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Saluta Il Mio Cuore Con Un Bacio
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Saluta Il Mio Cuore Con Un Bacio

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Saluta Il Mio Cuore Con Un Bacio
Dawn Brower

Con il trascorrere dei giorni Lana comincia a credere nel lieto fine con Sullivan. Qualcun altro però ha altre idee, e potrebbero non sopravvivere abbastanza a lungo per scoprire che cosa sia la vera felicità. Sullivan Brady ha sempre seguito le proprie regole. La principale: non creare legami. Quando sua sorella scomparve da bambina, l'accaduto gli insegnò una dura lezione. A volta amare qualcuno ti lascia esposto ad un dolore inimmaginabile. Aveva giurato di non rimettersi più in quella posizionefino a quando subentrò Lana. Da sola tocca il suo cuore, ed ha il potere di lenire vecchie ferite. Quando rischia di morire, lui impazzisce e mette in dubbio ogni decisione che abbia mai preso. Sopravvivere ad un incidente d'auto ed a una successiva operazione al cuore rende Lana Kelly vulnerabile. Ha sempre avuto un debole per Sullivan, ma ha fatto del proprio meglio per tenerlo lontano. Solo un pazzo si fiderebbe per onorare un impegno con lui in materia di cuore. Sullivan è noto per i suoi numerosi appuntamenti e la sua incapacità di amare. Quando l'uomo intraprende una campagna per il cuore di Lana, lei è pronta per affrontarlo. Con il trascorrere dei giorni Lana comincia a credere nel lieto fine con Sullivan. Qualcun altro però ha altre idee, e potrebbero non sopravvivere abbastanza a lungo per scoprire che cosa sia la vera felicità.

Dawn Brower

Saluta Il Mio Cuore Con Un Bacio: L’intento del cuore 4

SALUTA IL MIO CUORE CON UN BACIO

L’INTENTO DEL CUORE 4

DAWN BROWER

TRADUZIONE DI GIULIA BUSSACCHINI

EDITO DA TEKTIME

Questo libro è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi e fatti citati sono frutto dell’immaginazione dell’autore o sono usati in modo fittizio. Ogni riferimento a persone vive o morte, luoghi e organizzazioni è puramente casuale.

Saluta Il Mio Cuore Con Un Bacio, diritti d’autore © 2017 Dawn Brower

Modifiche e realizzazione della copertina da parte di Victoria Miller

Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questo libro può essere usata, riprodotta elettronicamente o stampata senza permesso, ad eccezione di brevi citazioni comprese nelle recensioni.

PROLOGO

Dieci anni prima

Era un pomeriggio d’estate specialmente umido. Il sudore si formava sulla fronte di Lisanna Kelly mentre la ragazza fissava fuori dalla finestra al piano superiore della villa Brady. Sua madre era la colf della proprietà, e vivevano nell’appartamento sopra al garage. Non avevano però sempre vissuto lì. Per un periodo lei aveva soggiornato in una stanza della casa principale. Ma era prima che il mondo dei Brady venisse sconvolto dalla scomparsa della loro figlia, Daniella.

Avrebbe dovuto pulire le finestre come le aveva chiesto di fare sua madre. Era difficile non sognare ad occhi aperti e desiderare ciò che non aveva mai avuto. Pulire le finestre era noioso e tedioso. Che divertimento c’era? Invece di svolgere il lavoro che le era stato assegnato, Lisanna era catturata dalla scena all’esterno. In sua difesa, ogni femmina vivente e respirante lo sarebbe stata.

Sullivan Brady si era tolto la maglietta e stava facendo stretching nei pressi della piscina. Il suo petto muscoloso brillava alla luce del sole. La sua pelle si era scurita di una bella tonalità dorata, ed ora dei colpi di sole color caramello ravvivavano i suoi capelli scuri. Lisanna si leccò le labbra dimenticandosi di pulire. Beh—forse Sullivan aveva bisogno del suo aiuto. Avrebbe potuto lavarlo…Lisanna allontanò l’idea dalla sua mente. Lui non l’avrebbe mai guardata. Lei era la figlia della colf, e lui era…tutto. Non aveva mai trovato un altro maschio simile a lui. Per lei, lui era dannatamente perfetto.

“Lisanna” gridò sua madre.

“Sì, mamma” rispose.

