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Non Andare Mai Dal Dentista Di Lunedì
Non Andare Mai Dal Dentista Di Lunedì
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Non Andare Mai Dal Dentista Di Lunedì

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– È arrivato il paziente delle nove con suo padre.

Il dottore guardò sulla sua agenda chi era il paziente delle nove e anche lui si spaventò, ma finse di essere tranquillo.

– Puoi farli passare, Xenia.

– Tutti e due?

– Sì, Xenia. – E poi aggiunse, sebbene più per se stesso —. Che sia quello che Dio vuole!

– Buongiorno. Il dottore dice che può entrare.

Peter guardò in direzione della porta con l'orrore negli occhi.

– Andiamo, papà – disse Alexis tirandolo.

Lui era un codardo? Poteva mostrarsi così davanti a suo figlio?

Il dottore uscì per venire loro incontro e, prendendo per mano Alexis, disse:

– Andiamo, giovanotto, vedrai che finiremo presto. – E rivolgendosi a Peter —. Entriamo?

Peter tentennò, si sentiva male.

Il dottore osservò che Peter stava diventando sempre più pallido. Temette che sarebbe svenuto o, peggio ancora, che avrebbe vomitato proprio lì.

– Xenia, indica al signore dove sono i bagni.

Ma Peter non fece niente. Iniziò a respirare come se gli mancasse l'aria, boccheggiando come un pesce fuor d'acqua.

– Sto bene – disse Peter, sebbene fosse evidente che stava mentendo.

– Si sieda un attimo – disse il dottore accompagnandolo a una sedia —. Ora respiri piano. Inspiri, espiri…

Peter inspirò ed espirò come gli venne indicato dal dentista, di fronte allo sguardo attonito di Alexis, che, dopo aver riflettuto qualche secondo, si sedette al fianco di suo padre pronto a imitarlo.

– Xenia, accompagna il bambino dentro e inizia a preparare le cose – disse il dottore —. Così, molto bene. Inspirare ed espirare.

– Per quanto tempo? – chiese tra le inspirazioni.

– Finché lo dico io. Se si sente già bene, si alzi ed entriamo. Presto verrà il prossimo paziente.

La porta d'ingresso si aprì, facendo passare una signora di mezza età, che, guardando lì dove si trovavano il dottore e Peter, rimase in attesa.

– Buongiorno, signora. Ora viene l'infermiera e le prende i dati.

La signora, che aveva una guancia più gonfia dell'altra, annuì con un movimento della testa e rimase in attesa, mentre vedeva sparire dietro una porta il dottore e il suo accompagnatore.

Alexis era comodamente seduto sulla sedia con il bavaglio e l'infermiera aveva appena finito di organizzare tutti gli strumenti.

– Bene, Alexis, vediamo questa bocca. Hai qualche fastidio?

– No.

– Meglio. Ora apri la bocca e verificherò che sia tutto a posto.

Alexis obbedì e il dentista verificò che andasse tutto bene.

Il dentista iniziò a controllare la bocca di Alexis, cominciando dalla mascella inferiore e continuando con quella superiore fino a concludere l'ispezione visiva.

– Ho visto qualcosa – disse tra i denti —. Sicuro che non fa male qui? – chiese mentre picchiettava uno dei denti inferiori.

– A volte, ma a papà fa male. Si lamenta sempre.

– Io? Io! Non sono un piagnucolone! – si lamentò Peter gridando.

– Papà, non bisogna mentire.

– Cosa? Sono un bugiardo? È quello che pensi di me?

– No, papà, ma perché non dici al signor dentista qual è il molare che ti infastidisce tutti i giorni?

– Non è niente, solo un leggero fastidio, passerà.

– Papà, tu che sei scappato da un orco, hai vissuto con sette giganti e conosci una strega, non ti farai spaventare da un dentista, vero?

– Non ti ho ancora spiegato – scherzò Peter, ma tacque cambiando idea —. Alexis, sta' zitto, altrimenti il dottore non può lavorare.

Il dottore, che non si era perso nessun dettaglio della conversazione, disse:

– Sì, finiamo con te, Alexis. Poi le posso dare un'occhiata – disse rivolgendosi a Peter.

– Finiamo con…? Cosa farai a mio figlio? Assassino! – esclamò Peter con le nocche sui fianchi.

– Mi faccia il favore di non gridare. Questa è una clinica prestigiosa. L'unica cosa che devo spiegare è che presto inizieranno a cadergli i denti da latte e a comparire quelli definitivi. E adesso si accomodi e si sieda qui – disse quest'ultima cosa in modo autoritario.

Peter obbedì e si sedette sulla poltrona con la schiena dritta, tesa.

– Apra la bocca.

Peter separò lievemente le labbra lasciando in vista parte dei denti.

– No, papà, così – disse Alexis aprendo la bocca completamente.

Peter, imitando suo figlio, separò ancora di più le labbra per poi mostrare le gengive e parte della lingua.

Il dottor Bisturi avvicinò il riflettore per poter osservare bene l'interno della bocca. Verificò i denti uno a uno, gettando aria con il compressore ogni volta che vedeva qualcosa di sospetto. Il molare cariato apparve davanti ai suoi occhi. La faccia del dottore espresse sorpresa pensando al dolore che aveva sopportato, e ancora di più sapendo chi era Peter, che conosceva perfettamente non solo come paziente, ma anche perché l'aveva frequentato in alcune riunioni sociali.

