banner banner banner
Posseduta Dagli Alfa
Posseduta Dagli Alfa
Оценить:
Рейтинг: 0

Полная версия:

Posseduta Dagli Alfa

скачать книгу бесплатно


«No di certo se non me lo spieghi. Dai, provaci. Che tu ci creda o meno, c’è effettivamente un cervello sotto questo aspetto fantastico.»

Claire posò la forchetta, abbassando lo sguardo sul suo piatto per raccogliere i pensieri. «Mi piace la fantasia che vi è dentro. Quando ero una ragazzina, quando sapevo come sarebbe stato il mio futuro, mi piaceva leggere perché mi permetteva di essere chiunque, di fare qualsiasi cosa.» Fece un respiro profondo, mentre le parole sgorgavano da lei nel loro piccolo separé privato. «Quando ero piccola non aumentavo di peso e, mentre mi facevano degli esami, hanno scoperto che sono un’omega. Sono cresciuta sapendo che sarei stata data o venduta a qualcuno, che non avrei avuto alcun futuro tutto mio. Gli altri bambini crescevano pianificando un futuro. Volevano diventare soldati o dottori o insegnanti. Io, invece, non avevo quella scelta. Non avevo nulla da attendere con impazienza.»

«È così terribile essere una compagna?»

«Il fatto che tu me lo chieda mostra che non capisci. Tu puoi fare ciò che vuoi. Puoi decidere del tuo futuro. Io? Ho dovuto cambiare nome e lasciarmi tutto alle spalle per avere un qualche tipo di vita. Voglio dire, sono qui a cenare con te dopo aver detto di no. Chiaramente, quello che voglio non ha importanza.»

Joshua strinse le labbra e una linea comparve fra le sue sopracciglia. Non disse niente all’inizio, si limitò a sollevare il bicchiere e prendere un sorso, per riempire il silenzio. «Immagino di non averci mai pensato in questi termini.»

«Certo che no. Non ne hai mai avuto bisogno, perché avresti dovuto? Non è parte della tua vita.»

«Avrei dovuto lasciarti morire di fame?»

«Non sarei morta. Era solo un giorno.»

«Ma, come io non riesco a capire come ti senti tu, devi renderti conto che tu non capisci come si sente un alfa.»

«Quanto può essere difficile comprendere il vostro bisogno di controllare ogni cosa?»

L’alfa scosse la testa, spingendo il cestino di grissini verso di lei, lo stesso invito silenzioso a mangiare di più che le faceva da tutta la sera. «Tu lo vedi come controllo, ma per un alfa significa prendersi cura. Quando vedo un’omega, qualcosa di prezioso, si accende in me il bisogno di proteggerla. Quando sei in calore, il mio istinto mi dice di soddisfarti. Quando sei affamata, quando il tuo stomaco brontola e ti massaggi le tempie, il mio istinto esige che io ti sfami. Se non lo faccio, se lascio che tu ti senta a disagio o dolorante, sento come un grido nella mia testa. È un dolore fisico, un bisogno costante.»

Era così che si sentivano? Suonava così piacevole, come un mondo perfetto dove omega e alfa erano due facce della stessa medaglia, dove avevano bisogno gli uni degli altri e si fondevano alla perfezione.

Claire scosse la testa. «È una bella idea, ma ci sono moltissimi alfa che non si prendono cura delle omega.» Mentre parlava, fu attraversata dal ricordo di James, dell’alfa che l’aveva rivendicata a diciotto anni.

Claire ebbe un fremito e gli occhi di Joshua si assottigliarono, ma l’alfa fece quella cosa che aveva già fatto diverse volte e piazzò un sorriso piatto sulle proprie labbra, come per mascherare la sua prima reazione. «Vuoi dirmi chi è stato a insegnartelo?»

«È universalmente noto.»

«Uno non sussulta come hai fatto tu per qualcosa di universalmente noto. A uno non compare neanche quello sguardo tormentato negli occhi. No, tesoro, di qualunque cosa si tratti, è dannatamente personale.» Scrollò le spalle, mentre la tensione scivolava via da lui. «Tuttavia, dato che chiaramente non ne vuoi parlare, che ne diresti di cambiare argomento?» Picchiettò le dita sul tavolo e l’azione attirò lo sguardo di Claire su di esse, costringendola a nascondere il rossore, quando ricordò quanto fosse talentuoso con quelle dita.

