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“A circa mezzo miglio di distanza”, rispose lei con un sorriso. “Abbiamo un ufficio postale in fondo alla strada, ma questo è quanto. La gente di solito non si ferma qui, passa soltanto in macchina.”
Carla annuì. Quando era arrivata la notte precedente aveva cercato le varie attività commerciali, ma al buio era stato difficile vedere qualcosa. Pagò il cibo e si diresse all’ufficio postale, dove comprò un grande pacco per le spedizioni e un pennarello nero.
“Viene da Cavern County?” le chiese la ragazza dietro il bancone.
“No, sono solo di passaggio. Se riesco a prepararlo per l’invio, verrà spedito per posta oggi?”
La ragazza annuì. “La posta viene ritirata nel pomeriggio. Se invia qualcosa di prezioso dovrà compilare questo modulo.”
Porse un documento a Carla. Dannazione! Non soltanto lì sopra le veniva richiesto di specificare il contenuto del pacco ma anche di fornire i suoi dati personali. Si morse il labbro pensierosa. “Quanto dista la città più vicina?”
“A circa mezzo miglio in quella direzione c’è un piccolo posto chiamato Almondine. Non c’è molto lì, solo un paio di negozi e cose del genere. La città successiva è a circa un miglio di distanza, e porta a Pelican’s Heath. Non è molto più grande, ma le persone che ci abitano sono davvero gentili.”
Carla la ringraziò e prese la scatola, sperando che la banca più vicina fosse in uno di quei posti. Tornò al motel. “Per favore, posso restare ancora qualche notte?” chiese al vecchio, che sembrava sorpreso di rivederla.
“Certo che può. Pagamento in anticipo. La sua camera non è stata ancora pulita, vuole restare lì?”
“Sì.” Controllando il portafoglio, vide che poteva permettersi cinque notti. Quello le avrebbe dato abbastanza tempo per riposarsi e la possibilità di schiarirsi le idee e ideare la prossima mossa. Sorrise e prese la chiave che l’uomo le porgeva.
Una volta chiusa a chiave nella stanzetta, che già le dava l’idea di casa, svuotò il contenuto del borsone nella scatola per le spedizioni e la indirizzò al Signor Roberts della farmacia di Sheridan. Soppesò l’idea di inviarlo fornendo false informazioni personali sul modulo, ma si rese conto che così facendo avrebbe lasciato una traccia cartacea che riportava all’ufficio postale – e quindi a dove si trovava. Maledizione! Certo, si sarebbe comunque spostata presto, e aveva firmato nel registro dell’hotel con un nome fasullo, ma l’ufficio postale aveva delle telecamere di sicurezza che potevano facilmente identificarla e Jerome, o la polizia, non avrebbero impiegato molto tempo per rintracciarla. Sospirò. Forse poteva trovare un altro ufficio postale e andare in incognito, fornendo di nuovo false informazioni? Avrebbe dovuto fare molta strada per essere al sicuro. Mordendosi il labbro, rimuginò sull’idea. Aveva bisogno di più tempo per pensare e non fare errori, avrebbe trovato un modo per ideare un piano in un secondo momento.
La scatola era troppo grande per stare nel borsone da viaggio, così tirò fuori i vestiti dall’altra sacca e riuscì ad infilarla lì dentro. Poi mise gli abiti nel borsone. La preoccupava non poter mettere il diario insieme ai vestiti, così lo fece scivolare nel borsone con la scatola, appuntandosi mentalmente di rimuoverlo una volta spedito il pacco. Poteva comunque aver voglia di scriverci qualcosa più tardi, quindi doveva tenerlo con sé.
Okay, tempo di tornare al piano A.
Prese la valigia, uscì di nuovo e si diresse verso la banca. Era abituata a camminare così non impiegò molto per raggiungere la cittadina vicina. Almondine era piuttosto caotica, e aveva alcuni grandi negozi. La strada principale che attraversava la città era rumorosa e la gente era ovunque. Trovò la banca alla fine di una strada trafficata. Era molto più grande di quanto si aspettasse e non era sicura se fosse una cosa positiva o negativa.
