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La Società Del Diavolo
La Società Del Diavolo
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La Società Del Diavolo

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"Stia zitto! Qual è il suo nome?"

"Sandwell, William R."

Con un movimento incontrollato, il poliziotto spinse una mano dentro la tasca dove trovò una sigaretta che accese teatralmente. Inspirò profondamente e un'espressione euforica apparve sul suo volto.

"Bene. Si sieda."

Il poliziotto fissò Sandwell che si risedette sulla sedia. Per qualche secondo non disse nulla fino a quando il suo sguardo si calmò.

"Mi dica, Sandwell R. Cosa ne pensa di Vivaldi?"

La domanda colse di sorpresa Sandwell. Stava cominciando a domandarsi se quell'uomo non fosse completamente pazzo. Notò che il poliziotto aveva una pistola in una fondina sotto il suo braccio. Decise di non correre rischi.

"Il compositore?"

"Vivaldi, si. Era un tipo strano, specialmente per gli standard italiani," proseguì il poliziotto. "Lavorava come violinista all'interno di un orfanotrofio per ragazze, lo sapeva? Alla fine alcune di loro divennero sue discepole, suonando i concerti che lui scriveva da dietro uno schermo, perché alle donne a quell'epoca non era permesso suonare. Prenda la sua sonata per violoncello RV 46 in si bemolle maggiore per esempio. Non proprio un lavoro femminile direi. In realtà non è proprio un classico Vivaldi. Si scontrò con l' establishment veneziano, diceva la gente, non a causa della sua lussuria ma per i suoi capelli rossi. É una bugia, glielo dico io."

Per un momento Sandwell pensò di essere stato portato in un manicomio.

"Parlando di bugie," continuò il poliziotto. "Visto che questo caso è finito dentro a una cartellina con il mio nome devo, sfortunatamente, affrontarlo. Il mio nome è De Angelis, commissario di polizia, dipartimento di investigazione criminale della città di Roma. Lei è un americano, ho ragione signor Sandwell R.?"

Sandwell desiderò di non aver visto l'occhiata carica di odio che gli lanciò De Angelis.

"Si, lo sono. Perché me lo chiede?"

De Angelis agitò in aria la sua mano come un direttore d'orchestra.

"Solo routine. Volevo essere sicuro che la sua identità corrispondesse alle informazioni che ho ricevuto su di lei. Come le sembrano i tesori artistici della nostra città fino a ora?"

"Mi scusi?"

"L’arte, l'arte! Non è per quello che è venuto? Tutti vengono a Roma per l'arte. Bernini, Michelangelo, Da Vinci."

"Passabile," replicò sarcasticamente. "Ho preso solo un paio di pezzi per le mie pareti prima che due dei suoi aiutanti sentissero il bisogno di rovinare la mia piacevole permanenza qui. Fra circa” -guardando il suo orologio- "cinque ore e quindici minuti partirà il mio aereo. Perciò questo è tutto il tempo a mia disposizione per rivedere la mia opinione sulla sua città. La risposta corretta alla sua domanda allora è: dipende da lei."

Troppo tardi Sandwell si rese conto che aveva appena consegnato al poliziotto l'argomento perfetto per trattenerlo.

L'ispettore si appoggiò all'indietro e lo guardò per un lungo periodo. Poi spinse la sua sedia in avanti fino a quando fu a pochi centimetri dal volto di Sandwell.

"Il suo sarcasmo è nauseante," commentò De Angelis, ispirando profondamente il fumo della sua sigaretta. "Perciò le suggerisco di tenere i suoi insulti per sé da adesso in avanti."

Si risedette sulla sedia.

"In risposta alle sue battute, signor turista americano, se le dicessi che posso prolungare la sua permanenza per," uno strano sorrisetto apparve sul suo volto, "diciamo altri tre giorni? Le darà un sacco di tempo per modificare la sua opinione. E, certamente, anche il suo straordinario senso dell'umorismo."

L'atteggiamento ostile di De Angelis fu quasi troppo per Sandwell. Chiaramente intendeva fare il prepotente fino a quando non avesse perso il suo autocontrollo.

