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3
âMio caro, perché non mi baci? Perché le tue labbra sono fredde e ghiacciate? Faust, cosa hai fatto?"
Piena di grazia, barcollante come un cigno morente, Margherita spinse il suo amante lontano da lei e cadde a terra, agitandosi. Faust guardò in basso verso la sua amata che giaceva lì, ora al di fuori della sua portata. Impotente, chiama il suo padrone alla ricerca di aiuto, i suoi occhi rivolti verso il cielo.
âIn una magica fusione di grazia e realismo, l'attore-cantante ripetutamente trascende se stesso. Con la sua sublime rappresentazione del diavolo è impensabile immaginare un'apoteosi più credibile di quello che lui ci mostra.â Anche se non era un critico professionista, William R. Sandwell compose mentalmente la sua recensione dello spettacolo che stava guardando. Dopo settimane di viaggi internazionali per una serie di conferenze e oltre un centinaio di ore su sedili di aereo soffocanti, Sandwell si stava concedendo un premio con una serata all'opera. La sua camera d'albergo poteva aspettare per un po'. Quella sera al Teatro dellâ Opera di Roma l'atmosfera era carica di eccitazione. L'opera della serata, il Mefistofele di Arrigo Boito, un dramma del diciannovesimo secolo su una sinistra scommessa tra Dio e il Diavolo aveva luogo in un ambiente straordinario tra cielo e terra.
Sandwell non era in grado di immaginare un luogo migliore per rilassarsi. Solo un'ora prima al terminal degli arrivi dell'aeroporto di Fiumicino a Roma, Sandwell, Professore of Scintologia all'Università Kokugakuin di Tokyo si era sentito completamente distrutto dal jet-lag, ora che era seduto a guardare la battaglia di Faust con il Diavolo, si sentiva completamente sveglio.
Con i suoi capelli biondo scuro, i pantaloni marroni e la giacca in tweed Sandwell contrastava nettamente con il pubblico italiano composto in gran parte da persone con i capelli scuri. I posti nei palchetti che lo circondavano, per quanto era in grado di vedere al buio, erano occupati dalla crema della società , vestita con abiti stupendi, smoking e abiti da sera. L'aristocrazia romana, pensò, basandosi sulla presenza di giovani donne attraenti che indossavano abiti di alta moda e costosi accessori. Notando parecchie donne meravigliose sedute da sole senza accompagnatori maschili si domandò se l'occasione di sfoggiare la loro ricchezza e la loro bellezza fosse il vero motivo della loro presenza. Dando un'occhiata agli altri palchetti vicini al suo Sandwell notò una giovane donna seduta in diagonale sulla sua sinistra a circa una decina di metri di distanza. Essendo da sola o almeno senza alcun compagno visibile, attirò la sua attenzione. La donna era vestita tutta di nero, in quello che sembrava essere un completo antracite piuttosto elegante con increspature scarlatte sui bordi. Uno Chanel, pensò. Un grande cappello nero piatto con un'ampia falda e un velo nascondeva il suo volto da occhi indiscreti. Da quello che poteva vedere del suo corpo, Sandwell stimò che avesse tra i venticinque e i trent'anni. Chiunque fosse, sembrava conoscere le arti della seduzione. Questa distrazione, comunque, non impedì a Sandwell di ritornare con la sua attenzione sul palco, dove Margherita, implorando la grazia di Dio, collassò davanti ai suoi occhi.
Sandwell sentì una leggera vibrazione da qualche parte sotto il suo ombelico. Sconcertato, si risistemò al suo posto, ritornando con la sua attenzione alle convulsioni mortali di Margherita, sperando che il suo malessere scomparisse ma, al contrario, la sensazione divenne ogni secondo più forte.
All'improvviso, ne capì il motivo. Imbarazzato e con entrambe le guance rosse per la vergogna estrasse il cellulare dalla tasca.
4
âNumero privatoâ, le parole che scintillavano in cima alla cartella delle chiamate perse.
Mentre stava per toccare il pulsante di spegnimento, il telefono cominciò a vibrare ancora una volta mostrando lo stesso messaggio.
Potrebbe essere qualche idiota, immaginò, come l'ubriaco che aveva osato chiamarlo nel cuore della notte dall'Australia, insistendo che venisse immediatamente a Melbourne a tenere una conferenza.
Come se il dispositivo fosse in grado di leggere i suoi pensieri la vibrazione cessò immediatamente, ma in un minuto arrivarono altre due chiamate.
Lasciando il suo palco irritato e pronto a dare una lavata di capo a chiunque lo avesse chiamato, guardò il suo orologio e vide che erano le ventidue e quindici.
