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Due
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Due

La canzone è finita e mi ritrovo con gli occhi gonfi e pieni di lacrime che cercano di colmare la sua assenza. Spengo tutto, metto via le cuffie e mi faccio cullare dal temporale che ancora imperversa fuori dalla finestra, soffiando sulle persiane che ululano al vento. Al risveglio sono ancora molto scossa e così decido di rimanere un altro po' a letto, crogiolandomi nel tepore della notte ormai passata. L'unica cosa che mi fa venire voglia di uscire fuori dalle coperte è il pensiero che lo sto per rivedere.

Quando arriviamo al bar come prima cosa al mio ingresso vedo che lui è già arrivato e la cosa mi stupisce parecchio. Per la prima volta è arrivato prima di me e non si volta neanche a guardarmi anche se so benissimo che si è accorto del nostro arrivo chiassoso. Mi fermo sulla porta un po' infastidita dal suo non notarmi, ma quando il barista mi saluta e ci chiede se vogliamo “Il solito?” rispondiamo di si e ci dirigiamo al nostro tavolo. Mi sto per sedere quando vedo una piccola margherita proprio davanti al mio posto e per la seconda volta in pochissimi minuti mi fermo perplessa e un po' smarrita per un gesto che ha cambiato il normale andamento delle cose. Sicuramente è stato lui, ma non deve accadere. Perchè sta cercando un diverso approccio dal solito misterioso sguardo di ogni mattina? Mi ritrovo seduta, con quel piccolo fiorellino tra le mani, a fissarlo di schiena al bancone, mentre si gira di scatto, mi lancia uno sguardo e in maniera furtiva scappa via dal locale. Sì, è stato sicuramente lui a mettere quel fiore sul tavolo... sul mio tavolo. Rimango senza parole eccitata ed agitata allo stesso tempo, ma anche un po' confusa e non poi tanto sicura che sia stato proprio lui a farlo. La mia amica mi guarda e scoppia a ridere, avendo assistito a questa scena un po' infantile di due adulti persi in una storia così assurda e priva di senso per il resto del mondo. Io la guardo e dopo che il barista ci ha portato la nostra colazione, mi accorgo che sto stringendo il fiore nella mano e lo poggio velocemente vicino al cappuccino quasi fosse una cosa infuocata che mi brucia la pelle. Comincio a provare sensazioni diverse in un'alternanza velocissima. Per prima cosa mi sento onorata di quel piccolo regalo, poi divento però reticente e mi domando se ho veramente capito cosa significasse. E se magari era per la mia amica? Se il misterioso portatore di sguardi fosse attratto da lei e non da me? Ma allora perchè mi guarda sempre? No, ok, sono io la fonte del suo interesse... ma se fino ad oggi tutto si è risolto in uno scambio di sguardi e qualche sorriso lanciato quasi di nascosto, cosa vuol dire questo “regalo”? Come fosse una reliquia riprendo il fiore e lo metto dentro al mio libro, per poi farlo ricadere dentro la borsa grande e capiente. Camilla, ancora con una mezza risata che non riesce più a controllare, mi dice che ormai siamo arrivati alla svolta di questa assurda non relazione e sentirlo dire dalla sua voce mi spaventa e mi viene voglia di scappare via e non tornare più in quel posto. Poi però penso a come sto quando non lo vedo, non potrei rinunciare a quei dieci minuti che condividiamo anche se a breve distanza.

