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Morrigan
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Morrigan

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Urlai con lui e fui inghiottita dall’oscurità.

10

ARRIVI INASPETTATI

Il sogno che avevo fatto mi aveva lasciato un senso di smarrimento, terrore e un lieve pizzicore allo stomaco che non significava niente di buono.

Ero convinta che qualcosa fosse successo veramente a Michael, ma non avrei potuto fare nulla. Avrei voluto poter consultare i tarocchi, di loro potevo fidarmi senza avere il terrore che mi pugnalassero alle spalle.

Non sapevo a chi avrei potuto raccontare del sogno e delle sensazioni che mi erano rimaste.

Tutti stavano ancora dormendo, solo io ero seduta in cucina sulla sedia a dondolo.

Quella mattina faceva caldo, perciò mi liberai del vestito scomodo e scesi in slip e canottiera. A parte Sonia e Sara, non c’erano ragazzi in casa.

Gabriel, come al solito, spariva per andare chissà dove a fare chissà cosa. Ovviamente senza dire nulla a nessuno.

Stavo sorseggiando una tazza di tè verde, ovvero l’unica cosa decente che avevo trovato in cucina, mentre osservavo il sole che, a poco a poco, riprendeva il suo brillare che distingueva il giorno dalla notte

Qualcosa attirò la mia attenzione.

Qualcosa di famigliare a cui però non sapevo dare un nome.

Girai leggermente la testa e tesi l’orecchio.

Rimasi in silenzio ad ascoltare.

Qualcosa stava graffiando la porta.

Un rumore secco e regolare, come un segnale.

Il pensiero scivolò nella mia mente cercando di dare una forma, una dimensione e finalmente qualcosa trovò.

‹‹Ade!››. Quasi urlai per la gioia.

Saltai giù dalla sedia a dondolo su cui mi ero rannicchiata e quasi inciampai per la fretta. Un po’ di tè scivolò fuori dal bordo macchiando il legno fresco sotto i miei piedi.

Appoggiai la tazza al volo sul tavolo e mi precipitai verso il pomello della porta. Lo girai freneticamente. Le mani sudate per l’agitazione non facevano aderenza sull’ottone e non riuscivo ad aprire.

Finalmente un click, e la porta si aprì.

Un batuffolo di pelo chiaro mi saltò addosso. Mi chinai sulle ginocchia per coccolarlo e abbracciarlo e lui agitò freneticamente la coda bianca con una riga nera nel mezzo. Con il muso annusò ogni singola parte del mio viso, dandomi un leggero bacio-leccatina ogni tanto.

‹‹Ade! Mi hai trovato. Come hai fatto? Sei qui veramente!››.

Mi accorsi che stavo piangendo solo quando qualcosa di umido e caldo cadde sulle mie gambe.

Lui rispose con un bau e dei piccoli cigolii di contentezza.

‹‹Mia Dea, ma che succ… tesoro! Vieni qui bello!››. Sara, con addosso una maglia blu di due taglie più grande, si accucciò, tese una mano e schioccò le labbra per chiamare il cane.

Ade scodinzolò felice fino a lei, l’annusò e decise che le stava simpatica.

Nel frattempo, Sonia ci raggiunse scendendo le scale di corsa con la sottoveste di pizzo color bronzo che svolazzava a destra e a sinistra. I capelli rossi le sfuggivano da tutte le parti e aveva un’espressione strana.

Aveva qualcosa da nascondere?

La risposta alla mia domanda arrivò quasi subito.

Sì, qualcosa nascondeva.

Più che qualcosa… qualcuno!

Dietro di lei si materializzò Calien. Anche lui con i capelli stropicciati, l’aria di chi non ha mai dormito la notte e i suoi fedeli pantaloni color cachi.

Stavolta la camicia bianca non c’era.

Immaginavo dove poteva essere finita, ma non volevo pensarci.

La mia mente era impegnata a gioire con il mio fedele amico. Ero talmente impegnata che non mi preoccupai di essere in slip e canottiera in presenza di un ragazzo.