Come faceva a riportarla indietro al tempo passato insieme con tanta facilità? Dopo anni passati a evitare e a non volere l’attenzione di alcun alfa, il solo picchiettio delle sue dita la stuzzicava e tentava.

«Stai ascoltando?»

Claire alzò lo sguardo di scatto, le guance calde. Non stava ascoltando, ovviamente, totalmente persa nei propri pensieri.

Il suo sorrisetto indicava che ne era consapevole. «Ci sono cose migliori di cui possiamo parlare.»

«Non ricordo di aver mai voluto parlare con te di nulla.»

L’alfa le si avvicinò per far sì che le sue parole non fossero udite e l’azione fece sembrare piccolo il tavolo, che non era in grado di procurarle alcuna delle difese che si era immaginata. «I tuoi occhi continuano a cadere sulle mie dita. Sono certo che ti ricordi la sensazione che hanno procurato su di te, tesoro. Io di certo mi ricordo i suoni che producevi mentre le usavo su di te.»

Claire deglutì, il suono rumoroso persino nel chiasso del ristorante. O forse sembrava rumoroso alle sue orecchie, sopra il martellare nel suo petto. Joshua le faceva notare ogni cosa, rendeva ogni battito del suo cuore e ogni respiro forte ed evidente, come se li stesse studiando tutti, dissezionandola pezzo dopo pezzo.

Ma, era proprio quello il suo gioco. Il modo in cui la guardava le permetteva di intravedere il predatore sotto la maschera gioviale che indossava.

«Vuoi il bis?»

Claire scosse la testa.

L’alfa inclinò la testa e allungò il braccio per far scivolare un dito sul dorso della sua mano, appoggiata sul tavolo. «Ti rendi conto che stai mentendo? Perché stai mentendo, in tutto e per tutto. Le tue pupille si sono dilatate, il tuo respiro ha accelerato e ti stai sporgendo verso di me. Posso persino sentire il tuo profumo. Normalmente non sarei in grado di sentire la tua eccitazione così chiaramente, ma dato che ne sono stato immerso durante il calore, ci sono entrato in sintonia. Mi vuoi, anche se non te ne rendi conto.»

Questa volta Claire mosse la testa di scatto, una singola negazione. «Quello che è successo prima—»

«Quando abbiamo scopato?»

Il calore si diffuse sulle sue guance, giù per la sua gola e sul suo petto. «Quella era biologia. Non potevo evitarlo. Non voglio più niente del genere.»

Joshua sbuffò piano. «Sì che lo vuoi. Non vorresti, ma ciò non cambia il fatto che lo vuoi. Hai avuto un assaggio di qualcosa che ti mancava e ora ti stai chiedendo che cos’altro potresti avere. Lascia che te lo mostri.»

«Mostrarmi cosa?» La voce di Claire suonò così roca che fece fatica a riconoscerla.

Non aveva mai parlato in quel modo, non ne aveva mai avuto il coraggio. Stuzzicare qualcuno, suggerire qualcosa per cui non aveva alcun interesse, era un gioco pericoloso e lei non aveva mai voluto farlo. Ma, non era quello il punto? Aveva forse ragione Joshua?

Sono davvero interessata?

L’alfa si avvicinò ancora di più, finché il suo respiro le scaldò le labbra, finché il tavolo smise di esistere fra loro. «Tutto, tesoro. Ti farò gemere e ansimare fino a che non ti sarai scordata tutte le ragioni per cui credevi di non desiderarlo. Hai una voce fatta per gemere, per ansimare, per tutti quei suoni che ti ho già sentita emettere. Voglio sentirli mentre sei lucida, o tanto lucida quanto puoi esserlo con la mia lingua infilata profondamente nella tua figa.»

Le parole volgari la scioccarono più di qualsiasi altra cosa, come cera calda sulla pelle, un dolore che non faceva che alimentare la sua passione. Joshua non incespicò, non mostrò alcun segnale di nervosismo, come se dirle che voleva – Claire non riusciva nemmeno a pensarlo – fosse la cosa più naturale del mondo.

Anche se non riusciva a pensare le parole, l’immagine non la abbandonava. Ricordava lampi di cose del genere dal suo calore, la pressione di una lingua contro di lei, il modo in cui delle mani forti l’avessero afferrata per i fianchi e costretta ad accogliere ogni colpo.

