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Le Tessere Del Paradiso
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Le Tessere Del Paradiso

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Ora il venditore di conchiglie improvvisò l’imitazione di un abbaio, esplicitando quale animale stesse obbligando l’altro ad impersonare. L’allusione era di natura sessuale e andava al di là della già evidente umiliazione.

Quando Amjad venne lasciato libero, fuggì via, senza voltarsi e coprendosi il viso con un lembo del suo mantello. Tornò a Palazzo con la consapevolezza che con quella umiliazione nulla sarebbe stato più come prima. Si rinchiuse perciò nella sua stanza e qui, temendo perfino il giudizio del suo sguardo, ruppe tutti gli specchi che gli capitarono a tiro. Urlò e pianse per ore… quindi cominciò a meditare la sua vendetta. Doveva risolvere la questione velocemente e personalmente, cosicché la sua immagine di fronte a quelli che vedevano in lui un liberatore fosse ristabilita. Vittore doveva morire… tuttavia il solo pensiero di doverlo affrontare nuovamente lo faceva tremare. Fu adesso che nelle turbe della sua mente cominciò a delinearsi un’idea. La persona che poteva fare a caso suo, che poteva effettuare con efficacia la sua vendetta, era già a sua portata di mano.

Da qualche settimana gli era stata affidata l’ospitalità di un maestro d’arte di nome Alessio, un greco su cui pendeva già una condanna a morte per omicidio e a cui era stata commissionata la realizzazione del rivestimento in mosaico della sala di rappresentanza del Re. Ma come convincere un prossimo condannato a morte a diventare lo strumento del suo arbitrio? Non certo col denaro. Dunque Amjad si ricordò di aver sentito dire che quell’uomo era ossessionato da una donna, colei che avrebbe voluto incontrare prima di morire. Ecco perciò come plagiarlo al suo volere: Amjad avrebbe pagato i servigi sanguinari di Alessio offrendogli la possibilità di vedere il soggetto che bramava incontrare.

La stessa sera, quella del cinque, per mezzo della lusinga e dell’inganno l’eunuco entrò in confidenza col maestro d’arte e questi cominciò a fidarsi di lui. Appena due giorni dopo, Amjad giudicò quel rapporto ormai maturo per indirizzare colui che riteneva un vero assassino contro il suo nemico. Tuttavia fu adesso che l’odio dell’eunuco dovette essere convogliato su qualcuno che finora non aveva valutato.

Nel pomeriggio si presentò in udienza privata il gaito Luca, colui che mesi or sono gli aveva soffiato il posto al servizio della Regina.

Questi gli disse:

«Tutta Balarm[47 - Balarm: nome della città di Palermo durante il periodo arabo.] ti ride dietro, Mattia.»

«Sono stato aggredito e derubato… Balarm dovrebbe piangere sé stessa per le condizioni in cui versa!»

«Perché non hai indicato i responsabili?»

«A quest’ora quei ceffi saranno già fuggiti via tra i monti… se li denunciassi non rientrerebbero mai in città. Lascerò che le acque si calmino e che tornino a Balarm per colpirli con la massima severità.»

«E non ti turba per intanto che perfino a Palazzo si parli di te? Ho sentito dire che questa mattina hai minacciato e corrotto i manovali che vengono per i mosaici della sala, affinché qua dentro il tuo nome non sia oggetto dei loro rozzi discorsi.»

«Tu comprendi sempre troppo… non a caso ti appellano gaito benché tu gaito non lo sia.»

«Sono stato per anni gaito dell’esercito preferito dal Re… il suo harem! Ora però offro i miei servigi alla donna che tu hai servito per lunghi anni. Ed è proprio la Regina che oggi mi ha inviato da te, per sincerarsi delle tue condizioni. Sì, Mattia, la tua umiliazione è giunta fino alle stanze più recondite del Palazzo.»

Amjad, il quale immaginava che Margherita di Navarra l’avesse cancellato pure dal cuore, rimase sorpreso e perplesso.

«L’animo della Regina è incline al perdono; dovresti saperlo.» aggiunse il gaito Luca.

Amjad allora sospettò che quello fosse a conoscenza del fatto incriminato nel litigio avuto con la consorte del Re.

«Congetturi su un passato che non ti appartiene e parli di perdono…»

«Se dopo dieci anni di servizio la Regina ha deciso che non saresti più entrato nei suoi appartamenti, il motivo dev’essere stato serio.» addusse il gaito Luca, sorridendo provocatoriamente.

«Non abbastanza serio da non poterci passare sopra. Oggi sei qui in vece sua perché si è interessata di me, e forse la prossima settimana richiederà che io ritorni al mio posto.»