“Che costa stai guardando, ragazza?” la raggiunse alla finestra. Lisanna si morse il labbro. Era nei guai. Se sua madre si fosse resa conto che stava fissando Sullivan, l’avrebbe rimproverata a lungo. Era troppo grande per lei, e doveva allontanare quei sogni ad occhi aperti dal suo cervello di adolescente. Sua madre guardò fuori dalla finestra e si accigliò. Lisanna si preparò per le parole di sua madre, “è una bella giornata” disse sua madre prima di sospirare. “La piscina sembra invitante. Se finirai le finestre chiederò al Signor Brady se potrai andare a nuotare”.

Il corpo di Lisanna si riaccese di gioia. Sarebbe stato bellissimo trascorrere un po’ di tempo in piscina. Però era confusa…quando aveva guardato aveva visto Sullivan accanto alla stessa. Ora non osava sbirciare per non dare nessuna indicazione a sua madre che stesse guardando qualcos’altro oltre alla piscina. “Davvero?” domandò speranzosa. Forse lui sarebbe stato lì quando lei avrebbe nuotato.

“Sì, cara” disse dolcemente. “Dev’essere difficile per te. Vivere qui senza però essere parte di tutto questo”. Indicò la sontuosa camera e le decorazioni costose. “Hai diciassette anni. Voglio che ti diverta”.

Odiava quando sua madre le ricordava quanti anni aveva. Non era abbastanza grande per fare niente. Non abbastanza sofisticata per Sullivan. Lui avrebbe compiuto ventun anni la settimana seguente. Poi, qualche settimana dopo sarebbe tornato al College. L’estate sarebbe finita prima che se ne sarebbe resa conto.

“Grazie” disse Lisanna dolcemente. “Adesso finisco le finestre”.

“Vedi di farlo” disse sua madre. “Quando hai finito raggiungimi in cucina”.

Lisanna annuì ed afferrò gli attrezzi per le pulizie che aveva abbandonato per ammirare Sullivan. Applicò lo spray sui vetri e li pulì fino a quando brillarono. Non sapeva dove fosse andato Sullivan mentre sua madre aveva guardato fuori dalla finestra, ma ora era ritornato. Le ci volle tutto il suo auto controllo per non ammiccargli mentre puliva. Aveva intenzione di nuotare in piscina, e se fosse stata abbastanza fortunata lui sarebbe stato lì insieme a lei.

Si asciugò il sudore dalle sopracciglia e raccolse gli attrezzi. Ogni finestra era stata pulita. Era ora di essere ripagata. Le sue labbra s’incurvarono in alto. La piscina e del tempo con Sullivan Brady. Che cos’altro poteva volere una ragazza? Uscì dalla stanza e si diresse al piano inferiore. Poi andò in lavanderia e depositò gli stracci nel cesto dei bianchi. Una volta finito, entrò in cucina.

“Ho finito…” lasciò la frase in sospeso quando si rese conto che sua madre non era sola. Sullivan era entrato in cucina mentre la donna si stava occupando delle stoviglie. Era ancora più bello da vicino, e non si era preoccupato di indossare una maglietta. Lisanna si leccò le labbra e si ricordò di respirare. Dopo essersi schiarita la voce disse, “ho finito le finestre al piano disopra”.

Sua madre sorrise. “Grazie. Sei libera di fare ciò di cui abbiamo parlato prima. Ricordati di applicare la crema solare in modo da non scottarti”.

Sullivan le rivolse un ghigno. “Ti posso aiutare quando esci. La Signora Kelly dice che nuoterai in piscina”.

Lisanna arrossì. Lui le avrebbe messo la crema solare? Sarebbe morta—oh, ma che bel modo di morire. Era certa che avrebbe preso fuoco quando lui le avrebbe messo le mani addosso. “Uhm, sì” esitò. “Grazie”. Perché non riusciva a formulare una frase di senso compiuto in sua presenza?

“Adesso va’” disse sua madre. “Goditi la giornata”.

Non dovette farselo dire due volte. Lisanna si affrettò fuori dalla cucina. Un intero pomeriggio a non fare niente…non si ricordava quand’era stata l’ultima volta in cui aveva avuto del tempo libero. Sua madre le chiedeva sempre di fare qualcosa. Quando andava a scuola aveva più tempo per sé stessa perché sua madre voleva che si concentrasse sull’ottenere buoni risultati. In estate però la Signora Kelly non credeva nel concedere del tempo a sua figlia per oziare. Non aveva cresciuto una figlia pigra.