Finita la colazione andiamo subito a lavoro, sapendo che oggi la giornata lavorativa sarà breve e all'ora di pranzo potremo scappare via per un pomeriggio di shopping insieme. Fortunatamente la pioggia della notte ha lasciato spazio al sole, abbandonando dietro di se solo qualche nuvoletta sparsa. All'una, precise come un orologio siamo fuori, pronte a prendere la macchina per andare a passare il pomeriggio all'Outlet a fare compere approfittando del periodo di saldi. In macchina Claudio Baglioni a tutto volume e noi due a cantare con i finestrini abbassati come due adolescenti libere da ogni pensiero. Alla prima stonatura scoppiamo a ridere, mentre in lontananza compaiono i campi di grano con tutte le balle ordinate in fila. Sono bellissime da vedere, riesco sempre a immaginarmici sotto, sdraiata alla loro ombra a guardare il cielo, aspettando il passaggio di qualche aereo e della sua scia bianca che taglia l'azzurro, per poter inventare storie sui suoi passeggeri e i viaggi che li porteranno lontano magari in qualche posto esotico o una città sconosciuta. Dopo qualche minuto di silenzio Camilla torna seria e comincia, per la prima volta, a prendere sul serio la mia non relazione. “Devi fare tu la prossima mossa, il gioco deve andare avanti in due. Lui ti ha dato un segnale, vuole continuare in modo diverso, senza però gettarsi subito in una vera e propria conoscenza. Ora devi continuare tu a condurre il gioco, in modo altrettanto romantico o misterioso, non banale insomma. Sarebbe troppo facile andare li e ringraziarlo...”. Ha ragione, il piccolo passo del fiore serve a cambiare strada, a scegliere quale sentiero seguire e deve essere fatto in modo originale per mantenere quel velo di mistero che da tempo ci fa guardare con tanto trasporto senza andare oltre, senza dire una parola. Non sappiamo neanche l'una il nome dell'altro e questo fino ad oggi ci bastava. Ora bisogna decidere se andare avanti in modo diverso, o chiudere la strada. Magari sarà lui stesso a pentirsi del suo passo, stamattina è scappato come non mai. Forse domani non si farà neanche vedere. “Ti serve dare una svolta alla tua vita, magari il misterioso osservatore potrebbe essere l'uomo che fa per te e se non lo fosse, è il caso che tu ricominci a vivere e a trovare qualcuno con cui dividere la tua vita”. Camilla continua con il suo tono serio a mezza voce. In me si risveglia un desiderio fortissimo di giocare, di rompere gli schemi e di osare anche se questo vorrà dire perdere tutto. Comincio a ridere mentre il vento entra forte dal finestrino e mi getta i capelli sul volto. “Ok, giochiamo”.

Arrivate al magico mondo dello shopping, è così che ci divertiamo a soprannominare questi grandi outlet di alta moda a poco prezzo, cominciamo a girare senza troppa convinzione tra le varie vetrine, fino a fermarci in una piccola pasticceria dove decidiamo di mangiare qualcosa, non avendo neanche pranzato. Per me una fetta di torta al cioccolato e un caffè, mentre la mia amica si limita a un cornetto integrale e una spremuta d'arancia, dovendo tenere sotto controllo l'ago della bilancia. Camilla è una bellissima donna, che con le sue rotondità da un senso di serenità e una piacevole vista al suo passaggio. Sempre vestita di tutto punto, senza mai un capello fuori posto è la classica donna che fa girare gli uomini per strada, nonostante qualche chiletto in più ben proporzionato su tutto il corpo. Una nuova eccitazione ci ha coinvolto nel gioco con lo sconosciuto e così cominciamo tutte e due a pensare alla mia prossima mossa. In genere entra nel bar, arriva al bancone dove consuma in piedi per poi andare subito via. Quale potrebbe essere la mia mossa da concentrare in quei pochi momenti e senza neanche avere un punto preciso dove agire, così come ha potuto fare lui con il nostro tavolo? L'unica cosa che so, è che voglio lasciargli anche io un segno tangibile, magari ricollegandomi alla margherita così da fargli capire che sono sicuramente io la mandataria. Nella pasticceria ho l'illuminazione: su un lato della vetrina vedo tanti cioccolatini con la confezione verde e dentro disegnata una bellissima margherita bianca e gialla. Aggiungo così al nostro conto una confezione dei cioccolatini e cominciamo a pensare a come farglielo recapitare, magari insieme al solito caffè che prende ogni mattina. Mi sento una ragazzina, sono tornata indietro ai tempi del liceo quando la parte più bella di ogni amore era proprio quella che precedeva la dichiarazione. Le serate passate con le amiche a pensare se questo o quello poteva essere “innamorato” di noi, a sognare il primo bacio davanti a una pizza e un bicchiere di Coca Cola, quando un banalissimo “Ciao” cominciava ad avere tremila possibili significati che andavamo ad analizzare uno ad uno. Tempi in cui ti batteva il cuore anche solo incrociando lo sguardo e ci si emozionava all'idea di andare tutti insieme alla stessa festa, rimanendo in disparte sperando nel suo primo passo. A quasi quarant'anni, sono tornata ad essere una giovane adolescente alle prime scoperte dell'amore, con una folle voglia di giocare. Mi sento rinascere, sono tornata a vivere e a non avere più paura di provare dei sentimenti per qualcuno. Sembra assurdo, ma è bastato quel piccolo fiorellino insignificante e darmi una scossa tale da farmi capire che stavo sprecando il mio tempo e che dovevo far ricominciare a scorrere le lancette del mio orologio.