Contrariamente a ciò che Amjad si sarebbe aspettato di sentire, l’altro gli poggiò una mano sulla spalla e gli disse:

«Può darsi… ed è per questo, benché sia stato investito ad una posizione inferiore a quella che ricoprivo, che sarà mio interesse impedirtelo.»

«Solo perché ti chiamano gaito credi di esserlo anche sulla volontà della Regina?»

«No, ma sono sicuro di esserlo sulla tua libertà… Lascia che renda noto che un eunuco del Re, consacrato al Cristo e legato con voto di fedeltà a questo Regno, si renda colpevole di apostasia e tradimento, tramando con i saraceni d’Africa. So tutto, Mattia, tutto quel che basta per mandarti al patibolo sulla riva del fiume.»

Il viso di Amjad cambiò colore, e le sue mani, mentre osservava il gaito Luca allontanarsi, presero a tremare. Per certo una minaccia maggiore rispetto a quella rappresentata da Vittore si materializzava nell’eunuco rivale.

Quello era un lunedì e Amjad sapeva che la Regina si sarebbe incontrata con Majone nella locanda presso la porta di Sant’Agata. Sapeva inoltre che il gaito Luca, vincolato da un rapporto di fedeltà simile a quello di cui godeva precedentemente lui, avrebbe accompagnato la sua signora. Amjad ragionò che avrebbe messo a tacere il gaito Luca proprio quella sera e proprio in quel luogo.

Amjad si presentò nuovamente da Alessio e quindi, mostrandogli i graffi sul collo, quelli stessi che Vittore gli aveva provocato tramite la collana di conchiglie, lo persuase ad uccidere il gaito Luca, accusando quest’ultimo di crimini mai commessi.

Amjad aveva fatto fare una doppia chiave per la serratura della locanda e ne aveva conservato la copia quando aveva restituito l’originale alla Regina. Adesso quell’azione fatta per l’eventualità di un ricatto si rivelava utile. Tuttavia, senza ombra di dubbio, la sua chiave più efficace risultava essere la capacità di penetrare nella mente e nel cuore di chi lo credeva un uomo fragile e sincero. Amjad chiaramente indossava molte maschere.

Capitolo 11

Notte del 10 Novembre 1160 (555 dall’egira) Balermus

Risolta con successo la pratica del gaito Luca, Amjad poteva adesso dedicarsi a quello che era sotto gli occhi di tutti, la sua umiliazione pubblica ad opera di Vittore. A ricordargli che la cosa andava risolta immediatamente ci pensò un tale Mahmud, ufficiale disertore dell’esercito di Guglielmo che si era avvicinato alla sedizione predicata da Amjad. Questi gli parlò a nome di tutti e gli disse che se lui non avesse sistemato la questione al più presto sarebbe stato estromesso da quella fratellanza e la cosa sarebbe stata risolta a modo loro. A Mahmud non importava un bel niente di Vittore e della reputazione dell’eunuco, tuttavia Naila conosceva i loro nomi e non poteva rischiare che questa parlasse ai cristiani per consegnarli tutti ad una sicura condanna a morte. Amjad lo sapeva… per quelli come Mahmud spezzare il collo delicato di una giovane donna era un gioco semplice. Doveva agire prima che quelli impugnassero la questione. Ragionò di venire a capo del problema in una sola notte; avrebbe vendicato l’affronto di Vittore e fatto rinsavire la sorella dalla pazzia che l’aveva colta.

Parlò ad Alessio nella sala del Re e ancora una volta, facendogli false promesse e avanzando fantasiosi pericoli, lo convinse ad armare il suo braccio contro Vittore. Tuttavia Amjad si era accorto che il maestro d’arte fosse più credulone e ingenuo che spregiudicato e cinico, qualità indispensabili per un assassino… e che dunque, se era riuscito a far fuori il gaito Luca, per certo avrebbe potuto ben poco contro l’uomo del porto. Ragionevolmente l’eunuco avrebbe dovuto assoldare qualcun altro, qualcuno dallo spirito più fermo. Si presentava nondimeno l’occasione per risolvere i problemi collaterali scatenati dall’assassinio del gaito Luca. Alessio infatti era stato visto in viso da Majone e questo costituiva la più temibile delle minacce. Amjad doveva liberarsi di Alessio e della possibilità che tramite questi giungessero a lui. Doveva tagliare tutti quei fili che portavano al suo nome, eliminando necessariamente ogni testimone. Se Alessio avesse ucciso Vittore: bene… e se Vittore avesse ammazzato Alessio: poco male.

La notte del dieci Amjad accompagnò il mosaicista greco presso la casa di Vittore. Dopodiché, accertatosi che l’assassino non avesse sbagliato porta, si dileguò intento a compiere la seconda parte del suo piano. Prima che il crimine che stava per consumarsi presso la piazza del porto generasse confusione per le vie di Palermo, Amjad corse all’abitazione di Naila.