âVeloce o il ritardo ci costerà caro!" cantava Faust in italiano. Affrettandosi all'esterno Sandwell rispose al telefono. "Pronto. sono William Sandwell,â disse. âCon chi sto parlando?" âClic.âStupito, fissò lo schermo; âFine della conversazione. Tempo: 4,03 secondiâ.
Ottimo. Ora stava facendo dei monologhi.
Alzando le spalle disgustato decise di dimenticare tutto l'episodio e di ritornare al suo palco.
Nessuna persona sana di mente chiama lo stesso numero senza ragione per così tante volte. C'era qualcosa sotto.
Una Vespa azzurra comparve all'angolo di Via Firenze, una stretta strada vicina al teatro. Lanciato ad alta velocità tra i pedoni lo scooter attraversò Piazza Beniamino Gigli verso il teatro, mancando di poco un gruppo di ignari turisti. Quando arrivò all'altezza dell'entrata principale la Vespa fece una svolta secca a sinistra e si diresse verso Sandwell. Una collisione sembrava inevitabile, ma, all'ultimo momento, il guidatore premette sui freni, fermandosi a pochi centimetri da Sandwell, che fece un passo indietro.
"Buonasera,â disse l'uomo. âLei è il Signor William R. Sandwell?"
Sandwell annuì, confuso.
âSono io. La conosco?â
Ignorando la sua domanda, il guidatore estrasse un piccolo pacchetto dalla giacca e glielo porse. Senza una parola ripartì nella notte.
Sorpreso da questa consegna inaspettata Sandwell notò che il pacchetto consisteva di una semplice busta bianca con una riga scritta a mano al centro, âWilliam R. Sandwell.â
Il suo nome era scritto con un inchiostro nero e con una calligrafia antica ed estremamente elegante. Sembrava opera della mano di un uomo, ovviamente di qualcuno che aveva imparato a scrivere molto tempo fa. Supponendo che la scrittura fosse genuina e non qualche calligrafia appresa successivamente, significava che l'autore dell'appunto doveva essere molto più vecchio di lui.
Una sensazione di perdita lo travolse, ripensando a tutte le persone anziane che una volta conosceva e che avrebbero potuto scrivere in modo così meraviglioso ma che erano morte da molto tempo.
Guardando la busta pensò che una singola riga scritta aveva improvvisamente trasformato la sua visita non pianificata a Roma in un qualche tipo di strano mistero.
Toccando un angolo del pacchetto sentì una irregolarità , un rigonfiamento di qualche millimetro, della dimensione di una moneta. La busta sembrava accuratamente sigillata.
Con cautela l'aprì.
5
Con suo grande sollievo la busta non conteneva nulla di pericoloso, solo una chiave del tipo usato per gli armadietti, le cassette postali e i lucchetti. Aveva una targhetta in alluminio con il numero trentasette chiaramente evidenziato seguito dalle lettere âRTâ.
RT potrebbe indicare le iniziali di qualcuno, pensò, o forse il nome del mittente. O forse RT è l'abbreviazione di una cosa più che di una persona.
Decise di puntare sulla seconda ipotesi.
Supponendo che il mittente del pacchetto si aspettasse che lui aprisse la busta, allora era ovvio concludere che si pensava che lui usasse la chiave.
Guardando il suo orologio, vide che erano solo le dieci e un quarto, aveva ancora molto tempo per capire a chi o a che cosa appartenesse la chiave.
Dopo un momento per decidere, ritornò dentro al teatro, e andò direttamente verso la reception dove consultò una brochure riccamente illustrata intitolata âVISITARE ROMAâ.
Alla fine della brochure trovò quello che stava cercando, una lista di tutti gli hotel e le pensioni della capitale, elencati in ordine alfabetico.
Passando con il dito lungo l'elenco cercò di riconoscere le lettere sulla targhetta. Fu un tentativo inutile. Nessuno degli hotel o delle pensioni nella lista sembrava combaciare con le lettere RT. Decise di chiedere a qualcuno.
âMi scusi, può dirmi cosa significano queste lettere?â chiese a uno degli impiegati mostrando la targhetta.
âCerto, signore. RT è l'abbreviazione di Roma Termini. à la più grande stazione dei treni di Roma. Le serve un taxi? Posso chiamargliene uno se desidera.â
Una stazione dei treni doveva avere di sicuro degli armadietti, pensò rallegrnandosi.
âNo, grazie,â rispose, scuotendo brevemente la testa. âPreferisco camminare.â
Una folla di spettatori dell'opera scese le scale e si riversò lungo le strade, un segnale che lo spettacolo era terminato. Rimase in piedi a pensare. Poteva tornare al suo hotel dove era certo che la stanchezza lo avrebbe portato a dormire, e in tal caso si sarebbe sicuramente svegliato sufficientemente presto per prendere il volo per tornare a casa. Se, però, avesse fatto così, non avrebbe mai scoperto cosa conteneva l'armadietto numero trentasette.
