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Il Bargello
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Il Bargello

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"Rimanete vicino all'albero!" ordin? Jimeno estraendo la lama. Fece qualche passo per allontanarsi da suo figlio.

Anche Alfonso impugnava la sua arma mentre il Nero, svelto, raccoglieva da terra alcuni sassi. Il figlio del bargello dubitava che potessero servire a qualcosa, tuttavia non potе evitare di apprezzare il gesto.

Il primo cerc? di colpire Jimeno con la lancia, ma il bargello devi? l'asta con un colpo di spada. Tuttavia, cos? facendo si espose all'attacco dell'altro bandito e venne violentemente travolto dal cavallo. Jimeno accus? il colpo e cadde rotolando pi? volte su sе stesso, tra rocce e sassi. Il cavallo pass? vicino ad Alfonso ma questi non ebbe il tempo di contrattaccare, e la sua spada fendette l'aria. Sent? una risata metallica provenire dall'uomo a cavallo.

"Padre!" esclam? Alfonso mentre si avvicinava a lui per vedere come stava. Jimeno grugniva dal dolore pur impugnando ancora la spada. "Vi sentite bene?"

"Rimani vicino all'albero" biascic? il bargello, puntando un ginocchio a terra per cercare di rialzarsi.

I due cavalieri si stavano girando, pronti a caricare di nuovo.

"Perchе?" chiese Alfonso.

Il primo sasso lanciato dal Nero and? perso nell'oscurit?, ma il secondo cozz? contro qualcosa di metallico e uno dei banditi gemette. Forse il carbonaio non era molto forte ma poteva fare dei danni, con un po' di fortuna. Anche il terzo sasso colp? il bersaglio. Manc? l'occasione di lanciare il quarto perchе il bandito caric? il Nero, che arretr? fin dietro l'albero.

Sancho aveva capito bene il consiglio di Jimeno. Appena il cavallo si fu avvicinato, il carbonaio gir? intorno al tronco del leccio per rendere i movimenti del bandito pi? difficoltosi. Questi fu costretto a fermarsi per

cercare di colpire con la lancia il magro corpo del carbonaio. Alfonso vide in quella manovra un'opportunit? di attaccare e si fece avanti con la spada spianata.

Non ebbe modo di usarla.

L'albare descrisse un arco con il braccio e colp? Alfonso in faccia con l'asta della sua lancia. Questi sent? bruciare il lato destro del viso come carboni ardenti e un fischio penetrante gli entr? nella testa. Alz? goffamente la spada in cerca della gamba del cavaliere ma la testa gli girava e fin? per cadere a terra senza capire cosa stesse succedendo. L'altro cerc? di colpirlo mentre era a terra ma Alfonso rotol? per evitare l'attacco. Sent? un dolore intenso alla natica quando il bandito vi conficc? la punta metallica della lancia.

L'urlo di suo figlio fece reagire Jimeno che colp? di taglio i quarti posteriori dell'animale. La spada penetr? nelle carni del cavallo con uno schiocco e il bargello rigir? la lama nella ferita per provocare un danno ancora maggiore.

La bestia nitr? per il dolore e cominci? a perdere le forze fino a cadere a terra. E il suo cavaliere insieme a lui.

Il Nero fu pronto a lanciarsi sull'uomo caduto e cominciarono a scambiarsi pugni e graffi. Alfonso si trascin? sui gomiti e riusc? ad avvicinarsi all'albero.

Si aggrapp? ad un ramo e si alz?; aveva perduto la sua arma. Si gir?, sentendo che suo padre stava gi? combattendo con l'altro bandito a colpi di spada. Pur essendo in svantaggio contro un nemico a cavallo, gli stava dando molto filo da torcere.

Il carbonaio si difendeva con furia, ma le sue forze erano davvero scarse e presto pag? il suo coraggio subendo colpi terribili e versando il suo sangue.

Alfonso afferr? il sasso pi? grosso che riusc? a trovare e si lanci? in aiuto del Nero. Colp? con furia la testa e la spalla del bandito e continu? a colpire fino a quando la mano cominci? a bruciargli per lo sforzo. Il bandito allora lo prese per il collo con l'intenzione di strangolarlo.

La pittura bianca che aveva sul viso si era tinta di sangue e terra in seguito alla lotta, ed era ferito gravemente; ma la rabbia che vedeva nei suoi occhi

terrorizz? Alfonso. Tutti i suoi tentativi di liberarsi da quella presa furono vani e ormai non riusciva quasi pi? a respirare quando suo padre venne in suo aiuto, atterrando il bandito con una spallata.

Alfonso cadde in ginocchio e cominci? ad aspirare grosse boccate di quell'aria gelida nel tentativo di riprendersi.

"Insieme… possiamo batterlo" balbett?, riprendendo fiato.