Lisanna salì le scale dell’appartamento sopra al garage, ed andò in camera sua. Tutto all’interno della piccola stanza era pulito e perfettamente ordinato. Almeno così credeva. Aprì un cassetto dal quale estrasse il suo costume. Si trattava di un tankini verde smeraldo che aveva convinto sua madre a comprarle. Ne era stata attirata perché era in tinta con gli occhi di Sullivan. Sì, era ossessionata da lui. Non poteva farne a meno.

“È una causa persa” mormorò fra sé e sé. “Sullivan Brady è fuori dalla mia portata”.

Lisanna scosse il capo e si preparò per la sua nuotata. Indossò il costume ed acconciò i suoi capelli ramati scuri in una coda di cavallo alta. Soddisfatta del risultato, afferrò un pareo bianco e si diresse alla piscina.

L’accolsero delle risate quando raggiunse il giardino posteriore. Credeva che avrebbe trovato Sullivan da solo, ma si sbagliava. Era in compagnia di qualcuno, e non sembrava un maschio. Forse aveva sentito male. Oh, c’era sicuramente una femmina con lui. La sua risata briosa era difficile da confondere, ma forse ce n’erano altre. Girò l’angolo e tirò un sospiro di sollievo. L’ultima cosa che voleva, era essere il terzo incomodo durante un appuntamento di Sullivan.

Con lui c’erano altre persone. Altre due ragazze ed un altro ragazzo—tutti suoi amici che riconobbe. La coppia che si coccolava nei pressi della piscina era composta dal migliore amico di Sullivan, Aaron Taylor, e la sua ragazza, Sienna Kent. L’altra ragazza era Victoria Masters. Era bionda, dagli occhi azzurri, e tutta curve. Tristemente, Lisanna notò che lui era attirato da lei. Vicky, come lui la chiamava, faceva arrossire la parola ‘stupenda’.

“Sei troppo dolce” disse Vicky a Sullivan in tono condiscendente. “Perché permetti a quella ragazza di unirsi a noi?”

“Non essere cattiva” la rimproverò lui. “Non è come noi. È una bella pausa per lei”.

Stavano sicuramente parlando di lei. Chi altro descriverebbero dicendo ‘non è come noi’? Lisanna riconsiderò la propria decisione di nuotare. Quando si era trattato di trovarsi solamente in compagnia di Sullivan era sembrata un’idea meravigliosa. Ora invece…l’addolorava il dover affrontare tutti loro. La stavano già giudicando e non era nemmeno uscita completamente di casa. Lisanna girò l’angolo quando Vicky portò le braccia al collo di Sullivan.

“Sei così altruista” gli disse Vicky. “Non so se sarei in grado di essere così caritatevole”. Lisanna strinse i denti. Era troppo. Non poteva restare ad ascoltare ancora. Quando li raggiunse vide che la ragazza di Sullivan fissava nella sua direzione. Le labbra di Vicky erano incurvate verso l’alto, come a prenderla in giro. “Non dovresti perdere il tuo tempo con una ragazza così”.

“Io…” cominciò Sullivan, e poi scosse il capo. “Forse hai ragione, ma è come una sorella per me. Certo, non può rimpiazzare Daniella”. Fece spallucce. “Immagino che mi piaccia, ed è una mia scelta”.

Una sorella? Il cuore di Lisanna perse un battito a quelle parole. Si era resa conto che la sua cotta per lui era futile, ma quelle parole l’avevano colpita al cuore, facendola crollare in pezzi. Non l’aveva mai vista come nient’altro che una ragazzina.

Non c’entrava nemmeno la loro differenza d’età. Non proprio. Era cresciuto con lei e l’aveva ritenuta una specie di rimpiazzo per la sorella che aveva perso. Non era più in grado di recarsi dove si trovava il gruppo…si voltò e si diresse all’appartamento.

Il pomeriggio sarebbe stato migliore se l’avesse trascorso a leggere, piuttosto che a sbavare su un maschio che non avrebbe mai avuto. Alcuni sogni si spengono più in fretta di altri. Era ora di concentrare le proprie energie su qualcosa di più raggiungibile dell’amore di Sullivan Brady. Lui non se la meritava, e tristemente, non avrebbe mai scoperto che cosa si perdeva. Lisanna non gli avrebbe più concesso il proprio tempo.