Un'auto bianca con una scritta rossa âTaxiâ sul tettuccio passò in quel momento. Sandwell sollevò la mano.
"Stazione di Roma Termini, per favore."
Mentre il taxi attraversava il fiume Tevere, all'improvviso cominciò ad avere dei dubbi, forse la chiave non era diretta a lui personalmente, anche se c'era il suo nome scritto sulla busta.
Cominciò a sentirsi a disagio, pensando alla possibilità che qualcuno lo stesse perseguitando. Magari era pedinato da qualcuno che soffriva di qualche tipo di disturbo.
Prima che potesse cambiare idea, il taxi accostò davanti alla stazione ferroviaria. I piedi davanti al terminal Sandwell cominciò automaticamente a ispezionare la folla dei viaggiatori, in gran parte formata da turisti. Si rese conto che chiunque di loro poteva controllarlo.
All'interno del terminal gli armadietti furono facili da trovare. Dietro a una parete di vetro con la scritta âDeposito Bagagliâ c'erano parecchie file di armadietti in acciaio numerati da uno a quaranta. Il numero trentasette era nella fila inferiore sulla destra.
Con la maggiore discrezione possibile si mise davanti all'armadietto e lo aprì. All'interno c'era un piccolo borsello nero in velluto lungo una ventina di centimetri. Vista la sua forma piatta oblunga doveva contenere in libro o qualcosa del genere.
Uscendo, mentre metteva il borsello dentro la sua giacca, Sandwell controllò che nessuno lo stesse osservando.
Dentro al borsello c'era un libro. Sembrava piuttosto vecchio e di valore. Sulla copertina in pelle marrone c'erano tre parole:
MIRABILIA URBIS ROMAE
E subito sotto:
Historia et descriptio urbis Romae
Quando aprì il libro qualcosa cadde fuori. Raccogliendolo vide che era una specie di carta da gioco. Riportava un'immagine colorata di un ecclesiastico. Il copricapo dell'ecclesiastico sembrava essere una tiara, stando a indicare che era un cardinale o un papa. La figura portava un bastone con tre stecche trasversali alla fine. Al di sotto c'era la scritta: âLa Papessa.â Lungo il lato della carta scritta con una calligrafia classica, quasi identica alla scrittura sulla busta bianca lesse:
Stupefatto da quanto vide, Sandwell fissò i caratteri, scritti al contrario. Dentro di sé mantenne la speranza che fosse tutto una specie di gioco.
Se era realmente qualcosa di importante, e ne dubitava, perché qualcuno avrebbe dovuto imbarcarsi in un approccio così contorto usando telefonate, consegne anonime su Vespe e armadietti nelle stazioni dei treni?
Allontanandosi a piedi, Sandwell si rese conto che senza ulteriori dettagli, cercare di rintracciare il mittente della busta era tanto inutile quanto cercare di trovare il guidatore della Vespa azzurra nel centro di Roma, sapendo che ce ne erano centinaia.
Doveva esserci un altro modo.
Fermandosi sul lato della strada gli tornò in mente l'immagine dell'ecclesiastico sulla carta.
Un ecclesiastico. Se c'era un posto sulla Terra che aveva le risposte alle sue domande sul libro era proprio lì a Roma. La prima cosa da fare era consultare un prete esperto o un vescovo. Controllando sul suo cellulare vide che la chiesa più vicina era la Basilica di Giovanni in Laterano, a pochi isolati da lì.
6
Arrivato davanti al sontuoso edificio trovò tutte le porte chiuse. Non c'era neppure alcuna fonte di luce se non un lieve bagliore, proveniente dalle finestre dell'abside, l'estensione a forma di cupola della basilica. Un motivo per nutrire qualche lieve speranza.
Tutte le chiese europee, specialmente quelle dei periodi più antichi avevano entrate e uscite separate per i compiti non cerimoniali con una porta sempre sul retro o di lato.
Quando andò a cercare la porta, scoprì che non c'era alcuna luce nella parte posteriore dell'edificio. Investigò ancora un po' al buio. Alla fine trovò una porta di accesso, piuttosto vicina al punto da cui aveva iniziato a guardare, ma con suo grande disappunto si rivelò essere chiusa. Suonare il campanello e colpire ripetutamente il battente in ferro della porta non portarono nessuna risposta. Tutte le speranze di trovare qualcuno all'interno a quell'ora sembravano una causa persa.
Nella sua immaginazione Sandwell cominciò a visualizzare la scena al controllo bagagli in aeroporto al suo arrivo di ritorno in Giappone.