Torno a casa che ormai è tardi, così decido di fermarmi a mangiare un pezzo di pizza nella pizzeria al taglio sotto casa. Quando entro, nel piccolo ristorante non c'è nessuno, neanche il proprietario che sento muoversi nelle cucine, probabilmente a infornare le ultime pizze della serata. Il campanello segnala il mio ingresso e poco dopo lo vedo affacciarsi sulla porta, davanti ai grandi forni ancora accesi. Ci salutiamo e poco dopo siamo seduti insieme sui colorati tavolini di legno, a chiacchierare mentre la mia pizza è in cottura. Mi offre una birra e comincia a parlarmi del più e del meno e di tutti gli avventori strani e divertenti che si sono susseguiti nel locale durante la giornata. Mi diverte sempre molto starlo a sentire parlare, perchè so benissimo che tende sempre ad ingrandire i suoi racconti, arricchendoli di particolari non proprio reali che rendono tutto più colorato e interessante. Generalmente poi ha sempre un fondo comico e così parlare con lui finisce sempre in fragorose risate che attirano i passanti che ci sentono dalla strada. Mangio in fretta, ormai stanca e con tanta voglia di togliermi le scarpe e immergere i piedi nella vasca bollente. Abbiamo camminato talmente tanto, che nonostante il freddo di questa giornata, ho i piedi così gonfi da riuscire a malapena a camminare.

Una volta a casa e lanciate via le scarpe, mi butto direttamente a letto con il mio fido portatile alla ricerca di qualche informazione sul mio misterioso amico dei sorrisi. Magari riesco a trovare qualcosa su di lui collegato al nostro bar, che ha sia un sito internet che una pagina su Facebook. Accedo con il mio utente e comincio a cercare. Di lui nessuna traccia, sarebbe stato troppo bello trovare un suo commento così da scoprire finalmente il suo nome e curiosare qualcosa di lui nella bacheca del social network, almeno nelle parti lasciate pubbliche. Pensando che magari anche lui potrebbe aver avuto la stessa idea comincio con il mettere un bel mi piace sulla FanPage del bar e scorrendo tra le varie foto ne commento una a caso, tanto per lasciare il segno. Una volta pubblicato guardo la mia foto che compare al fianco del commento. Un tristissimo primo piano, messo a casaccio tanto tempo fa. Mi sbrigo subito a cercare una nuova foto dove io sia venuta meglio e cambio la foto del mio profilo. Ora mi sento più tranquilla e spero infantilmente che anche lui ora sia collegato e vedendomi possa avere voglia di scrivermi un messaggio. Per una decina di minuti rimango con lo sguardo perso sullo schermo, attendendo un segnale che non arriva. Aggiorno più volte la pagina, esco e rientro pensando che magari il collegamento non sia proprio ottimale, e alla fine decido di spegnere, solo dopo aver attivato però le notifiche di Fb sul mio cellulare, nel caso il misterioso uomo si decida di cercarmi e scrivermi, proprio questa notte. Da che speravo che mai la nostra non relazione potesse variare anche di una singola virgola, ora l'idea di un suo contatto è diventata quasi ossessiva e irrazionale. Domani sarà un gran giorno per il nostro gioco e così cerco di addormentarmi il prima possibile, ma sono così agitata per come dovrò portare avanti il nostro incontro che non riesco neanche a chiudere occhio. A mezzanotte sono ancora li, a rigirarmi nel letto freddo, quando decido di alzarmi. Senza accendere nessuna luce, aiutandomi solo dalla flebile illuminazione stradale che entra silenziosa dalle finestre, arrivo in cucina. Un bel bicchiere di latte con i biscotti è l'unica soluzione in questi casi. Anni fa era mio nonno a prepararmi questi spuntini notturni e a farmi compagnia davanti a una bella tazza di orzo che si riscaldava nel suo tegamino di acciaio, sempre fino a farlo bollire e spesso facendolo uscire sulla fiamma che cominciava a scricchiolare e a cambiare colore colpito dal liquido improvviso. Quando poteva cominciare a berlo, io ero quasi alla fine del mio latte e biscotti e così ero io a fargli compagnia fino a quando non finiva di bere la sua tazza bollente. Di notte sono sempre stata più loquace che di giorno e così mi liberavo in tanti discorsi e dubbi su quello che sarebbe accaduto il giorno dopo. Queste nottate insieme in genere precedevano gli esami all'Università, tanta era la tensione che finivo tardissimo di ripassare e così la tazza di latte era un aiuto per prendere sonno e rilassarmi dopo l'ultima giornata di studio. Seduta al tavolo, oggi, sento ancora forte la sua mancanza, in modo concreto e non solo di sentimento ferito, ma proprio come una assenza tangibile. Adesso davanti alla mia tazza di latte non posso parlare con nessuno e manca anche il profumo dell'orzo che brucia sui fornelli. Una volta per allentare la sofferenza, oltre al mio latte ho preparato anche l'orzo nel tegamino di acciaio ma questa cosa è servita solo a farmi stare peggio e così mi sono ripromessa di cercare di andare avanti, staccandomi il più possibile dalle abitudini passate senza però perdere il ricordo di questi bellissimi momenti insieme a lui.