“Peggio per te” sussurrò. “Un giorno ti renderai conto di quanto sono fantastica, e sarà stata una tua perdita”. Una donna forte guardava una sfida negli occhi e le faceva l’occhiolino. Un giorno sarebbe stata quel tipo di donna, e quando avrebbe fatto l’occhiolino a Sullivan Brady, lui si sarebbe inginocchiato implorandola di essere sua. Poi lei gli avrebbe riso in faccia ed avrebbe detto, “dopo tutto, non posso stare con un uomo che vedo come un fratello”. Il sogno l’aveva fatta sentire bene, nonostante racchiudesse una percentuale di impossibilità, lei si attaccava ad esso mentre si asciugava le lacrime.

Quattro anni più tardi…

Sullivan Brady passeggiava lungo la strada, si stava dirigendo verso un locale dove avrebbe incontrato alcuni amici. Aveva terminato gli esami e si sarebbe laureato qualche settimana più tardi. Aveva ottenuto il Master in Business Administration ed era il primo della sua classe. Quando era tornato a casa aveva trovato impiego alla Brady Blue, e poco dopo avrebbe preso il posto di suo padre. Era stato preparato per essere Amministratore Delegato della compagnia da anni—qualcosa che aveva sempre desiderato. La posizione manageriale inferiore era una formalità. Suo padre voleva che prima facesse un po’ d’esperienza, e qualche anno dopo sarebbe subentrato a lui. A Sullivan quel piano andava bene. Non era ancora pronto per gestire una compagnia. In questo modo avrebbe avuto più tempo per apprendere come venivano gestiti gli affari. Non c’era niente che gli piacesse di più del tempo che si era ritagliato per divertirsi.

“Sully” lo chiamò un amico. “Era ora!”

Si voltò verso la voce che l’aveva chiamato, e trovò Aaron che gli faceva cenno di raggiungerlo. Erano migliori amici dall’università. Entrambi avevano frequentato degli atenei di New York—la Columbia per Sullivan e la NYU per Aaron. Aveva dato loro l’occasione di crescere, eppure potevano comunque affidarsi uno all’altro. La ragazza di Aaron, Sienna, sedeva accanto a lui e stava sorseggiando un drink.

Sullivan si diresse al loro tavolo. Al momento non frequentava nessuno e voleva divertirsi il più possibile. Adorava la propria libertà, e tremava al pensiero di essere vincolato ad una sola donna. Aaron aveva Sienna, ed era fantastico—per lui. Sullivan, d’altra parte, preferiva esplorare tutte le opzioni prima di onorare un impegno. In verità non era completamente certo di essere in grado di sostenere una relazione a lungo termine. Voleva fare troppe cose. Dopo la laurea era ritornato a casa ed aveva delle responsabilità. Questa era una serata che sperava di ricordare per sempre.

“Come mai ci hai messo così tanto?” domandò Aaron.

“Mi hanno chiamato i miei genitori” disse. “Volevano chiedermi come pensassi di essere andato agli esami, e sono restato un po’ al telefono con loro”.

Si preoccupavano per lui, e non poteva far loro una colpa. Dopo aver perso Daniella l’avevano viziato, forse più di quanto avrebbero dovuto. Lui non si era opposto perché aveva compreso la loro sofferenza, perdere Daniella era stato traumatico anche per lui. Non riusciva ad immaginare come sarebbe stato perdere un figlio. Era uno dei motivi per il quale non aveva intenzione di sposarsi o avere dei bambini. Non riusciva a reggere il pensiero di perdere qualcuno di caro.

“Vado a prendermi un drink” disse Sullivan. “Volete qualcosa?”

Aaron scosse il capo. “No, io no”. Si voltò verso Sienna. “Vuoi qualcosa, piccola?”

“Sì” rispose la ragazza. “Potresti prendermi uno slippery nipple?”

Sullivan le fece l’occhiolino e rispose in tono stuzzicante, “non credo che al tuo ragazzo piacerebbe”.

“Ah ah” disse. “Intendevo lo shot, e lo sai”.

Lo sapeva, ma non poteva fare a meno di scherzare con lei. “Mi spezzi il cuore” disse portandosi la mano al petto. “Che cos’ha questo fesso che io non ho?”

“Fedeltà e monogamia” ribatté.

“Mi offendi” rispose con fare sconcertato. “Sono perfettamente in grado di essere fedele”. Non c’era persona più fedele di lui nei confronti di coloro a cui teneva. “E sono capace di essere monogamo—una notte alla volta”. Fece spallucce. “Forse anche più di una se è concesso”.

