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Inviolata
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Inviolata

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Feci loro un sorriso esageratamente dolce e feci cenno con un dito ai due piantagrane di seguirmi. Fitz–per quanto arrogante sembrasse–in realtà sembrava nervoso per quello che gli aspettava. Camminai davanti a loro, fuori dalla fresca aria condizionata della Creator Hall, nella umida aria esterna. Non mi guardai indietro per vedere se mi stessero seguendo ma li potevo sentire sussurrare dietro di me. Non ero in grado di sentire quello che stavano dicendo. Sentii solo occasionalmente Fitz sibilare al suo amico di chiudere la bocca.

Mi fermai quando arrivammo al fienile che stava a circa duecento metri dalla sala principale. Aprii le ampie porte rosse del fienile e feci cenno di entrare. Come previsto, mio padre era dentro, circondato dalla sua collezione di attrezzi, scope e ramazze. Sembrava stesse cercare di sistemare una grossa ruota metallica. Le sue mani erano luride, e notai una macchia nera di grasso sulla sua guancia sinistra.

“Ehi, papà,” lo chiamai allegramente mentre mi dirigevo verso di lui. Lui sorrise quando mi vide, evidenziando ancora di più le sue rughe sul suo volto abbronzato.

“Cadence! Come stai, ragazza? Sopravvissuta al primo giorno?”

“Chiedimelo domani. Non è ancora finito,” scherzai.

“Dillo a me. É solo il primo giorno e già ho una carrucola di una delle tende del palcoscenico che si è rotta. Tua mamma era pronta per essere già legata.”

“Sono sicura che poi mi racconterà tutto,” dissi ridendo. “L’altra sera a cena ti ho sentito dire che eri un po’ a corto di personale quest’estate. Sono venuta a offrirti un po’ di aiuto. Vorrei che tu incontrassi Fitzgerald Quinn e Devon Wilkshire. Ho pensato che i lavori di manutenzione sarebbero una scelta perfetta per loro. Sono sicura che avrai parecchio lavoro per tenerli occupati.”

E di questo ne ero certa. Mio padre era fantastico e io lo amavo profondamente ma era un tipo che non perdeva tempo. Dopo tutto era il capo carpentiere di tutti gli edifici del campeggio. Era il suo sudore che rendeva fattibili le visioni di mia madre. C’erano ben pochi dubbi che avrebbe fatto in modo che quei ragazzi avrebbero finito l’estate con ben più di qualche callo sulle mani. Se fossi il tipo di ragazza che scommetteva avrei scommesso che anche Fitz e Devon lo sapevano. Potevo sentire le loro occhiatacce senza aver bisogno di guardarli.

“Sono sicuro che avrò ben più di un po’ di lavoro per tenere occupati questi ragazzi!” disse ridendo mio padre. Girandosi verso Fitz e Devon, si pulì con uno straccio il grasso dalle mani prima di allungarle per stringere le loro. “Piacere di conoscervi. Sono Jameson Riley, ma tutti qui mi chiamano signor Jimmy. In che alloggio staranno i ragazzi?”

Devon e Fitz si girarono verso di me con aria interrogativa.

“Oh, non ve l’ho detto?” chiesi con finta innocenza. “Siamo al completo quest’anno, perciò starete qui, nel solaio del fienile.”

Sorrisi e girai I tacchi, lasciando entrambi fissarmi sbalorditi mentre me ne andavo.

3

Fitz

Incazzato da morire, gettai il mio borsone sul materasso nel solaio del fienile. Chiamarlo materasso era una forzatura. Era in realtà una grossa imbottitura distesa sopra un paio di balle di fieno. Sì, fieno. Stavo per dormire come un dannato aiutante di una fattoria. In un certo senso lo ero. Solo che non ero pagato per stare lì.

“Questa è colpa tua,” aggredii Devon. “Avresti potuto tenere la tua bocca chiusa, ma no. Hai dovuto fare il cazzone e ora quella pollastra ci tiene sotto tiro. Voglio dire, ci ha fatto diventare dei fottuti manutentori!”

Mi fece un cenno con la mano mentre tirava fuori poche cose dalla sua borsa.

“Io? Credo che tu l’abbia fatta incazzare per primo quando l’hai chiamata dolcezza. Seriamente, amico. Hai visto la sua faccia?”

“Già, probabilmente non avrei dovuto farlo,” ammisi.

“Rilassati. Questa sera non è andata così male. Tutto quello che ci ha fatto fare il signor Jimmy è stato spazzare la sala principale. A che altro poteva assegnarci la signorina coi pantaloni Cadence? Pensavi che ci avrebbe incaricati di insegnare ballo?”