“Vorrei affittare una cassetta di sicurezza, per favore”, disse all’anziana signora dietro il bancone.
“Certamente, cara. Quanto grande la vuole?”
Carla sollevò la borsa da viaggio e la signora annuì. Le diede una chiave e le disse come funzionava il sistema.
“Dovrà firmare ogni volta che verrà,” spiegò la signora, “ed è una sua responsabilità tenere la chiave al sicuro.”
Era una chiave dalla forma insolita e Carla la attaccò alla catenella che tratteneva il ciondolo con le sue iniziali d’argento. Non l’aveva mai tolta ed era abbastanza lunga da infilarsi nella parte superiore delle sue magliette in modo che nessuno se ne accorgesse.
Carla si sentì sollevata mentre chiudeva a chiave la borsa nella cassetta di sicurezza e guardava la signora inserirla nel caveau della banca. Le era costato quasi tutti i soldi rimasti ma ne era valsa la pena. Firmò i documenti con un nome falso e si infilò la copia nella tasca posteriore dei pantaloni mentre se ne andava. A mani vuote, tornò sotto il sole per esplorare un po’ la zona. Doveva guadagnare qualche soldo se voleva continuare a fuggire… si domandò se avesse fatto bene a spendere i soldi per la stanza del motel, ma non aveva alcuna voglia di dormire di nuovo all’addiaccio.
Il sole era alto e si sentiva abbastanza calda con indosso il top in stile gipsy e i jeans. Quel giorno aveva ai piedi gli stivali, dato che aveva indossato le scarpe da ginnastica da quando aveva lasciato Sheridan. Sapeva di avere alcune vesciche ma niente che non potesse sopportare.
Desiderando mettere un po’ di distanza tra sé e la banca, seguì un cartello che portava a ovest. Circa mezz’ora dopo arrivò nella città di Pelican’s Heath. La strada principale era piuttosto trafficata, anche se caotica neppure la metà dell’ultima città che aveva attraversato. Quel posto aveva diversi piccoli negozi, uno studio medico e quelli che sembravano un paio di uffici.
“Buongiorno.” Un bel cowboy sollevò il cappello e sorrise mentre lei gli passava accanto.
“Buongiorno.” Carla sorrise di rimando. Sembrava qualche anno più vecchio di lei, ma era comunque un uomo affascinante.
Diversi altri cittadini la salutarono mentre si aggirava per le strade strette. La ragazza della posta aveva ragione riguardo la gentilezza di queste persone! Era una cittadina molto graziosa, con le montagne in lontananza e campi e colline nei dintorni. Vide una piccola tavola calda alla fine di quella che sembrava essere la strada principale, e il suo stomaco le ricordò che era ora di pranzo.
Poteva permettersi solo un caffè e un hamburger, che spazzolò con ingordigia. Dopo la colazione che aveva divorato quel mattino, non pensava di poter mangiare di nuovo, ma doveva esserci qualcosa nell’aria fresca e nel sollievo di essersi sbarazzata del denaro che le aveva ridato l’appetito.
Dovrò decidere come far avere i soldi al Signor Roberts, ma almeno per adesso sono al sicuro.
“Ti dispiace se mi unisco a te?”
Alzò lo sguardo e lo affondò negli occhi più verdi che avesse mai visto. Un grande sorriso li accompagnava e il corpo sotto di essi era di quelli per cui svenire. Carla sentì una sensazione calda e confusa nello stomaco mentre annuiva senza parole e guardava il dio abbronzato e muscoloso sedersi di fronte a lei. Poteva sentire l’odore speziato del suo dopobarba mentre lo respirava come se fosse la sua fonte di vita.
“Ehi, Matt, cosa posso portarti?” cinguettò la giovane cameriera, sorridendogli. Doveva averlo visto arrivare.
“Prendo un hamburger Maisie, per favore. Vacci piano con le cipolle, però… potrei voler baciare qualcuno prima che la giornata finisca.” Ridacchiò e la cameriera alzò gli occhi al cielo con un sorrisetto. “Vuoi anche del caffè?”
