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Fuse toccò con il dito un punto della mappa dell'India. Rajiani si tirò indietro i capelli, si chinò e vide una parola in caratteri minuscoli.
“Calcutta?” chiese.
Fuse sorrise e annuì, poi spostò la punta del dito lentamente verso l’India, a ovest, oltrepassando un grande specchio d’acqua verso un’altra massa continentale. Lei si raddrizzò, guardando la punta del suo dito attraversare la mappa. Quella nuova terra era più grande dell’intera India. Lui spostò ancora il dito attraverso un’altra enorme massa d’acqua verso un’altra terra. Poco più avanti si fermò.
“Virginia,” disse. “Fuse, Rajiani, Virginia.” Picchiettò la punta del dito sulla mappa.
“Vergine?” chiese Rajiani.
“Virginia.”
“Virginia.”
Poi realizzò cosa intendesse Fuse.
Questo è dove siamo? La terra della Virginia?
Lei guardò indietro sulla mappa verso l’India, poi di nuovo verso la Virginia.
Così lontano. La mia India è a mondi di distanza.
Quando Fuse posò le mani sulle sue spalle, Rajiani fece un salto.
“Saba loga(Non toccarmi)!” Prese tra le mani i suoi lunghi capelli, li tirò indietro, e li frustò fino a creare un nodo stretto dietro al suo collo.
Non vede che sono un’Intoccabile? Al di sotto della casta più bassa. Non adatta a stare accanto a persone diverse dalla mia specie.
Rimase in piedi, ma continuò a fissare il libro di mappe sul pavimento.
Hajini, Madre, sono passati quasi nove anni dall'ultima volta che ti ho vista. Sei ancora lì, a Calcutta, a chiederti cosa sia successo alla tua unica figlia?
L’enormità del mondo l’aveva sconvolta. Conosceva un po’ della geografia dell’India, soprattutto di quella zona dello stato del Bengala Occidentale, dove si trovava Calcutta, ma pochissimo del Paese. Suo padre possedeva una mappa dell’India, e le aveva insegnato ciò che sapeva, ma lui non sapeva del Mondo più grande. O, se lo sapeva, non l’aveva spiegato a sua figlia di cinque anni. Aveva parlato delle terre oltre il loro paese come un mondo esterno; ora lei si era resa conto di essersi persa proprio in quel mondo esterno. Per tutti questi anni aveva pensato, da quando era stata portata via dalle strade di Calcutta daiPhansigar, una banda di teppisti e mercanti di schiavi, di essere semplicemente in una delle grandi città dell’India. Ma non era così. Era molto, molto lontana da casa.
Il suo ricordo di Klaanta, suo padre, non era chiaro. Si ricordava che le aveva insegnato a giocare a scacchi. Almeno come ogni pezzo si muove sulla scacchiera, ma non la strategia.Questo, l’aveva imparato da sola. Sembrava le venisse naturale. Aveva imparato così in fretta da battere suo padre ad ogni partita.
O era lui a lasciarmi vincere?Si chiese. Aveva sempre quel sorrisetto idiota sul viso quando lo mettevo sotto scacco.
Sua madre, Hajini, la ricordava abbastanza bene. Era sempre amorevole e premurosa verso la sua quinta figlia, ultima genita, e unica femmina. Quei bellissimi sari di seta che indossava. Così colorati di rosso, giallo e verde. Eil puntino rosso cenere sulla fronte, sempre lì ad esprimere il suo orgoglio di essere sposata. Rajiani aveva sempre voluto essere proprio come sua madre, indossare un bel sari, e un giorno, anche un puntino di frassino rosso.
Ricordava anche il profumo diBrahma Kamal, il fiore selvatico dell’Himalaya. Sua madre ogni giorno portava al tempio una ciotola di fiori viola, insieme al riso e a qualche moneta, come offerta alla dea Annapurna e al dio Krisna. Il dolce profumo dei venerati fiori era parte di sua madre. Ora Rajiani si chiedeva se l’avrebbe mai più rivista.
Piccola principessa, la chiamava sua madre.
Questo è il significato del tuo nome. Non dimenticarlomai; Rajiani, la mia Piccola Principessa.
Si allontanò dal libro. Non piangerò. Sbatté le palpebre e deglutì. Non lo farò.
