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Lui mimò il gesto di portarsi un bicchiere alle labbra e indicò il fiume. “Bere.”
“Cervo, bere.”
Si inginocchiò per sfiorare le impronte, un attimo dopo proseguirono nel bosco.
Fuse sapeva quale albero voleva. Si trovava nella parte più lontana del bosco, vicino alla recinzione che segnava il confine coni Quackenbush. Ci aveva posato gli occhi lo scorso agosto, quando aveva riparato il recinto sul lato nord della loro fattoria. Nella sua mente, l’aveva immaginato come l’albero di Natale perfetto grazie alla sua forma conica. Non era grande quanto l’abete rosso dell’anno precedente, ma l’altezza ridotta l’avrebbe reso più facile da decorare.
“Questo è quello che voglio,” disse Fuse quando arrivarono dall’altra parte del bosco. Andò verso il pino loblolly di sette metri e si inginocchiò sotto di esso. “Taglierò il tronco, proprio lì.”
Puntò l’ascia. Lei si chinò per vedere sotto i rami.
“Vieni qui sotto, vedrai meglio.” Fuse la incoraggiò ad inginocchiarsi sotto l’albero.
Lei si lasciò cadere sulle proprie mani e ginocchia e strisciò sotto. Lui tirò indietro l’ascia e colpì con forza, tagliando l’albero alla base. La vibrazione dell’impatto scosse la neve dai rami, facendola cadere a cascata, quasi seppellendo entrambi. All’inizio lei urlò, ma quando Fuse si mise a ridere, lo fece anche lei. Appenarealizzò che la stava prendendo in giro, si buttò su di lui. Caddero nella neve, rotolando da sotto l’albero. Con un gridolino, lei saltò in piedi, allontanandosida Fuse, e cominciò a togliersi la neve da braccia e spalle.
“Saba logo,” disse lui, con un sorrisetto. Si alzò e si scrollò la neve dal cappotto “Non toccare, giusto?”
Lei lo guardò, poi abbassò lo sguardo, stringendosi le mani dietro la schiena. E gli sussurrò, “Saba loga,” correggendo la sua pronuncia.
“Saba loga. Se alla tua gente non piace essere toccata, come fate a…” Si bloccò. “Non importa.”
“Non importa.”
“Giusto.”
Fuse finì di tagliare l’albero e lo sollevò sulla slitta, Ransom lo trainò senza problemi lungo il sentiero.
* * * * *
Dopo cena, Fuse inchiodò una base di legno all’albero, poi portò due scatole di decorazioni giù dalla soffitta.La scatola conteneva due serie di addobbi in vetro rosso, verde e blu, assieme a lunghi fili di capelli d’angelo, fiocchi di neve e ritagli di carta appesi a delle catenelle realizzati e colorati da lui all’età di tre o quattro anni. Il ricordo della madre che lo aiutava a tagliare ed incollare la carta sul tavolo della cucina lo bloccò per un attimo. Quanto avrebbe voluto poter tornare indietro e rifare tutto da capo.
La mamma è così lontana, e non sa nemmeno…
Rajianigli parlò, interrompendo i suoi pensieri. La guardò e vide che reggeva uno degli ornamenti.
“Quello va lassù.” Indicò la cima dell’albero.
“Ah.” Appoggiò sul pavimento la stella giallo pallido.
“Non so quale Dio abbiate in India,” Fuse andò da suo padre e spinse la sedia a rotelle vicino all’albero, “ma dubito che sia uguale al nostro.”
Sapeva che lei non capiva il significato dell’albero, ma ovviamente le piaceva decorarlo.
Lei prese una decorazione di vetro blu e lo guardò in modo interrogativo.Fuse ne prese una rossa dalla scatola.
“Appendilo al ramo, così.”
“Ah, Okay.”
Dopo le ghirlande verdi e i ritagli di carta colorata, lui e Rajiani avvolsero a spirale l’ultimo orpello intorno all’albero. Quando tutte le decorazioni furono al loro posto, Fuse si mise in piedi sul gradino centrale della scala e si chinò per posizionare la stella in cima.
“Ottimo lavoro,” disse dopo aver messo i regali per mamma e papà sotto l’albero. Fece un passo indietro per ammirarlo.
“Ottimo lavoro,” disse Rajiani.
“Adesso, devo preparare papà per andare a dormire.” Le fece cenno di seguirlo su per le scale. “Ma prima vieni, ti mostro dove dormirai.”
Camminarono lungo il corridoio del piano superiore, oltre la sua stanza, fino alla porta di fronte alla camera da letto dei suoi genitori.
“Questa è la stanza degli ospiti,” disse accendendo la luce.
Lei lo seguì nella stanza fredda. Lui si diresse verso il letto e tirò giù la trapunta. “Se lasciamo la porta aperta per un po’ si riscalderà. D’accordo?”
Lei inarcò le sopracciglia e alzò le spalle.