“C’è bisogno di chiederlo?”
La giovane non si prese nemmeno la briga di annotare l’ordine, si limitò a ridacchiare e tornò al bancone.
“Ciao, sono Matt Shearer. Sei nuova in città?” Il suo sorriso era contagioso e i suoi occhi erano ammalianti.
Carla sorrise. “Carla Burchfield.” Le parole uscirono dalla sua bocca prima che avesse il tempo di pensare – non che fosse semplice pensare con quel bel fusto di fronte a lei, comunque – e silenziosamente si maledì per non avergli dato un altro nome.
“Piacere di conoscerti, Carla.” La mano forte di Matt si allungò sopra il tavolo e lei non riuscì a resistere alla tentazione di stringerla. Sentì una scossa elettrica attraversarla mentre si toccavano, e la sensazione di calore dentro di lei si accese come una fiamma ardente. “Pensi di restare nei dintorni?”
Carla aveva la lingua annodata per la sua bellezza. L’uomo aveva i capelli folti e scuri che gli scendevano in morbide onde intorno al collo e la corta barba sul mento gli donava un’aria selvaggia che lei trovava totalmente irresistibile. Indossava i jeans e una camicia grigia parzialmente sbottonata, che lasciava intravedere alcuni peli scuri sul petto. Annuì.
Il cibo ordinato arrivò e si lasciarono andare lentamente la mano mentre lui prendeva le posate. La cameriera sorrise mentre raccoglieva il piatto vuoto di Carla, ma non disse niente.
Carla sorseggiò il suo caffè mentre guardava il ragazzo meraviglioso concentrato sul cibo.
“Allora, Carla. Che cosa fai a Pelican’s Heath?”
La sua domanda la spaventò per un secondo, lasciandola senza fiato. “Tutto quello che riesco a trovare” gli disse, il più casualmente possibile.
“Cercano qualcuno all’emporio se sei alla ricerca di un lavoro.” Sorrise mentre glielo diceva, ovviamente notando come lei lo stesse osservando mangiare.
Si leccò le labbra lentamente e Carla sentì il fuoco dentro di sé trasformarsi in un incendio. Non ne capiva il motivo ma le piaceva l’idea di lavorare lì e di vederlo in giro tutto il tempo.
“Davvero?” Carla non riusciva a credere a quella fortuna. “Ho lavorato in una farmacia, in passato. Pensi che mi prenderanno?”
“Vale la pena provare. Ti dico una cosa: verrò lì con te, se vuoi, e metterò una buona parola.” Le strizzò l’occhio e lei sentì qualcosa muoversi dentro di sé, un po’ più in basso della sua pancia. Oh, cavolo!
“Non mi conosci” gli ricordò, finendo la sua bevanda. “Grazie per l’informazione, comunque, potrei fare un tentativo.”
Obbligò i suoi piedi a muoversi e prese un respiro profondo mentre si allontanava da Matt Shearer… e dalla tentazione!
Capitolo Due
“Il lavoro è tuo, se lo vuoi.”
Il cuore di Carla sussultò e le venne voglia di abbracciare la signora dietro il bancone. “Grazie infinite.” Era un sollievo che la donna non le avesse chiesto referenze o informazioni sugli impieghi precedenti, anche se Carla aveva casualmente accennato al fatto che in passato aveva lavorato in vari negozi.
“Vuoi iniziare subito? Non ho ancora fatto la pausa pranzo ma non ci vorrà molto tempo per mostrarti come usare il registratore di cassa.”
“È proprio come quello che usavo io,” rispose Carla allegramente. “Anche se potrei essere un po’ arrugginita.”
La donna scoppiò a ridere. “È come andare in bicicletta, cara.”
“Grazie di cuore, Signora Bellingham. Le sono davvero riconoscente.”
“Oh, no, chiamami Delores, lo fanno tutti.” Il suo nuovo capo le diede un colpetto sul braccio in modo amichevole. “Frank è nel magazzino, se hai bisogno di qualcosa. Vado a chiamarlo.”
