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Posseduta Dagli Alfa
Posseduta Dagli Alfa
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Posseduta Dagli Alfa

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«In qualunque cosa si sia cacciata, rischia di rimanere uccisa. Sapere di cosa si tratta è l’unico modo che abbiamo per proteggerla.»

«Non vi ho chiesto di proteggermi.»

Bryce la inchiodò con uno sguardo così duro da farla avvizzire. Beh, una parte di lei. Il resto? Quella parte vergognosa imbevuta d’istinto? Divenne bagnata sotto quello sguardo grave.

«No. Ci hai chiesto di scoparti e usare il nostro nodo. Ci hai implorati e poi sei fuggita la mattina dopo. Non atteggiarti come se fossi superiore di noi.» Fece un respiro profondo, poi inarcò un sopracciglio. «E a giudicare dal tuo odore, sei a un passo dal chiedercelo di nuovo.»

Claire scosse la testa, negandolo, sebbene entrambi sapessero che si trattava di una bugia. «Non vi ho invitati qui, non vi ho chiesto di venire. Non ho bisogno di voi, non ho bisogno di un alfa – figuriamoci tre.»

«Non eri dello stesso parere ieri notte.»

«Quella era biologia. Non appena il calore è svanito, ho capito di aver commesso uno sbaglio.»

«Sbaglio? È questo che credi?» Bryce avanzò fino a trovarsi di fronte a lei, dall’altra parte del bancone. «Non mi è sembrato uno sbaglio quando ero dentro di te.»

Le guance di Claire si tinsero di rosso all’esplicito promemoria, al modo in cui la riportò indietro e le ricordò quello che aveva provato in quei momenti. Un così strano senso di appartenenza.

Maledizione, svegliarsi in mezzo a loro avrebbe potuto essere perfetto, se non fosse stato per la sua paura.

Claire accantonò certi pensieri per rispondere, la sua voce il più ferma possibile. «Non avevo bisogno di voi, avevo bisogno del vostro nodo. Quindi, se è un ringraziamento che volete, grazie. Abbiamo finito ora?»

Bryce sollevò il labbro e il bagliore dei suoi denti la rese grata di essere seduta. La sua spalla doleva al ricordo di come l’avesse morsa. Eppure, dopo il debole ringhio, Bryce si voltò e tornò a sbirciare fra le sue cose.

Claire voltò la testa per guardare Kaidan, che se ne stava ancora nella stessa posizione di quando aveva posato il cibo sul bancone. «Cosa volete da me?»

«Non ne siamo ancora sicuri. Quando te ne sei andata, ci sembrava che per capirlo avremmo dovuto prima trovarti.»

«Sono certa che ci siano molte omega che sarebbero felici di soddisfare ogni vostra strana perversione, ma io non sono tra quelle. Non stavo scherzando, non voglio, né ho bisogno, di un alfa. Non valgo la frustrazione.»

Kaidan la osservò, gli occhi fissi come se stesse cercando di leggerle dentro. Quello scrutinio fece dimenare Claire sulla sedia.

Finalmente, l’alfa parlò. «Sì, molte omega sarebbero felici di appartenere a tre alfa di successo. Ciononostante, non importa con quante siamo stati a letto, nessuna ha mai risvegliato in noi dell’interesse. Non so cosa ci sia in te, ma ci hai reso curiosi.»

«Che fortuna», mormorò, cacciandosi in bocca un altro boccone.

«Non siamo così male, una volta che impari a conoscerci.» Joshua appoggiò i gomiti sul bancone e si sporse verso di lei.

«Pensavo che gli alfa fossero tutti territoriali?»

«La maggior parte. Alcuni, come noi, creano una sorta di unità. È successo per via del lavoro, ma ci siamo resi conto che preferiamo condividere le cose. Un’impresa, le stoviglie, deliziose omega.»

Claire abbassò lo sguardo, rifiutandosi di riconoscere la sua battuta o ammettere come la promessa in essa racchiusa le facesse fremere lo stomaco.