“Puoi dormire qui.” Fuse unì le mani, inclinò la testa e le appoggiò sotto la guancia, come se fossero un cuscino. Poi chiuse gli occhi.
“Oh,” disse lei. “Okay.”
Quando uscì dalla stanza, Rajiani chiuse la porta dietro di lui.
* * * * *
Fuse si alzò prima dell’alba la mattina di Natale. Tremante nella sua camera da letto, si affrettò a vestirsi. La stufa della cucina e il caminetto tenevano calda la casa tutto il giorno, ma quando la legna si spegneva alle prime ore del mattino, la casa diventava davvero fredda.
Quando uscì dalla sua stanza e accese la luce del corridoio, notò che la porta della stanza di Rajiani era aperta. Non entrò, ma poté vedere dalla soglia che se n’era andata ed il letto era stato rifatto.
“Non ditemi che ha dormito nel fienile,” sussurrò lui, abbottonandosi la camicia.
Si sorprese nel vedere che aveva tolto la ghirlanda e l’orpello dall’albero. Tutte le altre decorazioni erano ancora lì; solo quelli erano scomparsi.
Guardò nella stanza di suo padre, di fronte al soggiorno al piano terra. Era la stanza da cucito di sua madre, ma Fuse aveva spostato lì il letto del padre perché non riusciva a salire e scendere le scale con la sedia a rotelle. Stava ancora dormendo, così Fuse andò in cucina.
Il profumo del caffè appena fatto lo accolse nella stanza calda. Le fette di prosciutto erano sul tagliere, con accanto un cesto di uova, pronto per la padella.
Mi chiedo come abbia imparato a fare il caffè.
Si infilò gli stivali e il cappotto. Avrebbe lasciato dormire il padre fino al termine delle faccende.
Quando arrivò al fienile e aprì la porta, trovò i pollie i piccioni che beccavano il loro mangime sul pavimento sporco. Anche i cavalli, Cleo e Alex, erano stati accuditi. Stormy e il suo cucciolo erano tranquilli su uno strato di paglia pulita.
Fuse uscì dalla porta sul retro e vide il mucchio fumante di paglia e letame ripulito dalle stalle. Aveva riposto con cura anche lo sterco di mucca. Ora c’erano quattro file di letame a seccare.
Perché ha messo per terra quella roba?
Andò a controllare le mucche. Lì, nella loro stalla, trovò le decorazioni mancanti dell’albero di Natale; le aveva usate per adornare le mucche. C’erano fili verdi e argento sulle loro corna e attorno al collo.
Cosa c’entrano le mucche?
Le guardò mangiare il mais che lei aveva versato nella loro mangiatoia. Le mucche sembravano indifferenti ai loro nuovi ornamenti mentre sgranocchiavano il mangime.
“Okay?”
Fuse sussultò al suono della sua voce. Si voltò e vide la ragazza sorridente con in mano un secchio del latte appena munto. Gli ci volle un attimo per riprendersi.
“Okay.” Era felice di vedere che indossava gli stivali, e anche il suo maglione sotto ilcappotto. “Devi esserti alzata ore fa.”
“Latte.” Lei gli porse il secchio.
* * * * *
Rajiani vinse la sua prima partita a scacchi durante la colazione. Diede da mangiare al padre di Fuse mentre lui si concentrava sulle sue mosse. Sembrava che avesse passato più tempo ad aiutare il padre che a giocare la partita, ma aveva vinto facilmente, facendogli scacco matto in sole quindici mosse. Finirono di lavare i piatti e pulirono la cucina prima di preparare la scacchiera per una seconda partita, ma furono interrotti da una bussata alla porta d'ingresso.
Fuse rimase sorpreso dal fatto che qualcuno fosse venuto a casa la mattina di Natale, ma soprattutto da Rajiani che saltò in piedi per correre in cucina. La sua regina nera e i due pedoni caddero a terra quando colpì la tavola con il ginocchio. Pochi secondi dopo, la porta sul retro sbatté.
Scavalcò i pezzi degli scacchi per andare alla porta d’ingresso, chiedendosi chi potesse essere. Rimase sorpreso nel vedere chi era in piedi sul portico
“Salve, vicino.”
Ci volle un attimo perché Fuse riacquistasse la voce. “B-buongiorno, signor Quackenbush.”
Capitolo Otto
Buford Quackenbush entrò e si avvicinò al fuoco per scaldarsi. Tirò fuori un coltellino dalla tuta, poi un blocchetto di tabacco da masticare. Dopo averne tagliato un pezzo enorme, se lo infilò nella guancia e offrì il blocchetto a Fuse, che scosse la testa.
Dopo aver pulito la lama sui pantaloni, Quackenbush ripose il coltello. Masticò il tabacco nella guancia rigonfia, e un po’ di marrone gocciolò dall’angolo della bocca mentre si guardava intorno come se cercasse un posto dove sputare.
“Ho preso un cervo stamattina,” borbottò con il grumolo appiccicoso.
