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Morrigan
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Morrigan

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‹‹Sta’ zitto, angelo dannato! È impossibile››, disse Sonia scattando come un leone addosso a Gabriel. ‹‹Se davvero le cose stessero come hai detto tu, perché non si è reincarnata prima? Se esiste e non è solo il nome del nostro potere, perché non si è mai fatta vedere?››.

Gabriel non si mosse, si limitò a scuotere la testa e a fare un mezzo sorriso beffardo.

Cominciò a recitare quella che sembrava essere una poesia.

‹‹La luce della luna abbraccia la bambina,

così impaurita, così piccolina.

Quell’uomo cattivo vuole farle del male,

ma la Grande Madre la vuole salvare.

Il destino ha in serbo per lei grandi cose,

ma solo il suo cuore le dirà da che parte stare››.

‹‹Con questa bella poesia che vorresti dire?›› chiesi, irritata.

Il suo sguardo mi trafisse.

‹‹Voglio dire››, cominciò con un tono così duro che mi fece venire un groppo in gola, ‹‹che tu sei appena arrivata e di queste cose non puoi saperne niente. Vedi di cambiarti, adesso. Dobbiamo uscire››.

Girò i tacchi e uscì. Rimasi a fissargli la schiena con le lacrime che mi stavano riempiendo gli occhi. Chi era lui per potermi trattare così? Va bene, ero morta e ritornata in vita in un mondo che non conoscevo grazie a lui, a un suo bacio.

Un suo maledettissimo bacio.

Voleva farsi odiare? Era questo il significato del discorsetto di prima?

Beh, c’era riuscito.

C’era qualcosa di nascosto in lui. Qualcosa che non avrei dovuto scoprire e che volevo ugualmente conoscere, a ogni costo.

Sentivo il bisogno di saperne di più, anche se mi era stato ordinato di non farlo. Le lacrime cominciarono a scendere, silenziose.

Sara se ne accorse subito. ‹‹Piangi, tesoro, ne hai bisogno. La tua vita è stata sconvolta troppo in fretta››. Posai la testa sulla sua spalla e cominciai a piangere a dirotto.

Dopo qualche minuto mi tranquillizzai.

Nel frattempo Sonia era andata a prendere dei vestiti per uscire e ritornò con tre splendidi abiti che sembravano appena usciti da un castello medievale. Erano di taffetà. Il corpetto tempestato di diamanti piccoli e lucenti creava un arcobaleno di riflessi ogni volta che la luce li colpiva. I bordi erano orlati d’oro con degli arabeschi d’argento e la gonna ricadeva giù, morbida e leggera, per permettere la facilità dei movimenti. Le spalle erano lasciate scoperte ma la temperatura in quella dimensione era mite.

Dato che il sole illuminava sempre quei luoghi, l’aria era sempre primaverile, tiepida e piacevole al contatto con la pelle.

Il vestito di Sara era azzurro come i suoi occhi, quello di Sonia era rosso fuoco come i suoi capelli e il mio era viola scuro, il mio colore preferito.

Lo indossai e mi guardai allo specchio. Dietro di me erano arrivate Sara e Sonia. Sembravamo tre dame di un’altra epoca.

La cosa mi fece sorridere e mi tornò il buonumore.

Ero curiosa di sapere una cosa, però.

‹‹Ragazze, dove stiamo andando?››.

Sonia si avvicinò e mi sussurrò all’orecchio: ‹‹Stiamo andando dall’unica persona che può esserti d’aiuto››.

‹‹Ci si può fidare?››.

‹‹Di Ares? Certo!›› esclamò Sara.

‹‹Come mai ne sei così sicura?››.

Qualcosa dentro me stava cercando di mettermi in guardia.

‹‹È un immortale. Gli immortali sono la razza che ci sta dominando, per essere precisi, ma loro vivono nel Regno di Tenot e vengono qui una volta al mese per riscuotere i tributi e infliggere qualche punizione. O meglio, mandano i loro scagnozzi… questo però ora non c’entra››, mi spiegò Sonia. ‹‹Ares è cresciuto qui, nel Regno di Elos. Suo padre è morto combattendo contro il Re che ci perseguita e così ha deciso di non tornare mai più. Vuole vendetta e si è alleato con noi››.

‹‹Okay, andiamo da questo Ares››, non mi restava che dargli una possibilità.

Sonia mi sorrise per la prima volta. Un sorriso sincero, di incoraggiamento.

Erano tutti convinti che Ares mi avrebbe salvata. Io, invece, ero convinta che qualcosa sarebbe andato storto.

Ma chi ero io per dirlo?

Forse avrei dovuto rilassarmi un po’. Il troppo stress mi stava facendo venire il mal di testa.