“Già, certo,” dissi ridendo. L’idea era ridicola. “Onestamente, forse hai ragione. Hai sentito il curriculum di quella ragazza, Sophie? Non ci avrebbero assegnato a nessuno degli studenti di questo posto. Non sappiamo nulla di queste stronzate artistiche. Solo i migliori insegnano qui.”

“Oh, già. Sophie era decisamente il meglio. Il tipo che mi fa desiderare di essere assegnato come maestro di danza. Non mi dispiacerebbe che ballasse attorno al mio uccello.”

Alzai incuriosito un sopracciglio.

“Cosa è successo alla suonatrice di flauto? Non era vecchia abbastanza?”

“Oh, diavolo no. Ti ho detto che non avrei fatto quell’errore. Non l’hai vista all’incontro dei capi del campeggio? Si chiama Jessica e ha vent’anni. É alla sua seconda estate di insegnamento qui. É con i musicisti,” mi disse. Fece un sorriso subdolo e aggiunse, “sto per andare a incontrarla fra pochi minuti.”

Sogghignai.

“Porterà il flauto?”

“Spero di sì,” disse Devon alzando le sopracciglia.

Scossi la testa e risi.

“Ti muovi in fretta, amico. Divertiti.”

“Perché non vieni con me? Forse ha un’amica.”

“No, va’ avanti. Credo che andrò in bagno a farmi una doccia.”

“Non fare la fighetta. Vieni con me,” insistette Devon. Per un attimo considerai l’idea di andare con lui. Se la sua suonatrice di flauto avesse avuto un’amica, un po’ di compagnia femminile avrebbe potuto distrarmi dalla misera situazione in cui ero finito. Il problema era che non volevo una donna qualsiasi a farmi compagnia. Ne volevo solo una.

Cadence.

Non avevo idea del motivo per cui la volevo. Era una rompipalle, una pignola sotuttoio. Se la sua rigida postura rispecchiava in qualche modo quello che aveva dentro, avrei detto anche puritana.

Era anche off limits. Il frutto proibito.

Solo che non riuscivo a smettere di pensare a lei. Non aveva senso, non era neppure il mio tipo.

Diedi un’occhiata a Devon che stava indossando un paio di mocassini di pelle. Ebbi il desiderio di dirgli quello che stavo pensando su Cadence–la ragazza il cui profumo di vaniglia era come una droga che non avrei mai voluto mai smettere di annusare–ma quando parlai non fui in grado di descrivere quello che stavo pensando.

“Da quel che ha detto il signor Jimmy, si aspetta che ci presentiamo da lui alle sei domattina,” dissi invece. “Voglio andare a letto con le galline stasera.”

Devon scoppiò a ridere.

“A letto con le galline! Non avevo mai capito quell’espressione fino a oggi!”

Lo guardai confuso fino a quando vidi cosa stava indicando Devon. Seguii il suo dito puntato verso la balla di fieno che sarebbe stato il mio letto per i prossimi tre mesi. Allora capii e sogghignai.

Fottutamente ridicolo.

Nonostante la risata isterica di Devon, non lo stavo trovando per nulla divertente. Mi sembrava di essere in una versione moderna di Quella fottuta casa nella prateria.

“Non fare tardi amico,” lo avvisai, “non mi prenderò la responsabilità di buttarti giù dal letto domani mattina.”

“Sì, sì. Non essere geloso perché io entro in azione il primo giorno mentre tu resti seduto qui come un idiota,” disse mentre iniziava a scendere la scala. “Ci becchiamo dopo.”

Guardai la testa di Devon scomparire per la scala e sospirai. Oggi era stata una lunga giornata difficile. Ero accaldato, sudato e mi sentivo uno schifo. L’idea di una doccia non mi era mai sembrata così buona. Aprendo la mia sacca, presi i miei articoli per la toeletta e un paio di pantaloni da ginnastica puliti, misi tutto in una borsa più piccola con i lacci e seguii le orme di Devon lungo la scala.

Dopo essere uscito dal fienile, mi guardai attorno. Era silenzioso. Molto silenzioso. Gli insetti ronzavano nei grossi alberi che abbracciavano la notte immobile, e il rumore dei grilli era l’unico che si poteva udire. Era un contrasto netto con tutto il trambusto che c’era stato durante l’ora di cena. Studenti impazienti si erano ammassati nella Creator Hall, comportandosi come se non mangiassero da settimane, attaccando il loro pasto come fossero avvoltoi. Quando io e Devon eravamo arrivati lì per mangiare era rimasto ben poco. Imparammo subito che avremo dovuto presentarci prima se volevamo avere qualche speranza di recuperare qualcosa di commestibile.

