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Mai Sfidare Il Cuore
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Mai Sfidare Il Cuore

3

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Mai Sfidare Il Cuore

*****

Toya stava ancora combattendo con la propria gelosia mentre camminava lentamente verso il santuario. Aveva intenzione di seguire Kyoko per un chiarimento, non poteva sopportare l’idea che fosse arrabbiata con lui.

I suoi sensi si acuirono, facendogli capire che non era da solo. Alzò lo sguardo e vide Shinbe, appoggiato a una delle rovine che appartenevano all’antico castello. Aveva le mani in tasca e il bastone poggiato sulle gambe, e aveva gli occhi chiusi come se stesse dormendo.

«Svegliati, stupido pervertito!» gridò Toya, più irritato di prima.

Shinbe aprì gli occhi assonnati, poi li richiuse e ribatté: «Che cosa vuoi?».

Toya ringhiò: «Cosa voglio? Voglio sapere che diavolo ci fai qui!».

Shinbe riaprì gli occhi e lo guardò con un sopracciglio alzato, «È vietato riposare?».

Toya restrinse lo sguardo, «Da quand’è che arrivi fin qui per riposare?».

Shinbe si alzò lentamente, preparandosi ad ogni evenienza perché sapeva che Toya era molto più forte. Ma sapeva anche di non essere debole come suo fratello credeva, i loro erano solo poteri diversi.

«Ero venuto a salutare Kyoko. Per il modo in cui l’hai trattata, saremo fortunati se torna. E comunque, che sta succedendo in quel tuo cervello da microbo?», la voce calma di Shinbe nascondeva un accenno di agitazione.

Toya emise un lieve ringhio, quello che suo fratello aveva detto era vero. Forse aveva reagito in modo eccessivo ma, dopotutto, li aveva visti mentre si baciavano… Kyoko aveva baciato quel guardiano pervertito. Gli tornò in mente quella scena e la sua anima gridò: “No, è stato Shinbe a baciare Kyoko, non il contrario!”.

Si voltò di spalle e rispose: «Non so che intenzioni hai, ma se tocchi di nuovo Kyoko… ti ammazzo!». Detto questo, schizzò via lasciando una piuma d’argento nella brezza.

Shinbe sospirò e si sedette di nuovo, quando sentì la risata di Kamui in lontananza. Pochi istanti dopo, Sennin, Kamui e Suki arrivarono nella radura, con in mano cesti di erbe e verdure che il vecchio saggio aveva raccolto.

“Devono averlo incontrato mentre tornavano alla capanna.” rifletté Shinbe.

Sennin era l’anziano proprietario della capanna in cui si fermavano quando rimanevano nei pressi del santuario. Aveva badato a Suki e il fratello da solo dopo che sua moglie era stata uccisa dai demoni durante un attacco al villaggio. Suki era troppo piccola per ricordarsi di sua madre, la migliore cacciatrice umana di demoni in tutto il regno.

Per la gente del villaggio Sennin era una specie di sciamano, ma i guardiani sapevano chi era davvero. Era un maestro nel lanciare incantesimi e sapeva molte più cose della maggior parte degli umani del regno. Shinbe sorrise tristemente mentre vedeva il vecchio avvicinarsi.

«Perché quell’aria triste, Shinbe?» gli chiese Sennin, squadrandolo con i suoi occhi stanchi. Il guardiano ametista si comportava in modo strano ultimamente… e non era una cosa da sottovalutare perché, a suo parere, tutti i guardiani erano un po’ strani per natura.

Shinbe si alzò mentre si avvicinavano, come se stesse aspettando loro invece di litigare con Toya.

Suki guardò la statua dietro di lui e gli chiese: «Kyoko è già tornata a casa?».

Lui la fissò senza espressione e rispose: «Sì, se n’è andata.».

Kamui smise di cercare da mangiare nel cestino e guardò suo fratello, con il sorriso che svanì per lasciare posto alla preoccupazione. «E perché se n’è andata?» gli chiese. Poi gli venne in mente qualcosa e, restringendo lo sguardo, aggiunse: «Che cos’ha fatto Toya, stavolta?».

Shinbe gli mise una mano sulla spalla per tranquillizzarlo, sapeva che anche Kamui odiava quando Kyoko tornava nel suo mondo. «Va tutto bene, tornerà presto.» o almeno così sperava.

