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“Se posso permettermi,” interruppe Joey, “le recriminazioni non servono qui. È successo. Nessuno avrebbe potuto prevederlo. Il nostro compito è trovare i colpevoli e arrestarli, se possibile.”
Gunther alzò rapidamente lo sguardo verso Joey. Joey gli fece un cenno di assenso.
“Misty ha ragione. Noi non giustiziamo le persone. Questo non significa che non risponderemo al fuoco se sparano per primi. E quando rispondiamo al fuoco, spariamo per uccidere.”
“L'agente Moore disse che le vostre tariffe sono accettabili,” disse il signor King. “Possiamo discuterne?”
“Certo,” disse Misty. “Il nostro onorario sarà...” E disse una cifra. “Lascio a voi la scelta di come suddividerla.”
“E le spese?” chiese il signor Gunther. “La maggior parte degli investigatori privati chiedono un rimborso spese oltre al loro onorario.”
“Mentre molti di noi sono in possesso di autorizzazioni individuali, noi siamo più che altro una società di sicurezza. Le spese saranno pagate con la parcella. Vogliamo aiutarvi, non rovinarvi,” disse Joey. “Se la parcella è accettabile per voi, andiamo alla scrivania della nostra segretaria a firmare alcuni moduli.”
“Possiamo dire che forse abbiamo già una pista sugli uomini armati. Non possiamo dire di più in questo momento, ma vi prego di sentirvi tranquilli sapendo che faremo tutto il possibile,” disse Misty.
Gunther guardò King, che annuì. “È un compenso ragionevole, signor Justice... signora Wilhite. Cosa desiderate da noi?”
“Solo le vostre firme. Venite con me, per favore. Ed ecco il numero di telefono del nostro psichiatra. Se qualcuno di voi decide di chiamarlo, per favore lo informi che io ho detto che non ci sarà nessuna parcella.”
Capitolo 3
––––––––
DOPO CHE I CLIENTI se ne furono andati, Joey e Misty tornarono nel suo ufficio. Quando la porta si chiuse, Misty si rivolse a Joey.
“Allora, ci siamo. Ehi, da dove cominciamo, Joey?”
“Non ne sono sicuro, amore. Voglio rivedere di nuovo entrambi i fascicoli. Forse questo ci darà un punto di partenza.”
Recuperarono i fascicoli e si sistemarono su uno dei divani per leggere.
Quando Louie arrivò al centro congressi, la prima cosa che vide fu il suo principale agente, Turk Wendell, in piedi fuori dalle porte d’ingresso.
“Pensavo fossi a guardia dello sfidante, Turk,” disse Louie. “Che ci fai qui fuori?”
“Il manager mi buttò fuori, amico,” rispose Turk. “Disse che a nessuno era permesso entrare mentre quello si stava allenando.”
Scuotendo la testa, Louie disse: “Vieni con me, amico.” Aprì la porta e si diresse verso gli spogliatoi. Turk lo seguì. Quando raggiunse la stanza assegnata allo sfidante, Louie aprì la porta. Lo sfidante era sdraiato su un lettino mentre il suo allenatore gli faceva un massaggio. Il suo manager era seduto su uno sgabello a qualche metro di distanza. Louie simulò una 'pistola' con la sua mano e la puntò verso lo sfidante.
“Bang. Sei morto, amico.”
Il manager, Chuck Simons, balzò in piedi e si diresse verso Louie.
“Che diavolo stai facendo qui dentro?”
“Simons, sei un pazzo. Avrei potuto essere uno sconosciuto per strada, venire qua con una pistola e risparmiare al campione un combattimento. Tu mandi via il mio uomo e non hai nessuna protezione. Non credo che un pugno possa fermare una pallottola.”
“Cosa può fare il tuo uomo, Washington? Prendersi una pallottola al posto del mio pugile?”
“Se è necessario, puoi scommetterci il culo. Siamo pagati per questo.”
Lo sfidante, Mike Swanson, si tirò su e disse a Louie: “Amico, non ho bisogno di un idiota cagasotto che tenti di evitare che io sia colpito. Non mi piaci, Washington. Sei una checca.”
Diventando improvvisamente molto secco e chiaro nel suo linguaggio, Louie disse: “Scusami? Checca?”
Solo Turk si accorse che Swanson aveva fatto seriamente incazzare Louie.