* * * * *
Fuse era in piedi e guardava Rajiani fissare l'atlante sul pavimento.
Non sa dove si trova. Ma com'è possibile? Come può aver attraversato mezzo mondo e non sapere dove si trova?
Voleva confortarla, ma come? Quando aveva cercato di posarle la mano sulla spalla, lei si era spostata.
Guardò una lacrima scenderle sul viso.
“Torno subito,” disse Fuse e corse su per le scale. Nella camera dei suoi genitori, aprì un cassetto e cercò fra le coseche c’erano dentro, finché non trovò quello che voleva.Si affrettò a scendere le scale e diede a Rajiani il fazzoletto di pizzo di sua madre.Lei lo prese, lo spiegò e studio i ricami colorati.
“Mia nonna lo fece per mia madre quand’era una bambina. Non credo le dispiacerà se lo usi.”
Rajiani disse qualche parola, poi avvicinò il morbido lino alla faccia. Chiuse gli occhi e inspirò profondamente. Dopo un attimo, si asciugò le guance e sorrise a Fuse. Era il più bel sorriso che avesse mai visto. I suoi denti erano perfettamente allineati e brillantemente bianchi in contrasto con la sua carnagione. Gli aveva già sorriso prima, ma mai in quel modo. Anche i suoi occhi sembravano sorridere per lui. Era come l’alba al mare dopo una tempesta notturna.
“Ora ti senti meglio,” disse. “Lo vedo. Ma non sapevi di essere così lontana da casa, vero? Quello che devo fare è distrarti finché non impariamo a comunicare. Poi scoprirò come sei arrivata qui e forse riusciremo a pensare ad un modo per farti tornare a casa.”
Mentre prendeva uno dei vassoi e alcuni piatti, Rajiani disse qualcosa da dietro di lui. Sembrava una domanda. Si voltò vedendola indicare una fotografia incorniciata sul caminetto.
“Sì,” disse, pensando che avesse chiesto di toglierla.
Lei prese la foto mentre lui prendeva il piatto e il bicchiere dal tavolo.
“Papà,” disse Rajiani.
“Cosa?”
“Papà.” Puntò il dito verso la foto, poi verso il signor Fusilier sulla sua sedia a rotelle di legno.
“Si, quello nella foto è papà, prima di farsi male.”
“Fuse,” disse lei.
Mise giù il vassoio e si avvicinò a lei. “Si, sono io. La foto è stata scattata lo scorso Natale. Vedi l’albero sullo sfondo? Ce l’avevamo proprio lì.” Indicò l’angolo della stanza, vicino alle scale.
Lei guardò da quella parte, poi tornò sulla fotografia. Toccò l’immagine di sua madre e fece una domanda.
“Mi dispiace, non capisco.”
Si guardò attorno nella stanza e alzò le spalle, come se non vedesse quello che cercava.
“Oh, la mamma non c’è. È in Africa.”
“Afca?”
“Africa. È una volontaria della Croce Rossa in una spedizione per aiutare a vaccinare i bambini contro il vaiolo.” Fuse fissò per un momento l’immagine sorridente della madre. “Doveva essere solo per tre mesi, durante le mie vacanze scolastiche estive, ma sono già passati sei mesi.L’ultima letterache abbiamo ricevuto, arriva da Nairobi. Stavano preparando una barca di rifornimenti per attraversare il lago Victoria, per poi risalire il Nilofino al nord dell’Uganda, dove un grosso focolaio della malattia ha ucciso metà dei bambini. Quella lettera è arrivata un mese fa, ancora non sa dell’incidente di papà. Se le mie lettere riuscirannomai a raggiungerla, sono sicuro che salirebbe sulla prima nave per tornare a casa.”
Rajiani lo fissò.
“Non capisci una parola di quello che sto dicendo.”
Lei sorrise.
“Se tu imparerai alcune delle mie parole, io imparerò alcune delle tue, va bene?”
Lei scrollò le spalle.
Lui indicò la foto. “Papà,” disse.
“Papà.”
“Fuse.”
“Fuse,” disse lei.
“Mamma.”
“Mamma.”
“Albero di Natale.”
Lei raggrinzì la fronte e disse, “Albero.”
“Ehi, sai cosa?”
“Ehi,” disse Rajiani.
