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Il Fiume Di Gennaio
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3

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Il Fiume Di Gennaio

«La neve?» rispose a Beatriz «sì ho sentito che sono previste nevicate in tutto il nord Italia. Speriamo bene. Alla peggio mi fermo a Lisbona che è una città che ha per me un gran fascino, soprattutto dal punto di vista fotografico».

«Per carità» replicò la biondina «ho una riunione importante nel pomeriggio a Milano e non posso assolutamente mancare.»

Passando al portoghese e chiamando la sua vicina meu bem Estela dichiarò che a Lisbona non era mai stata, ma che aveva un'amica portoghese che l'aveva invitata un sacco di volte e magari poteva fermarsi un giorno e farle visita. Le avevano detto che si mangiava bene, soprattutto il bacalhau. «Però parlano ben strano» aggiunse «sembra che si mangino le parole, e poi sono sempre così seri!»

Effettivamente - ragionò Federico - tra i Portoghesi e i Brasiliani c'era un bella differenza. Bastava pensare alla loro musica, Fado contro Samba. Pian piano però il modo di vivere brasiliano stava affascinando i portoghesi. Le telenovelas brasiliane erano molto seguite in Portogallo. I colonizzati che diventavano colonizzatori. Era un po' come aveva studiato a scuola a proposito dei greci che, conquistati militarmente dai romani, li avevano poi a loro volta conquistati culturalmente. Si ricordava ancora la frase latina che aveva studiato a scuola: Grecia capta ferum victorem cepit. Pensava quasi di fare sfoggio della sua cultura classica per sbalordire le ragazze, ma probabilmente avrebbe solo fatto la figura del vecchietto pedante. Coi giovani bisogna cercare di usare il loro linguaggio, senza esagerare però. Pensava agli sms che gli mandava sua figlia Olga: xau per dire ciao, agr per dire ora (agora) dp per dire dopo (depois) pv per dire per te (para você). Lui si era sempre rifiutato di adeguarsi e per questo la figlia lo prendeva un po' in giro.

Dopo la fuga di Luma i suoi contatti con la figlia per un certo periodo erano stati veramente sporadici. Crescendo però Olga chiedeva sempre del padre e Luma non si era opposta al fatto che si vedessero. Per questo Federico andava spesso in Brasile e aveva invitato qualche volta la figlia a venire in Europa. Due giorni a Milano e il resto della vacanza a Mentone. Conoscendo l'amore della figlia per il mare ed il sole sapeva che a Milano si sarebbe annoiata. Ogni tanto si divertivano ad andare al mercato di Sanremo, sua città natale, dove gli era rimasto qualche amico dei tempi della scuola. D'estate andavano in giro con il suo gommone e aveva cominciato anche ad insegnarle ad andare sott'acqua con le bombole. Finalmente avevano trovato una passione in comune, e questo li aveva fatti sentire più vicini.

Infatti Federico era istruttore sub e ogni anno, con un gruppo di amici, faceva un viaggio in mari lontani. Si divertiva anche a fare foto subacquee, ma esclusivamente per il proprio piacere: non erano in vendita.

Distratto dai suoi pensieri Federico si accorse tardi che Estela gli stava ancora parlando di Lisbona e della sua amica. Per fortuna l'arrivo degli assistenti di volo con la cena lo dispensò dall'obbligo di rispondere.

Il cibo non era poi così male, considerando il fatto che si trovavano nella classe economica, e gli alcolici erano gratuiti. Dopo cena si concesse un whisky, nella speranza che lo aiutasse a prendere sonno. Il film che proiettavano era una commedia americana demenziale e si rifiutò di vederla.

Estela dopo cena si coprì con il piumino, mise gli auricolari nelle orecchie, la mascherina sugli occhi e si addormentò di botto, russando leggermente.

Beatriz appariva nervosa, tentava di leggere un libro sul tablet, ma si vedeva che non riusciva a concentrarsi sulla lettura.

«Anche lei fa fatica a dormire?» le chiese Federico nel tentativo di fare un po' di conversazione. Non voleva sembrare invadente, temeva di essere mal interpretato, ma la sua vicina aveva un viso interessante ed un'aria intelligente e gli sarebbe piaciuto conoscerla meglio.