"In questo caso è ridicolo," disse, insistendo. "Arrestare un turista per strada solo perché è attirato da un monumento. Non è, per quel che ne so, un crimine."

L'ispettore emise un sibilo di disapprovazione.

"Io sono un Commissario di Polizia, signor Sandwell. Come quasi tutti i nativi di Roma, odio i turisti come la peste, e come agente di polizia, sono ben a conoscenza del loro comportamento odioso e antisociale. I turisti sono una seccatura, tuttavia una loro caratteristica vantaggiosa è che non vanno in giro nel cuore della notte, ma inquinano le loro stanze di albergo invece delle strade della nostra meravigliosa città."

Con il pollice macchiato di marrone e l'indice della sua mano destra prese un'ultima boccata della sua sigaretta e la fece cadere sul pavimento.

"Lei, d'altro canto…"

De Angelis si interruppe. "Devo avvisarla. La polizia italiana è particolarmente creativa nell'inventare tutti i tipi di motivi per arrestare qualcuno. Se un sospetto non collabora, possiamo sempre trovare qualcosa contro di lui con cui riuscire a fare qualcosa. ‘In bocca al lupo' come diciamo qui in Italia. Ma mi dica, cosa ci faceva alla Basilica?"

Sandwell pensò al libro che aveva in tasca.

"Nulla," mentì, "ero solo interessato ai suoi interni, come qualunque altro turista che visita Roma. Sapeva che il pavimento cosmatesco della basilica consiste di più di cinque milioni di pezzi diversi?"

De Angelis iniziò a rispondere ma fu interrotto da un poliziotto dall'aria arruffata in abiti civili che entrò e iniziò a sussurrare qualcosa nel suo orecchio, a voce troppo bassa perché Sandwell capisse le parole.

Mentre ascoltava attentamente, il volto dell'ispettore divenne roseo e riprese il suo pallore poco salubre solo dopo che il poliziotto, un detective, pensò Sandwell, ebbe lasciato la stanza.

"Signor Sandwell," chiese De Angelis all'improvviso. "Per quanto tempo è stato a Roma?"

"Vediamo. Il mio aereo è atterrato alle nove di questa mattina. Direi quattordici ore all'incirca. Perché me lo chiede?"

"Ancora una volta, indagini di polizia. Voglio che si ricordi il momento esatto. É in grado di controllarlo da qualche parte?"

"Mmm. Nessuna idea. Forse la ma carta di imbarco?"

Cercandola nelle sue tasche non fu in grado di ricordare cosa ne avesse fatto. Pensò che doveva averla gettata via mentre usciva, ma non ne era del tutto sicuro.

"Mi dispiace, non lo so. Forse le nove e dieci, ma potevano essere anche le nove e dodici. Non potrei giurarlo."

De Angelis si grattò la barba con una penna.

"Nessun problema. Possiamo parlare di questi dettagli più tardi. Ora, per quanto riguarda la sua visita a Roma, dove è andato e cosa ha visto esattamente? Farebbe meglio a dirmi la verità."

"Architettura religiosa, come le ho detto prima," replicò Sandwell. "La basilica è una delle più vecchie al mondo. Il mio interesse è per il baldacchino del quattordicesimo secolo e per l'altare in legno che contiene i resti di due apostoli, lo sapeva?"

L'ispettore alzò la testa, inaspettatamente.

“Lei è bene informato per essere un turista," disse. “la maggior parte dei turisti non conosce queste cose. Nella maggior parte dei casi conoscono solo quello che viene detto loro dalle guide. E non vanno neppure a bussare alle porte in piena notte.”

De Angelis si allontanò, ignorando l'occhiata glaciale di Sandwell. “Non credo che lei sia un turista. Perciò, farebbe meglio a dirmi cosa stava facendo.”

“Dirle cosa?” disse Sandwell, rilassato. “Non c'è nient'altro da dire.”

“Lasci che le dica questo, fra tre giorni questa città ospiterà il G20 e voglio che tutto proceda senza problemi. Mi sente? Senza problemi!"

Allora c'era quello dietro a tutto questo. Lui, William Sandwell, professore di shintoismo e storia moderna giapponese, in visita in Italia per un giorno, alloggiato in una città straniera dove nessuno lo conosceva, era accusato di pianificare di far scattare una sommossa al G20. Un meeting delle principali nazioni industrializzate che, per pura coincidenza, avveniva proprio durante la sua presenza in città. Ora era arrabbiato.