La sua risatina le mostrò che aveva fallito. «Beh, visto che non abbiamo avuto modo di presentarci l’altra volta, perché non ci proviamo ora? Io sono Joshua, lui è Kaidan e quello con il broncio dietro di me è Bryce. E tu sei?»

«Sai già chi sono.»

«Sì, ma comportarsi da stalker con la donna che ti interessa è considerato scortese, quindi speravo che ci avresti salvato, rispondendo.»

Claire tentò di ignorarlo, ma il silenzio le fece accapponare la pelle. Alla fine, l’omega sospirò e alzò lo sguardo. «Claire.»

«Claire? Che nome grazioso! Ora, Claire, come ti senti? No, non zittirti di nuovo, è una semplice domanda. Il calore è una cosa faticosa. Voglio solo sapere se ti senti meglio.»

Ogni volta che uno di loro menzionava il calore, Claire lottava per non pensarci, per non ricordare la sensazione dei loro corpi premuti contro il suo, per non ricordare come avesse smarrito se stessa.

Joshua inspirò, poi si lasciò sfuggire un ringhio predatorio. «Sai, potremmo chiudere a chiave la porta e farti piegare sul bancone. Non sarai in calore, ma dubito che ti importerà per molto.»

Claire riusciva a vederlo nella sua mente. Joshua l’avrebbe spinta in avanti, fino a intrappolare il suo stomaco e il suo petto contro il bancone. Le avrebbe abbassato con forza le mutande lo stretto necessario per immergersi dentro di lei, lasciandole i pantaloni intorno alle cosce per tenerla ferma. Nel frattempo, Bryce si sarebbe slacciato i suoi, liberando la sua erezione davanti a lei. Avrebbe trascinato il suo uccello contro le sue labbra piene, coprendola con il suo sperma. Avrebbe forzato il suo cazzo nella sua bocca così profondamente da farla soffocare intorno alla grossa testa. Kaidan? Le avrebbe accarezzato i capelli con le dita e le avrebbe detto che era una brava ragazza, mentre avvolgeva il suo membro con una mano e si masturbava.

La fantasia la colpì così duramente da farle strizzare le cosce e gemere.

Maledizione. Sono i feromoni degli alfa a farmi questo effetto. Deve essere così.

I tre avevano risvegliato una parte di lei che aveva a lungo ignorato. Nonostante fosse stata a contatto con degli alfa, non erano mai stati così tanti, né in uno spazio tanto piccolo e certamente non ci era andata a letto insieme.

«Dimmi di sì, tesoro. Dicci di sì e ci prenderemo cura di te.»

Le parole la aiutarono a liberarsi dalla fantasia. Claire si alzò così velocemente da far cadere la sedia, poi premette la schiena contro la libreria che aveva alle spalle. «Andatevene», sussurrò con la gola stretta.

I tre si scambiarono un’occhiata piena di qualcosa che non riuscì a comprendere, una lingua che non parlava.

Fu Kaidan a rispondere. «Non ti faremo del male. Non è per questo che siamo qui.»

«Andatevene e basta. Qualunque cosa vogliate, non posso darvela.»

Kaidan scosse la testa. «Non possiamo. Abbiamo usato tutti il nostro nodo su di te durante il calore, Claire. Potresti essere incinta del figlio di uno qualsiasi tra noi. Aggiungici i guai in cui ti trovi e siamo diventati un po’ protettivi. Finché non saremo certi che sei al sicuro, temo che dovrai sopportarci.»

«Non posso. Non posso avere tre alfa che mi seguono.»

«Sarà uno solo di noi per volta. Come una guardia del corpo personale gratis. Avrai soltanto un’ombra finché non saremo certi che sarai al sicuro, specialmente finché non sapremo se hai concepito o no.»

Claire scacciò via il pensiero del concepimento. Non poteva pensarci o le sarebbe venuto un attacco di panico. «Non farò sesso con voi.»