«No, sono solo preoccupata per questa notizia della neve a Malpensa.» rispose Beatriz alzando i suoi occhi azzurri e accennando un timido sorriso «Come ho detto devo assolutamente essere a Milano entro domani pomeriggio»

«Posso chiederle che lavoro fa, se non sono indiscreto?»

«Mi occupo di private banking» rispose Beatriz «insomma di investimenti e di Borsa»

«Allora magari può darmi qualche consiglio, io con la Borsa ho sempre avuto un pessimo rapporto e da un po' ne sto alla larga»

«Guardi è semplicissimo, basta comprare quando i titoli sono bassi e poi rivenderli quando salgono»

Federico non riuscì a trattenere una risata e pensò che, nonostante l'apparente timidezza, la biondina sapeva anche essere spiritosa.

«Ovviamente scherzavo» continuò la ragazza «non è facile investire in Borsa, soprattutto in questi tempi di crisi. Ma non ci sono solo le azioni, ci sono molti altri modi per risparmiare senza correre troppi rischi. Attualmente però i tassi sono molto bassi.»

Federico ricordava che i primi anni in cui viveva in Brasile l'inflazione aveva raggiunto cifre da capogiro e i tassi di interesse di conseguenza erano pazzeschi. Era difficile lavorare in quelle condizioni e infatti l'agenzia che aveva creato a Rio aveva avuto problemi anche per gli interessi troppo gravosi che doveva pagare alle banche, mentre faticava a riscuotere dai clienti. Tempi veramente difficili.

Beatriz trovava gradevole conversare con quel signore gentile e simpatico. Magari riusciva a farlo diventare suo cliente, non si può mai dire.

Il suo compagno, Davide, era di tutt'altro genere. Un po' lunatico, alle volte anche prepotente, però quando era in vena era fantastico e c'erano dei momenti in cui lei si sentiva davvero innamorata. Chissà se sarebbe venuto a prenderla all'aeroporto. Sapeva che era a Londra per lavoro, ma doveva tornare proprio l'indomani. Alle volte sapeva anche essere piacevole, ma era comunque imprevedibile. Si faceva sempre perdonare perché era un bel tipo e sapeva di esserlo, al punto di essere quasi narcisista.

I primi tempi a Milano erano stati veramente duri. Non conosceva nessuno, era sempre sola, lavorava come una pazza e non le piaceva la città. L'unica proposta di uscire le era venuta da un collega, non solo bruttino, ma squallido di testa, con un modo di ragionare da travet che a Beatriz faceva orrore.

Poi aveva conosciuto Davide, che aveva curato una piccola campagna pubblicitaria per conto della sua banca. Era stata una paquera in piena regola, come dicevano dalle sue parti per indicare il corteggiamento. E lei era caduta come una pera matura, non aveva neppure tentato di opporre un rifiuto al primo sfacciato invito a uscire. E non solo, aveva trasgredito ad una regola che si era imposta e che aveva sempre osservato scrupolosamente: mai andare a letto al primo appuntamento. Insomma aveva fatto proprio la figura che non voleva fare. Apparire come una ragazza facile, proprio lei che invece aveva sempre tenuto i maschi a debita distanza. Ma era rimasta sola per troppo tempo e probabilmente quella sera il suo corpo produceva massicce quantità di estrogeni. Si aspettava poi una reazione tipo "una botta e via" invece Davide l'aveva cercata ancora e avevano cominciato a vedersi con una certa regolarità.

Mentre correva con il pensiero a quell'incontro accaduto ormai più di un anno prima, l'aereo cominciò a vibrare e poi a subire scossoni causati da vuoti d'aria. Il pilota annunciò la presenza di turbolenze, invitò i passeggeri a tornare ai propri posti e ad allacciare le cinture. A Beatriz venne spontaneo afferrare il braccio del suo vicino di posto. Non che avesse proprio paura, ma la presenza di un uomo al suo fianco la rassicurava. Federico considerò quel gesto normale in una persona che aveva forse un po' di paura di volare e non gli attribuì altri significati. La biondina poteva essere quasi sua figlia. Però il gesto parve rinforzare quel legame "spirituale" che si stava creando tra loro e Federico ne fu felice perché si era accorto che viaggiavano sulla stessa lunghezza d'onda.

Estela non si era accorta di nulla. Aveva bofonchiato un "qué pasa?" e si era rimessa a dormire. Doveva essere proprio stanca.

2

A molti chilometri di distanza l'account executive Davide Lamberti, in missione a Londra per conto della sua agenzia, stava gustando una birra doppio malto al Windsor Castle, uno dei più famosi e antichi Pub di Kensigton. L’atmosfera era quella tipica dei pub inglesi di una volta. Aveva ordinato Sausage and mustard mash, uno dei piatti tipici del locale. Era sera, aveva appena finito il suo lavoro lasciando tutti soddisfatti, e si sentiva euforico.

Se fosse riuscito ad andare a dormire presto magari avrebbe potuto prendere un volo di prima mattina per Malpensa, dove aveva lasciato il suo SUV. Non aveva ancora deciso se aspettare Beatriz, in arrivo da São Paulo in tarda mattinata. Si sarebbe posto il problema l’indomani. Adesso voleva rilassarsi, pensò mentre assaporava le sue salsicce di maiale con puré di patate. Stava ordinando un’altra birra quando si accorse della bionda che lo stava fissando. Era piuttosto prosperosa, una bonazza, come si diceva dalle sue parti. Aveva l’aria leggermente alticcia, ma non abbastanza da renderla sgradevole, tutt’altro. Emanava una certa sensualità, un po’ insolita per una inglese e comunque anche lui di birre se ne era fatte parecchie e pensava di finire la cena con un bel whisky di malto. D’altra parte quale luogo migliore per gustare una delle sue marche preferite?

Decise di avvicinarsi alla bionda e offrirle da bere.

Raramente gli era successo che filasse tutto liscio, di solito lo mandavano a quel paese o facevano le difficili o giocavano per un po’ prima di accettare. La donna invece non aspettava altro, accettò volentieri il drink e iniziò a parlare con una inflessione che Davide non seppe riconoscere.

Il suo inglese era discreto, riusciva a distinguere l’accento americano da quello inglese o lo scozzese dal cockney, il dialetto parlato a Londra, ma in questo caso non riusciva a classificare la sua interlocutrice. La donna, che doveva avere una quarantina d’anni o poco meno, disse di chiamarsi Caren o qualcosa di simile, di essere gallese e di essere titolare di una Real Estate, un’agenzia immobiliare. Era venuta a Londra per concludere una vendita e sarebbe dovuta andare a dormire da un’amica che viveva a Chelsea, ma non ne aveva molta voglia perché si sarebbe trovata in una situazione imbarazzante. L’amica stava con un tizio che non era neppure tanto simpatico ed a Caren non andava di fare il terzo incomodo. Mancava solo che gli dicesse che numero di scarpe portava – pensò Davide – e poi il quadro era completo.

Quasi senza accorgersene si trovarono a passeggiare nella neve che stava cadendo abbondantemente, nella inutile speranza di trovare un taxi libero. La ragazza aveva un cappottino striminzito che copriva a malapena le sue grandi tette e una minigonna che le lasciava le gambe scoperte. Trascinava un borsone che aveva l'aria di essere piuttosto pesante e Davide, che si chiedeva come facesse la ragazza a non sentire freddo, si offrì di portarlo. Lui indossava un piumino termico ultra moderno e stava appena bene così.

Se Caren fosse stata più sobria e avesse ragionato con razionalità probabilmente non avrebbe accettato l’invito di quell’italiano sconosciuto. Le sembrava però una persona a posto, non certo un maniaco ed era da parecchio tempo che lei non aveva rapporti sessuali. Aveva divorziato un paio di anni prima, non aveva figli e aveva quindi concentrato tutte le sue energie sul lavoro. Una piccola pazzia non avrebbe certo cambiato la sua vita.

La prime cose che aveva notato dell’italiano erano i capelli un po’ lunghi, neri, lisci e ben curati, l’eleganza e il suo modo di ridere: un ragazzo affascinante, ben diverso da quelli che conosceva nella sua città, che pensavano solo a ubriacarsi il sabato sera ed a parlare di sport.