«Non lo so», sussurrò, la tensione nel petto.

«Beh, è meglio di un no. Dai, fidati di me, solo per pochi minuti. Qui nel retro. Conosco il proprietario e ti prometto che, se mi concederai cinque minuti, non te ne pentirai.» Joshua si alzò, poi le porse la mano.

Non la afferrò, non la strattonò verso ovunque volesse portarla. Se lo avesse fatto, Claire avrebbe opposto resistenza. Si sarebbe tirata indietro, sopraffatta dal nervosismo. Invece, l’alfa rimase in attesa. Immobile, lasciando a lei la scelta. Se avesse detto di no, si sarebbe seduto. Avrebbero finito di mangiare. E poi?

Furono proprio quell’attesa, quell’immobilità, quella domanda che le stava ponendo senza chiederlo a parole a convincerla.

Che cosa voleva?

Claire rispose riponendo la mano nella sua.

Capitolo cinque

Il battito di Claire palpitò sotto il tocco di Joshua, il suo polso sottile incapace di nascondere il modo in cui tremava.

Ma il suo profumo lo attirava più vicino. Voleva inspirarlo, immobilizzarla a terra e respirare il suo profumo fino a che non avesse impregnato il suo corpo.

Quando era stata l’ultima volta che aveva desiderato così ardentemente una donna? Certo, provava desiderio per tutte le donne, ma Claire?

Lei era diversa e Joshua non provava niente del genere da anni. Da anni non incontrava una donna in grado di attirare la sua attenzione per più di una volta.

L’alfa allontanò il pensiero mentre la trascinava nel piccolo retrobottega, un cenno alla guardia, che rispose con un sorrisetto. A volte conoscere persone si rivelava utile e Joshua aveva lavorato abbastanza per il proprietario che, occupare la stanza per tutto il tempo che desiderava, non avrebbe causato alcun problema.

E quando Joshua fece voltare Claire, quando la spinse contro la porta e trovò la sua gola con le labbra, quando la sua lingua assaporò il battito frenetico dell’omega, seppe che avrebbe desiderato decisamente molto tempo.

Fotterla insieme a Bryce e Kaidan non gli aveva dato fastidio. Condividevano molto, tutte le loro vite, in realtà. Avevano sempre immaginato che, se mai avessero deciso di sistemarsi, lo avrebbero fatto loro tre insieme a una sola donna. Funzionavano insieme, il loro era un legame più stretto di quello dato dal sangue, erano più che fratelli. Era un legame che dava loro forza.

Ciononostante, non poteva negare di apprezzare l’idea di averla tutta per sé.

L’omega fece un respiro tremolante e spinse contro le sue spalle, la tensione alle stelle.

Se mai avesse scoperto chi l’aveva ferita, avrebbe fatto a pezzi il bastardo. Non era tipo da tirarsi indietro di fronte agli aspetti più brutti della vita. Sapeva dannatamente bene cosa accadesse ad alcune omega, la vita che vivevano, ma erano cose astratte.

Aveva persino aiutato a salvare alcune delle omega più sfortunate, un’attività svolta sottobanco dalla loro impresa. Ricordava una ragazza, Fiona, un’adolescente, ma abbastanza grande da andare in calore. Non pesava nulla, il bastardo che l’aveva presa usava dei farmaci per mantenerla in uno stato di calore quasi costante.

Era stato Kaidan a occuparsi di lei, il migliore di loro con le donne, a portarla dal dottore e stringerle la mano mentre la esaminava. Viveva, supponeva, nascosta e silenziosa da quando l’avevano salvata. Ogni tanto, si recavano nella piccola baita in cui viveva fuori città per dare un’occhiata e aggiornare il sistema di sicurezza. Nei cinque anni da quando l’avevano salvata, non aveva proferito parola, nascondendosi nella sua stanza al loro arrivo.

La spinta delle mani di Claire sul suo petto lo fece arretrare abbastanza da darle spazio.

«Aspetta», sussurrò lei.

«Certo, aspetta. Sì.» Joshua si passò una mano tra i capelli, mentre si sforzava di mantenere il controllo. «Te l’ho detto, sei tu a decidere. Non ti costringerò a fare nulla.»