âNulla da dichiarare, Signore?â
âNo, solo un libro antico. Probabilmente arte italiana, quattordicesimo secolo.â
"Buonasera," disse una voce dietro di lui. "Cosa sta facendo?"
Spaventato, si girò per vedere due poliziotti dall'espressione dura, membri della divisione motorizzata dei Carabinieri. Sembravano essersi materializzati dal nulla.
âNiente," rispose col cuore che batteva all'impazzata. "Non parlo bene l'italiano. Sono un turista e cercavo di scoprire a che ora aprirà la Basilica domani. Forse voi sapete dirmelo?"
Il più anziano, un poliziotto con baffi spessi e un volto butterato scosse la testa.
"Impossibile! La basilica è chiusa. Non ha motivi per essere qui a quest'ora."
Fissò Sandwell con i suoi occhi penetranti, rendendolo ansioso. Il nervosismo di Sandwell fu notato dal poliziotto più giovane.
"Sembra nervoso," disse, muovendosi in avanti. "Come mai? Perché?"
"Io? In realtà non lo so," replicò Sandwell. "Forse perché mi avete spaventato."
Il poliziotto si rilassò e si mise proprio davanti a Sandwell.
"Non lo sa? Nessuno è spaventato a meno che non ci sia un motivo per esserlo. Cosa faceva davanti a questa porta?"
"Nulla, come lo ho detto Signore. Ho spinto la porta per vedere se si poteva aprire."
Quattro sopracciglia nere si aggrottarono contemporaneamente.
"à stupido?â proseguì il più anziano. âLe ho detto che è chiuso. Non c'è nessuno qui a quest'ora. Perché stava provando ad aprire la porta?"
"Ci ho provato,â rispose Sandwell, alzando le spalle. âSono un turista, non sapevo fosse chiusa. Mi dispiace, ma nel paese dove vivo, ci sono sempre delle persone in un edificio come questo."
Sandwell sperò che questo portasse alla fine di tutto, ma, dopo aver confabulato per un minuto tra loro, ritornarono da lui. L'espressione poco amichevole del loro sguardo fece sentire Sandwell ancora più a disagio.
"Credo che ci sia più di quello che ci sta dicendo," disse l'agente più anziano. "Vuole venire con noi?"
Il poliziotto gli afferrò il braccio ma Sandwell riuscì a liberarsi di nuovo.
"Aspetti! Le sto dicendo che ho solo bussato alla porta!"
"Non ha scelta, ha capito?â Disse il poliziotto più giovane. âSi è comportato in modo sospetto gironzolando qui intorno."
"So che pensate sia sospetto," protestò sospirando. "Volevo visitare la basilica questa sera ma non pensavo fosse chiusa, ho pensato che qualcuno avrebbe risposto se avessi bussato. Quando non ha risposto nessuno ho pensato che avrei aspettato."
Non furono molto impressionati dalle sue argomentazioni. âIn ogni caso, non può restare qui," disse con impazienza il più anziano. "à meglio che aspetti in ufficio. Deve venire con noi, andiamo."
Sandwell desiderò che la terra si aprisse e lo inghiottisse. Se voleva restare fuori da una stanza per gli interrogatori, doveva inventarsi una buona storia. Raccontare loro una storia su strane telefonate, un messaggero non identificato su una Vespa, una chiave e un libro del quattordicesimo secolo lo avrebbe fatto atterrare direttamente in manicomio.
Seduto nel sedile posteriore dell'auto della polizia pensò al suo aereo che, entro poche ore, sarebbe decollato senza di lui.
Non appena arrivarono alla stazione di polizia, Sandwell fu condotto in una delle stanze per gli interrogatori e lasciato lì ad aspettare. Quindici minuti più tardi la porta si aprì e un uomo magro entrò nella stanza. Sembrava stanco e stressato. Non si era rasato, aveva i capelli in disordine e indossava un abito estivo beige spiegazzato. Sandwell pensò avesse sui trentacinque anni. Aveva una carnagione poco salubre simile allo stucco e stava sudando abbondantemente. Aveva un'espressione piuttosto da pazzo sul volto. Se qualcuno avesse detto a Sandwell che era un tipo dedito al crack non lo avrebbe sorpreso.
"Lei è il tizio arrestato?" chiese l'uomo con l'abito.
Sandwell ora era un po' nervoso, sapeva di non aver fatto nulla di male, In effetti era leggermente irritato.
âCosì pare. A meno che non veda qualcun altro oltre a me.â
La sua risposta non fu presa molto bene.
"Faccia attenzione!" gli urlò l'uomo in faccia. "Si alzi quando le parlo! Capisce l'italiano?"
Sandwell scosse la testa.
"Molto poco. Sono qui contro la mia volontà e non era mia intenzione venire qui. Allora perché diavolo"