Suo padre fece segno di no, bruscamente.

"Tieni d'occhio l'altro!"

L'altro bandito si teneva in disparte, in attesa, ancora ansimante dopo lo scontro con Jimeno. Teneva la spada in posizione d'attacco ma non dava mostra di volersi buttare di nuovo nella mischia.

"Vigliacco!" esclam? il brigante sconfitto vedendo che il suo compagno si allontanava. “Tuo fratello ti far? a pezzi".

Ma l'altro non si mosse. Jimeno spinse suo figlio lontano dal malvivente.

"Aiuta Sancho e non perdere di vista quell'altro".

Alfonso zoppicando si avvicin? al Nero, che stava ancora raccogliendo sassi da lanciare, ma i suoi movimenti erano lenti e dolorosi. Anche a lui facevano male le ferite.

Adesso erano solo Jimeno e l'albare. Entrambi a piedi e feriti. Si muovevano in cerchio intorno alle piante. Si studiavano con calma. Jimeno prese l'iniziativa e cominciarono a scambiarsi veloci colpi di spada. Il vento portava con sе lo schianto del metallo contro il metallo. Veloce e continuo.

Le braccia si sollevavano e scendevano rapidamente. I due contendenti combattevano per strappare ciascuno la vita dell'altro. Avanzavano.

Arretravano. Clang-clang. Si abbassavano. Si giravano. Clang-clang.

Avanzavano di nuovo. La lotta a morte era una danza frenetica. Non c'era spazio per i passi falsi.

I silenzi si riempivano dei lamenti del cavallo ferito.

Sancho muoveva gli occhi nervosamente. Da Jimeno all'attaccante; al cavallo; al castello; al figlio del bargello, che era ancora a terra. Di nuovo a Jimeno. All'improvviso un momento di confusione tra la sterpaglia; e alla fine vide il bargello scaricare la spada contro il suo avversario. Il brigante si spost? giusto in tempo, ruotando su sе stesso e riuscendo ad evitare un colpo che avrebbe potuto rivelarsi fatale. Jimeno si avvicin? a lui con due ampie falcate. Le lunghe gambe lo aiutarono a giungere sopra il nemico prima che questi riuscisse a rialzarsi. Lanci? vari fendenti che vennero bloccati dalla spada dell'avversario.

Un'altra pausa. Due uomini combattevano e tre stavano a guardare.

Rischiando tutto, gli uni; impotenti, gli altri. I due contendenti ripresero fiato.

Le spade tornarono ad alzarsi.

In un batter di ciglia, la lotta ebbe fine.

"S?!" esclam? Sancho. "Cos? si fa!"

La spada del bargello era conficcata nello stomaco del bandito. Nei suoi ultimi istanti aveva cercato di graffiare Jimeno, ma il bargello gli aveva afferrato il polso per impedirglielo. Perse le forze man mano che il suo sangue bagnava la terra. Quando finalmente cadde al suolo, Jimeno liber? la spada e si volse ad affrontare l'altro bandito.

Questi si teneva a prudente distanza, mentre soppesava le diverse possibilit?. Il suo compagno era morto e adesso erano uno contro tre.

Spron? il cavallo per girare intorno agli uomini e giunse fino al sentiero, dove si ferm?.

"Vieni qui!" lo provoc? Jimeno. Il brigante era ancora immobile e muto.

“Vieni a combattere con il bargello di Lacorvilla!”

Dopo qualche istante di esitazione, il malvivente decise che non gli conveniva accettare la sfida e si allontan?. Lo videro sparire nell'oscurit? e poco dopo neanche gli zoccoli del cavallo si sentirono pi?.

Jimeno, ansimante, si avvicin? a suo figlio e diede un'occhiata veloce alla sua ferita. Alfonso era convinto che sarebbe morto o, peggio ancora, che

avrebbe perso la gamba all'altezza della coscia. Suo padre invece gli disse che sarebbe guarito completamente, anche se Alfonso non gli credeva.

"E del cavallo, cosa ne facciamo?" chiese Sancho, indicando la bestia ferita. La spada del bargello aveva provocato uno squarcio impressionante da cui il sangue usciva a fiotti.

Jimeno estrasse il suo pugnale.

"Finiscilo" ordin? porgendogli l'arma. "Non potr? mai riprendersi, e ci metter? molto prima di morire. ? la cosa giusta da fare".

Il carbonaio prese il pugnale con cautela e si avvicin? all'animale ferito. Si ferm? davanti alla bestia e si rivolse al bargello.

"Perchе non mi avete dato prima il pugnale?" si infuri?. "Avrei potuto usarlo contro gli albari".

"Avrei potuto averne bisogno" ribattе Jimeno con le mani sporche di sangue, del bandito e di suo figlio. "Tu eri gi? a posto con i tuoi quattro sassi".