Suki sembrava turbata, Kyoko era tornata quella notte e non aveva avuto neanche la possibilità di parlare con lei, se non per qualche istante al mattino. «Gli ha lanciato l’incantesimo?» gli chiese.

Shinbe la guardò e sorrise, «Credo proprio di sì. Adesso non è di buonumore.».

«Immagino. Sai per cosa hanno litigato, stavolta?» gli chiese Sennin restringendo lo sguardo, mentre si dirigeva verso la capanna. Suki lo seguì e Kamui riprese a rovistare nel cestino. Shinbe pensò a come rispondere alla domanda e disse: «Secondo voi a Toya serve un motivo per sgridarla?», poi scrollò le spalle, sperando che nessuno percepisse il suo senso di colpa.

Toya era seduto ai piedi di un albero non lontano dalla capanna e aveva sentito la loro conversazione. Aveva sentito anche la risposta di Shinbe e gli venne voglia di ridurlo in poltiglia ma, a pensarci bene, era meglio non raccontare quello che era successo. I suoi occhi emanavano scintille argentate mentre ripensava al bacio. Decidendo di tacere per il momento, si appoggiò all’albero e chiuse gli occhi, fingendo di dormire.

«Toya, sei sveglio?» disse Sennin.

Lui lo ignorò, non gli doveva niente.

L’uomo fece una pausa, poi aggiunse: «L’hai fatto di nuovo. Non potevi aspettare che lei rimanesse ancora un po’?».

Toya si sporse in avanti e gli lanciò un’occhiataccia: «Sta’ zitto, tu. Non sai neanche di cosa stai parlando.», poi si alzò di scatto e si diresse verso la foresta.

Shinbe sospirò di sollievo, temeva che Toya gli avrebbe detto di quel bacio innocente e che lui avrebbe dovuto dargli una spiegazione. “Ho detto ‘innocente’?” si chiese mentalmente, sentendo un peso sullo stomaco. Se era così “innocente”, perché continuava a pensare a quanto fossero morbide le labbra di Kyoko? Gemette a quel pensiero ed entrò nella capanna.

Kaen, amico dei guardiani, meglio descritto come uno “spirito di fuoco”, apparve davanti a Kamui sorridendo. Spesso lo aiutava con l’allenamento ed era molto protettivo nei suoi confronti durante la battaglia. Il fatto che potesse trasformarsi in un drago era utile… rendeva l’allenamento molto più intenso. Iniziarono a lottare fuori dalla capanna, e Sennin e Suki si scambiarono un’occhiata.

Lei scrollò le spalle ed entrambi entrarono nella capanna. Shinbe era sdraiato di spalle su una stuoia, con un braccio sotto la testa. Lo guardarono ma nessuno dei due disse nulla sul suo umore depresso. Suki accese il fuoco mentre Sennin preparava il cibo per la cena.

*****

Toya era rimasto lontano dalla capanna per tutto il giorno, finché il sole non era iniziato a calare. Si avvicinò in silenzio mentre sentiva Sennin e Suki che parlavano a bassa voce. Il suo udito di guardiano captò ogni parola sussurrata dalle loro labbra.

«Pensi che sia malato?» chiese Suki preoccupata mentre guardava Shinbe, che stava ancora dormendo.

«Non ha mangiato nulla.» rispose Sennin mentre puliva le ciotole.

«Spero davvero che non si stia ammalando. Senza l’aiuto di Kyoko, domani avremo bisogno di lui per cercare i frammenti.» disse Suki, poi scrollò le spalle e srotolò il suo materassino. «Quando si sveglia gli preparo una tisana alle erbe.» aggiunse.

Sennin non pensava che fosse malato perché i guardiani avevano un’elevata immunità alle malattie umane. In realtà, non ne aveva mai visto uno ammalarsi. Doveva esserci qualcos’altro.

Poi pensò al frammento del cristallo e il suo sguardo s’incupì. Da quando la gemma era andata in frantumi, le schegge erano finite ovunque e quasi sempre nelle mani sbagliate. Un demone debole che ne possedeva uno diventava forte e molto pericoloso. L’esercito malvagio di Hyakuhei sembrava crescere di giorno in giorno e, ultimamente, Sennin aveva sentito il male avvicinarsi.

Toya era fuori dalla capanna, indeciso se entrare o no, quando si sentì nominare.

«Chissà per cosa si è arrabbiato Toya al punto da far andare via Kyoko.» disse Suki sbadigliando.

