollevò una piccola scatola. “Queste sono le tue medicine. Ogni flacone è etichettato con il nome e la descrizione del farmaco che contiene.” Posò la scatola e sollevò un tubetto di crema. “Questa è una pomata per alleviare il dolore alle natiche.” Ne sollevò un altro. “Questa invece è per le ferite più interne.”

Aaron prese la scatola con i flaconi delle pastiglie. Sicuro come l'inferno, ogni flacone aveva una sua etichetta e una descrizione dettagliata nel caso in cui Aaron si fosse confuso.

“Se ti svegli col dolore e hai bisogno di qualsiasi cosa, vieni a svegliarmi. Anzi, grida e io arrivo subito, okay?” Indicò un foglietto sul comodino. “Questo è il mio numero di cellulare. Terrò il telefono acceso e vicino a me per tutta la notte. Puoi anche chiamarmi lì.”

Aaron si sedette sul bordo del letto e passò una mano sulle lenzuola fresche e pulite, poi alzò lo sguardo verso il dottore.

Silas si strofinò una mano sul collo e arrossì per la seconda volta quella notte. “Ho anche un materasso ad aria,” disse. “Non ero sicuro di come ti saresti sentito al pensiero di rimanere da solo, stanotte. Volevo darti la possibilità di… ecco… avere compagnia.”

“È la tua stanza,” gli ricordò Aaron. “Non devi chiedere.”

“Sì, devo farlo.” Il rossore svanì rapidamente e gli occhi di Silas si fecero più freddi. “Ti ho promesso che non ti avrei fatto del male. Ho intenzione di mantenere la parola.”

Aaron distolse lo sguardo e lo concentrò sulla stanza. Sobbalzò improvvisamente quando vide una luce rossa che brillava in un angolo e una figura scura in piedi lì accanto. Sbatté le palpebre ed era sparita. Si voltò verso Silas, trovandolo inginocchiato ai suoi piedi.

“Il trauma ti perseguiterà per un po',” gli spiegò. “Vorrei con tutto me stesso essere capace di portar via anche quel dolore, così come posso fare con quello fisico. Mi dispiace di non essere in grado di fare di più.”

“Resta con me,” disse rapidamente Aaron. Pronunciò quelle parole prima ancora di pensare a quello che gli stava chiedendo.

Silas annuì, poi si alzò.

Aaron gli afferrò una mano. “Intendevo qui” Indicò il letto. “A meno che tu non consideri strano dormire insieme.”

Il gelo svanì dal viso di Silas. “Per niente.” Si staccò dalla presa di Aaron e si voltò verso la libreria. Estrasse diversi volumi, li rimise a posto, alla fine tornò con un tascabile consumato.

Jurassic Park?” chiese Aaron.

“È una affascinante storia di creazione,” rispose Silas.

“Sto aggiungendo 'scienziato pazzo' alla tua lista di segreti.”

Le labbra di Silas fremettero di nuovo. “Vado a fare una doccia. Ho pensato che ti sarebbe piaciuto avere qualcosa da fare mentre sono in bagno. Di solito è il libro che uso per rilassarmi.”

“Grazie, Silas.” Aaron si rigirò il libro tra le mani. Era stato chiaramente letto molte volte. Il dorso era piegato in più punti, segni indelebili di dove Silas lo aveva aperto ripetutamente su una parte ben precisa. Aaron decise di iniziare da lì.

Silas andò in bagno e il rumore della doccia arrivò fino alla camera.

Inizialmente, Aaron cercò di immergersi nella storia, ma si ritrovò ben presto a cercare le pieghe e gli orecchi in cima alle pagine, tentando di capire quali fossero le parti preferite di Silas e perché.

Silas fece abbastanza in fretta. Aveva i capelli umidi e indossava un paio di pantaloni del pigiama e una maglietta. Sembrava esile e stanco.

Aaron voleva abbracciarlo. Non avrebbe dovuto chiedergli di restare a dormire lì. Non avrebbe dovuto accettare l'offerta di Silas di restare a casa sua. Non avrebbe dovuto leggere le sue pagine preferite di quel libro cercando di capire qualcosa dell'uomo che ora si trovava davanti. Non avrebbe dovuto importargli di lui, non avrebbe dovuto volerlo confortare e addirittura abbracciare.

“Ti serve qualcosa?” chiese Silas, indicando i medicinali con un cenno della testa.

“No,” rispose Aaron. Mise da parte il libro e si sfilò il cappotto. Lo appese al bordo della testiera e strisciò sotto le coperte.

“Luci accese o spente?” domandò Silas.

“Spente.”

“La lampada accanto a te funziona. Se cambi idea e preferisci la luce accesa, non mi darai fastidio.” Poi premette l'interruttore della plafoniera.

Aaron guardò la sagoma del dottore avvicinarsi al letto. Chiuse gli occhi. Una notte. Si sarebbe concesso una notte al sicuro. Poi sarebbe andato avanti.

Il letto si abbassò quando Silas si mosse al suo fianco. Quando Aaron tirò su le lenzuola si accorse che l'uomo era rimasto sopra le coperte, creando una sorta di barriera tra di loro.

Aaron sussurrò: “Grazie, Silas.”

“È il minimo che posso fare.”

Aaron si girò nella sua direzione, aspettandosi di trovarsi davanti la sua schiena, invece Silas era rivolto verso di lui e lo guardava.

“Buonanotte, Aaron.”

“Notte, Silas.”

Capitolo Sei

Jurassic Park

Aaron vide il ragno muoversi con la coda dell'occhio. Si voltò per schiacciarlo, ma lo mancò. Era piccolo, bianco e veloce. Doveva ucciderlo. Non riusciva a ricordare la specie, ma sapeva che era letale.