Un ringhio simile lasciò la gola di tutti e tre, come se li avesse sfidati e la cosa fosse di loro gradimento.

Bryce rispose, la voce bassa e ruvida e sicura. «Non ti costringeremo, omega. Tuttavia, sono fottutamente certo che sarai tu a pregarci prima che te ne renda conto.»

Claire si prese il labbro inferiore fra i denti, mentre cercava di convincere se stessa che si sbagliava, che poteva farcela, che i tre alfa non sarebbero riusciti a farla vacillare.

Peccato che sapesse già che era una bugia.

L’organizzazione della libreria indicava che Claire vi passava molto tempo. Il modo in cui ogni oggetto era impregnato del suo profumo non faceva che confermare l’ipotesi.

In ogni caso, Joshua rimase seduto al bancone mentre l’omega si muoveva, cercando di occupare il minor spazio possibile.

Il modo in cui era indietreggiata era impresso a fuoco nella sua memoria, le braccia sollevate come a volersi difendere da un attacco che era certa sarebbe arrivato. Li aveva immobilizzati tutti e tre, in una situazione di stallo tra ciò che volevano e quello che lei si aspettava.

Che vita aveva vissuto per essere così spaventata? Chi aveva prosciugato molta della sua fiducia e del suo senso di sicurezza?

Un’omega non avrebbe dovuto temere gli alfa, soprattutto non lui. Si sarebbe dovuta rilassare in sua presenza, avrebbe dovuto sentire di poter abbassare la guardia, di potersi raggomitolare contro di lui e chiudere gli occhi. Invece, solo il sospetto colorava i suoi occhi, li faceva assottigliare mentre lo guardava.

Non gli aveva mai dato la schiena. Persino quando aveva avuto bisogno di qualcosa negli scaffali più in alto, si era contorta per non perderlo di vista.

Nonostante tutto ciò, l’avrebbe presa per sfinimento.

«Mi piacciono le spiagge», disse Joshua, le parole casuali e offerte come se la sua voce da sola potesse costruire un ponte fra di loro. «Bryce è un tipo da montagna e foresta, ma io? Dammi una spiaggia e il mare che si estende davanti a me e sono felice. Le foreste richiedono troppo lavoro, bisogna accendere un fuoco e camminare. No.» Scosse la testa e picchiò le nocche contro il bancone. «Le spiagge sono la soluzione migliore per le vacanze.»

Claire non disse niente, dandogli lo stesso niente che aveva ricevuto per tutto il giorno. Qualche volta le sue guance si erano contratte in un quasi-sorriso che si rifiutava di lasciar comparire, ma Joshua l’aveva presa per una vittoria. Voleva dire che stava assottigliando il ghiaccio, che lo stava intaccando una battuta dopo l’altra.

Era per quello che avevano deciso di lasciare lui per primo a farle da guardia. Era sempre stato il migliore a conquistare le persone e volevano decisamente conquistare Claire. Bryce tendeva a gettare occhiatacce e minacciare e Kaidan, sebbene non spaventasse le donne, si lasciava mettere i piedi in testa da loro.

Joshua era quello con più chance e per una volta, gli importava che funzionasse. Di solito, flirtava con praticamente ogni femmina ci fosse nei paraggi. L’eccitazione lusingava il suo ego e se finiva con loro avvinghiati nel letto? Beh, a lui andava più che bene.

Joshua evitava le omega, non volendo rischiare nulla. Le poche che aveva preso insieme a Bryce e Kaidan erano rare eccezioni, uno scorcio in un futuro che tutti e tre avevano preso in considerazione ma che nessuno voleva, non ancora.

Eppure, questa volta gli importava. Questa volta, se non fosse riuscito a sedurla, gli sarebbe importato. Non era solo un tentativo di portarla a letto. Quello lo aveva già fatto.