Sienna emise una risata nasale e scoppiò a ridere allo stesso momento. Era strano da vedere. Alzò la mano e disse, “solo tu, Sully, sei in grado di dire qualcosa del genere con un’espressione seria. Va a prendere il mio drink. Prendi un slippery nipples per tutti noi. Facciamo un brindisi”.

Le rivolse un ghigno e si voltò dirigendosi verso il bar. Sienna era gradevole e rendeva felice Aaron. Forse un giorno si sarebbero sposati ed avrebbero avuto un branco di bambini. Si augurava il meglio per loro, ma quelle vita non era per lui. Il bar era affollato ed era servito da due bariste. Una stava si stava occupando dei clienti, mentre l’altra era girata di spalle. Aveva lunghi capelli ramati che cadevano in onde sensuali. Le ciocche s’interrompevano al suo sedere, e che bel sedere. Un paio di jeans neri complimentavano tutte le sue curve. Sullivan voleva vedere se il suo viso fosse ugualmente bello. Girati, per favore. Attese con ansia che la barista si voltasse verso di lui, e quando lo fece, rimase senza fiato. Era bellissima. I suoi occhi erano come la cioccolata calda, e quelle ciocche rosse incorniciavano il suo delizioso viso a forma di cuore. Le sue labbra erano piene e tinte di rosso rubino. Ma questa donna sarebbe sempre stata off limits per lui.

“Sullivan Brady in carne ed ossa” disse. L’angolo della sua bocca s’incurvò in alto. “Che cosa ti porta qui?”

Non la vedeva da anni. Dopo essersi diplomata alle superiori si era trasferita dalla loro città natale. “Lisanna” disse più educatamente che poteva. Era ancora attratto da lei, e deluso dal fatto che non fosse una ragazza con cui divertirsi. Faceva parte della sua famiglia allargata, e teneva a lei. Sullivan non aveva mai avuto un’avventura con una donna per la quale provava qualche tipo di sentimento. Le rendeva sempre proibite.

“Non chiamarmi così” lo rimproverò lei. “Non sono più una bambina”.

Sullivan fece convergere le sopracciglia. “Allora come ti chiamo?” ribatté; era molto diversa dalla ragazza che si ricordava. Nel corso degli anni era diventata una donna sexy che voleva baciare con passione, e farle anche molto di più.

“Lana” rispose lei con fare quasi sensuale. “Non so che farmene di chi ero”.

In che senso? Gli piaceva chi era prima. E se adesso non gli fosse piaciuta la donna che era diventata? Di sicuro gli piaceva guardarla, ma era completamente diverso e anche sbagliato, in qualche modo. “Che diavolo stai dicendo?”

“Non capiresti” disse. “E non sono incline a spiegare”.

Beh, accidenti…che cosa aveva dovuto affrontare negli ultimi anni? Non poteva avere più di ventun anni. In due anni si sarebbe laureata, e poi? Andava all’università? Perché lavorava come barista?

“I miei genitori non ti avevano offerto di pagarti la retta universitaria?” domandò, la confusione era palese nelle sue parole.

La ragazza scoppiò a ridere e poi disse con fare sprezzante, “ci sono molte altre spese oltre alla retta all’università, ragazzo ricco”.

Sullivan venne colto alla sprovvista alle parole di lei. Da quando era così schietta? Non era sempre stata timida ed esitante nel parlare? “Ti avrebbero dato altri soldi se avessi chiesto”.

Rispose tenendo la testa alta. “Mi piace la mia istruzione ben pagata, ma non sono un’accattona. Ho intenzione di ripagare ogni centesimo, e preferirei non indebitarmi ulteriormente”.

Sullivan si sentì come se il proprio mondo fosse stato capovolto sotto sopra. Questa non era la ragazza che conosceva. Forse era quello il punto. Voleva un cambiamento e si era esposta per farlo. Aveva addirittura cambiato il proprio nome. Lo testò sulle proprie labbra quando lo disse a voce alta, “Lana”.

Inarcò un sopracciglio. “Si?”

“A che ora stacchi?”

“In realtà, adesso” rispose. “Perché?”

Era una cattiva idea, ma non aveva potuto fare a meno di pronunciare quelle parole. “Vieni a casa con me”. Sullivan desiderò immediatamente di rimangiarsi ciò che aveva detto, ma allo stesso tempo sperava che lei dicesse di sì.