Una carrozza trainata da due cavalli giunse davanti la casa della giovane nel momento in cui Amjad bussò per la prima volta alla porta. Lo scambio di sguardi col cocchiere indicava che costui era lì per volontà dell’eunuco.

Aprì la serva e questa, con grande sorpresa, esclamò:

«A quest’ora della notte, mio Signore? Dev’essere successo qualcosa!»

«La signorina dorme?»

«Dorme, com’è normale che sia.»

Dunque Amjad spinse la porta ed entrò.

Ad ogni modo i toc toc avevano svegliato anche Naila e questa ora se ne stava pochi passi alle spalle della serva, vestita degli abiti della notte.

«Amjad, fratello mio, ho provato a cercarti ogni giorno per tutti questi giorni.» esordì Naila con uno strano gioco di parole.

«Prendi il mantello e andiamo!» ordinò perentorio lui.

«Dev’essere successo qualcosa se vieni a trovarmi nel cuore della notte.»

«È successo che devo aver cresciuto una prostituta!»

La serva, che non aveva mai sentito il padrone rivolgere parole di disprezzo alla sorella, ne risultò terrorizzata. La luce della candela retta dalla donna della servitù fu subito tremolante, così come il polso di chi la reggeva. Il viso pulito di Naila, ancora morbido e da bambina, produsse ora un’espressione di dolore.

«Parli così per via di Vittore… lo so.» comprese ed ammise Naila.

Presto Amjad le mollò uno schiaffo.

«Non pronunciare il nome di quell’infedele!» gridò anche.

Lei si resse il viso tra le mani e prese a piangere.

«È così grave che io mi sia imbattuta in qualcuno che desidera prendersi cura di me?»

Amjad la guardò deluso e rispose:

«Avevi già chi si prendeva cura di te.»

«Tu e la tua gelosia, Amjad! Non ho sostituito il tuo amore con quello di un altro.»

«Non darmi lezioni, Naila! Voi donne il tradimento lo portate nel cuore e mascherate il vostro male con questa stupida parola: amore.»

Naila alzò il tono della voce e insistette:

«Io non ti ho tradito, Amjad! Si rimane fratello e sorella anche quando si finisce tra le braccia di un estraneo.»

«Noi eravamo più di un fratello e una sorella, lo sai. Quante volte ci giurammo fedeltà… quante volte!»

«Erano le promesse di una ragazzina, Amjad… una ragazzina che conosceva ancora solo l’amore del miglior fratello del mondo.»

«Io non avrei mai tradito quel giuramento.»

«Tu, Amjad, non avresti potuto… Oggi, però, non puoi gettare su di me lo stesso biasimo con cui sei stato marchiato nel fisico. Sei tu l’eunuco Mattia… non io.»

«Un male che giurasti avresti portato insieme a me.»

«Ma io non ne sono stata in grado, non dopo aver conosciuto Vittore. Perdonami, Amjad… perdonami!»

Adesso, comprendendo che le ragioni di quell’amore non si potevano scardinare con i sensi di colpa, l’eunuco del Re cambiò argomento e chiese:

«Hai detto delle nostre riunioni a quell’infedele?»

«No, non sono così stupida.»

«Perché allora mi hai mentito riguardo a questo luogo?»

«Per non mettere in difficoltà te e i tuoi amici quando avreste scoperto che frequentavo un cristiano.»

«Ciò che paventavi è realmente successo.»

«Lo so, ed è per questo che questa notte mi chiedi di lasciare questa casa.»

«Per questo e perché comprendo che sei cresciuta troppo per tenerti ancora a bada. È stata colpa mia se ti sei infatuata di quel pescivendolo. Io ho creduto che per te, Naila, non arrivasse mai la primavera, ma mi sbagliavo. Sei come tutte le altre e la stagione della monta non ti ha colta impreparata… Tuttavia, sorella, sai bene cosa succede quando una bestia di razza viene lasciata libera durante l’estro… Rischia di incrociarsi con bestie selvagge e indegne. Perciò ti ho combinato la cosa, affinché il sangue della nostra stirpe non venga insozzato da quell’essere selvaggio e indegno.»

«Il tuo discorso vale per le bestie… non per gli esseri umani. Non sposerò nessuno che non sia Vittore!»

«Per darti all’apostasia?»

«Quante figlie di rispettabili credenti hanno cambiato la lingua in cui pregano Dio in nome della convenienza? E in questa terra ci si sposava tra islamici e cristiani anche quando comandavano gli emiri. Me lo hai detto tu, Amjad.»