Che poi, si può avere mal di testa anche da morti.

4

IL REGNO DI ELOS

Potevo essere finita in paradiso?

Una cosa del genere non avrei mai e poi mai potuto crederla reale.

Appena uscita, mi ritrovai in un luogo in cui la luce del sole risplendeva sempre e il cielo sembrava dipingere ogni cosa con la sua luce azzurrina.

Non era molto diverso dalla Terra, il posto in cui mi trovavo: la vegetazione era la stessa. Notai qualche acacia con i suoi soffici fiori rosa e qualche albero di pesco in fiore. Non c’era casa o palazzo che non fosse rivestito da fiori.

Ciò che però mi tolse letteralmente il fiato fu la presenza di esseri magici di fronte a me.

Mi stavano aspettando ed erano disposti in un semicerchio ordinato suddiviso per razza e altezza. Partendo da destra c’erano dei piccoli esserini luminosi, alti circa venti centimetri. Dietro la schiena avevano due ali scintillanti che si muovevano veloci come quelle di un colibrì. Tutto ciò che si poteva notare era la polverina scintillante che ricadeva a terra con delicatezza, come fosse neve dorata.

Al centro erano posizionati gli gnomi. Impossibile non riconoscerli! Erano alti dai novanta centimetri ai centocinquanta. Ero sempre stata convinta che fossero esseri che nessuno avrebbe mai potuto vedere, e invece in quel momento li stavo osservando.

Gli uomini con le loro barbe lunghe che andavano dal nero intenso dei più giovani al grigio chiaro dei più anziani, e le donne con i capelli acconciati in due trecce ordinate tenute ferme da un delizioso fiocco colorato.

Non potevano certo mancare i cappelli rossi, il loro simbolo per eccellenza. Diversamente da come pensavo, però, non erano a punta, ma ricadevano morbidi dietro la nuca.

A chiudere il cerchio, a sinistra, si trovavano delle creature a cui non riuscivo a dare un nome.

‹‹Sonia, chi sono?›› chiesi, muovendo appena le labbra per non fare brutta figura.

‹‹Sono mezzelfi, Sofia. Una razza generata molti secoli fa dallo stretto contatto con gli umani. Solo gli elfi erano in grado di poter interagire con i mortali e il risultato dell’unione tra elfi e uomini puoi osservarlo con i tuoi stessi occhi adesso››.

‹‹Ho capito. E che poteri hanno?››.

Sonia rise, ‹‹Difficili da descrivere, dipende dai casi. Possono attingere a qualsiasi potere››.

‹‹Questo vuol dire che ce ne sono di buoni e di cattivi››.

Era più un’annotazione per me che una vera e propria affermazione, ma Sonia rispose lo stesso.

‹‹Già, i Siruco. Tempo fa i Guardiani di Elos, grazie all’aiuto dei mezzelfi buoni, riuscirono a cacciarli nell’Altro Regno. Gli elfi oscuri sono spietati e avidi di potere, diciamo che sono dei tipi da evitare››.

Avrei voluto chiedere qualcosa in più su questa storia, ma un mezzelfo avanzò.

Indossava una camicia di seta bianca legata in vita da una corda e con un’apertura davanti attraverso la quale s’intravedeva un fisico perfetto. A completare il tutto, un paio di pantaloni color cachi e teneva i capelli lunghi e neri raccolti in una crocchia improvvisata da un nastro dorato.

Notai che le orecchie non erano poi così appuntite, bensì avevano una punta leggermente accennata. Si sarebbe potuto benissimo scambiare per un ragazzo umano qualsiasi.

Lo vidi portare una mano aperta sul cuore, incrociare medio e anulare e abbassare il capo in segno di rispetto.

‹‹Sono Calien, re del Regno di Elos e dei mezzelfi. Il nostro popolo esulta di fronte alla Vostra presenza››. Il suo tono di voce era caldo e autoritario. ‹‹Siete venuta qui per salvarci dalle sevizie del malvagio re del Regno di Tenot, la cui crudeltà può essere riassunta dal modo in cui si fa chiamare: Mefisto! Il suo cuore immortale è corrotto dai demoni più spietati. Solo Neman, riunitasi con Badb e Macha, potrà salvarci. Gloria e Onore a Voi››.

‹‹Gloria e Onore a Voi››, gridarono in coro tutte le creature presenti. Si portarono la mano con il medio e l’anulare incrociati sul cuore anche loro, e s’inchinarono di fronte a me.

Avrei voluto dir loro di alzarsi, mi facevano sentire in imbarazzo.