Mentre andava a chiamare il marito nel retro, Carla diede una veloce occhiata al negozio. Sembrava che vendessero un po’ di tutto, dal pesce al filo di metallo. Sorrise. Il locale era pulito e ordinato e tutto era etichettato. Pensò che le sarebbe davvero piaciuto lavorare lì.
“Ciao, tu devi essere Carla, dico bene?” Un uomo con i capelli bianchi e un grande sorriso le andò incontro.
“Sì, signore. Ho iniziato oggi.” Carla gli strinse la mano ricambiando il sorriso.
“Beh, benvenuta a bordo. Delores fa tutto il lavoro qui mentre io mi occupo del retro. Se hai bisogno di qualcosa chiamami in qualsiasi momento, senza preoccuparti di disturbarmi.”
Frank era una persona amichevole e Carla lo prese immediatamente in simpatia. “Grazie, signore, lo farò.”
Delores tornò dal retro con una borsa in mano. “Sono felice di vedere che vi state conoscendo. Ho un paio di commissioni da fare, e avere due mani in più renderà la mia vita molto più facile d’ora in poi. Non mi ci vorrà molto.” Fece l’occhiolino a Carla mentre si dirigeva verso la porta d’ingresso. Era una donna molto in carne e riuscì a stento a passare dalla stretta corsia del piccolo negozio.
“Beh, se ti va bene tenere d’occhio qui io vado ad accendere il bollitore.” Frank sorrise ancora mentre scompariva nel retrobottega.
Carla si guardò intorno tra gli scaffali, cercando di familiarizzare con la disposizione dei prodotti. Era tutto molto pulito e immaginò che Delores fosse meticolosa riguardo l’ordine. Il pavimento era lucido e non c’era un solo granello di polvere sugli scaffali. Tornò dietro il bancone. Le buste di carta erano appese ai ganci in base alla grandezza e vide anche dove veniva conservata la carta per avvolgere il pane. Su uno scaffale sotto il bancone c’era un piccolo cestino, contenente nastro adesivo, forbici, una pistola spara-prezzi e alcuni rotoli di riserva per gli scontrini. Sorrise per il modo in cui tutto era in perfetto ordine.
Il campanello sopra la porta suonò per avvertirla che qualcuno era entrato nel negozio e quando alzò lo sguardo vide un paio di splendidi occhi verdi e familiari che si muovevano verso di lei. Matt.
“Hai ottenuto il lavoro?”
“Sì. Grazie mille per avermi aiutata.” Carla sorrise timidamente e si sentì tremare un po’.
“Ecco il tuo caffè, dolcezza.” Frank si avvicinò e appoggiò una tazza fumante sullo scaffale sotto il bancone.
“Ciao, Frank. Spero vi stiate prendendo cura di lei al meglio.” Matt fece un occhiolino sfacciato all’uomo, il quale sogghignò.
“Io mi prendo cura di tutte le mie donne,” replicò Frank.
Carla ridacchiò. “Grazie,” disse, prendendo la tazza.
“Beh, sicuramente ti illuminerà un po’ questo posto,” ghignò Matt.
“Stai dicendo che la mia amata moglie non lo fa?” Frank inarcò scherzosamente le sopracciglia.
“La tua Delores è una brava donna,” lo rassicurò Matt con una risatina.
“Humpf.” Frank sbuffò mentre si voltava per andarsene, ma Carla lo vide farle un occhiolino furbo mentre si allontanava.
Ridacchiò di nuovo. Di sicuro alle persone del posto piaceva stuzzicarsi a vicenda.
“Posso fare qualcosa per te?” chiese, con un sorriso dolce. Matt era senza ombra di dubbio un bell’uomo.
Matt sorrise. “In realtà sono passato per congratularmi con te per il tuo nuovo lavoro.”
“Come facevi a sapere che l’avevo ottenuto?” domandò, aggrottando la fronte.
“Delores è andata alla tavola calda poco fa. Le voci girano velocemente da queste parti.”
“Oh, capisco.” Carla non poté fare a meno di sentirsi un po’ infastidita da quelle parole e giurò di stare attenta alla curiosità degli abitanti di Pelican’s Heath. Si morse nervosamente il labbro. “Sei davvero gentile, Matt. Hai bisogno di qualcosa, ora che sei qui?”