“Sei una grande vecchia checca. Un cagasotto figlio di puttana.”
“Forse ti piacerebbe esprimere questo giudizio in un altro luogo, Swanson? Sul ring, magari, per cinque riprese?”
“Fatti sotto, figlio di puttana. Ti picchierò tanto che neppure la tua mamma ti riconoscerà.”
“Dammi cinque minuti per trovare dei guantoni, Swanson.” A Simons disse: “Preparati, amico. A quanto pare dovrò mettere al tappeto quel fenomeno. Ti sei trovato un avversario per allenarti. Turk, resta con questo figlio di puttana ignorante, va bene?”
Louie uscì dalla stanza per cercare dei guantoni da boxe.
Dexter entrò nella palestra del liceo che ospitava la mostra canina e trovò il suo principale collaboratore, Charlie Li, mentre era rimproverato da una donna piuttosto grossa con i capelli a tinta blu. Accanto alla donna stava seduto un bulldog inglese. Il bulldog stava ansimando e sembrava molto felice.
“E inoltre,” disse la donna dai capelli a tinta blu, “che tipo di addetto alla sicurezza sei tu? Voglio sapere come il mio cane si è ubriacato, e lo voglio sapere subito!”
“Mi scusi,” disse Dexter. “Che cosa sta succedendo?”
Capelli blu squadrò Dexter da cima a fondo. “Si può sapere chi è lei?”
“Mi chiamo Dexter Beck. Sono il responsabile della sicurezza per questa mostra.”
“Beh, ho alcune cose da dirle,” disse lei.
Dexter alzò una mano. “Solo un momento, per favore. Charlie, le telecamere sono tutte in funzione?”
“Devo ancora installarne due in palestra, e la telecamera per la zona del canile.”
“Allora non voglio trattenerti.”
Charlie annuì quasi con sollievo. “Sì, signore.” Se ne andò.
Il bulldog si alzò, ondeggiando leggermente.
Dexter si rivolse a Capelli blu. “Ora, qual è il problema, signora?”
“Qualcuno ha dato della birra al mio esemplare di bulldog inglese, Mr. Beck. Ora ho un cane ubriaco, e voglio sapere cosa farete al riguardo!”
“Beh, signora, posso...” Dexter smise di parlare e abbassò lo sguardo.
Il bulldog gli stava pisciando sulla gamba.
“Guarda qui, Misty,” disse Joey, che stava leggendo gli interrogatori della polizia condotti tra i residenti della zona.
Lei osservò quello che lui stava leggendo.
“Almeno due vicini segnalarono una Cadillac parcheggiata di fronte all’edificio con il motore acceso,” disse. “La descrivono come modello recente, blu scuro o nero, con vetri oscurati.”
“Numero di targa?” chiese lei.
Joey lesse. “No. Ma molte volte la gente vede cose che non ricordano sul momento, ma che rimangono nella loro memoria. Penso che dovremmo parlare con queste persone.”
“Andiamo, allora.”
Uscendo, dissero a Jessica dove stavano andando, e che potevano essere contattati ai loro cellulari in caso di bisogno.
“Avvertirò i giornali,” scherzò Jessica.
Mentre scendevano in ascensore, Joey attivò il suo cellulare.
“Chi stai chiamando?” chiese Misty.
“Hank. Voglio che presti attenzione a qualsiasi nuova faccia ispanica.”
Hank era Hank McFeely. Hank possedeva un bar sulla Valle delle puttane, chiamato “McFeely's”. McFeely's, generalmente chiamato nella via “McFeelme’s” (“McToccami”), era un posto da duri che serviva superalcolici ai clienti più tosti, e aveva la nomea di poter fornire quasi tutto quello che una persona potesse cercare. Lì scoppiavano puntualmente delle risse.
Qualcuno rispose al telefono. “McFeely's.”
“Hank?”
“Sì.”
“Sono Joey Justice. Come stai?”
“Joey, razza d’idiota! Sto benissimo. È bello sentirti!”
“Hank, ho bisogno di un favore.”
“Dimmi, Joey.”
“Potresti tenere gli occhi aperti su eventuali nuovi avventori ispanici che dovessero spuntare nel tuo bar?”