Ora sembrava che gli studenti fossero andati tutti a dormire anche se non erano neppure le dieci. Non mi importava. Almeno avrei fatto una doccia in tranquillità.

Quando entrai in bagno, non era per nulla come me l’ero aspettato. Forse pensavo di trovare qualcosa di simile al mio alloggio per la notte, ma era più in linea con l’apparenza moderna della Creator Hall. Piastrelle di ceramica sul pavimento e sulle pareti, gli impianti argentati sembravano come se fossero appena stati puliti a fondo. La parete alla mia destra aveva degli scaffali pieni di asciugamani di vari colori mentre la parete adiacente aveva un lungo specchio orizzontale e un ripiano con almeno venti lavandini singoli. Davanti c’era una stanza separata che pensai fosse dedicate alle docce. Dopo aver preso un asciugamano mi diressi in quella direzione.

Venti minuti più tardi mi ero fatto la doccia e avevo indossato un paio di pantaloni da ginnastica senza preoccuparmi di mettermi una maglietta. Si sarebbe probabilmente riempita di sudore una volta uscito. Non aveva importanza che il sole fosse tramontato, di notte faceva ancora un caldo infernale. La leggera brezza che avevo sentito in precedenza se n’era andata, facendo sì che l’aria stagnante diventasse ancora più umida e appiccicosa.

Mentre mi avvicinavo alle porte del fienile, rallentai i miei passi. Non avevo voglia di andare a dormire di già. Mi sentivo irrequieto per qualche motivo. Forse era la tranquillità della notte buia. Non ci ero abituato. Avendo passato gli ultimi quattro anni alla Georgetown University, il campus era sempre movimentato per un motivo o per l’altro, specialmente nei dormitori. Cominciai a rimpiangere di non essere andato con Devon. Almeno mi avrebbe dato qualcosa da fare.

D’impulso gettai la mia borsetta dentro le porte del fienile. Volevo esplorare il posto e capire veramente dove ero finito quell’estate. Il campeggio era circondato da boschi. Ci dovevano essere dei sentieri di qualche tipo. Ne presi uno sperando che mi portasse al limite del campeggio.

Mentre camminavo superai numerosi cottage. Tutti avevano nomi artistici come chalet del clarinetto e focolare dell’armonia. Anche il sentiero su cui camminavo si chiamava via degli acquerelli. Pensai che a qualcuno sarebbe sembrato affascinante. A me sembrava solo noioso. Non era che non apprezzassi quelli che avevano quel talento. Diavolo, la mia matrigna numero tre era solita trascinarmi al Kennedy Center a Washington a vedere spettacoli più volte di quante potessi ricordare. Anche se non lo avevo mai ammesso con lei, in realtà mi erano piaciute le commedie e i musical che avevo visto. Era una fuga dalla realtà– anche se solo per poche ore. Tuttavia, guardare era una cosa. Essere nel mezzo di una produzione era qualcosa di completamente differente e decisamente non faceva per me.

Una volta che raggiunsi il limite del campeggio, un brivido di eccitazione mi percorse tutto il corpo quando vidi un sentiero di terra che si dirigeva nei boschi. Non era molto largo e si stringeva nelle zone dove erano cresciuti I cespugli. Tuttavia, sembrava fosse ancora in uso. Ero in grado di vedere dove le piante erano state calpestate di recente. Prendendolo come un buon segnale, proseguii.

Il sentiero era tortuoso e in discesa ma relativamente corto. Fortunatamente c’era la luna piena che faceva luce a sufficienza attraverso gli alberi in modo da poter vedere dove stavo andando. Dopo circa una decina di minuti di cammino, raggiunsi la base della collina. Gli alberi si aprirono per mostrare una ampia radura piatta con un lago piuttosto grande in mezzo. La luna si rifletteva come uno specchio sulla superficie del lago rimandando l’immagine delle querce e dei pini che lo circondavano. Mi guardai attorno aspettandomi ti trovare altri edifici con nomi artistici, ma non ce n’era nessuno. L’unica struttura era un piccolo molo proprio davanti a me.

Jackpot.

Il posto era semplicemente incredibile. Presumendo che mi fosse concesso del tempo libero, lo avrei passato qui. Avrei potuto renderlo il mio rifugio, una sorta di tregua prima di dover tornare alla realtà che sarebbe stata la mia vita a settembre.

