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Morrigan
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Morrigan

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Mio padre, il mio adorato e forte papà dal quale avevo preso i capelli ribelli e neri. Avrei dovuto dargli ascolto più spesso.

E Ade, il mio fedele amico a quattro zampe. Che avrebbe fatto ora senza di me? Eravamo sempre insieme, inseparabili, e ora non avrei più potuto stargli accanto.

Fu proprio su questo pensiero che una lacrima scese lungo la guancia, questa volta davvero, mischiandosi con la pioggia.

Un brivido freddo mi attraversò il corpo e tutto sembrò muoversi.

Il mondo cominciò a vorticarmi attorno e qualcosa mi attirò verso l’alto, fuori dal corpo. Non riuscivo a distinguere nulla. Stavo viaggiando a una velocità tale che vedevo solo sagome indistinte o lampi di luce. L’unica cosa che riuscivo a percepire in quel singolare viaggio erano delle voci. Dei lamenti per essere precisi. Dei lugubri e tetri lamenti. Addirittura, sembrava che mani invisibili si allungassero per fermare la mia folle corsa. Mi trafiggevano il corpo ma non potevo sanguinare e brandelli di carne sembravano togliersi dal corpo ogni volta che una di quelle mani mi sfiorava.

Dopo quelli che sembrarono minuti infiniti mi ritrovai a fluttuare.

Non ero in una stanza.

Non ero fuori.

Non ero nemmeno in cielo.

Galleggiavo in una sorta di dimensione celeste, tutto attorno a me brillava di una luce azzurrina e ipnotica.

Avrei potuto rimanere là per sempre. Provavo un senso di pace così immenso che avrei desiderato perdermi in quel posto.

Le mie preghiere furono accolte.

Un bagliore bianco e accecante mi fece perdere i sensi e tutto diventò buio e silenzioso.

3

L’ARRIVO A NAOSTUR

‹‹Non credi che dovresti svegliarla, ora?››.

‹‹È così dolce vederla dormire››.

‹‹Sei impazzita? Non dirai sul serio, Sara››.

Sentivo la voce di due ragazze.

Chi erano?

Che volevano?

Desideravo tanto che se ne andassero, che mi lasciassero dormire.

Per sempre!

Non volevo svegliarmi, stavo bene dov’ero.

‹‹Smettetela››, ordinò una voce dolce e allo stesso tempo autoritaria. Era un ragazzo, e dal timbro vocale doveva avere la mia età o poco più. Non ci pensai troppo, il mio cervello reclamava a ogni tentativo di farlo funzionare.

‹‹Finalmente sei arrivato››, disse la prima ragazza, quella che sembrava più decisa e inflessibile.

‹‹Andatevene, lasciatemi solo con la nuova arrivata››.

‹‹Certo, capo››, risposero in coro le ragazze ridacchiando.

Sentii dei passi che si allontanavano, qualche parola bisbigliata e la porta chiudersi con un cigolio fastidioso.

Rimasi finalmente sola.

O forse mi sbagliavo?

Qualcosa di caldo si avvicinò al mio volto. Profumava come l’aria di montagna.

A un certo punto questa cosa si avvicinò alle mie labbra e vi si appoggiò.

Fu allora che capii che quello era un bacio.

Il bacio più intenso che avessi mai ricevuto. Le mie labbra si mossero con una reazione involontaria. Si aprivano e si chiudevano seguendo le sue labbra. Era come ossigeno. Cercavo avidamente quella bocca, come se da lì potessi attingere forza.

Come se potessi vivere di nuovo.

Una leggera scossa elettrica percorse ogni centimetro del mio corpo rimettendo in moto gli ingranaggi.

Le labbra misteriose si staccarono dalle mie. Spalancai gli occhi e mi misi a sedere di scatto boccheggiando.

‹‹E stai un po’ attenta!››.