«In Sicilia i fedeli degni e convinti sono stati sempre troppo pochi… Quell’uomo ti ha già deviata, poiché sai bene che non è una questione di lingua. Tu bestemmi!»

«Tu stesso, fratello, compari davanti al Re indossando una croce d’oro e presenzi a tutte le feste dei cristiani per dare una parvenza di devozione.»

«Non ho scelto io di essere Mattia… prego tuttavia cinque volte al giorno, poiché il canto del muezzin[48 - Muezzin: la persona incaricata al richiamo dell’adhān dalla cima del minareto nelle ore del giorno in cui cadono i cinque ṣalāt.] lo sento nell’anima.»

«E perché allora io non posso fare lo stesso, praticare nel segreto ciò che non do a vedere sotto il sole?»

«Perché tu puoi scegliere!»

«È l’amore che mi costringe.»

«Perciò ti ho data ad un uomo che sappia attenuare i tuoi bollori.»

«Non mi muoverò da questa casa, Amjad; Vittore è già l’uomo di cui parli! Rinnegami davanti ai tuoi amici, se questo serve a cancellare la vergogna che ti ho procurato, ma non costringermi a nulla. So bene quello che è successo sabato al mercato. Vittore mi ha promesso che si scuserà pubblicamente non appena avrà modo di rincontrarti.»

Dunque Amjad sorrise e, colto da una strana soddisfazione, spiegò:

«Quel venditore di gusci di cozze potrebbe essere già morto a quest’ora.»

Naila rimase di pietra. Il volto del fratello improvvisamente cambiò i suoi connotati. Per la prima volta Naila vide un Amjad diverso, un uomo che giudicò semplicemente “malvagio”.

Disperata cercò di passare oltre il fratello e oltre la porta, presumibilmente per correre verso l’uomo che amava. Amjad però la trattenne e, mentre lei si dimenava e gridava, ordinò alla serva di salire in carrozza e al cocchiere di accorrere per dargli manforte. Alla fine Amjad la spuntò. Naila venne domata per mezzo di un abbraccio soffocante, lo stesso gesto che, figurativamente, per tutti quegli anni le aveva impedito di staccarsi dalla morbosa ossessione del fratello.

Dopo non molto la carrozza si trovò a passare per la porta di Sant’Agata. Qui alcuni uomini armati di torce e spade intimarono al cocchiere di fermarsi. Amjad comprese subito che non si trattava di guardie reali e temette l’agguato e la rapina. Sapeva di dover agire con naturalezza, seppure di naturale lui avesse ben poco, essendo chiaramente un ricco eunuco al servizio di Sua Maestà.

Due di quei ceffi aprirono la portiera e fissarono dentro, soffermandosi per mezzo di una lampada sul viso di ognuno. Dunque, accorgendosi che tra i passeggeri non vi fosse chi cercavano, persero l’interesse che dapprima avevano manifestato.

«Sono stata rapita e costui è il mio rapitore!» urlò Naila un attimo prima che quelli chiudessero la portiera.

Perciò uno di quei due, un biondo giovane che aveva le sembianze di un nobile, tornò ad avvicinarsi e chiese ad Amjad:

«È vero quanto dice questa fanciulla?»

«Ella è mia sorella… e sì, Signore, l’ho costretta a seguirmi controvoglia.» spiegò con impareggiabile calma Amjad, consapevole che la verità fosse la cosa più saggia da dire.

«Perché?» domandò di nuovo quello.

«Intende sposare un uomo che non è al pari del nostro lignaggio.»

«Non è vero, Signore… egli non è mio fratello!» sostenne ancora Naila.

Il tizio allora fece segno all’altro di tenerli d’occhio e andò a consultarsi con un’altra figura che si muoveva nell’ombra della notte. Si avvicinò dunque quello che doveva essere il capo, un nobilotto pressoché trentenne che brandiva determinato la sua spada.

«Siete uno degli eunuchi?» chiese.

«Sì.» rispose Amjad, gonfiandosi nel frattempo il petto per mettere in bella mostra il grosso crocifisso che portava al collo.

«Un eunuco del Re che rapisce una giovane donna… Per farne cosa? Per il denaro di cui già è ricco? Per il sollazzo per il quale non possiede nessuna voglia e potenza?» fece riflettere l’ultimo giunto al suo sottoposto.

«Dove siete diretti?» chiese poi questi ad Amjad.

«A Platia[49 - Platia: antico nome dell’attuale Piazza Armerina in provincia di Enna, città famosa per gli straordinari mosaici romani conservati nel vicino sito archeologico. La Platia medievale sorgeva a pochi chilometri dalla sua collocazione attuale.].»

E dunque intervenne l’altro: