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Insieme Per Trinity
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Insieme Per Trinity

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* * * *

Trinity si sentiva un po' meglio mentre aiutava zia Sylvia a portare via i piatti della cena. Aver fatto un bel pianto liberatorio e aver raccontato a qualcuno quello che era successo con Kev sembrava averle fatto bene, anche se lì per lì non ci aveva pensato. Era stata imbarazzata nel vedere Cordell e Jarrod nella caffetteria ed era contenta che non le avessero chiesto come stava. Sapeva che era palese che avesse pianto ed era rimasta sorpresa quando avevano fatto finta di niente. Erano davvero molto gentili ed educati, oltre che belli.

Sentì un piccolo tremito nello stomaco al pensiero che li avrebbe rivisti a breve, e fu contenta di essersi lavata la faccia e di essersi truccata. Non poteva fare a meno di pensare a quanto fossero stupendi e a quanto le piacesse il pensiero di passare altro tempo con loro.

“Perché non ci sediamo un po' in veranda?” Suggerì zia Sylvia quando ebbero finito di ripulire. “È rimasto un po' di quel vino ai fiori di sambuco, vero Frank?”

“Ottima idea. Dovremmo averne ancora un paio di bottiglie.”

Il sole stava cominciando a tramontare e una leggera foschia era scesa sul giardino. Le sedie in ferro battuto circondavano un grande tavolo e i tre si sedettero per godersi la tranquillità di quella serata di fine estate.

“Ricordo l'ultima volta che sono stata qui,” osservò Trinity. “Era altrettanto bello, allora. Spesso immagino di sedermi qui a guardare le rose e i lillà.” Sorrise.

“Tua madre adorava i lillà,” disse zia Sylvia, accennando al grande albero. “Quando eri piccola prendevamo una grande coperta e ci sedevamo all'ombra, passando interi pomeriggi a fare corone di fiori.”

“Me lo ricordo.” Trinity sorrise, desiderando tornare a quei giorni spensierati. “Ti sei presa cura molto bene del giardino, zia. È esattamente come lo ricordo quando penso a questo posto.”

“È molto esigente riguardo al suo giardino,” ridacchiò zio Frank mentre il rumore di un pick-up risuonava dalla parte anteriore della casa. “E adesso lo saranno anche i tuoi giardinieri, immagino.” Senza alzarsi, disse ad alta voce: “Siamo sul retro, ragazzi.”

Trinity si accigliò. “Vuoi dire che non ti occupi del giardino da sola, zia Sylvia?” Aveva sempre immaginato sua zia che si aggirava per il giardino con un cesto appeso al braccio e un paio di forbici in mano.

“Vorrei poterlo fare, cara,” disse la donna con una leggera smorfia.

“Fare cosa?” La voce di Jarrod risuonò nell'aria mentre entrambi gli uomini svoltavano l'angolo. Girò senza sforzo una delle pesanti sedie e vi si sedette a cavalcioni, di fronte a Trinity.

“Ciao, ragazzi.” Zia Sylvia versò altro vino per tutti con un sorriso. “Stavamo solo discutendo del giardino.”

Jarrod fece roteare la spalla, massaggiandola con forza. “Sì, ci vogliono forza e impegno, ma ne vale la pena, no?” Sorrise.

“Jarrod ha avuto un piccolo incidente l'ultima volta che ha tagliato quel lillà,” spiegò Cordell, prendendo la sedia accanto a Trinity.

“Avresti dovuto tenere ferma quella dannata scala.” Jarrod fece un broncio infantile.

“L'ho tenuta finché il mio cellulare non ha iniziato a squillare. Era urgente, quindi ho dovuto rispondere,” protestò Cordell, anche se aveva l'aria un po' imbarazzata. “Pensavo che fossi in equilibrio, lassù.”

“Ero lì a tagliare quel ramo,” continuò Jarrod, indicando l'albero, “quando ho allungato la mano per staccare alcuni fiori morti e… puff, sono caduto a terra. Subito dopo mi sono reso conto che la mia spalla si era quasi rotta in due e che stavo andando in ospedale.” La sua espressione incredula avrebbe fatto ridere Trinity, se solo non fosse stata così infastidita dal fatto che si fossero occupati dell'albero preferito di sua madre.

“Pensavo che di solito ti occupassi tu di quell'albero, zia Sylvia,” disse con un filo di voce, giocherellando con il piccolo anello a forma di cuore che indossava sempre.

La zia sospirò. “L'ho fatto fino a quando non è diventato troppo difficile per me, tesoro,” le spiegò. “Quell'albero è cresciuto davvero tanto. Non posso salire e scendere dalla scala per tenerlo in ordine, al giorno d'oggi. Meno male che questi due ragazzi vengono spesso a dare una mano.”

“Il prato non è così complicato da gestire,” aggiunse lo zio Frank, sorridendo a Trinity. “Quando non avevo questo maledetto gesso riuscivo a tenerlo a bada.” Trinity sapeva che stava cercando di farla sentire un po' meglio.

“Solo perché hai uno di quei trattori tosaerba all'avanguardia,” disse Jarrod. “Noi ci occupiamo solo dei cespugli.” Ridacchiò, chiaramente ignaro di quanto Trinity fosse infelice per la situazione.

La ragazza bevve un sorso di vino dolce. Era così abituata a vedere sua zia e suo zio che si occupavano del giardino da soli che non le era venuto in mente che non potessero più farcela. Sapeva che avrebbe dovuto essere grata che quegli uomini fossero così disponibili e capaci di dare una mano, ma le bruciava perché si sentiva in qualche modo esclusa. Qualsiasi pensiero gentile avesse avuto su di loro diminuì mentre l'irritazione cresceva.

Con la scusa del tubo dell'acqua rotto al pianterreno, del giardinaggio e ora del braccio di zio Frank fuori uso, Trinity non riusciva a fare a meno di chiedersi se i due uomini in realtà non si stessero approfittando dei suoi zii.

Capitolo Cinque

“Non credo che le piacciamo,” gemette Cordell, in piedi nella grande cucina della casa che avevano da poco finito di ristrutturare. Si stava versando un caffè per contrastare gli effetti del vino ai fiori di sambuco fatto da Frank Crowthorne.

“Avanti, amico. Cosa ti ho detto prima sul pensare?” Jarrod gli si avvicinò, i capelli ancora bagnati dalla doccia. Si allungò e prese una tazza dal bancone. “Abbiamo finito di nuovo il latte?”

“Pensavo che il caffè sarebbe stato più utile senza niente,” spiegò Cordell mentre si sedevano attorno al tavolo di quercia.

“Potresti avere ragione,” concesse Jarrod, bevendo un sorso.

“Riguardo al caffè o alla ragazza?” domandò Cordell con una smorfia.

Jarrod si accigliò. “Il caffè. Immagino che tu sia paranoico per quanto riguarda Trinity.”

“Andiamo, l'hai visto anche tu. Non era felice di vederci nella caffetteria, anche se capisco che forse era un po' imbarazzata perché aveva pianto. Sappiamo entrambi come sono le donne. Ma stasera sembrava pronta a ucciderci quando ha scoperto che stiamo aiutando Sylvia con il giardino. E quando siamo andati nello studio? Sembrava mortificata che sapessi tutto sulla prima edizione dei libri di Frank. Non pensavo che fosse un segreto.” Scrollò le spalle.

“Trinity non sa dell'infarto di Frank. Forse ci sono altre cose di cui non è a conoscenza.” Jarrod si accigliò. “Sylvia ha detto che è successo poco dopo la morte di sua madre, quindi glielo hanno tenuto nascosto. Se non le hanno detto neppure quanto sia diventata grave l'artrite di Sylvia, potrebbe stare chiedendosi perché siamo noi ad occuparci del giardino.”

“Forse hai ragione,” concesse Cordell, leccandosi il labbro inferiore come faceva spesso quando pensava oppure era preoccupato.

“Non c'è nessun 'forse' a riguardo.” Jarrod finse indignazione. “Certo che ho ragione. Se chiedi il mio parere, ci sono troppi segreti in quella famiglia. Tenere nascoste troppe cose può solo portare a incomprensioni e litigi. E diavolo se tu lo sai bene.”

Cordell annuì. Era d'accordo. Lui stesso parlava a malapena con la sua famiglia da quando un malinteso sul funerale di suo padre aveva fatto a pezzi il loro legame. Sebbene continuasse a tenersi in contatto con sua madre, i suoi fratelli e sua sorella non gli parlavano da quasi due anni. La zia e i cugini, invece, lo contattavano solo a Natale. “Pensi che Trinity stia nascondendo qualcosa?”

Jarrod strinse le labbra. “Non so. Non ha detto nulla di quello che è successo davanti a noi, ma questo non significa che non ne abbia parlato con Frank e Sylvia.”

Cordell annuì. “Mi chiedo se sia questo il motivo per cui si è arrabbiata, nella caffetteria. Voglio dire, si vedeva che aveva pianto, quindi ci sono buone probabilità che si sia confidata con sua zia.”

“Lo spero proprio,” rispose Jarrod. “Secondo me, quella ragazza è come una molla che tiene tutto dentro e finisce per tendersi sempre di più. Ha bisogno di sfogarsi oppure finirà per esplodere.”

Cordell annuì. Lo pensava anche lui.

* * * *

La settimana successiva passò lentamente. Era la prima volta da quando avevano incontrato la coppia di anziani che Cordell e Jarrod lasciavano passare così tanto tempo senza andare a chiedergli se avessero bisogno di qualcosa, anche se avevano suonato un paio di volte per assicurarsi che stessero tutti bene. Erano rimasti delusi, anche se non sorpresi, quando Frank gli aveva detto che Trinity era troppo impegnato con il lavoro per andare con loro al bar dove il gruppo country avrebbe suonato dal vivo.

“Non possiamo evitarla per sempre, amico,” commentò Jarrod mentre pranzavano insieme dietro alle stalle.

“Lo so. È solo un po' strano.” Cordell sospirò.

“È per questo che hai detto ad Aiden di essere troppo occupato per andare con lui questo pomeriggio?” chiese Jarrod, prima di dare un morso al suo panino.

Cordell fece una smorfia. “Ti ha spifferato tutto, eh?”

“Aveva paura che avessimo avuto una specie di discussione con Frank,” rispose Jarrod con un lieve cipiglio. “E che non volessi andare a casa sua per questo motivo.”

“Come se fosse possibile.”

“Lo so. Ma non puoi biasimarlo per averlo pensato,” continuò Jarrod. “Dopotutto, di solito siamo laggiù quasi ogni giorno a dare una mano con qualcosa.”

“Sì, beh, forse ora hanno Trinity che lo fa al posto nostro,” commentò Cordell, stringendo i denti.

Jarrod fronteggiò il suo migliore amico a testa alta. “Di che diavolo stai parlando? Sai bene che non sarebbe in grado di fare la metà delle cose che facciamo noi per loro. Non solo è una ragazza, ma è anche minuscola.”

“Non farti sentire mentre dici una cosa del genere,” lo ammonì Cordell. “Non hai mai sentito parlare di pari diritti e opportunità?”

“Possono bruciare tutti i reggiseni che vogliono. Non li aiuterà a mettere su muscoli sulle braccia, o da qualche altra parte, se è per questo.” Jarrod era irremovibile.

Cordell scosse la testa. “Ho come l'impressione che Trinity pensi che ci siamo intromessi nella sua famiglia,” disse. “Non puoi biasimarla per questo.”

“Guardami, Cordell.”

“Oh no, so bene dove vuoi arrivare.” Cordell alzò una mano per cercare di impedire al suo amico di continuare, ma fu una perdita di tempo.

“D'accordo. Tu e tua madre avete fatto bene a fare quello che avete fatto, amico. Lo sapete benissimo entrambi. Era il resto della vostra famiglia che si stava intromettendo, casomai. Erano anni che non venivano a trovare tuo padre. Non avevano il diritto di arrivare di punto in bianco dopo la sua morte e iniziare a fare richieste.”

Cordell sentì una fitta al petto. Quante volte avevano avuto quella conversazione? “Lo capisco, ma erano suoi figli tanto quanto me.”

“Sì. E, in quanto tali, avrebbero dovuto fare quello che avete fatto tu e tua madre, e cioè attenersi a ciò che lui voleva. Era scritto nel suo dannato testamento, per l'amor di Dio. Che tipo di famiglia contesta questo genere di cose nel testamento di un parente?” Jarrod si stava chiaramente irritando, come faceva ogni volta che l'argomento veniva sollevato.

“Papà aveva sempre detto di volere solo una semplice cremazione,” disse Cordell con un sospiro di rassegnazione. “Io e mamma volevamo solo esaudire la sua richiesta.”

“Lo so, amico, e sono d'accordo con te. Non riesco proprio a capire perché il resto della tua famiglia non possa fare lo stesso. Come diavolo hanno potuto accusarvi entrambi di volere solo i suoi soldi? Non faceva alcuna differenza per loro, comunque, visto che tuo padre aveva già stipulato una parte di eredità anche per ciascuno di loro. È stato decisamente irrispettoso, se me lo chiedi. Nei tuoi confronti, verso quelli di tua madre e pure quelli di tuo padre.”

La vicenda del funerale di suo padre aveva perseguitato Cordell fino a quel momento. Erano passati quasi due anni e ancora non era stata risolta. Come avrebbe potuto risolversi? Papà se n'era andato. Niente lo avrebbe riportato indietro.

Se il resto della famiglia fosse stato più vicino a lui, avrebbe saputo che l'uomo aveva sempre insistito per un funerale semplice e senza fronzoli. Neanche un migliaio di funerali o lapidi avrebbe cambiato le cose, e aveva sempre avuto paura di essere sepolto vivo, quindi non c'era modo che volesse essere chiuso in una scatola di legno e poi ricoperto di terra. Aveva deciso da solo come voleva essere salutato dalla famiglia. Ne aveva discusso con sua moglie e col figlio più giovane, perché tutti gli altri figli si erano trasferiti non appena erano stati abbastanza grandi, e lo aveva addirittura fatto scrivere nel testamento per evitare qualsiasi equivoco.

Quando al resto della famiglia era stato detto che era morto e che sarebbe stato cremato, si era scatenato l'inferno. Suo fratello maggiore aveva accusato lui e sua madre di aver organizzato un "funerale per poveri", che Cordell aveva preso come un insulto personale. Papà aveva avuto un sacco di soldi, quindi avrebbe potuto scegliere qualsiasi tipo di addio, ma aveva volontariamente scelto la cremazione. Il fratello di Cordell, Jacob, era stato determinato a fare un funerale molto più elaborato. Sfortunatamente, Jacob era il fratello maggiore e le sue parole erano sempre state viste come oro colato, quindi anche tutti gli altri fratelli si erano trovati d'accordo con lui. Martin era infatti d'accordo sul fatto che papà meritasse una degna sepoltura e Nancy-Ruth, la sorella più giovane, non aveva mai preso una decisione in vita propria. Neanche dopo aver visto il testamento, i tre avevano cambiato idea.

Cordell aveva sostenuto la decisione di sua madre – e i desideri di suo padre, ovviamente –, cosa che aveva fatto arrabbiare da morire il resto della famiglia. Jacob aveva in qualche modo pensato che, se tutti i figli fossero stati d'accordo, allora avrebbero avuto maggiori possibilità di contestare il testamento. Avevano dapprima iniziato un'azione legale per cercare di modificare le ultime volontà di loro padre, creando una situazione ancora più devastante per la loro madre, già provata dalla morte del marito, poi incolpato Cordell quando non erano riusciti a far annullare la decisione del defunto.

Il funerale era stato il momento peggiore, con Cordell e sua madre snobbati dal resto della famiglia, e Jacob e Martin che avevano invitato un numero spropositato di dignitari locali a condividere il loro dolore, nonostante il desiderio specifico del padre che la cerimonia fosse riservata alla famiglia.

L'intera vicenda aveva lasciato un sapore amaro nella bocca di Cordell e una voragine nel suo cuore, e adesso non voleva rischiare di spaccare a metà la famiglia Crowthorn. Per quanto il solo pensiero lo addolorasse, avrebbe preferito non rivedere mai più nessuno di loro piuttosto che essere accusato di aver fatto a pezzi un'altra famiglia.

Capitolo Sei

Trinity si appoggiò allo schienale della sedia girevole dello zio Frank e sospirò. Aveva abbozzato alcune idee per un libro sul quale stava lavorando e non vedeva l'ora di vedere come sarebbero apparse come immagini grafiche.

“Sono davvero belle, tesoro,” osservò zia Sylvia, allungandosi per mettere una tazza di caffè sulla scrivania.

Trinity sussultò. Sapeva che sua zia aveva buone intenzioni, ma non ci sarebbe voluto molto per rovinare l'intera settimana di lavoro con un semplice caffè rovesciato. Aveva cercato di fare delle pause regolari in modo da poter raggiungere la zia in cucina, lontana dai suoi preziosi disegni, ma nelle ultime ore era stata così presa dal suo lavoro che l'anziana signora aveva evidentemente pensato di portarle qualcosa da bere.

“Grazie.” Trinity prese rapidamente la tazza e la tenne al sicuro tra le mani.

Lo zio Frank sbirciò dall'altro lato della lunga scrivania, dove era stato impegnato con i conti di casa. “Hai finito?” chiese, lanciando un'occhiata al suo lavoro.

“Per adesso sì.” Trinity annuì con un sorriso. Era stato molto gentile da parte dello zio concederle spazio nel suo ufficio e farle usare addirittura la sedia girevole. Lui si era accomodato su una delle sedie con lo schienale alto della cucina, dicendole che stava solo "controllando la corrispondenza" e "non facendo nulla di importante, a differenza tua". Per fortuna si era fatto male al braccio sinistro, lasciando il destro libero di scrivere, anche se aveva sbuffato parecchie volte perché stava ovviamente impiegando molto più tempo del previsto.

“Sembra che il tuo ordine sia arrivato,” annunciò zia Sylvia mentre il rumore di un motore risuonava nel vialetto.

Trinity lasciò la tazza di caffè sul bancone della cucina poi seguì la zia e lo zio lungo il corridoio e fuori dalla porta d'ingresso. Il suo nuovo computer era finalmente arrivato e non vedeva l'ora di iniziare a usare il programma di grafica che aveva acquistato con esso.

“Con questo sarò in grado di rispettare tutte le scadenze,” disse, collegando rapidamente i dispositivi. Il sollievo la invase. Suo zio riprese a controllare i propri documenti mentre la zia Sylvia si soffermò nello studio, osservando la nipote con interesse.

Quando l'esplosione aveva distrutto il suo appartamento, Trinity aveva perso tutta la sua attrezzatura, e stava ancora aspettando di sapere se la piccola cassaforte ignifuga avesse salvato o meno le sue opere più preziose e gli hard disk esterni su cui aveva archiviato tutto. Dato che l'edificio era stato colpito così duramente, non era ancora sicuro per lei tornare tra le macerie per controllare. Nel frattempo, doveva consolarsi col pensiero che il più recente dei suoi progetti era stato salvato sulla chiavetta USB che aveva messo in borsa. Per fortuna quel giorno maledetto non aveva avuto il tempo di chiuderla nella cassaforte perché era stata impegnata a litigare con Kevin.

“Dannazione,” imprecò poco dopo, guardando la barra del download sullo schermo fermarsi improvvisamente. “Non riesco a caricare il programma di grafica.”

“C'è un negozio di computer ad Almondine. Possiamo andarci domani, cosa ne pensi?” disse zia Sylvia, guardando l'orologio. Erano quasi le cinque e i negozi sarebbero stati già chiusi quando fossero arrivati in città.

“Penso di non avere altra scelta,” rispose Trinity con un sospiro scoraggiato. “Non riesco a capire cosa c'è di sbagliato. Continua a provare a caricare e poi si interrompe. Non capisco perché.” Si accigliò. Era stata così felice quando il nuovo computer era finalmente arrivato, e ora sembrava che tutto fosse stato inutile.

“Beh, io per oggi ho finito. Penso che uscirò e mi godrò un po' di sole prima che tramonti,” annunciò lo zio Frank, alzandosi dalla scrivania.

Trinity fece una smorfia, chiedendosi se in realtà l'uomo non se ne stesse andando per lasciarla da sola, così che potesse occuparsi del problema in pace.

Zia Sylvia seguì il marito fuori dalla porta, mentre Trinity continuava a fissare lo schermo. La connessione a internet sembrava stabile, così decise di cercare una possibile soluzione su un motore di ricerca. Valeva la pena provare.

La nuova schermata di ricerca si aprì davanti ai suoi occhi, invitandola a indagare sul mondo intero. Trinity tamburellò con le dita sulla scrivania, pensierosa. Era strano usare il portatile nello studio di suo zio invece che sul minuscolo tavolo da pranzo in Nebraska. Chissà quando sarebbe tornata laggiù.

Mentre la sua mente vagava, un pensiero la colpì all'improvviso. Non aveva visto il necrologio di Kevin sul giornale locale prima di partire e aveva sentito che il funerale si era svolto senza di lei. Ciò non significava che Trinity si fosse dimenticata di lui. Tutt'altro: non avendo prove materiali della sua morte, non riusciva ancora a credere che fosse realmente accaduto. Sembrava surreale.

Premette alcuni tasti e lo schermo si aprì su un'altra finestra. La notizia della morte di Kevin, e del seguente funerale, era stata pubblicata, ma non sul giornale locale. Era stata inserita in uno dei grandi quotidiani cittadini, insieme a un biglietto in cui si chiedeva la presenza solo dei familiari.

Trinity ribolliva. La famiglia di Kevin non voleva i suoi amici lì. Lacrime calde e piene di rabbia iniziarono a offuscarle la vista mentre leggeva l'avviso. 'Amato figlio di Oliver e Patricia Pulver' recitava. 'Fratello di Bernice e Timothy'. Sbatté le palpebre per leggere la riga seguente. 'Fidanzato di Poppy Witherington'.

“Cosa?!” gridò, incredula. La bile le risalì lungo la gola e Trinity iniziò a tremare. Lesse la riga più e più volte, senza riuscire a credere ai propri occhi. Non aveva senso… oppure sì?

* * * *

“Hai finito?”

Jarrod si voltò nel sentire la voce di Cordell. “Più o meno,” rispose con un sorriso, chiudendo il box di uno dei purosangue. “Perché me lo chiedi? Hai dei programmi per stasera?”

“Mi è venuta voglia di andare a bere qualcosa più tardi.” Cordell fece un passo indietro per permettere a Jarrod di aprire la porta della stalla.

“Oh, sembra un buon programma.” Jarrod ridacchiò mentre lo raggiungeva fuori. Si voltò per chiudere la porta e in quel momento squillò il cellulare di Cordell.

“È Sylvia.”

Jarrod si accigliò.

Il viso abbronzato di Cordell si oscurò mentre ascoltava quello che la donna aveva da dirgli. “Arriviamo subito. Chiama i paramedici.”

Jarrod prese le chiavi del pick-up dalla tasca e iniziò a correre verso di esso, seguito a ruota dall'amico. Erano già seduti e lui stava accendendo il motore quando Cordell gli spiegò cosa stava accadendo.

“Si tratta di Frank. Sembra che Trinity abbia scoperto qualcosa. Quando glielo ha detto, l'uomo ha avuto una specie di attacco. Sylvia sta chiamando il 911.”