Sonia, talmente rossa in viso che avrebbe potuto mimetizzarsi con i suoi capelli, si avvicinò. ‹‹Non ci posso credere. Non dirmi che lui è…››.

‹‹Lui è Ade, il mio tesoro››, dissi io mostrando un sorriso a trentadue denti e accarezzando il mio cucciolone.

‹‹Sofia, mmm… lo sai che significa questo, vero?››, disse Calien con un tono un po’ troppo serio per i miei gusti, le braccia incrociate sul petto nudo e lo sguardo solennemente triste di chi sta per darti una cattiva notizia.

‹‹Cosa significa questo… cosa?››. Il cuore mi martellava nel petto.

Avevo il terrore che mi dicesse che stavo immaginando tutto, che Ade non era veramente lì con me. Non avrei voluto sentirmi dire una cosa del genere, al solo pensiero mi sentivo male.

Sì, lo so, è solo un cane, ma per me era molto di più. Ero legata a lui quando ero in vita. Era il mio compagno fedele, sempre al mio fianco nel momento del bisogno, e ora più che mai avevo bisogno di lui.

‹‹Ade… il tuo cane. Insomma, non… non ti chiedi come abbia fatto a raggiungerti?››.

La domanda me l’ero posta per soli due secondi, ma la gioia di averlo ancora con me era troppo grande, sovrastava qualsiasi altra cosa.

‹‹Sì, beh, me lo sono chiesta ma…››.

Calien mi interruppe. Si avvicinò a me, ancora inginocchiata a terra, mi posò un braccio sulle spalle.

Brutto segno.

‹‹Vedi, tu e lui avete un legame forte. Come posso spiegarti? Hai mai sentito parlare di imprinting?››.

Sì, sapevo cos’era. L’avevo letto in molte storie e ne avevo sentito parlare molte volte. Era una sorta di teoria per cui un animale era portato a seguire, di solito come sua madre, il primo animale o essere umano con cui veniva in contatto.

Più o meno doveva funzionare così.

Annuii verso Calien, senza dire niente.

‹‹Ecco, Ade è legato a te. Legato talmente tanto che, quando tu sei morta per venire in questa dimensione…›› e non finì la frase.

Qualcosa si illuminò dentro il mio cervello, quella fastidiosa lucina che a volte vorresti bruciare perché ti fa capire cose a cui non avresti mai voluto pensare.

‹‹Vuoi dire che… che…››, un groppo in gola non mi permise di finire la frase.

Mandai giù e feci un respiro profondo. Lacrime umide e calde stavano affiorando sui miei occhi, questa volta non di gioia.

Non volevo piangere.

Distolsi lo sguardo e come una volta, quando ero ancora viva, guardai Ade e lo accarezzai. Forse capì quello che provavo e appoggiò la testa vicino alle mie gambe dandomi un piccolo colpetto con il naso freddo e bagnato.

‹‹Sì, Sofia, è morto per seguirti fin qui››. Calien, che mi stava ancora tenendo il braccio sulla spalla, aumentò la presa e mi scrollò un po’.

‹‹Non essere triste. A volte bisogna saper vedere il lato positivo della morte, anche se è nascosto al nostro cuore. È solo più difficile da vedere››.

Già, il lato positivo.

In questo caso ero felicissima di poter essere ancora insieme al mio Ade. Era come sentirmi realmente viva, di nuovo. Come un legame con la ragazza che ero stata prima.

Ma a questo punto mi venne da pormi una domanda.

‹‹Qual è il lato positivo della mia morte?››. La mia voce fu un sussurro quasi impercettibile e le lacrime scendevano silenziose sul mio viso.

Calien alzò gli occhi verso Sonia. Si guardarono e abbassarono lo sguardo.

Li avevo messi in imbarazzo?

Beh, non mi importava.

Pretendevo una risposta senza mezzi termini.

Sara spiazzò tutti ome sempre. ‹‹Okay, vuoi sapere perché sei morta? Te lo spiego io››.

11

POTERE

Sara ci portò in uno stanzino che non sapevo nemmeno esistesse.