Prima del previsto si ritrovarono in un’elegante stanza d’albergo, piccola ma ben ristrutturata e con un bel letto matrimoniale. Infreddoliti e stanchi si buttarono sul piumone come due naufraghi sfuggiti a una tempesta e sbattuti dalle onde su una spiaggia tropicale. Si baciarono con avidità. Si tolsero i vestiti velocemente. Caren sembrava una statua di marmo, bianca come il latte e con due seni che il reggiseno, anch’esso bianco, sosteneva a stento. Quando se lo tolse Davide rimase come abbagliato. Pensava ai sogni erotici della sua adolescenza, e avrebbe voluto affondare il suo viso in quelle montagne di carne, tornare neonato e farsi allattare da questa balia dagli occhi azzurri. Caren percepì l’eccitazione del suo partner occasionale, ne intuì il desiderio e si chinò su di lui, che la assecondò felice.

Lui pose una mano tra le cosce di lei, che si stavano inumidendo, alla ricerca dell'origine della vita, della sorgente da cui sgorgano tutti i piaceri del mondo. Da perfetti sconosciuti, forse aiutati dalla capacità disinibente dell’alcol, si esplorarono a vicenda, si accarezzarono, si toccarono nelle zone più nascoste alla ricerca di un godimento quasi tragico. Si spalancarono le porte del castello magico dove tutto è permesso e tutto è possibile, senza inibizioni o timidezze di sorta. Cavalcarono insieme attraverso le praterie del desiderio fino all’estremo, finché la spossatezza non li fece crollare in un sonno liberatore, nel completo abbandono del corpo e della mente.

Alle prime luci dell’alba, Davide si svegliò cercando inutilmente Caren al suo fianco. Sul comodino c'era un biglietto: “É stato bello, grazie. Non lo dimenticherò. Devo prendere un treno e non voglio svegliarti. Bye.” Non aveva lasciato un numero di telefono, probabilmente era sposata - pensò Davide – e temeva che lui avrebbe tentato in seguito di contattarla. Comunque aveva ragione, era stato veramente bello e l’idea che non l’avrebbe più rivista lo rattristò. Ma era talmente stanco, dopo la notte d'amore e le abbondanti libagioni, che si riaddormentò come un sasso.

Sul voloTP0074 intanto la maggior parte dei passeggeri dormiva. A parte Estela che non aveva mai neppur cambiato posizione, anche Federico e Beatriz si erano finalmente appisolati. L’aereo aveva raggiunto la quota massima di 10.700 metri e una velocità di quasi 900 km/h. I venti contrari avevano rallentato il volo per alcuni tratti e il comandante aveva previsto che sarebbero riusciti a recuperare il ritardo solo parzialmente.

L’annuncio della colazione svegliò tutti. Qualche passeggero corse in bagno, qualcuno si alzò per sgranchirsi le gambe, qualcun altro si affacciò al finestrino nella speranza di riuscire a vedere qualcosa, ma l’Airbus stava sorvolando l’oceano atlantico e il cielo era ancora scuro.

Dei tre vicini di poltrona, Estela era indubbiamente quella più sveglia. Cominciò a parlare, un po’ in portoghese e un po’ in italiano. Prese di mira soprattutto Federico, le interessava anche dal punto di vista professionale, sperava magari di farsi fare un bel book fotografico, visto che il suo ormai era un po’ invecchiato. A mente fresca le era venuto in mente che effettivamente l’aveva conosciuto durante una campagna pubblicitaria per una ditta di abbigliamento, ma in quell’occasione tra modelli e modelle erano una ventina e Federico non avrebbe potuto ricordare tutti. Si chiese se avesse un sito e si ripromise di controllarlo appena avesse avuto accesso a Internet. A parte le sue indubbie capacità professionali era comunque un tipo simpatico e le sarebbe piaciuto conoscerlo meglio. Avevano parlato poco, lei era troppo stanca, ma ora avrebbero fatto sosta a Lisbona e ne avrebbe approfittato per fare un po’ di conversazione. Sul volo Lisbona Malpensa avrebbero avuto sicuramente altri posti e poi non si sarebbero più visti.

Si decise quindi a chiedere al suo vicino se, una volta tornati a Milano, sarebbe stato disponibile a farle un book fotografico. La domanda colse Federico di sorpresa. In genere di queste cose si occupava la sua collaboratrice, Lorena, che curava anche il ritocco delle foto, oltre all’archivio. Lui teneva i contatti diretti con le Agenzie di pubblicità, che erano poi quelle che gli permettevano di campare più che dignitosamente.