Sara mi si avvicinò e mi poggiò una mano sulla spalla. ‹‹Chiudi gli occhi e respira a fondo, la mia fonte della conoscenza ti sarà utile››.

Feci subito quello che mi aveva ordinato.

All’improvviso, attorno a me si alzò un allegro vortice d’aria. Profumava d’estate, di gioia e di serenità, e percepii tutto il potere che portava in sé. Si espanse in tutto il corpo senza lasciare fuori nemmeno un muscolo. Partì dai piedi, salì lungo le gambe, entrò nella pancia, su fino alla gola e arrivò fin sopra i capelli.

A quel punto seppi con esattezza cosa dovevo fare.

Feci due passi avanti. Aprii le braccia verso di loro, i palmi rivolti verso il basso e, come se qualcuno avesse premuto un interruttore invisibile, sentii qualcosa svegliarsi dentro, qualcosa che non credevo e non sapevo di avere. Qualcosa che quando uscì sorprese tutti quanti.

Quello che dissi non proveniva dalla mia voce, e nemmeno dal mio corpo. Ero come in uno stato di trance, non potevo comandare più nessun muscolo. Somigliava molto a una specie di possessione, non malvagia però, e per quello non opposi resistenza.

‹‹Non abbiate paura, figli miei, sono tornata per salvarvi e per avere la mia vendetta. La Grande Regina è tornata. Gloria e Onore a Voi››.

E per la seconda volta in quel giorno tutto si fece buio e persi i sensi.

***

‹‹Vedi di svegliarti, non ho la minima intenzione di portarti in vita nuovamente››.

Avrei potuto riconoscere la sua voce fra mille. Aveva qualcosa che mi metteva rabbia e paura al tempo stesso.

Rabbia perché avrei voluto che smettesse di trattarmi come uno straccio da buttare.

Paura perché attorno a lui c’era un’aura misteriosa e oscura che emanava potere. Un potere troppo grande che mi faceva sentire a disagio.

‹‹Non ho la minima intenzione di attirare la tua attenzione, Gabriel. Più mi stai distante meglio è››.

Ero davvero irritata!

E poi che ci faceva ancora qui? Non poteva starsene dov’era?

‹‹Beh, mi dispiace per te, ma dovrai sopportare ancora la mia presenza dato che a causa dei tuoi continui svenimenti dovrai salire a cavallo con il sottoscritto››.

Cosa? Non l’avrei fatto per nessun motivo al mondo, nemmeno sotto tortura!

Stavo per ribattere quando la voce allarmata di Sonia ci interruppe. ‹‹Non capisco! Abbiamo a disposizione un intero allevamento di cavalli. Che fine hanno fatto?››.

‹‹Credo che i Siruco siano entrati di nascosto e li abbiano portati via tutti. Per fortuna ne abbiamo ancora due a disposizione per oggi››. Il tono di Gabriel era privo di qualsiasi emozione.

‹‹Non capisco, perché sono entrati di nascosto? Non potevano fare come hanno sempre fatto?››. Sonia era in preda a un attacco d’ansia. ‹‹Di solito si divertono a torturarci e a portarci via le cose davanti agli occhi e…››.

‹‹Non vogliono che ci allontaniamo dal villaggio, sanno che è qui››.

‹‹Non vogliono che ci allontaniamo e ci lasciano due cavalli?››.

Gli feci notare che le cose non quadravano e intanto, con molta calma, mi ero messa a sedere massaggiandomi il collo tutto intorpidito.

‹‹Ottima osservazione››, disse Gabriel facendomi l’occhiolino. ‹‹Però devi sapere che qui c’è qualcuno dotato di un’intelligenza superiore che, guarda caso, sarei io! Per prevenire questo genere di cose ho nascosto due splendidi cavalli››.

Odiavo quel tono e odiavo quel suo fare da ragazzo strafottente.

Sarà anche stato l’angelo della morte, ma se la tirava un po’ troppo per i miei gusti.

‹‹Okay, Mister Intelligenza, cosa vuoi? Che ci prostriamo ai tuoi piedi e cominciamo a venerarti?››. Imitai un inchino.

‹‹Non sarebbe male, potresti cominciare tu dando il buon esempio››.

Lo odiavo!

Mi alzai, goffa e instabile perchè mi girava ancora un po’ la testa. Per fortuna lì vicino c’era Sara e mi appoggiai a lei.

Era seria e mi guardava come se fossi un extraterrestre.

Avevo qualcosa tra i capelli? Cercai di metterli apposto meglio che potevo, ma continuava a guardarmi allo stesso modo.

I suoi occhi di ghiaccio sembravano penetrarmi dentro e un brivido mi corse su per la schiena.

‹‹C’è qualcosa che non va, Sara?››.