‹‹S-scusa›› balbettai. Mi ero alzata talmente di fretta che quasi andai a sbattere addosso al suo viso. Si trovava a pochi centimetri da me ed era il ragazzo più bello che avessi mai visto. I suoi occhi erano neri come la notte, i capelli ricci, scompigliati e neri, sembravano così soffici che avrei voluto provare ad accarezzarli.

Mi resi conto di essere rimasta a fissarlo a bocca aperta e cercai di mascherare l’imbarazzo meglio che potevo.

‹‹Ci tengo a chiarire le cose subito››, disse con serietà, ‹‹Sei morta! Ora ti trovi nell’Altro Mondo. Ti ho risvegliata con un bacio e…››.

‹‹Frena frena frena. Un’informazione alla volta››. Lo bloccai alzando una mano. ‹‹Partiamo dall’inizio. Primo, non credo proprio di essere morta dato che ci stiamo guardando negli occhi e sto parlando. Secondo, chi sei tu? E cos’è questa storia del… beh, del bacio?››.

Notò che le guance mi si erano infiammate e fece un sorriso che mi fece accapponare la pelle. Sembrava un terribile cacciatore che godeva nel vedere la sua preda in gabbia, senza alcuna via di scampo.

‹‹Sì, giusto, hai ragione››. Si schiarì la voce. ‹‹Mi chiamo Gabriel e sono l’angelo della morte. Per quanto possa sembrarti assurdo, ti ho baciata perché sembra che io abbia la sfortuna di far morire la gente e, in casi rari, di farla rivivere››.

‹‹Angelo della morte? Questa sì che è bella››. Scoppiai a ridere. ‹‹Sto ancora sognando, devo assolutamente svegliarmi››.

Cominciai a pizzicarmi il braccio ma l’effetto che ottenni non fu quello sperato. Non mi svegliai nel mio letto come quando avevo fatto quel bruttissimo incubo la sera prima.

Quindi quello che mi aveva appena detto era vero?

Quello era l’aldilà?

Se ero morta, perché il pizzicotto mi aveva fatto male?

Mi guardai attorno, spaesata. La stanza mansardata era tutta rivestita di legno. Una finestrella era ricoperta da delle tende azzurre, in tinta con le lenzuola e con i tappeti.

Inarcai un sopracciglio e pensai che in fatto di arredamento gli mancava decisamente molta fantasia.

Accanto al letto, alla mia sinistra, c’era un enorme specchio e fu in quel momento che vidi il mio riflesso. Il viso pallido, i capelli più lunghi e più neri. Indossavo ancora la canotta bianca con la farfalla rosa e i pantaloncini corti neri.

E le mie All Star.

‹‹Mi dispiace, lo so che è dura da accettare, ma sei morta davvero››, e con un gesto automatico, di circostanza, mi posò una mano sul braccio come se volesse consolarmi. Sentii un brivido lungo la schiena, un misto di paura, orrore e attrazione.

Era come se potessi avere delle informazioni in forma di sensazioni sulla sua vita. Avrei potuto giurare che sentì anche lui quella specie di scossa perché mi guardò sgranando per una frazione di secondo gli occhi neri, quasi irritati, e ritrasse subito la mano.

‹‹Okay, senti››, disse lui ritornando al discorso di prima, ‹‹Ti trovi in un posto chiamato Naostur. Dovrai comportarti in una certa maniera d’ora in avanti. Questo non è il mondo in cui sei abituata a vivere, anche se ci assomiglia molto››.

‹‹Sono in paradiso?››.

Gabriel si mise a ridere ‹‹Sofia, che stai dicendo? Sei solamente in un’altra dimensione. Naostur è una sorta di mondo parallelo. L’unica differenza è che qui il sole illumina solo una parte delle terre, il Regno di Elos. Dall’altra parte, il Regno di Tenot, è sempre notte››.

Bene, avrei dovuto imparare a convivere con un sole che non sarebbe mai tramontato. L’idea non mi piaceva un granché.