"Cosa sta insinuando? Mi sta accusando di essere un ladro d'arte e un terrorista? Perché non entrambi contemporaneamente? O forse un assassino? Lo dica!"

"Non insinuo nulla, ancora,” replicò De Angelis, mostrando sicurezza.

“Per il momento, voglio che lei venga con me."

Senza dire un'altra parola, De Angelis, accompagnato da un altro poliziotto, guidò Sandwell fuori dall'edificio verso una Alfa Romeo grigio metallizzata parcheggiata in strada. De Angelis scivolò dietro al volante, il poliziotto si sedette vicino a lui, con Sandwell nel sedile posteriore. Il viaggio li portò attraverso il centro di Roma, per finire nel luogo dove Sandwell era stato arrestato in precedenza.

7

La basilica sembrava ancora abbandonata.

Sandwell notò un agente dei carabinieri in piedi vicino alla stessa porta dove era stato fermato dai poliziotti.

Loro tre entrarono, il suono dei loro passi e l'eco che provocarono nel loro percorso verso l'abside provocò un bizzarro effetto grandioso. Passarono oltre all'entrata laterale e attraverso la navata centrale arrivarono fino in fondo. A pochi metri dall'altare dove Sandwell, secondo la sua guida di viaggio,si era aspettato di vedere la famosa cripta, girarono a sinistra verso un angolo buio dove pendeva una tenda di velluto blu scuro.

De Angelis si fermò lì davanti. Un secondo carabiniere la teneva chiusa.

"Aspetti qui," grugnì De Angelis verso di lui.

Con un gesto brusco spinse di lato un angolo della tenda e scomparve dietro. In un attimo uscì di nuovo, facendo un gesto a Sandwell di seguirlo.

Dietro alla tenda c'era una stanza che si rivelò essere un'entrata per uno dei tunnel al di sotto della basilica. Si ritrovò in un piccolo spazio ristretto che dava su una porta di legno di quercia con pesanti giunti in ferro. Dietro vide una luce, sufficientemente luminosa per vedere le curve e le svolte del fossile pietrificato di una gigantesca lumaca che andava nelle profondità della terra sotto di lui. Guardare in basso fece venire i brividi a Sandwell.

"Andremo qui sotto?"

L'ispettore non rispose. Si chinò, invece, verso un oggetto che Sandwell non aveva immediatamente notato a causa dell'oscurità. Senza avvertire afferrò velocemente un angolo del telo con il quale era coperto, permettendo a Sandwell di vedere, grazie al debole bagliore della luce di una candela, il contorno di un corpo di un uomo con una incipiente calvizie che sembrava avere attorno ai quarantacinque anni.

I suoi occhi erano chiusi ma il suo volto era congelato in un'espressione di orrore. Uno spiacevole odore di carne bruciata raggiunse il naso di Sandwell.

"Signor Sandwell, riconosce questa persona?" chiese l'ispettore.

"Assolutamente no. Come potrei?" rispose Sandwell, allontanandosi dalla scena. "Chi è?"

"Il suo nome è Dino Farnese. É il sacrestano della chiesa."

Sandwell lo guardò di nuovo e scosse la testa. "Il suo volto non mi dice nulla. Non lo conosco e non vedo cosa ha a che fare con il mio arresto."

"Mi aspettavo mi dicesse qualcosa del genere," rispose De Angelis. "Questo è il motivo per cui volevo che lo vedesse. Prima di andare avanti c'è qualcos'altro. Riconosce questo?"

Con una mano spostò il lenzuolo fino a quando fu visibile la schiena dell'uomo. Era coperta di vesciche; un simbolo era inciso sulla pelle.

Era composto dalle lettere ‘IHS’, ripetute quattro volte per formare un'immagine circolare. Il centro dell'immagine conteneva un'altra croce, formata di nuovo dall'intersezione della lettera ‘I’.

Né la persona sul pavimento né il simbolo gli dicevano qualcosa.

"Che cosa orribile da fare. Cosa significa?"

Cercando di capire qualcosa dall'espressione di De Angelis notò che era anche più cupa di prima.

“’In Hoc Signo’ forse? Significa ‘Con questo segno vincerai’, una frase che l'imperatore Costantino usava per giustificare le sue battaglie,” grugnì l'ispettore. "Farebbe meglio a smettere di fare lo stupido. Quest'uomo è stato ucciso poche ore fa, circa alla stessa ora in cui lei è stato bloccato all'entrata."

De Angelis indicò i segni rossi sul collo del morto.

"Questi hanno causato la sua morte: asfissia, apparentemente con una cintura. Ne indossa una?"

L'orribile verità si affacciò nella mente di Sandwell.

8

"Se indosso una cintura? Le assicuro che non ho nulla a che fare con tutto questo. Non conosco questa persona. Non l'ho mai visto prima in vita mia. Vuole scusarmi?"

"No. Da questa parte per cortesia."

L'ispettore lo guidò verso la porta che dava verso il sotterraneo.

"Prima lei," fece un gesto verso le scale.

Era peggio che essere portato alla stazione di polizia. Solo il pensiero di scendere la stretta scala di pietra a spirale lo faceva già sentire male. Qualsiasi spazio chiuso come sotterranei, ascensori o grotte condividevano una caratteristica che lo metteva a disagio. Questi piccoli spazi potevano essere essere chiusi ermeticamente, gli ricordavano le tombe, non erano tra i posti che preferiva sulla Terra. Per fortuna questo sotterraneo era profondo solo pochi metri.

Tremando, sudando copiosamente e con il cuore che batteva all'impazzata, Sandwell riuscì a controllarsi per i primi gradini ma poi si fermò.

Respira profondamente, trattieni e lascia andare.

Non aveva importanza quello che c'era lì sotto, poteva aspettare. Non c'era alcun motivo per farsi prendere dal panico. In un tentativo di rilassarsi raddrizzò la schiena e si allungò alcune volte, inspirando fino a quando il tremore cessò.

La scala proseguiva verso il basso nel terreno. Dopo circa quaranta gradini l'ispettore si fermò improvvisamente.

"Nega ancora?" chiese.

Sandwell inspirò profondamente. L'aria era fredda e umida.

"Negare cosa? Credo che farebbe meglio a dirmi di che cosa mi sta accusando. Il corpo che mi ha mostrato ha qualcosa a che fare con questo?"

L'ispettore sbuffò.

"Parzialmente o completamente, dipende da lei. Questa fase delle indagini non è conclusiva ma può portare a molte prove. Deve proseguire, a meno che lei non confessi."

Lo stomaco di Sandwell si irrigidì. Apparentemente l'ispettore lo sospettava di qualcosa che era accaduto lì sotto. Anche se non sapeva di che cosa era accusato, Sandwell cominciò a rendersi conto di essere invischiato in una situazione molto brutta.

"Cosa vuole che confessi?" chiese. "Che ho colpito la porta di una chiesa? La risposta è sì. C'è altro?"

Vedere un'espressione incomprensibile sul volto di De Angelis insieme al fatto di essere in un sotterraneo buio gli fece improvvisamente desiderare di essere al sicuro a casa.

"Continui a scendere. Le consiglio di non respirare," fu la risposta che ricevette. "La maggior parte delle persone sente la necessità di vomitare vedendo un corpus delicti, tranne gli addetti ai lavori e i killer professionisti. Questo è molto peggio dell'altro che ha visto, e uno dei peggiori che abbia mai visto negli ultimi quindici anni. Un tritacarne spuntato non sarebbe stato in grado di essere più efficace e questo non è un complimento."

Lo stomaco di Sandwell si rivoltò, una debolezza che si poté leggere sul suo volto.

"Si sente responsabile ora?"

Sandwell deglutì. Non si sentiva responsabile o colpevole, solo nauseato. I tutori della legge e le persone negli obitori erano abituati a scherzi di cattivo gusto sui morti, specialmente quando c'era di mezzo il sangue. Era un genere di umorismo che non era mai stato in grado di apprezzare. Vedere i resti senza vita di un'altra persona in uno stato in cui il suo stomaco non era preparato era decisamente troppo.