Una fitta di paura mi colpì quando pensai al futuro che mio padre aveva già deciso per me. L’ultima volta che l’avevo visto, la conversazione era stata difficile. Non avevo scelta. Aveva decisamente le mie palle tra le sue mani. Le sue parole prima di separarci risuonarono nella mia mente.

“Renderemo pubblica la notizia una volta che avrai scontato la pena. Grazie al cielo siamo riusciti a tenerlo fuori dai documenti. La tua assenza avrà una spiegazione semplice. Diremo a tutti che sei stato via in missione volontaria per lavorare con I bambini. La stampa se lo berrà. Poi diremo, una volta che sarai ritornato, che non vedi l’ora di cominciare la fase successiva della tua vita. La data è già stata decisa. Tutto verrà pianificato mentre sarai via. Hai tre mesi. Non rovinare tutto nel frattempo.”

Chiusi gli occhi e scossi la testa. Cercando di allontanare I pensieri, feci pochi passi in avanti verso il molo.

Mi fermai subito quando sentii un fruscio alla mia sinistra. Una striscia dorata saettò dal limitare del bosco a circa cinquecento metri di distanza. Si diresse verso il molo prima di fermarsi sul limite. Era un cane, un golden retriever per la precisione. Stava guardando indietro dal posto dove era venuto, scodinzolando nell’attesa. I miei occhi si diressero verso il punto che stava guardando il cane.

E fu in quel momento che la vidi.

“Dahlia, aspettami tesoro!”

Cadence uscì dal bosco corricchiando, I suoi capelli dorati brillavano alla luce della luna. La sua mano era stretta attorno alla maniglia di una specie di scatola rettangolare ma non fui in grado di capire esattamente cosa fosse.

Non so perché ma andai nel panico. Era come se temessi di essere stato colto in fallo anche se non avevo fatto nulla di male. Arretrai di qualche passo fino a raggiungere il sentiero. Nascondendomi nella foresta, mi acquattai dietro a un albero e sbirciai.

Quando Cadence raggiunse il molo, il cane cominciò a correre impazientemente attorno alle sue gambe mentre lei metteva la scatola sulle assi di legno sotto i suoi piedi. Allungò il braccio e grattò il cane dietro alle orecchie, poi prese un bastoncino dalla tasca posteriore dei suoi short in jeans. Scherzò con il cane per un momento o due, facendolo abbaiare e saltare. La sentii ridere, un suono musicale e melodioso, prima di lanciare il bastoncino nel lago. Il cane fu come un fulmine, saltando dal molo nel lago con un forte tonfo, disturbando la quiete della notte.

Guardai il cane tra le acque increspate per un momento prima di rivolgere di nuovo la mia attenzione a Cadence. Era piegata sulla scatola ai suoi piedi. Un secondo più tardi la musica cominciò a suonare. Fu allora che mi resi conto che la scatola che aveva portato era un Boombox. Non pensavo che la gente li usasse ancora. Dalle dimensioni, doveva essere un modello vecchio. Il suono degli U2 uscì dagli altoparlanti, la musica si diffuse nell’aria immobile.

Il cane ritornò e la coppia continuò a giocare. I miei occhi rimasero incollati a Cadence. Non riuscivo a smettere di guardarla. Solamente vederla mi faceva mancare l’aria. Ero ipnotizzato.

I suoi capelli erano ancora raccolti in cima alla sua testa in quel nodo disordinato. Per il modo in cui la luce della luna risplendeva dietro di lei potevo vedere alcune ciocche cadere attorno al suo volto, creando un effetto aureola. La sua maglietta bianca era incollata al suo corpo, infilata nella cintura dei suoi short. Era stupenda. Meravigliosa. E così incredibilmente sexy. Il tutto generò una scossa di lussuria attraverso le mie vene, facendo rizzare il mio pene. Nessuna ragazza mi aveva mai provocato una reazione del genere.

A sorpresa allungò la mano verso il bordo della sua maglietta e la tirò sopra la testa. Un soffio d’aria uscì dai miei polmoni e le mie palle si indurirono. Quando si piegò per togliersi gli short, imprecai sottovoce.

“Merda!”

L’ultima cosa di cui avevo bisogno era quella di essere preso come un guardone. Dovevo assolutamente andarmene da lì; tuttavia, feci una pausa quando mi resi conto che stava indossando un bikini sotto I vestiti. Incapace di distogliere I miei occhi da lei, il mio sguardo viaggiò attraverso le forme delle sue curve, completamente estasiato mentre la vedevo muoversi verso il bordo del molo. Sollevando le braccia sopra la sua testa si tuffò nell’acqua e scomparve dalla mia vista.