«Ne possiamo parlare a Lisbona» rispose «poi ti do il mio biglietto che ho lasciato nel trolley.»

«Ci terrei proprio» continuò Estela senza immaginare che la sua esuberanza poteva magari non essere apprezzata da tutti «e magari potresti fare qualche foto anche a Beatriz.»

La paulistana arrossì impercettibilmente. Se c’era una cosa che detestava era quella di esporsi, di farsi notare. Figuriamoci se si sarebbe fatta fare delle foto! Anche se per Federico cominciava a provare una certa simpatia che sperava fosse reciproca, non si vedeva proprio a posare sotto i riflettori. Si sarebbe vergognata troppo. Fece quindi finta di niente e evitò di intervenire.

Anche Federico evitò di rispondere; intuendo l’imbarazzo della biondina cambiò discorso.

«Appena arrivati a Lisbona faremmo bene a informarci se l’aeroporto di Malpensa è funzionante. Ho un amico che lavora lì. Posso provare a rintracciarlo appena siamo a terra.»

«Finché non atterriamo non riusciamo a sapere niente, tanto vale metterci l'animo in pace» rispose Estela «io non ho problemi, posso anche fermarmi a Lisbona.»

Beatriz continuava a tacere. Federico aveva capito la sua preoccupazione e cercava di consolarla.

«Senti Beatriz» disse passando al tu «ci conosciamo appena, ma ti voglio aiutare comunque. Se Milano chiude per la neve c'è sempre Bergamo e se, come credo, fosse chiuso anche Bergamo, ci sono due possibilità, Genova o Nizza.

In entrambi i casi posso affittare una macchina e arrivare a Milano in un'ora o due. Non ti preoccupare, troveremo una soluzione.»

Beatriz avrebbe abbracciato Federico senza vergognarsi. L'idea che un estraneo, una persona conosciuta da poche ore, potesse occuparsi di lei, la faceva commuovere. Forse Federico le ricordava suo padre, ma no, il paragone non funzionava. Federico aveva un modo di fare molto giovanile e non doveva essere poi così vecchio. Difficile indovinarne l'età. Si riprometteva di chiederglielo prima o poi, appena entrata un po' più in confidenza.

La colazione non fu all'altezza della cena, ma forse i tre passeggeri della fila 18 avevano altri pensieri per la testa. Dopo una mezz'ora circa una dolce voce femminile, che riusciva a far diventare aggraziato anche il portoghese parlato in Portogallo, annunciò che era iniziata la discesa verso l'aeroporto Portela di Lisbona. Pregava di allacciare le cinture, di non dimenticare alcun oggetto e di rivolgersi al personale della TAP per eventuali coincidenze.

La parola "Portela" suscitò in Federico un mare di ricordi. Con Luma una volta avevano sfilato proprio nella Portela, una delle scuole di samba più famose di Rio. Si era divertito come un pazzo, anche se non avevano vinto. Sfilare nel sambodromo tra due ali di folla acclamante era stata un'esperienza indimenticabile. Cosa avrebbe dato per poter tornare indietro nel tempo, rivivere anche una sola giornata di quell'epoca felice! Un' ombra di tristezza offuscò per un attimo la sua mente. L'impatto dell'aereo con il terreno lo fece tornare nella realtà. Avevano finalmente raggiunto la prima e più lunga tappa del viaggio.

Appena in aeroporto videro un cartello che invitava i passeggeri in transito per il nord Europa a ritirare i bagagli. Federico chiese ad un addetto dell'aeroporto se Malpensa era chiusa per la neve ed ebbe la conferma che tutti i voli erano cancellati. Un fronte freddo in arrivo dalla Siberia stava paralizzando mezza Europa. Era evidente che regnava una confusione generale ed era meglio cercare almeno di recuperare le valige, cosa che fecero in tempi brevi. Pensando alle lunghe attese di Malpensa, Federico si rese conto che anche il piccolo Portogallo, considerato uno dei fanalini di coda dell'Europa, almeno in questo riusciva a battere l'Italia. Una bella consolazione. Con i bagagli al seguito cercarono un banco della TAP per decidere cosa fare. Estela era combattuta tra restare ed approfittare della sosta forzata per andare a trovare la sua amica e visitare Lisbona oppure seguire gli altri due nella buona o nella cattiva sorte. Alla fine pensò che non poteva autoinvitarsi a casa dell'amica senza preavviso ed erano quasi le 7 ora locale, quindi troppo presto per telefonarle e poi in fondo non le importava di vedere Lisbona. Avrebbe avuto altre occasioni.