I pensieri cambiarono rotta all’improvviso e un campanello d’allarme si fece sentire nello stomaco. ‹‹Aspetta! Come fai a sapere il mio nome? Non ti ho mai detto come mi chiamo››.

‹‹Tutti sanno chi sei, Sofia. O preferisci che ti chiami Neman?››

Neman? Mi stava prendendo in giro?

Non era affatto una cosa divertente!

Ero appena ritornata da un viaggio negli inferi e non avevo la minima voglia di scherzare.

‹‹Solo Sofia, grazie››, dissi nel tono più acido possibile.

‹‹Va bene, Sofia››, disse Gabriel rivolgendomi un sorriso alquanto misterioso, ‹‹ora ascoltami, queste sono le regole. Potrai uscire di qui solo accompagnata da me o dalle tue sorelle: potresti perderti facilmente e non devi andare nella zona d’ombra per nessun motivo. Né da sola né accompagnata, ci andrai quando sarai pronta. Hai capito?›› concluse puntandomi un dito addosso.

Trattenni una risata dopo aver ascoltato quella serie di raccomandazioni assurde. Ma capii che non stava scherzando. Anzi, era fin troppo serio.

‹‹È tutto chiaro. Solo che forse ti stai sbagliando: io non ho sorelle››.

‹‹Nel mondo reale sei figlia unica, qui ne hai due. Sono Sara, la custode dei poteri di Badb, e Sonia, la custode dei poteri di Macha››.

Mi grattai la testa confusa. ‹‹Okay, c’è altro che devo sapere?››.

Era di sicuro una situazione surreale. Troppe cose nuove, troppe regole, troppa confusione, troppi cambiamenti.

Le carte avevano ragione.

Avevano maledettamente ragione!

‹‹Sì, c’è altro›› disse in tono serio. E vedendo che i miei pensieri erano altrove, mi prese con delicatezza il mento e mi fece voltare verso di lui.

Il cuore cominciò a battere all’impazzata, tanto mi colse di sorpresa quel gesto.

Sul suo volto passarono una serie di emozioni: stupore, tormento e rabbia. Tolse la mano e puntò lo sguardo fisso davanti a sé, in direzione dello specchio.

‹‹C’è una cosa che non devi fare, una regola che non potrai infrangere››. Il suo tono mi spaventò. ‹‹Non devi cercarmi e non devi fare affidamento su di me. Non sono il tuo baby sitter. Non ti seguirò passo passo nella tua transizione. Sono l’Angelo della Morte, ho un bel po’ di anime di cui nutrirmi, e devo portare a termine una missione, quindi non voglio problemi. E poi…›› si fermò. Un’ombra calò nei suoi occhi e serrò la mascella. ‹‹E poi standomi accanto ti procurerai solo guai. Io faccio del male alle persone che mi sono vicine››. Strinse i pugni e si alzò di scatto per andare ad aprire la porta.

Non riuscii a dire nulla. Quelle ultime parole mi rimbalzarono in testa, non riuscivo a dar loro il giusto significato.

La voce di Gabriel mi fece ritornare con i piedi per terra. Stava chiamando qualcuno che era fuori della stanza. ‹‹Sara, Sonia. Potete entrare ora, è sveglia››.

La prima ragazza che entrò aveva i capelli rosso fuoco, lunghi fino alla vita. I suoi occhi neri sembravano quelli di un corvo.

Mi ricordava qualcuno… L’avevo già vista, ma non riuscivo a ricordare dove.

Guardai la seconda ragazza. Aveva i capelli lunghi fino alla vita anche lei, però i suoi erano di un biondo chiaro, così chiaro da sembrare bianchi. Più di tutto, però, colpivano lo sguardo i suoi occhi: due occhi come il ghiaccio, limpidi e sinceri. Sembravano tristi e anche lei mi ricordava qualcuno. E come con l’altra non ricordavo chi.

La ragazza dai capelli bianchi superò quella dai capelli rossi che si era fermata a metà stanza e mi osservava con le braccia incrociate. Si fiondò sul letto e mi abbracciò come una bimba quando vede la sua mamma. ‹‹Neman! Sei qui››, gridò.