Aveva tirato fuori da non so dove un’altra maglia enorme blu, e me la diede. Avrei dovuto chiedere se nell’armadio dove teneva lo stock di maglie blu c’erano anche dei jeans. O almeno dei pantaloni di qualsiasi tipo.

Spostò qualche scatolone pieno di cianfrusaglie e afferrò qualcosa dal pavimento. Non capii subito che cosa stava facendo, ma poi notai che stringeva fra le mani una maniglia.

Tirò e una parte di pavimento legnoso si alzò. Era una specie di porta, una botola.

‹‹Ta-da!››, disse Sara in tono soddisfatto, e con un gesto secco del braccio ci fece cenno di scendere.

‹‹Scendo prima io, non si sa mai. Preferisco essere sicuro che là sotto non ci sia niente di pericoloso››. Calien dimostrò di essere un vero cavaliere d’altri tempi.

‹‹Sara, hai una pila o una torcia?››.

‹‹Certo››. Si diresse verso gli scatoloni, frugò un po’ e poi trovò una pila che porse al mezzelfo.

Calien scese qualche gradino. Sparì per qualche secondo e poi la sua testa riemerse.

‹‹Via libera. Potete scendere››.

Sonia mi superò e sparì nel buco sul pavimento.

Poi toccò a me.

Guardai dentro. Vedevo solamente pochi gradini e poi il buio. Fortunatamente la scala non era come avevo immaginato, verticale e a strapiombo nel nulla, ma aveva una pendenza dolce e i gradini erano in marmo.

Man mano che scendevo, una luce leggera illuminava l’ingresso di quella che sembrava essere una galleria.

‹‹Ragazzi, guardate qua››, dietro di me Sara stava trafficando con un accendino e un pezzo di legno con una pezza legata all’estremità.

Un leggero odore di benzina scivolò sotto il mio naso. Appena la fiamma toccò la pezza, questa prese fuoco immediatamente con un bagliore caldo e rosso.

Sara si avvicinò alla parete destra e piegò leggermente la torcia verso qualcosa che era attaccato al muro. Era una ciotola che prese fuoco all’istante appena entrò in contatto con la torcia improvvisata.

Una scia calda avanzò velocemente come acqua che scorre lungo il percorso che le è stato imposto dalla natura accendendo, ogni due metri, altre ciotole attaccate al muro.

Sara si spostò verso il lato sinistro della galleria e compì lo stesso rito del fuoco.

Tutto si illuminò e quello che a me poco prima era sembrato un buco stretto, piccolo e buio, era in realtà un enorme tunnel illuminato.

‹‹E questo cos’è? Sara, perché non ne sapevo nulla? Avresti potuto dirmi che sotto casa nostra c’è una galleria››.

Sonia si guardava attorno stupita mentre rimproverava la piccola Sara, la quale si limitò a sollevare le spalle e a dire: ‹‹Beh, questo posto devo conoscerlo solo io, fa parte del mio potere. Vedi, qui… qui c’è la fonte della conoscenza››, disse allargando le braccia con enfasi. ‹‹Io devo proteggerla e nasconderla, come mi è stato detto dalla Dea››.

La Dea aveva comunicato anche con lei?

Quindi si era manifestata anche alle mie sorelle, non solo a me.

Il ricordo di Morrigan si fece vivo di fronte ai miei occhi. Non ricordavo il suo viso, ricordavo solo il contorno sfumato del suo vestito bianco e i suoi capelli corvini. Nel vero senso della parola dato che erano veramente formati da corvi.

‹‹Quindi anche tu hai visto Morrigan?›› chiesi, lieta di poterne parlare con qualcuno.

Sara sgranò gli occhi e Sonia trattenne il respiro. ‹‹No, non l’ho mai vista. La Dea non mi ha parlato di persona, ho ricevuto il suo messaggio spiritualmente. Ma…›› Si guardò attorno e si avvicinò a me parlando sottovoce. ‹‹Vuoi dire che tu l’hai vista?››.

Un alito di aria fresca si posò sulle mie gambe nude. Ebbi un fremito.

Che dovevo fare?

Mentire o dire la verità?