Le mani di Claire rimasero sul suo petto, le dita arricciate, le unghie smussate premute contro la sua pelle. I respiri dell’omega si scontravano contro il suo mento e la sua gola, affannosi e spezzati. «Non puoi starmi addosso.»

Ah, tutto qui?

Quando la sua mente non era annebbiata dal calore, non lo voleva così vicino? Non voleva che fosse così opprimente?

Poteva lavorarci. Avrebbe fatto qualsiasi cosa fosse stata necessaria.

Joshua annuì, posando le mani sul muro mentre si abbassava sulle ginocchia. «Che ne dici di questo, tesoro? Va bene?»

Il modo in cui i suoi occhi si spalancarono, quel colore rosato che danzava sulle sue guance – il cazzo di Joshua sobbalzò entusiasta contro la cerniera dei suoi pantaloni.

La desiderava. La desiderava più di qualsiasi altra cosa. Voleva affondare la faccia contro di lei e non lasciarla andare mai più.

Invece, aspettò.

Claire fece scattare la lingua, rosa e abbastanza bagnata da catturare la luce, verso il labbro inferiore, prima di annuire.

Joshua non aveva bisogno di altri sì. Le slacciò il bottone dei pantaloni e fece scivolare il tessuto lungo le sue gambe toniche. Sollevò uno dei suoi piedi e le sfilò la scarpa, per poter liberare quella gamba. Può bastare. Non serviva che fosse nuda per quello che voleva fare e più tempo le avesse concesso per riflettere, più si sarebbe potuta tirare indietro.

Riportò le dita all’altezza della sua vita, sulle semplici mutandine nere che nascondevano quella parte di lei per cui avrebbe ucciso in quel momento.

Claire si irrigidì, perciò Joshua appiattì le mani contro di lei. Aspetta. Non avere fretta. Premette le labbra contro il suo fianco, seguì l’orlo di pizzo fino a raggiungere il punto più allettante. Lì, sfregò contro la sua pelle con i denti.

Per quanto si sforzasse di essere delicato, non riusciva a trattenere completamente il suo lato primordiale.

Continuò a tracciare la sua linea di baci sul basso ventre della donna e allo stesso tempo posò le mani sul suo interno coscia. Accarezzò con le dita la pelle calda e delicata. I muscoli di Claire si contrassero, ma come Joshua fece scivolare la mano più in alto, la donna spostò i piedi verso l’esterno.

Nervosismo e paura potevano trattenerla, ma lo desiderava.

Quando raggiunse la sua fica, nascosta dalla stoffa nera delle mutandine, la accarezzò con le dita. Al secondo passaggio, premette la stoffa in maniera più decisa contro di lei, fino a sentire la sua apertura calda e le sue pieghe. La vedeva nella sua mente con le gambe spalancate per lui come durante il calore, i suoi capezzoli inturgiditi e scuri per lui come un invito.

Avrebbe dato un’altra bella occhiata prima o poi, una volta guadagnata la sua fiducia.

Joshua mosse le dita fino a poter usare il pollice per massaggiare il suo clitoride, nascosto sotto il suo intimo. La stoffa nera aveva assorbito la sua umidità, una tentazione a cui non Joshua era mai stato in grado di resistere. Le sollevò la gamba, quella che aveva liberato dai pantaloni e dalle scarpe, e se la mise sulla spalla per spalancarla. Ciò la costrinse a trovare l’equilibrio su un’unica gamba, ma Joshua appoggiò una mano contro il muro e Claire avvolse le dita intorno al suo polso per mantenersi in equilibrio.

Dannazione, gli piaceva che si appoggiasse a lui.

Incapace di resistere un attimo di più, Joshua si concesse un piccolo assaggio. Fece scattare la lingua lungo il suo centro, sfregando la lingua irrigidita contro il suo clitoride. L’azione non fu certo sufficiente a soddisfare il suo desiderio, il desiderio di spalancarle le cosce e banchettare per ore, fino a renderla un caos di tremiti e singhiozzi.

L’alfa si concesse il piccolo assaggio per tirare avanti, prima di far scivolare il pollice sotto le sue mutandine fradice e accarezzare il suo clitoride, che si era ingrossato sotto il suo tocco. Joshua si sedette sui talloni per osservare il corpo di Claire. Sarebbe stato meglio se l’avesse spogliata, ma in ogni caso, lo lasciava senza fiato.