Beh, lo avrebbe fatto volentieri di nuovo, e infatti non gli sarebbe dispiaciuto provarci subito. Avrebbe potuto toglierle quei pantaloni, posizionare il suo piede su una mensola per aprila per bene e—

Lo sguardo di Claire si spostò di scatto, atterrando su di lui, il suo volto attraversato dalla paura.

Giusto.

Non spaventarla.

Joshua scrollò le spalle, riluttante a mentire e dirle che non stava odorando esattamente quello che credeva. Ovviamente, la desiderava e il profumo proveniente dalla sua figa lo costrinse a inspirare profondamente e rilasciare il fiato, continuando poi a parlare come se quello scambio silenzioso non fosse successo. «Kaidan preferisce andare in vacanza nel deserto. Continua a blaterare a proposito del cielo, ma non so. Cactus e marrone ovunque e il caldo? Per farla breve? Lascia sempre pianificare a me le vacanze.»

Claire non si voltò, le sue spalle rigide per la tensione. Stava decidendo se le sarebbe saltato addosso? Se l’avrebbe attaccata?

Sembrava che non ci fosse nulla di più pericoloso per lei di un alfa eccitato.

L’omega iniziò a tremare, i piedi piantati per terra, un libro in mano. Sembrava un coniglio che tentava di decidere in che genere di guai si trovasse, troppo impietrito per muoversi, troppo spaventato per restare.

Joshua si appoggiò al bancone, mostrando teatralmente che non sarebbe andato da nessuna parte. «Va tutto bene», promise, la voce bassa, non volendo dar credito a nessuna delle sue paure. «Continua con quello che stavi facendo, tesoro.»

Claire raddrizzò la schiena, una scintilla di forza, prima di girarsi, spingendo il libro al suo posto sullo scaffale come se la sua mano non tremasse ancora.

Joshua sorrise di fronte allo spettacolo, al carattere che possedeva, anche se lei non ne era consapevole. Senza staccarsi dal bancone, l’alfa continuò il suo monologo. «Non hai nemmeno sentito di quella volta in cui Bryce ci ha portati su una zipline. Spoiler? Gli ho vomitato addosso e ora non saremo più costretti a tornarci.»

Erano passate ormai due ore quando Claire si ritrovò costretta a riconoscere la presenza di Joshua. Non che ignorarlo fosse stato facile.

Aveva parlato quasi senza sosta, commentando ogni cosa che vedeva, ogni suo ricordo o qualsiasi cosa gli saltasse alla mente. Le prime volte che aveva parlato, la sua voce l’aveva fatta sobbalzare. Claire non era abituata ad avere degli uomini intorno e certamente non degli alfa. Tuttavia, con il passare del tempo, visto che era rimasto seduto al bancone del suo negozio, aveva iniziato a rilassarsi.

Non l’aveva toccata, non l’aveva afferrata, non si era approfittato di lei.

Si era persino abituata al suo costante blaterare.

L’aveva fatta sorridere, sebbene avesse tentato di combatterlo. Joshua diceva qualcosa di strano, qualcosa di casuale e Claire doveva prepararsi a lottare contro il contrarsi della sua guancia.

Quel momento fra loro, quando il profumo della sua eccitazione aveva riempito lo spazio, l’aveva scossa. Non solo il profumo, però. A quello era abituata, dato che sembrava che una leggera brezza fosse sufficiente a eccitare un alfa. No, era stata la sua reazione. Era il modo in cui il suo odore le aveva fatto riscaldare il corpo, le aveva fatto desiderare di entrare nella sua testa e sapere a che cosa stesse pensando.

A qualche altra donna? A lei? Alla notte in cui aveva scopato fino al mattino? Claire aveva allontanato quelle idee, imbarazzata dalle sue rassicurazioni, vergognosa per il modo in cui l’avevano aiutata.

Joshua non si era dilungato sulla questione, ma era tornato alle sue battute, ai suoi ricordi, alla sua conversazione, come se non fosse mai successo.