CAPITOLO 5

Via

Dopo la fuga dal bar continuo ad allontanarmi con passo deciso, senza girarmi mai indietro neanche avessi commesso qualche brutta azione. Come un ladro, con la paura di essere scoperto e l'adrenalina per le mie ultime azioni, mi allontano più che posso e al primo autobus che incrocio salgo sopra, senza sapere dove mi porterà. Ho un appuntamento in centro nella tarda mattinata e così potrò smaltire tutta questa eccitazione per quel piccolo fiore abbandonato tra le sue mani. Regalarle un fiore, ma come mi è venuto in mente? Cerco di immaginare cosa stia accadendo ora nel bar, magari ha preso e buttato via quella piccola margheritina che sta già appassendo, facendosi una grassa risata con la sua amica. Sarò diventato lo zimbello della giornata? La mia speranza però è un'altra, quella di avere aperto una breccia nei suoi pensieri, dove poter entrare e nascondermi in un angolino silenzioso pronto a scoprire cose nuove su di lei. Sono scappato via per la paura che la nostra storia di sguardi possa cambiare, ma in fondo al mio cuore forse vorrei veramente che questo accadesse. Vorrei poter essere una piccola mosca e girare ora li sopra le loro teste, scrutare i suoi occhi azzurri come il cielo e rapire ogni piccola smorfia sul sul viso, insieme a tutti i pensieri che le possono passare per la mente guardando ogni singolo petalo bianco. Sono quasi tentato di tornare indietro, ma ormai sono troppo lontano e stanco, l'autobus fortunatamente porta in centro, e sicuramente anche se lo facessi, lei ormai non sarebbe più li. Trovo posto e mi siedo, facendomi cullare dalla velocità del grande mezzo. I miei compagni di viaggio sono tutti silenziosi e pronti a una giornata di lavoro o di studio, o anche solo al giro mattutino per ammazzare le lunghe giornate che si vivono quando si arriva a una certa età. Molti di loro hanno un libro aperto tra le mani, altri ascoltano la musica, altri ancora sono immersi nei propri pensieri. Attira la mia attenzione una vecchietta in fondo all'autobus, vestita di rosso e con un grande carrello vuoto al suo fianco. Ha lo sguardo stanco e la testa che ciondola a ogni curva. Mi viene da pensare a come sarò io da vecchio e il primo pensiero che ho è proprio quello di non voler stare solo, di arrivare a quell'età insieme a qualcuno con cui condividere tutto, anche le piccole margherite da raccogliere sulla strada. Torno a pensare a lei mentre fuori dal finestrino vedo la maestosità della città e dei suoi monumenti imponenti che fanno da cornice a ogni avventura della mia vita.