‹‹Forse ti stai sbagliando, io mi chiamo Sofia››, dissi, tentando di sciogliere l’abbraccio con gentilezza.

‹‹Certo, Neman, lo so che gli umani ti chiamano Sofia. Il mio nome umano è Sara, ma quando si rivolgono a me come Dea mi chiamano Badb. Sono la guardiana del pozzo sacro, custode della conoscenza infinita››. I suoi occhi si intristirono di colpo. ‹‹Sappi che mi dispiace tanto. Ho dovuto mostrarmi a te come Dea, dovevi morire per raggiungerci, ma ora sei qui, sana e salva. Non mi detesti, vero?›› Me lo stava chiedendo con il labbro inferiore sporgente e gli occhioni spalancati, talmente chiari da sembrare quasi bianchi.

Mi faceva tenerezza. Poi capii: era lei la vecchina che avevo visto al parco!

I suoi occhi di ghiaccio mi guardarono in lacrime.

Fui colta da un attimo di rabbia e decisi di respirare a fondo per calmarmi.

Poi, con un falso sorriso ben riuscito, dissi: ‹‹No, Sara, non sono arrabbiata con te. Stai tranquilla››.

Le posai una mano sui capelli per calmarla: era disperata sul serio.

La guardai meglio e mi chiesi quanti anni avesse. Ne dimostrava quindici per via del suo viso dolce da bambina.

Fui richiamata all’attenzione dall’altra ragazza che si schiarì la voce e disse: ‹‹Il mio nome umano è Sonia, ma in realtà sono la reincarnazione di Macha, regina degli incubi. Io sono quella che ti ha avvisato. Ho rischiato parecchio per venire da te: quelli del Regno di Tenot, il lato oscuro, ci stanno tenendo sotto controllo. Sanno chi sei, ormai, e soprattutto sanno che sei qui››. Non si era mossa di un centimetro. Era rimasta ferma a metà stanza con le braccia incrociate.

‹‹Oh, sei tu quella che ho visto nel sogno. Una metà di me, giusto? Solo che… non mi assomigli molto. Perché eravamo così uguali?›› chiesi, confusa.

A dire il vero un po’ potevamo assomigliarci, solo che i miei occhi color oliva non avevano niente a che fare con le sue due sfere nere e il suo portamento non era di certo come il mio. Lei, a differenza di Sara che sembrava una bambina, era una donna fatta e finita. L’avrei vista bene come una leader o a capo di qualche gruppo. Si vedeva benissimo che le piaceva comandare e controllare la situazione. Comunicava con Sara solo guardandola e, infatti, con uno sguardo la fece alzare e uscire dalla stanza per andare chissà dove.

Ritornò dopo poco con un mucchietto di carte e me le porse. Solo allora Sonia si sedette accanto a me e a Sara. Cominciò a sfogliare le carte e tirò fuori un foglio di pergamena ingiallito con su scritto dei nomi. Sfogliai in velocità la lista con lo sguardo.

Alla fine vidi il mio nome accanto a quello di Sara e Sonia.

Alzai lo sguardo stupita. ‹‹E questo cos’è?››.

‹‹Una lista di nomi. Sono tutte le reincarnazioni di Macha, Badb e Neman, nonché della magia chiamata Morrigan. Le nostre tre anime, se lavorano insieme, prendono il potere della Grande Regina, la Dea della guerra e del cambiamento››.

Gabriel, che fino a quel momento era rimasto in silenzio appoggiato alla parete della stanza, si mise a ridere e disse: ‹‹Ragazze, quanti anni sono che avvengono queste reincarnazioni? Cinquecento? Di più? Ecco, se non ricordo male, Morrigan ha giurato di tornare››. Puntò un dito accusatorio verso di me. ‹‹Lei è la reincarnazione della Dea! La stanno cercando tutti, dovrebbe bastarvi come prova››.