La sua maglietta, né aderente né scollata, lasciava tuttavia intravedere il profilo dei suoi seni, i capezzoli appuntiti che premevano contro il tessuto come un’offerta. Di nuovo, il suo cazzo pulsò, duro e disperato e pronto.

Era impossibile che potesse averla. Era troppo insicura, troppo nervosa. Ci sarebbe voluto del tempo, ma il suo corpo si rifiutava di ignorare i propri bisogni.

Posizionò la mano di Claire sulla propria spalla e si infilò una mano nei pantaloni. Avvolse il proprio membro con l’ampio palmo e iniziò a masturbarsi con movimenti efficienti. Non c’era alcun bisogno di stuzzicare o di prolungare alcunché. Non tentò di trattenersi o di farlo durare. Si trattava solo di concedere al suo corpo un premio di consolazione, dato che non sarebbe potuto entrare nell’omega il cui sapore si attardava sulla sua lingua.

La schiena di Claire si inarcò e i suoi fianchi si mossero in avanti. Joshua tormentò il fascio di nervi nascosto lì, senza lasciarle tregua, senza darle il tempo di prendere fiato. Il sudore le imperlava la fronte, tracciando una scia lungo la sua gola. Nella luce tenue della stanza, Joshua riusciva a vedere il suo sudore e i suoi occhi chiusi e persi nel piacere.

L’alfa concentrò la propria attenzione sul suo clitoride, sfregandolo più forte, mentre la mano sul suo cazzo accelerava con l’ansimare dell’omega.

La tensione nel corpo di Claire crebbe fino a che non gettò la testa all’indietro, colpendo il muro con un tonfo, abbastanza forte da far trasalire l’alfa. I suoi gemiti si interruppero, il suo respiro si bloccò, le sue unghie scavarono nelle spalle di Joshua, abbastanza forte da graffiargli la pelle.

L’alfa la raggiunse poco dopo, un’ultima spinta data dalla vista di lei sopraffatta dalla passione, dal piacere, dal rossore sulle sue guance e dall’alzarsi e abbassarsi del suo petto.

Venne nei pantaloni, cosa di cui non si preoccupò affatto. Si alzò e raccolse il suo sperma caldo e spesso con le dita, mentre liberava la mano. La baciò, azione da lei ignorata, mentre tentava di riprendere fiato, mentre il suo corpo iniziava a riprendersi.

Joshua appoggiò la fronte coperta di sudore contro quella di Claire, prima di infilare le dita ancora ricoperte di sborra attraverso le sue labbra – un istinto da alfa, per marcare la compagna con il proprio odore, con il proprio sapore.

Compagna? La parola sedeva sulla punta della sua lingua come una minaccia, ma non riusciva a ricacciare indietro quell’appellativo.

E, come previsto, Claire rispose divinamente. Chiuse le labbra intorno a quelle dita e vi fece girare intorno la lingua, ingoiando il dono offerto.

Mentre l’omega succhiava le sue dita, mentre il suo profumo lo circondava e con la mano libera le accarezzava i capelli scuri, Joshua emise delle tenere fusa.

Claire si sarebbe dovuta abituare a lui, perché non aveva nessuna intenzione di lasciarla andare.

* * * *

Non poteva guardarlo. Anche se Joshua se ne stava in piedi nel negozio, impossibile da ignorare, Claire ci provò.

Guardarlo era troppo, avrebbe reso tutto troppo vicino, troppo reale. Non poteva fingere che non fosse accaduto nulla, non quando lo guardava. Quando lo faceva, tutto ciò a cui riusciva a pensare era la sensazione delle sue dita contro di lei, il modo in cui aveva leccato lo sperma dalle sue dita con grande entusiasmo, il modo in cui lo avrebbe implorato per averne di più se non l’avesse zittita con un bacio appassionato.

Come aveva potuto arrendersi a qualcosa di tanto stupido? Qualche momento di piacere non valeva il rischio.

Più dava, più avrebbero preso. Era ciò che facevano gli alfa. Prendevano e prendevano e non erano mai soddisfatti.

Maledetti, non capiscono che non mi è rimasto niente da dare?

Joshua l’aveva riportata al suo negozio, il viaggio in macchina silenzioso nonostante i suoi tentativi di coinvolgerla in una conversazione. Nemmeno il suo fascino poteva tentarla.