Aprì il parafuoco e sputò un filone di succo di tabacco tra le fiamme. Un odore putrido seguì un breve sfrigolio.
Fuse guardò il fuoco e storse il naso. “Un cervo?”
“Sì, una bella cerbiatta.” Quackenbush si pulì la bocca sulla manica del cappotto. “Al primo colpo ero un po’ traballante e l’ho colpita alla zampa. Il secondo l’ha colpita al fianco, ma il terzo è stato un colpo secco e decisivo.” Fece un rapido movimento verso il collo, sotto l’orecchio destro. “Un proiettile proprio sul collo.”
Fuse prese l’attizzatoio e colpì il fuoco, battendo su tronchi mezzi bruciati. “Pensavo che la stagione dei cervi fosse finita.”
“Beh, credo che lo sia, legalmente parlando, ma starò zitto se farai lo stesso.” Quackenbush indicò il padre di Fuse. “E so che lui non parlerà con le autorità.” Si mise a ridere. A Fuse sembrò un asino con l’anatomia maschile impigliatain un recinto di filo spinato.
Fuse sentì la rabbia salirgli nel petto. L’uccisione fuori stagione lo infastidì, ma non tanto quanto l’insulto al padre. Anche se non gli piaceva quell’uomo, sua madre gli aveva insegnato il rispetto verso gli anziani. Così, si morse la lingua e tenne la bocca chiusa.
Quackenbush indossava una giacca nera stile militare sopra una tuta sporca, e un cappello porkpiegrigiocon il bordo macchiato di sudore. Puzzava come i cani da pastore bagnati, e il calore del fuoco non faceva che peggiorare la situazione.
“Spero non ti dispiaccia che abbia ucciso quel cervo nella tua proprietà.” Strinse gli occhi guardando Fuse, come per sfidare il ragazzo a rispondergli. “Ero sulla riva di quel piccolo ruscello, dietro il tuo stagno. Con i piedi ho coperto di neve il sangue e le budella, così nessuno lo verrà mai a sapere.”
Fuse gettò l’attizzatoio nella scatola di legno ripensando al giorno prima, quando aveva mostrato le impronte del cervo a Rajiani. Era preoccupato che la ragazza fosse fuori al freddo.
Come posso sbarazzarmi di quest’uomo odioso prima che ci riempia di puzzo tutta la casa? Sarei dovuto uscire dalla porta sul retro con Rajiani.
Quackenbush guardòl’attizzatoio rovente mentre masticava il tabacco spostandolo da una guancia all’altra. “Tua madre è in casa?”
“No.”
“Oh!Mi è sembrato di sentire sbattere una porta appena prima di entrare.”
“Ero io…che entravo dalla cucina.”
Entrambi guardarono verso la porta della cucina, era aperta.
“È la prima volta che vengo in questa casa da quando Marie aveva quattordici anni.”
Quackenbush camminò verso il centro della stanza, guardando il posto, come per valutarne il valore. Andò alla ringhiera delle scale e allungò il collo per guardare al piano di sopra.
Fuse non aveva mai sentito nessuno chiamare sua madre per nome. Anche suo padre l’aveva sempre chiamata “mamma”, almeno quando Fuse era presente.
Perché Quackenbush era nella nostra casa quando mamma era adolescente? Dev’essere stato prima di conoscere papà.
La casa e la fattoria erano appartenute ai genitori di sua madre. Dopo l’ictus del nonno e la sua morte nel 1918, la nonna sopravvisse solo altri sei mesi. La dolce vecchietta sembrava essersi sciupata, struggendosi per il suo compagno da cinquantotto anni.
“Marie era una graziosa ragazzina a quei tempi,” disse Quackenbush, distogliendo Fuse dai suoi ricordi. “Comunque dov’è? Mi piacerebbe vederla.”
“È in Africa.” Fuse non avrebbe voluto dirlo. Non erano affari di Quackenbush.
“Africa?”
Fuse annuì.
“Ha dei parenti lì?” Un’altra risata d’asino.
“No. è una volontaria della Croce Rossa.”
“Ah, allora starà via per molto tempo.”
“Mi aspetto che torni da un giorno all’altro.”
Quackenbush si strofinò il dorso delle dita sulla barbetta incolta della guancia. Gli occhi iniettati di sangue dell’uomo erano troppo vicini al suo naso da becco di corvo. Sembrava avere la stessa età della madre di Fuse.
“Ole Kupslinker, giù alla banca, ha detto che vuoi affittare questo posto.”
“Non sono sicuro di volerlo affittare.”
“Beh, Kuppy parlava come se tu fossi pronto a firmare per tuo padre sulla linea tratteggiata.”
“Non è legale.”
“Chi lo verrà a sapere?”
Questo è come uccidere quella povera cerbiatta. Devo sbarazzarmi di questo stupido e trovare qualcuno che mi dia consigli sulla fattoria. Firmare quei documenti, non porterà a nulla di buono. E come se non bastasse, avremmo questo babbuino in mezzo ai piedi ogni giorno.