Sennin annuì: «Spero che abbia imparato la lezione. Abbiamo bisogno di lei quanto dei guardiani.».

Suki si sedette sul materassino e aggiunse: «Beh, non gli ci vuole molto per farla arrabbiare. Scommetto che le ha detto qualcosa sul fatto che si era ubriacata.». Si voltò per guardare Kamui quando sentì la sua risatina, poi afferrò un pettine e glielo lanciò dritto in testa, «Pensavo che stessi dormendo!».

Sennin rise mentre si dirigeva verso la porta, «Buonanotte, Suki… Kamui.».

Toya era ancora lì fuori, aveva dimenticato che Kyoko si era ubriacata. Bene, non avrebbe avuto bisogno di dire cos’era successo davvero… anche se sarebbe stato bello mettere Shinbe nei guai con Suki. Si sarebbe arrabbiata così tanto che lo avrebbe picchiato per un secolo.

Saltando sull’albero, Toya rise all’idea, sapendo che suo fratello non avrebbe mai reagito per fermarla.

Capitolo 5 “Gelosia pericolosa”

Kyoko era triste, non faceva che pensare a Shinbe, Toya e quello stupido bacio. Era sdraiata sotto le coperte, completamente sveglia, e rifletteva sul desiderio di essere baciata da entrambi. Da una parte c’era Shinbe, il guardiano pervertito che flirtava con tutte le ragazze che incontrava. Avrà avuto parecchie donne, eppure il solo pensiero del suo bacio la faceva quasi svenire.

Dall’altra c’era Toya, che la sgridava per le sciocchezze e cercava sempre di controllare ogni sua mossa. A volte, però, era molto dolce. Lo erano entrambi. Kyoko affondò la testa nel cuscino e sospirò. Che strano, di solito prima di dormire pensava soltanto a Toya, mentre da un po’ di tempo c’era Shinbe nei suoi pensieri. “Shinbe…” si addormentò dormendo sognandolo di nuovo.

*****

Shinbe si svegliò madido di sudore nel cuore della notte, aveva fatto un altro sogno. Gemette mentre si alzava. Perché continuava a pensare a lei? Stava diventando matto. Si guardò intorno per assicurarsi che Suki e Kamui dormissero ancora. Sgattaiolando in silenzio, uscì dalla capanna e fece un respiro profondo guardando il cielo. In quel momento notò Toya che lo fissava dall’albero proprio di fronte alla capanna.

«Che c’è?» gli chiese; non voleva litigare in quel momento, ma il modo in cui l’altro lo stava fissando era irritante.

Toya annusò l’aria e ringhiò, percependo l’eccitazione di suo fratello, «Che stai facendo?».

Shinbe abbassò la testa e si toccò una tempia come se avesse mal di testa, anche se era impossibile per un immortale. «Vado a fare due passi, non sono affari tuoi.».

Toya ringhiò di nuovo, saltò giù dal ramo e gli girò intorno come se stesse accerchiando una preda. «E invece sì.» continuò.

Shinbe lo guardò con la coda dell’occhio e un’espressione annoiata, ma mentalmente era pronto a colpirlo. «Non so che cosa stai insinuando ma, con tutto il rispetto, non ho bisogno che tu mi faccia da guardia.».

Toya si fermò e gli si parò davanti così in fretta da spostare l’aria. «Stai lontano da Kyoko, hai capito? Se mi viene il dubbio che l’hai toccata…», abbassò un braccio di scatto e fece comparire uno dei suoi pugnali, «… non ci penserò due volte a ucciderti, anche se sei mio fratello.».

Shinbe non sopportava la pesantezza di Toya e ribatté: «Sì, sì, ho capito. Adesso, se non ti dispiace… .».

Toya si scostò per farlo passare, “Non mi fido di lui.” pensò.

Shinbe si addentrò nella foresta senza una meta, voleva solo allontanarsi il più possibile dallo sguardo indagatore di Toya. Sapeva che lo avrebbe ucciso quando avrebbe scoperto quello che aveva fatto, ma almeno sarebbe morto felice. Sospirò guardando il cielo stellato, «Oh, Kyoko. Perché te ne sei andata? Accidenti a Toya.». Roteò il bastone e ringhiò: «Maledizione.».