Pochi momenti più tardi riemerse e nuotò verso il limite dell’acqua. Una volta raggiunta uscì e tornò sul molo. Il cane la seguì scodinzolando e con il bastone in bocca in ansiosa attesa di un altro lancio.

Sentii Cadence ridere.

“No, Dahlia. Basta per questa sera.”

Sembrava che la loro breve visita al lago stesse per finire e capii che era il segnale che me ne andassi. Non volevo che lei per caso mi trovasse. Avrebbe probabilmente pensato che fossi un pazzo guardone.

Mi allontanai dal mio nascondiglio dietro all’albero e mi avviai lungo il sentiero. Proprio mentre me ne stavo per andare sentii un debole urlo subito seguito da un tonfo. Il cane cominciò ad abbaiare. Mi girai, ma non riuscii a vedere Cadence da nessuna parte. L’unica cosa che vidi furono le increspature dell’acqua alla luce della luna.

É caduta nell’acqua? O è saltata di nuovo?

Aspettai che tornasse in superficie. Passarono i secondi ma sembrarono dei minuti.

Cadence non c’era. Il cane continuava ad abbaiare.

Merda.

Senza pensare, corsi verso l’acqua. Mi tolsi frettolosamente I miei sandali in pelle e corsi verso il bordo del lago. Il cane mi vide e il suo abbaiare divenne folle e protettivo. Cominciò a inseguirmi nell’acqua ma la ignorai. Una volta che l’’acqua raggiunse la mia vita mi tuffai e cominciai a nuotare verso la zona dove avevo visto l’acqua incresparsi.

Cominciai una ricerca inutile. Non riuscivo a vedere nulla. Solo oscurità. Ombre danzavano mentre i raggi della luna erano interrotti dalla corrente che facevo a ogni bracciata. Cercai di trovare il fondo del lago. Le mie mani si intrecciarono con il letto spesso di erbe e roccia. Non ci volle molto prima che cominciassi a essere confuso, mentre vecchie immagini si annodavano al presente, annebbiando la mia visione e disorientandomi.

Una piscina.

Un paio di occhi spalancati e di arti rigonfi.

Le urla.

La polizia.

Mi colpì tutto all’improvviso, I ricordi cominciarono a tormentarmi fino a quando persi completamente l’orientamento. Non ero nemmeno sicuro di essere più nel posto giusto, sapevo solamente che dovevo trovarla. I polmoni cominciarono a pungere–avevo bisogno di aria subito.

Tornai velocemente in superficie per respirare e mi guardai attorno. Ero vicino al bordo del molo e al punto dove avevo visto lo spruzzo.

Prendendo un altro profondo respiro mi immersi di nuovo. Era tutto quello che potevo fare per evitare che il panico avesse ragione di me.

Mi feci spazio nell’acqua per quelli che sembrarono secoli prima di tornare di nuovo in superficie. Il mio cuore stava battendo all’impazzata e mi stava mancando sempre di più il fiato mentre provavo a respingere i miei timori. Rimasi sul posto per un paio di secondi prima di decidere di nuotare verso una zona meno profonda. Una volta che sentii i miei piedi toccare il fondo fangoso urlai con voce rauca, “Cadence! Cadence!”

Sentii una forte inspirazione sopra di me e guardai verso l’alto.

“Cosa stai facendo qui?” chiese Cadence. Era sul molo sopra di me, il volto inorridito e accusatorio.

Il sollievo mi inondò prima di essere sostituito velocemente dall’imbarazzo. A lei–con le braccia agitate nel lago e il modo in cui urlavo il suo nome chiaramente allarmato–dovevo essere sembrato un completo idiota. Avrei dovuto aspettare un po’ di più che lei riemergesse. Invece avevo agito d’impulso, permettendo stupidamente che le mie paure del passato avessero la meglio su qualsiasi tipo di pensiero razionale.

Invece lei era in piedi. Stava perfettamente bene, sul molo asciutto e non era affogata nel fondo del lago.

Sono un completo imbecille.

Cercando di recuperare un minimo di dignità, la guardai direttamente e cercai di sembrare il più tranquillo possibile.

“Sono andato a fare una passeggiata e sono finito qui. Pensavo fossi caduta,” le dissi alzando le spalle. In più le lanciai un sorrisetto impertinente anche se non ne avevo nessuna voglia. Quando i miei occhi andarono verso il suo diaframma nudo, lei sussultò di nuovo. Incrociando le braccia sul suo corpo indietreggiò fino a scomparire dalla mia vista.

Maledizione.