Quando arrivo al Vittoriano scendo di corsa, svegliato all'improvviso da questa beatitudine raggiunta tra pensieri e lo scorrere di posti bellissimi fuori dal vetro. Con me scende anche la vecchietta, già pronta davanti alla porta con il suo fido carrello tenuto con una mano, mentre con l'altra si regge per non cadere. Alla fermata ci separiamo e la seguo con lo sguardo fino a che non gira dietro l'angolo in fondo alla strada, quasi a controllare che non le accada nulla di male e pronto a soccorrerla se le servisse qualcosa. A volte basta poco per entrare in sintonia con qualcuno che poi magari sparirà per sempre dalla nostra vita nello stesso modo in cui è entrata a farci parte per un breve istante. Guardo l'orologio: sono decisamente in anticipo per il mio appuntamento al Museo di Piazza Venezia e così ne approfitto per fare qualche scatto ai Fori in questa bella giornata che merita di essere fissata in un ricordo visivo. Neanche a farlo apposto vedo una piccola margheritina che spunta sul ciglio del marciapiede e così riesco a fotografarla in primo piano, con sullo sfondo i monumenti sfocati che danno la sensazione di stare fuori dal mondo e dal tempo. Mi piacerebbe poterla inviare subito alla mia misteriosa compagna di viaggio, ma non saprei proprio come fare a consegnargliela, non sapendo neanche il suo nome. Una volta a casa la salverò anche sul telefono, dovrà essere sempre pronta nel caso riesca ad arrivare a lei in qualche modo più informatizzato. Passeggiare al centro di Roma veramente ti porta fuori dalla quotidianità e tra tutti i turisti si può anche perdere cognizione dello spazio e del tempo. Un susseguirsi costante di lingue e di colori, tra le tante persone armate di macchina fotografica e sorrisi smaglianti per fissare intere giornate passate a visitare la Città Eterna. I gladiatori al Colosseo sempre pronti a far parte delle loro fotografie dietro lauto compenso e le carrozzelle che accompagnano i più vogliosi di provare nuove dimensioni, perchè in vacanza gli schemi devono cambiare, almeno per mezz'ora, trascinati per la città da una carrozza con tanto di cavallo. Gli zoccoli sui sampietrini nascondono il rumore delle automobili e la città vista da li sopra ha tutto un altro gusto, con un salto indietro nel passato. La fila davanti al Colosseo è già lunghissima, non curante del freddo e dei tempi di attesa, pronta a far propria la visione di uno dei posti più famosi del mondo da riportare nella propria città insieme a foto e ricordini da smerciare ad amici e parenti. Più tardi cominceranno ad arrivare anche le coppie di sposi novelli, ancora vestiti a festa per le fotografie di rito tra gli scenari più belli della Capitale e così questo spazio avrà un ulteriore aspetto e significato per chi lo ha scelto come propria meta. Dopo aver passato la mattinata facendo finta di essere anche io un turista, torno indietro a passo deciso verso il luogo del mio appuntamento non tanto lontano. Incontro per caso il mio interlocutore ai piedi del Vittoriano e così decidiamo di parlare del mio lavoro all'aria aperta, senza rinchiuderci nel suo ufficio tra scartoffie e il buio della stanza. Devono rifare le locandine del Monumento e hanno quindi bisogno di nuove fotografie, magari sfruttando la veduta di Roma che si ha proprio salendo nella sua parte più alta e accessibile solo a pochi eletti. Avevo già lavorato per loro un altro paio di volte in occasioni di particolari mostre all'interno della “Macchina da scrivere”, come viene chiamato a Roma l'Altare della Patria. Da quando, nel 2000, hanno ridato la possibilità di accedere alla scalinata, di tanto in tanto, mi piace passare qualche ora a visitare il Vittoriano, vedere tutte le sue particolarità dedicate alle città e alle regioni italiane e la parte che preferisco di più è il sacrario delle bandiere di guerra, un'infinità di reperti e stemmi con il sapore del passato tra le trame della stoffa consumata.

Accetto di buon grado il lavoro e comincio a fare qualche scatto, approfittando dell'accesso ad aree non concesse ai normali visitatori. Da lassù la città ti rapisce, ti ingloba tra i marmi e le antiche costruzioni medievali, fino ad arrivare agli sfarzi dell'antica Roma, tutto in un unico sguardo d'insieme. Sembra quasi di poter toccare il sole e immergerti nel cielo limpido che lancia ventate fredde di tanto in tanto, a risvegliarti da questa atmosfera surreale e magica.