Il tempo intanto passava e Beatriz stava evidentemente sulle spine: si era attaccata a Federico come una patella su uno scoglio. D'altra parte a cos'altro servivano gli uomini se non a darsi da fare in occasioni come questa?

Federico aveva chiamato il suo amico a Malpensa. Non l'aveva trovato, ma un collega lo aveva informato che sia Malpensa e Linate che Orio al Serio, l'aeroporto di Bergamo, erano chiusi per una tempesta di neve mai vista a memoria d'uomo.

Agli sportelli dell'aeroporto li avevano messi in lista d'attesa sui voli di altre compagnie sia per Genova che Nizza, ma avevano precisato che c'erano scarse possibilità, considerata la situazione di emergenza. Intanto il tempo passava, in Italia erano già le nove del mattino.

Il suono di un sms in arrivo sul cellulare di Beatriz fu sentito da tutti come se fosse stato un allarme o una sirena dei pompieri. Il viso della biondina si illuminò in un sorriso che mostrava due file di denti bianchi e ben curati e, senza rendersene conto urlò: «Hanno cancellato la riunione a causa della neve! Mi ha avvisato un collega dopo aver parlato con il Direttore della Filiale.»

Come per incanto l'atmosfera si rasserenò, diventarono tutti euforici e come liberati da un incubo. Estela, ma ancor più Federico, si erano immedesimati nella ragazza di São Paulo a tal punto che la sua preoccupazione era diventata anche la loro. Decisero di festeggiare andando al bar. Federico pagò per tutti.

L'aeroporto di Lisbona, che prende il nome dalla vicina cittadina Portela de Sacavém, è molto confortevole e moderno. É collegato al centro della città con la metropolitana, la linha vermelha, e per un attimo a Federico venne in mente che magari potevano fare un giro veloce per la città. C'era però il problema delle valigie, del controllo passaporti, della dogana, poi era opportuno restare pronti nel caso si fosse liberato qualche posto nei voli del mattino. Quindi non lo propose neppure alle ragazze. Si sedettero su delle poltroncine preparandosi ad una lunga attesa.

Ad un certo punto Estela chiese a Federico se aveva la macchina fotografica con sé.

«Certo - rispose Federico - non mi separo mai dalla mia Fujifilm X100: ce l'ho nel trolley.»

Detto fatto Federico cominciò a scattare qualche foto delle brasiliane. Si vedeva che Estela era abituata all'obiettivo delle fotocamere, mentre Beatriz non collaborava tanto. O teneva gli occhi chiusi o faceva facce strane. Insomma farle delle foto decenti avrebbe richiesto tempo e pazienza.

A un certo punto Estela chiese a un passante se poteva fare una foto a tutti e tre con il suo cellulare e fu così che si cominciò a parlare di fotografie. Federico mostrò alcuni dei suoi scatti meglio riusciti che conservava sul tablet e le ragazze rimasero impressionate dalla sua bravura. Le immagini riuscivano a trasmettere delle storie, arrivavano dritte al cuore.

Fu allora che Estela volle mostrare le sue foto, ignara che il suo gesto avrebbe scatenato una vera catastrofe.

«Questa è la mia amica Elza, qui siamo insieme a Botafogo, questa sono io sul lago di Como con il mio ragazzo Dado.»

A Beatriz non interessava affatto guardare le foto di Estela, ma per educazione buttò un occhio sullo smartphone di quella che cominciava a considerare più di una conoscenza occasionale. Federico stava osservando Beatriz e la vide sbiancare di colpo, mentre osservava più da vicino la foto di quel bel ragazzo dai capelli neri e lisci. Se la voce non le fosse rimasta in gola avrebbe probabilmente cacciato un urlo.

Cominciò a piangere sommessamente e tutti se ne chiesero il motivo.

«Conosci quel ragazzo?» chiese Federico che aveva cominciato ad intuire la verità «come si chiama?»

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