Il carbonaio si chin? accanto al cavallo e lo accarezz? con delicatezza. Poi lo colp? con il pugnale.

I lamenti dell'animale aumentarono d'intensit?. La pugnalata di Sancho non era stata abbastanza profonda e l'animale era ancora vivo. Il carbonaio, spaventato, colp? di nuovo l'animale con identico risultato. Ancora. E

ancora.

"Cosa stai facendo?!" url? Jimeno vedendo il Nero commettere quella carneficina. Il carbonaio continuava a provare ad uccidere l'animale, ma tutto quel sangue rendeva scivolosa l'arma. Pugnalata. La lama affilata apriva nuove ferite sanguinanti nel cavallo. Pugnalata. Il cavallo era ancora vivo. "Sei pi? debole di una bambina, togliti di mezzo!" grid? il bargello strappandogli di mano il pugnale per poi colpire con fermezza la povera bestia. I lamenti cessarono all'istante.

Sancho, le braccia coperte di sangue, farfugliava qualche scusa quando

Jimeno gli diede uno spintone.

"Aiuta mio figlio" gli ordin?, rinfoderando il pugnale. "Torniamo in paese".

Capitolo I: IL BARGELLO

Ancora indolenzito e coperto di lividi, Jimeno riapr? gli occhi nel suo letto.

Allung? la mano in cerca di Arlena, ma sua moglie non era pi? accanto a lui. Gir? la testa a destra e a sinistra ma non la vide.

Si alz? dal letto con un lamento. Quel maledetto cavallo probabilmente gli aveva rotto qualcosa. E aveva le mani in fiamme, dopo tutto quel combattere con la spada.

"Arle…" Non riusc? a finire la parola e si schiar? la voce. "Arlena!".

Non ebbe risposta. Si avvicin? lentamente al catino con l'acqua e vide il suo volto riflesso sulla superficie. Malgrado i vistosi lividi sul collo, stava sorridendo. In effetti l'occasione non era da meno. La sera scorsa si era coperto di gloria compiendo l'impresa di diventare il primo uomo ad uccidere un albare di cui si avesse notizia. Non era certo cosa da poco. Era stato necessario mettere in gioco tutta l'abilit? di quell'uomo corpulento che ora si trovava davanti al catino.

Jimeno sospettava che il morto fosse stato un soldato, prima di diventare un brigante. Un disertore. Spada di ottima fattura. Giubba di cuoio, cotta di maglia e gorgiera. Per non parlare del cavallo, un vecchio ma robusto destriero che Jimeno rimpiangeva di aver ucciso. Non era qualcosa che un balordo qualunque potesse possedere.

Se sono ancora vivo ? perchе sono stato pi? abile con la spada.

Rientrando in paese aveva pensato ad un piano per addestrare i suoi abitanti e cogliere di sorpresa dei semplici briganti, ma adesso era tutto diverso: gli albari non erano semplici briganti, e i villici non godevano pi? del vantaggio della sorpresa.

E lui non sapeva pi? cosa fare.

L'acqua fredda sul viso lo aiut? a svegliarsi del tutto. Quando si gir?, sua moglie era accanto alla porta.

La maternit? rendeva Arlena sempre pi? bella. La moglie del bargello era abbastanza alta da non sfigurare accanto al suo enorme marito e i sei parti non l'avevano appesantita pi? del necessario. Aveva ancora un fisico simile a quello della fanciulla che aveva conosciuto un tempo e, anche se i folti capelli castani cominciavano ad incanutire per l'et?, aveva ancora quel sorriso… Il sorriso che adesso era dipinto sulle sue labbra.

"Vieni qui…" le disse prendendola per la vita, mentre con l'altra mano cercava di alzarle le gonne.

E cos?, per due sole parole, in casa del bargello scoppi? una vivace discussione. Le quattro pareti della casa non sembravano abbastanza solide da contenere le urla. I sassi ascoltavano per l'ennesima volta la coppia che rivendicava i propri opposti punti di vista sulla progenie che non faceva che aumentare e sul modo di metterla al mondo.

"Sei mia moglie e devi adempiere ai tuoi doveri!"

"Non se mettono in pericolo nostro figlio". Arlena prese le mani del marito e le appoggi? sul suo addome gonfio. "Stai gi? mettendo alla prova il mio ventre affinchе ti dia dei figli, non insistere a forzarlo anche per ottenere piacere".

Jimeno, pi? alto di almeno una testa rispetto a tutti gli altri paesani e dalle larghe spalle, si avvicin? a meno di una spanna di distanza da sua moglie.

Ma neanche cos? riusciva a fare in modo che la donna non sostenesse il suo sguardo, senza mai lasciarsi intimidire dall'imponenza del bargello. Lo sguardo rimase fermo anche dopo una serie di imprecazioni che avrebbero fatto vergognare qualunque uomo timorato di Dio.