“Dopo aver pulito la cucina, potremmo andare a tagliare l’albero di Natale.”
“Albero?”
Rimise la foto sul caminetto e prese il vassoio. Rajiani glielo prese e ci caricò sopra il resto dei piatti, poi si diresse in cucina.
“Torno subito, papà,” disse Fuse e seguì Rajiani fuori dalla stanza. “Non sei costretta a farlo,” disse a Rajiani quando sistemò il vassoio dei piatti sporchi vicino al lavandino della cucina e mise il tappo.
Mise in funzione la leva della pompa, ma non uscì l’acqua.
“Devi caricarla.” Fuse prese un bicchiere d’acqua dal bancone e lo versò nella parte superiore della pompa. Dopo alcuni colpi alla maniglia, l’acqua uscì dal pozzo sotto la casa. “Poi si riempie il bicchiere, così, e lo si mette qui per la prossima volta”
Rajiani annuì e iniziò a pompare. Quando ebbe il lavandino mezzo pieno, prese il sapone alla soda caustica da un piattino vicino e cominciò a lavare i piatti.
“Okay,” disse Fuse. “Se insisti a lavare i piatti, ti aiuterò.”
“Okay,” disse Rajiani.
“Okay.”
Lei si tenne a distanza e stette molto attenta a non toccarlo mentre gli passava i piatti da asciugare.
Dopo aver finito di pulire la cucina, tornarono nella sala da pranzo a controllare il padre. Sembrava a suo agio e al caldo, lì vicino al fuoco.
“Aspetta qui,” disse Fuse a Rajiani.
Andò all’armadio sotto le scale e tornò con dei vestiti.
“Questo è il maglione che indossavo da bambino, ma credo che ti starà bene.”
Infilò il maglione marrone e blu fatto a maglia dalla testa, poi mise le braccia nelle maniche e si allungò per tirare fuori i capelli dal colletto. Disse qualcosa a Fuse e sorrise, facendo scorrere la mano sul maglione sfumato.
“Si, anche questo l’ha fatto mia nonna. Prova gli stivali, ma prima metti due paia di calzini.”
Rajiani si sedette per terra per infilarsi i calzini, poi gli stivali.
“Sono un po’ troppo grandi per te.”
Lei allacciò uno degli stivali di pelle.
“Ma è meglio che correre in giro sulla neve con quelle tue vecchie scarpe logore.” Si inginocchiò per allacciarle l’altro, ma lei tirò via il piede.
Rajiani si alzò in piedi dopo aver finito con il secondo stivale. Si mise i guanti di pelle che lui le porse e camminò in cerchio davanti a Fuse guardandosi i piedi.
Si fermò e fece una domanda puntando il piede verso il basso.
“Stivali,” disse lui.
“Stivali.”
“Papà,” disse Fuse, controllando il camino. “Andiamo dall’altra parte dello stagno a tagliare l’albero di Natale. Te la caverai per un paio d’ore?” Mescolò i carboni ardenti con un attizzatoio, poi aggiunse altri due legni al fuoco.
“Papà,” Fuse sentì la voce di Rajianidietro di sé. Si voltò e la vide davanti al signor Fusilier, i cui occhi erano rivolti verso il suo viso.
Lei indicò i suoi piedi. “Stivali.”
La testa di lui si inclinò lentamente. Dopo un attimo, i suoi occhi tornarono sul suo viso, e sbatté le palpebre.
Capitolo Sette
Era bellissimo il bosco, al di là dello stagno. Era uscito il sole, soffiava ancora il vento, e l’unico rumore era il soffice scricchiolio della neve sotto i loro piedi.
Fuse si fece strada attraverso i cumuli.Rajiani camminava dietro di lui, e Ransom la seguiva, trainando una piccola slitta con sopra un’ascia.
“Cervo.” Fuse indicò la neve davanti a loro, dove una scia di improntespuntavasul loro percorso.
“Cervo?” Rajiani era accanto a lui e seguì le tracce con gli occhi vedendole scomparire sulla riva del letto delfiume.
La corrente tumultuosa era sufficientemente rapida da non ghiacciarsi mai, in particolarenelle pozze e nei mulinelli.
“È andato laggiù a bere,” sussurrò Fuse.
Rajiani raggrinzì la fronte.