Se lo avesse morso, sarebbe morto. Se gli avesse permesso di uscire dalla stanza senza schiacciarlo, avrebbe percorso il corridoio fino ad arrivare nella stanza di Robert, e poi in quella di Daniel. Dormivano entrambi. Non avrebbero potuto difendersi.

Con orrore, Aaron si rese conto che la fessura sotto la porta della sua stanza stava diventando sempre più grande. Prese una coperta e cercò di tapparla. Aveva perso le tracce del ragno.

La stanza era piena di luce. Non riusciva a trovare il maledetto interruttore per spegnerla. Qualcosa gli diceva che, se fosse stato in grado di spegnere la luce, il ragno si sarebbe illuminato e lui avrebbe potuto vederlo.

Qualcosa gli fece il solletico sul braccio, poi saltò via. Il ragno si arrampicò sul suo ventre, poi sul petto. Non poteva schiacciarlo. Iniziò a strapparsi i vestiti mentre il ragno cercava un posto dove nascondersi. Si sarebbe annidato da qualche parte sul suo corpo e poi avrebbe attaccato Daniel appena Aaron avesse lasciato la stanza.

Aaron si batté i pugni sul petto nel disperato tentativo di schiacciarlo. Gli facevano male le braccia. Il petto gli doleva. Tutto faceva un male atroce. Le forze gli vennero meno e si accasciò contro la porta. Il ragno salì fino al suo orecchio. Lo sentiva. Aaron non riusciva a muoversi. Il ragno stava per saltare sulla parete e uscire dalla stanza. Avrebbe ucciso Daniel.

Il ragno scivolò lungo la sua schiena, lasciando dietro di sé una ragnatela umida e appiccicosa mentre avanzava. Aaron si rese conto di essere nudo. Non c'era niente che gli impedisse di morderlo.

“Papà,” piagnucolò. “Non riesco ad ucciderlo.”

Qualcuno disse qualcosa dall'altro lato della porta. Aaron non riuscì a capire le sue parole. “Aiuto!” implorò.

La ragnatela ormai copriva tutto il suo corpo, lucida e indistruttibile. Aaron intravide il ragno che si spostava di nuovo sul suo stomaco. Sentì ogni piccola zampa picchiettargli sulla pelle mentre si muoveva per poi sparire di nuovo…

“Aaron!”

Si svegliò di soprassalto e la stanza vorticò violentemente davanti ai suoi occhi. Ansimò in cerca d'aria, tenendosi il petto. La ragnatela era sparita. Era vestito. Non era nella propria stanza. Non c'era nessun ragno. Non c'era nessun pericolo per lui o per la sua famiglia.

Qualcuno gli passò una mano sulla schiena e lo stomaco di Aaron ebbe un sussulto. Si sollevò, portandosi una mano alla bocca, e corse in bagno. Silas. Era con Silas. Quello che era accaduto prima che si addormentasse gli tornò in mente mentre si piegava sul water e vomitava per la seconda volta nel giro di neanche ventiquattro ore.

Sentì qualcuno avvicinarsi. Afferrò il water con una mano e allungò l'altra. “Non farlo,” gemette. “Dammi un secondo.” Lo stomaco gli si rivoltò di nuovo e vomitò ciò che ancora non aveva buttato fuori. La mano sollevata divenne pesante e ricadde sul pavimento mentre la testa gli ciondolava di lato.

“Posso avvicinarmi?” chiese Silas. La sua voce era dolce, intenzionata senza dubbio a rassicurarlo e farlo sentire protetto.

Invece di calmarsi, Aaron sentì un caldo respiro fantasma contro l'orecchio, mentre una voce maschile sussurrava 'bravo ragazzo'. Tossì. Gli faceva male il petto. Si rese conto di essere appoggiato al water col petto, proprio dove Ralph gli aveva storto il capezzolo tra le dita, e si spostò leggermente, senza tuttavia voltare la testa. Non riusciva a guardare Silas. Non riusciva a guardare niente e nessuno in quel momento.

Si sollevò di nuovo, un filo di saliva che dalla sua bocca cadeva nel water. L'odore di succhi gastrici e sudore lo fece rabbrividire. Sentì il tocco delicato dei polpastrelli picchiettare lungo la sua spina dorsale, muovendosi verso il basso.

Silas era ancora in piedi dietro di lui, probabilmente si stava pentendo di averlo fatto restare a dormire lì. Aaron si aggrappò alla tavoletta con entrambe le mani. Sentiva i suoi occhi sulla propria schiena. Silas lo aveva visto senza vestiti, sapeva com'era fatto il suo corpo. Adesso poteva vedere ben poco ma lo aveva già visto nudo.

Aaron pensò al modo in cui si erano conosciuti. Ansimò in cerca d'aria, il corpo a un passo dall'avere le convulsioni. Aveva appena dormito nello stesso letto di Silas, il suo Dom. Gesù, non sapeva neppure se Silas gli aveva fatto qualcosa mentre era addormentato. Aveva preso così tante pillole da quando era arrivato.

“Aaron.”

Perché aveva detto a quegli uomini il suo vero nome? Perché aveva lasciato che lo chiamassero così? Perché aveva lasciato che lo toccassero? Avrebbe dovuto reagire dopo che la safe word non aveva funzionato. Avrebbe dovuto sforzarsi di più. C'era stato un momento, prima che gli bloccassero le gambe con la barra divaricatrice, in cui era stato solo il peso di Ralph a tenerlo fermo… Aaron avrebbe dovuto approfittare di quel momento per divincolarsi e fuggire.

“Aaron.”

'Sì, Signore?'

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