Il bargello era passato in pochi istanti dall'euforia all'ira. Era stata una notte lunghissima. Il riposo gli aveva consentito di rilassarsi ma era impaziente che la moglie gli dimostrasse quanto gli era grata per aver salvato la vita a suo figlio Alfonso. Secondo lui era logico che Arlena si dovesse mostrare affettuosa. Era una ricompensa che lui si meritava appieno.

Ma Arlena la vedeva in modo diverso ed era una donna di carattere; di quelle che una volta presa una decisione, difficilmente cambiano idea. Il

bargello lo trovava esasperante.

"Io sono un uomo! E ho necessit? che mia moglie non mi pu? negare!".

Jimeno si diresse in cucina sentendo i passi della sua consorte dietro di lui.

Sul tavolo c'era una leccarda mezza piena, ma non c'era nessuno dei suoi figli. C'era anche del fuoco nella stufa. Debole. Prese un paio di ceppi e li butt? dentro con furia.

Arlena si avvicin? a suo marito, non avrebbe lasciato che Jimeno avesse l'ultima parola.

"Oltre che moglie sono anche madre, ed ? mio dovere proteggere i miei figli che sono anche i tuoi" disse mostrando il rigonfiamento costituito dal figlio non ancora nato, e guard? suo marito negli occhi. "Bisogna svuotare l'otre prima di riempirlo di nuovo" lo rimprover?. "Non insistere, dovrai aspettare che partorisca".

"Cosa che avresti gi? dovuto fare" le rimprover? Jimeno. "Quel bambino ? l? da troppo tempo".

Sua moglie aggrott? la fronte e lo indic? con il dito.

"Ti sbagli…" Arlena cont? con le dita mentre elencava i mesi uno dopo l'altro. "Novembre, dicembre… non nascer? prima di gennaio".

"Sar? meglio che nasca questo mese!" le ordin? Jimeno, come se dipendesse da lei. "Prima della fine dell'anno. Lo sanno tutti che i figli pi? forti nascono prima dei nove mesi".

"Mah" disse Arlena sdegnosamente, "nessuno crede a queste cose, lo dicono solo gli ignoranti. E poi ne so pi? io di te, quanto a partorire".

"S?, partorire femmine; di partorire maschi te ne intendi meno, a quanto pare. Tre figlie femmine mi hai fatto da quando hai partorito l'ultimo maschio. ? tempo che tu mi dia un altro figlio".

Arlena guard? suo marito negli occhi, fiera.

"Non si pu? intervenire su ci? che Dio dispone al momento del

concepimento. Nascer? un maschio quando il Signore lo vorr?. E se sei cos? preoccupato per i tuoi figli maschi, dovresti averne maggior cura. Ci? che rende forte un fanciullo ? sentirsi protetto fino al momento in cui diventa uomo" osserv?. "Qualcosa che non ti riesce poi tanto bene".

Il viso di Jimeno divenne paonazzo dalla rabbia. Come osava Arlena accusarlo di quanto era successo la scorsa notte? Quelle cose accadevano quando avevi a che fare con ladri e disertori. Succedevano e basta. Non era colpa sua.

"Al ragazzo hanno conficcato una lancia nel culo, e allora? ? un posto dove non c'? niente di importante" replic? offeso. "Presto star? bene" afferm?, "e dovr? ringraziare suo padre che ha ammazzato quel maledetto".

"Eppure ti dico e ti ripeto che non avresti dovuto portare Alfonso con te sulla montagna in piena notte" lo accus? Arlena. "Un uomo pi? assennato l'avrebbe capito. Il poveretto ? a letto, costretto a dormire a pancia in gi? perchе non pu? appoggiarsi sulla ferita. Gli fa male".

"E gli far? ancora pi? male quando si sar? cicatrizzata" dichiar? Jimeno, ben sapendo che far guarire le ferite era una parte importante della vita di qualunque uomo. Essere consapevole del fatto che gli errori provocano dolore. Se invece di rotolare avesse alzato la spada non sarebbe stato ferito. "Il ragazzo ha gi? sedici anni. Se gli insegno a combattere con la spada ? perchе presto ne avr? bisogno. Il regno deve espandersi a sud e alla fine dell'inverno il nuovo re convocher? signori e cavalieri". Arlena cerc? di intervenire ma Jimeno alz? una mano per fermarla. "So cosa stai per dire: che se il re viene soprannominato 'il Monaco' non sar? poi cos? ansioso di andare in guerra. Ma io ti dico, donna, che un re deve essere guerriero, che lo voglia o no; e deve sapere che, se non attacca, verr? attaccato. Avr? bisogno di giovani come il nostro Alfonso per farlo e io non permetter? che venga chiamato alle armi senza sapere come si fa ad impugnarle".