La vide sussultare come se le avesse dato uno schiaffo. “Non sono una delle tue bagasce”.

Accidenti, sapeva che era stata la cosa sbagliata da dire. Non voleva questo da lei. Diamine, chi stava prendendo in giro? Lo voleva eccome. Quando aveva adocchiato il suo fondoschiena aveva immaginato di toglierle quei jeans neri lentamente ed accarezzare la sua pelle con la lingua. Sullivan voleva assaggiare ogni centimetro di lei, e voleva che lei urlasse il suo nome. Come poteva provare emozioni così contrastanti in merito ad una donna? In alcuni modi questo incontro aveva sconvolto tutto, e non poteva essere sicuro di come sarebbe andata. Non gli piaceva neanche un po’.

Sorrise. “E non la sarai mai, cara Lana”. Sullivan si appoggiò sul bancone. “Vorrei andare in un luogo privato dove possiamo parlare. Mi piacerebbe conoscere la nuova te”. Voleva disperatamente comprenderla e scoprire che diavolo stesse succedendo in lui. Si trattava di più di lussuria, molto di più di ciò che aveva vissuto, e lo spaventava a morte.

Lana si mordicchiò il labbro inferiore e lo fissò. Sullvian era un maschio focoso, e sì, notava quando una donna sexy omaggiava la propria bocca. Specialmente quando voleva posare le labbra su quelle di lei. Se non avesse trovato qualcos’altro su cui concentrarsi, il suo cazzo si sarebbe indurito dolorosamente.

“No” disse finalmente. “Per quanto mi piacerebbe indulgere in questo tuo capriccio, devo studiare. Ho un esame importante domani mattina”.

Non si era reso conto di quanto desiderasse che venisse a casa con lui fino a quando le aveva detto che non sarebbe successo. Il suo cuore affondò nel petto.

“Forse un’altra volta” disse.

“Ne dubito” rispose Lana. “Devo andare. Il mio ragazzo è qui”. Indicò la porta. Un ragazzo alto dai capelli biondo sabbia e le spalle squadrate si trovava all’ingresso. “Ci vediamo, Sully”.

Si allontanò con disinvoltura da lui. Il suo bel culo rimase in bella vista tutto il tempo…accidenti. Lana Kelly l’aveva eccitato sessualmente e non era in grado di aiutarlo in merito. Chiuse gli occhi e contò fino a dieci, poi venti, eppure la sua erezione non cedette. Cazzo. Cazzo. Cazzo. Doveva trovare un modo di superare quest’improvvisa attrazione verso la donna che non poteva avere. Quando aprì gli occhi aveva di fronte l’altra barista.

“Cosa ti posso fare, tesoro?”

“Come ti chiami, bellezza?” domandò lui. Era bionda, dai capelli mossi e sexy nel proprio modo.

“Colleen”, rispose. Inarcò le labbra con fare seducente. “E tu come ti chiami?”

“Sullivan”. C’era solamente una cura per ciò che lo affliggeva. “Ho bisogno di tre slippery nipples” disse, e poi alzò gli angoli della bocca in uno dei suoi sorrisi migliori. “Quattro, se ti va di unirti a noi”.

La barista preparò i tre shot e glieli porse. “Offro io”, gli disse. “Vieni a cercarmi alla fine della serata”.

Era un invito che lui avrebbe assolutamente accettato. Doveva fare qualcosa per dimenticare Lana, ed era disposto a rivolgersi all’altra barista. Non era sexy come Lana, nessuno sarebbe mai stato al livello di Lana, ma non aveva importanza. Il suo cuore non poteva reggere una notte con Lana Kelly. Era il tipo di donna che un uomo tiene con sé…

CAPITOLO UNO

Un regolare bip emesso dai monitor riempiva la stanza. Il suono costante era sufficiente per far impazzire un uomo sano. Diavolo, gli eventi delle scorse giornate avevano quasi sortito quell’effetto su Sullivan Brady. La stanza bianca era accecante nella propria intensità, e la pelle pallida di Lana quasi brillava riflettendo sulla stessa. Sopra al suo letto era stata accesa una lampada, lasciando il resto della stanza in relativa oscurità. La ragazza giaceva incosciente, ed era così da due settimane. In un coma indotto che i dottori avevano assicurato fosse necessario.