Tuttavia, quando l’orologio segnò le otto quella sera, la sua capacità di starsene seduto sembrò svanire. «Okay, ci siamo.»

Claire si raddrizzò di scatto sul pavimento sul quale era seduta per mettere in ordine alfabetico uno scaffale. «Che cosa?»

«Siamo qui dalle dieci di questa mattina e nessuno dei due ha mangiato. È tempo di andare.»

«Non ho fame.»

«Beh, io sì e tu hai comunque bisogno di mangiare.»

Claire indicò il magazzino. «Ho della carne essiccata di là. È tutta tua.»

Joshua emise un ringhio basso e giocoso. «Nessuno può vivere con quella schifezza. No, vieni. Ti porterò a fare una cena come si deve.»

Claire balzò in piedi quando Joshua si alzò, incapace di sopportare l’idea di trovarsi sul pavimento con lui così vicino. Doveva essere nella condizione di poter correre, di fuggire.

La tensione gli contornava gli occhi, ma l’alfa non perse il suo sorriso. «Sarà anche al rovescio, ma dato che abbiamo già fatto sesso, uscire a cena non è prassi?»

«Non uscirò insieme a te.»

Joshua sbuffò. «Sai, la maggior parte delle ragazze sarebbero lusingate all’idea di essere portate a cena da me.»

«Portaci loro, allora.»

Joshua fece un passo verso di lei, avvicinandosi abbastanza perché il suo profumo le raggiungesse le narici. Non il profumo diluito in cui era stata immersa per tutto il giorno, quello che aveva impregnato i muri del suo negozio mentre lo evitava. Un profumo forte, dovuto alla loro vicinanza. No, questo era un profumo forte direttamente dalla fonte e la tentava ad avvicinarsi.

Joshua allungò una mano, spostandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio, la mossa tanto affascinante e falsa quanto lo era lui. «Mi piace quando fai la difficile, tesoro. Eppure, riesco a sentire il tuo stomaco. Hai bisogno di mangiare e di dormire e io sarei un pessimo alfa se non mi assicurassi che accada.»

Claire aprì la bocca per dirgli qualcosa di sgarbato. Voleva dirgli che si era arrangiata da sola per molto tempo e non aveva bisogno di un alfa dispotico che si prendesse cura di lei. Voleva dirgli che tutti gli alfa erano pessimi, quindi sarebbe stato in buona compagnia. Maledizione, voleva dirgli un centinaio di altre cose inframmezzate da insulti.

Invece, Joshua si sporse verso di lei e la zittì con un bacio, un bacio così veloce e buono da non darle la possibilità di prendere in considerazione le ragioni per cui non avrebbe dovuto desiderarlo.

Quando si allontanò e Claire rimase senza parole, il sorriso dell’alfa si allargò. «Volevo impedirti di dire qualcosa che avrebbe potuto ferire i miei sentimenti, perché te ne saresti pentita, una volta che avrò iniziato a piacerti. Ora, se riesci a prestare attenzione e la smetti di distrarmi con i baci, stavamo per andare a cena.»

Claire rimase immobile, mentre Joshua le infilava la giacca sulle spalle e camminava fuori dal negozio. Come fa a farmi questo effetto? Se lo stava ancora domandando venti minuti più tardi, seduta di fronte a lui in un ristorante.

«Perché i libri?»

Claire alzò lo sguardo dal piatto di cibo, cercando di ignorare le candele sul tavolo coperto da una tovaglia bianca, cercando di indossare la sua migliore maschera da “questo non è un appuntamento” a beneficio di chiunque li stesse guardando. «Che cosa?»

Joshua puntò la forchetta verso di lei. «Libri. Gestisci una libreria. Perché? Non conosco molte persone che si svegliano un giorno e dicono “cavolo, mi piacerebbe passare tutto il giorno con i libri”.»

Chi l’avrebbe mai detto che un alfa non fosse in grado di comprendere l’attrattiva di un libro? «Non capiresti.»