Viene voglia di rimanere li tutto il giorno, rannicchiati in qualche spazio tra le colonne e le scale infinite a guardare Roma e tutte quelle piccole formiche che si muovono avanti e indietro per le vie sottostanti. Mi faccio coraggio e abbandono quel luogo così carico di storia da far quasi sentire le voci di tutti quelli che sono stati li prima di me, prima ancora che venisse eretto questo monumento così plateale. Decido di tornare a piedi, approfittando della giornata che ci ha risparmiato dalla pioggia della notte scorsa. Fotografo le pozzanghere che fanno da specchio alle vie e in una ci sono io, riflesso con il mio giaccone blu e i jeans, i capelli neri disordinati e gli occhiali da sole nascosti dietro l'obiettivo. Ci sono anche io, una volta tanto, e vedendomi riflesso nella piccola pozza d'acqua quasi non mi riconosco talmente tanto è il tempo in cui non ho pensato a me e alla mia vita reale. Un periodo passato solo a lavorare, senza tanti amici con cui condividere altro e con poche donne senza significato con cui passare qualche notte senza poi ricordare particolari emozioni lasciate alle spalle. Un periodo freddo, reso più intimo solo dalle mie fotografie che raccontano però la vita di altra gente e di altri posti. C'è un poco di me in ogni scatto, ma niente a che vedere con quello che un fotografo può fare mettendoci dentro il proprio cuore. Devo ricominciare a fare fotografie non commissionate, ricercandoci dentro me stesso e forse la foto della margherita è il primo passo per riscoprirmi cambiato e dare una svolta alla mia vita che ora appartiene solo agli altri, come una meretrice che si abbandona solo al proprio lavoro per dare piacere agli altri.

Attraverso Via del Corso per un piccolo tratto per poi buttarmi nelle stradine interne e arrivare fino al Pantheon sempre pieno e movimentato. In quel momento mi chiama Stefano. Lui lavora in un ufficio proprio dietro Corso Vittorio Emanuele e sapendo del mio appuntamento, mi richiama all'ordine per un pasto veloce dalle sue parti. In pochi minuti siamo già insieme, alla volta di Campo de' Fiori dove mangiare al volo uno dei buonissimi panini che fanno espressi in un piccolo locale senza sedie nè tavolini. Il mio preferito è quello con melanzane e mozzarella e così, con il pranzo in mano continuiamo la nostra passeggiata fino a fermarci su una panchina in Piazza Navona. Comincio a raccontare al mio amico della mia mattinata cominciando dal Vittoriano fino a confessargli della margherita. Appena comincio a descrivere il momento del bar, si ferma e smette di mangiare completamente preso dal mio breve racconto. “Adesso sta a lei”, mi dice senza tanto riflettere sulle sue parole a cui seguono interminabili minuti di silenzio. “Finalmente questa assurda storia può prendere la giusta piega, dovete conoscervi e magari scoprirete che avete qualcosa di vero da condividere oppure semplicemente che non siete fatti l'uno per l'altra e così, lasciando fermo il discorso dello sguardo della mattina, potrai cominciare a pensare di farti una vita con una donna vera e che non sia solo la passione di una notte e basta”. L'idea di avere idealizzato una donna che neanche conosco mi spaventa, se non fosse veramente come io penso? Sarebbe come perderla per sempre senza poi averla neanche mai avuta. Mi è capitato spesso di pensare a lei al di fuori del bar, le ho dato tanti nomi e immaginata in tantissime situazioni diverse. Mi sono immaginato al suo fianco, mentre viviamo i posti che amo di più. Nei miei sogni l'ho portata nel paese di mia madre, siamo stati a scalare le montagne e fare lunghe passeggiate al mare. Ci siamo persino baciati nella penombra degli alberi secolari. “Mi stai ascoltando? Se lei ora non farà il prossimo passo, basta... vai li e ti presenti e vada come deve andare una volta per tutte”. Continua Stefano, ormai completamente preso dalla mia storia e voglioso di arrivare a una conclusione positiva o meno che sia. Sono d'accordo con lui, ormai ho capito che dobbiamo andare avanti, fermi all'entrata di questa non relazione ormai da troppo tempo. Però tutto deve essere fatto senza fretta, non potrei, in caso negativo, uscire da questa storia in modo troppo brusco. Non so neanche ancora il suo nome.

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