“Divertente che tu lo chieda. Ne ho ospitato un paio qui nelle ultime tre sere. Hanno sempre occupato un separé, se ne sono stati per conto loro e hanno bevuto bicchieri di rum.”
“Creano problemi?”
“No, come ti dicevo, se ne stanno per conto loro. Però li ho visti da vicino. Hanno uno sguardo crudele e so che hanno sempre addosso delle armi.”
“Fammi un altro favore, Hank. Se si fanno vedere stasera, chiamami subito, d'accordo?” Diede a Hank il suo numero personale di cellulare.
“Lo farò, Joey.”
Riattaccarono.
L’ascensore si aprì sul garage dei dipendenti e la coppia se ne uscì. Ognuno dei soci aveva una berlina Nissan di quell’anno per uso personale. Ognuna delle berline era fornita di pneumatici a prova di foratura, vetri antiproiettile e una blindatura sufficiente a resistere alla maggior parte delle armi leggere. La coppia ne scelse una e lasciò l’edificio della Sicurezza.
Mentre viaggiavano, si tenevano per mano e parlavano di cose che non riguardavano gli affari. La coppia era profondamente innamorata, e lo era da quando si erano conosciuti al college. Parlavano spesso di matrimonio, ma nessuno dei due aveva fretta... anche se entrambi sapevano che non ci sarebbe mai stata un’altra persona per entrambi.
Quando giunsero al condominio sulla Quarta Strada, Joey parcheggiò la Nissan e si rivolse a Misty.
“Ecco cosa penso, piccola,” disse. “Interroghiamo i testimoni che videro la Cadillac. Se non riescono ancora a ricordare granché dell’auto, diremo loro che a volte la mente memorizza più informazioni di quelle che può recuperare a livello cosciente. Poi chiederemo loro se gli dispiacerebbe sottoporsi all’ipnosi, per controllare nel caso ricordassero più dettagli. Ti convince?”
“Fantastico.”
“Furbacchione.”
“Sì, ma io sono il tuo furbacchione.”
Uscirono dall’auto. Joey premette il pulsante di protezione sul suo portachiavi. Se l’auto fosse stata manomessa e l’allarme non fosse riuscito a spaventare chi l’aveva manomessa, dopo trenta secondi questo dispositivo avrebbe elettrificato l’esterno dell'auto con una carica di cinquantamila volt e disattivato completamente il sistema di accensione.
“Chi stiamo cercando?” chiese Misty mentre entravano nell’edificio.
“Il signore e la signora Vincent Bercik. Sono al primo piano - appartamento cento e uno.”
Raggiunsero l’appartamento. Misty bussò. Dopo un momento, udirono uno scalpiccio dietro la porta e capirono che erano osservati attraverso lo spioncino della porta.
“Chi è?” arrivò una voce flebile dall’interno dell’appartamento.
Joey avvicinò il suo biglietto da visita allo spioncino. “Joey Justice e Misty Wilhite. Siamo della Sicurezza di Justice. Vorremmo parlare con lei per un momento, se possibile.”
“Può spostare il biglietto da visita?” disse la voce.
Joey spostò il biglietto da visita e guardò direttamente lo spioncino. Dopo un momento, sentirono diverse serrature che erano sbloccate e la porta si aprì. Una signora anziana attendeva sulla porta.
“È davvero lei!” disse. “La vidi sul telegiornale due mesi fa!”
Joey sorrise leggermente. “Me lo ricordo. Il telegiornale di Canale Sette, vero?”
“Certo che sì! E come ha detto che si chiama questa bella signora?”
“Lei è una dei miei soci, Misty Wilhite. Lei è per caso la signora Bercik?”
“Sì, sono io. Non volete entrare?”
“Grazie, signora,” disse Misty con un sorriso.
Misty e Joey entrarono nell’appartamento. Le pareti erano coperte di fotografie, molte delle quali erano in bianco e nero o a colori sbiaditi. Soprammobili e cornici coprivano ogni superficie disponibile. Mobili vecchi, ma dall’aspetto accogliente, occupavano il soggiorno. L’appartamento sapeva di chiuso e di muffa, come se fosse stato a lungo senza aria fresca.
“Non vorreste sedervi, per favore?” chiese la signora Bercik.
“Grazie, signora Bercik,” disse Joey.
Joey e Misty si sedettero sul divano. La signora Bercik si sedette su una poltrona comoda all’aspetto.