– Questo richiede abbastanza lavoro – disse a se stesso e poi guardò l'orologio sul muro, che segnava le dieci meno venti —. Ora le addormenterò la zona affinché non senta dolore.

– Non ce n'è bisogno – disse Peter facendo cenno di alzarsi —. Dobbiamo andare.

– Le consiglio di non andare. Ora possiamo ancora salvare questo elemento, ma se lo lascia per più in là, dovrò sicuramente estrarlo – commentò il dottore.

Nel giro di pochi secondi Peter si immaginò torturato da un dentista che gli strappava il molare, ma fu la presenza di suo figlio che lo fece accomodare di nuovo sulla poltrona.

– Faccia quello che deve fare – disse con tutta la dignità di cui fu capace.

Aveva bisogno di aiuto, così chiamò Xenia, che preparò tutto per l'intervento.

L'infermiera gli mise il tubo piegato a un lato della bocca e si sedette in attesa degli ordini del dottore.

L'iniezione che gli aveva fatto alcuni minuti prima gli manteneva il lato sinistro addormentato.

Il dottore accese il trapano, mentre diceva:

– Se le faccio male, alzi la mano e mi fermerò.

Un rumore inaspettato simile a quello di un'esplosione spaventò tutti e il dottore smise di trapanare.

– Xenia, porta il bambino in un'altra stanza e dagli qualcosa per disegnare.

L'infermiera si avvicinò al dottore e gli sussurrò all'orecchio:

– Dobbiamo andarcene. È il segnale.

– È vero – confermò, mentre si stava alzando.

Il dottore si tolse il camice, mentre l'infermiera apriva una porta adiacente che dava accesso all'ufficio, tutto questo mentre Peter era sulla poltrona con la bocca aperta.

Passarono alcuni secondi, quasi un minuto senza che il dottore, né l'infermiera tornassero dal paziente, che teneva la bocca aperta quanto ne era capace.

– Papà, dov'è andato il dottore? – chiese Alexis.

Peter emise dei suoni strani, Alexis cercò di capire cosa gli stava dicendo suo padre.

– Papà, vado a cercarlo – disse saltando giù dalla sedia e correndo verso la porta.

Peter lo lasciò andare, mentre chiudeva la bocca e pensava con alcuni minuti di ritardo che il dentista non era presente per obbligarlo a tenere la bocca aperta, quindi poteva chiuderla senza problemi.

<<Ha già finito?>>, pensò. <<È stato molto veloce. Dovrebbe sciacquarmi la bocca.>>

Si alzò e prese il bicchiere di plastica pieno d'acqua. Stava per bere quando la lingua si introdusse nel buco che il dentista aveva fatto nel suo molare.

– Cosa? – Peter voleva sapere cos'era successo, ma la risposta lo spaventava.

Alexis non rispose quando suo padre lo chiamò. Il silenzio si era impossessato della clinica dentale; un silenzio che era rotto solo dal rumore prodotto dalla paziente successiva, che sfogliava le pagine di un rotocalco nella sala d'attesa, e da un orologio che suonò quando furono le dieci del mattino.

Uscì dalla stanza e andò dalla signora:

– Mi scusi, ha visto passare di qui un bambino?

– Be', a dire il vero non ci ho fatto caso. L'ha perso?

– No. E il dentista? L'ha visto?

– Non è passato di qui. Che succede? Io avevo un appuntamento per le nove e mezza ed è già passato parecchio tempo.

Peter non rispose, iniziò ad aprire alcune porte, mentre chiamava suo figlio.

– Alexis! Alexis! Dove diavolo sei? Guarda che mi arrabbierò se non ti fai vedere subito.

III – Indagine nella clinica

Allora si ricordò di Sultán e andò a cercarlo. Sultán stava aspettando pazientemente vicino alla porta della clinica.

– Sultán, vieni. Hai da fare. Devi cercare Alexis.

Sultán si alzò, sbadigliò e si stirò prima di avvicinarsi a Peter.

– Bau? – chiese interrogativo.

– Cerca, Sultán! Cerca! – gli chiese Peter.

Come aveva perso il bambino? Cosa aveva fatto quello sciocco per perderlo?

Peter lasciò entrare Sultán nello studio davanti allo sguardo accusatorio della paziente successiva.

Sultán raggiunse la stanza dov'erano prima e abbaiò forte poiché non gli piaceva quel posto, gli ricordava quando lo portavano dal veterinario.

– Sultán, smettila di perdere tempo e cerca Alexis.

Sultán si diresse verso la porta dalla quale erano spariti e poi verso una seconda porta che era chiusa.

Sollevò la zampa per abbassare la maniglia. La porta si aprì, permettendo a Sultán e a Peter di entrare in un'altra stanza, anch'essa vuota. Dove potevano essere?

Peter aprì l'unica porta che c'era e si trovò faccia a faccia con suo fratello. L'espressione di preoccupazione lo allertò, conosceva abbastanza bene Peter per sapere che stava succedendo qualcosa.

– Cosa ci fai ancora qui? È da un po' che il dottore se n'è andato.

– Cosa hai fatto con Alexis? Sicuramente sei stato tu!

– Alexis? – chiese pensieroso —. No, non l'ho visto.

– Non mentire! L'hai visto e l'hai sequestrato.

– L'hai perso? Sicuramente è da queste parti. Hai guardato in bagno?

– No.