Non solo era consapevole di Frank che girellava nel retrobottega ascoltandola chiacchierare invece di lavorare, ma si sentiva anche un po’ a disagio davanti a quello splendido uomo. Era stupendo, su questo non c’erano dubbi, e la sua sola vicinanza faceva sentire strano il suo corpo, ma lei doveva ricordare a se stessa che in realtà di stava nascondendo e non poteva permettersi di avvicinarsi a nessuno… anche se avrebbe tanto voluto farlo.
Matt guardò gli scaffali vicini. “Forse un po’ di questo preparato per pancake,” disse, esaminando un pacchetto.
“Usi un preparato per fare i pancake?” Carla non voleva essere scortese ma le parole piene di sorpresa le uscirono di bocca prima che potesse fermarle.
Matt inarcò le sopracciglia. “Vuoi dire che tu non lo fai?”
“Certo che no. Ci vuole meno di un minuto per mescolare un po’ di farina, due uova e del latte, al mattino. Di solito lo lascio riposare mentre faccio la doccia e poi è perfetto per essere cucinato.” Carla si portò una mano alla bocca quando si rese conto di essersi lasciata scappare più di quanto avrebbe voluto rivelare su se stessa.
Matt la stava guardando con un sorrisetto, e nei suoi occhi c’era un’espressione fin troppo sexy. “La doccia?”
Carla si morse un labbro. Dannazione! Gli prese il pacchetto dalle mani, arrossendo furiosamente. “Ti faccio il conto.”
Era consapevole di lui che ridacchiava mentre batteva il prezzo sul registratore di cassa e imbustava il preparato per pancake. Stava ancora sorridendo quando prese la busta dalle sue mani e le consegnò i soldi. Carla gradì fin troppo le dita che sfiorarono le sue mentre i soldi le cadevano sul palmo e di nuovo sentì il fuoco bruciarle dentro. Alzando lo sguardo vide i suoi profondi occhi verdi lampeggiare eccitati e fu shoccata quando sentì un caldo rivolo d’eccitazione scivolarle tra le gambe. Deglutendo forte, distolse rapidamente lo sguardo e fu sorpresa di non sentirlo ridacchiare più.
“Grazie.” La voce le uscì in un sussurro e rabbrividì.
Il campanello alla porta suonò di nuovo per avvertirla dell’arrivo di un altro cliente e subito i suoi occhi si posarono sull’anziana signora appena entrata.
“Io non ti conosco,” annunciò seccamente la donna dai capelli grigi.
“Questa è Carla Burchfield. È nuova a Pelican’s Heath. Carla, ti presento la Signora Taylor. Sua figlia gestisce il negozio di abbigliamento in fondo alla strada.” Matt fece le presentazioni prima ancora che Carla potesse aprire la bocca.
Carla sorrise alla signora, la quale la stava studiando con curiosità. “Piacere di conoscerla, Signora Taylor.” Non poté fare a meno di sentirsi un po’ nervosa al pensiero che tutti sapessero di lei, soprattutto perché stava cercando di mantenere un basso profilo, ma sperava che fosse una cittadina abbastanza piccola da non causarle alcun problema.
La signora annuì dalla sua posizione vicino alla porta e iniziò a scegliere i prodotti dagli scaffali.
“Tu non hai un lavoro, Matt?” Carla sperava che il cowboy cogliesse il suggerimento e se ne andasse. Era un po’ agitata per il modo in cui parlava a tutti di lei, ed era ancora più allarmata per colpa dell’effetto che la sua voce e il suo sguardo stavano avendo nelle sue mutandine.
“Ho una piccola fattoria non lontano da qui,” rispose, casualmente.
“Deve esserci un sacco di lavoro da fare,” rimarcò lei.
Lui rise. “Sì, beh, il duro lavoro non mi spaventa.”
Carla sospirò. Non era proprio quello che lei intendeva. “Hai delle persone che lavorano per te?”
“Un paio.”