Continuò a camminare senza alcuna intenzione di avvicinarsi al santuario, ma fu proprio lì che andò a finire. Si fermò all’entrata della radura, sapendo che non avrebbe dovuto essere lì. Probabilmente Toya lo stava seguendo. Si guardò intorno per cercare eventuali segni della presenza del suo irascibile fratello. Quando non lo sentì da nessuna parte, si diresse lentamente verso la statua della fanciulla.

Si fermò a guardare la sosia di Kyoko dal passato, sognando ad occhi aperti, e non sentì i passi alle sue spalle.

«Che diavolo ci fai qui?» esclamò Toya con voce cupa. Shinbe perse l’equilibrio per lo spavento e sarebbe caduto tra le braccia della fanciulla, se lui non lo avesse afferrato per un braccio.

«Devi smetterla di spaventare la gente in questo modo.» sbottò Shinbe, strattonandosi dalla sua presa.

«Ti ho detto di stare lontano da Kyoko. Non so che cosa sta succedendo nella tua testa ma, se devo picchiarti per farti ragionare, lo farò.» gli occhi di Toya s’infiammarono di rabbia al pensiero che suo fratello provasse qualcosa per Kyoko. Non in questa vita, non se ci fosse stato lui ad impedirglielo.

Shinbe ne aveva abbastanza delle sue minacce e scattò: «Ma che cavolo vuoi?!», roteò il bastone verso di lui, «Hai avuto un milione di occasioni con Kyoko, e hai sempre fatto finta di niente! E adesso pretendi di dirle con chi può stare e chi può baciare?», poi rise. «Non funziona così, Toya. Hai perso.». Shinbe scosse la testa e raddrizzò il bastone, preparandosi all’attacco imminente. Sapeva di che cosa era capace suo fratello, ma era stanco di arrendersi.

Toya lo guardò scioccato, non riusciva a muoversi. Sapeva di non poter usare i pugnali gemelli, altrimenti avrebbe finito per ucciderlo. I suoi occhi si trasformarono in argento fuso mentre lo guardava storto. «Che cosa?! Mi stai dicendo che tu vuoi Kyoko?» ringhiò, poi aggiunse: «Tu sei soltanto un pervertito, Kyoko non potrebbe mai volerti!», e si scagliò contro di lui.

Shinbe schivò l’attacco e rimase al proprio posto, «E invece dovrebbe volere te, che cerchi soltanto di controllarla e ti comporti come se non te ne fregasse niente dei suoi sentimenti?». Schivò un altro colpo e rise, poi aggiunse con voce cupa: «Che c’è, ho colpito nel segno?».

Toya rimase a guardarlo, avrebbe proprio voluto usare i suoi pugnali. Voleva disperatamente vedere il sangue di Shinbe e non gli servivano armi per farlo. «Tu non hai il diritto di parlare di quello che faccio.» gli disse con voce glaciale; poi abbassò la testa e la frangetta nascose il rosso che si stava insinuando nei suoi occhi argentati.

Shinbe lo guardò con un sopracciglio alzato, «Ah-ha, avevo ragione. Interessante. Il guardiano d’argento prova dei sentimenti… per la sua sacerdotessa. Ma non hai comunque il diritto di dirle chi può baciare. Come ha detto lei, non ha alcun fidanzato; perciò, per come la vedo io, è un gioco alla pari.» disse Shinbe scrollando le spalle, poi si voltò verso il santuario.

Toya ne approfittò per saltargli addosso, «Dannazione, non osare voltarmi le spalle!». Lo colpì con forza, facendolo volare in aria il bastone.

Shinbe finì a terra ma si rialzò all’istante, pronto ad affrontare di nuovo Toya. I suoi lunghi capelli blu notte ondeggiavano nella brezza mentre i suoi occhi color ametista brillavano pericolosamente. Entrambi i guardiani rimasero a fissarsi in rabbioso silenzio per un attimo. L’erba che circondava loro e la statua brillava ancora dell’aura nemica di cui non si erano accorti.

Disarmato e in svantaggio, Shinbe tese una mano in avanti e invocò i propri poteri. I massi circostanti iniziarono a staccarsi dal terreno in cui erano rimasti intrappolati per così tanto tempo. Ma si rese conto di non avere il tempo per completare l’incantesimo quando Toya si lanciò di nuovo verso di lui. Cercò di spostarsi ma le sue gambe cedettero quando colpì la statua di lato.

I massi crollarono a terra nell’istante in cui Toya gli finì addosso, afferrandolo per la gola. Shinbe lo afferrò per la camicia mentre entrambi fluttuavano in una calda foschia azzurra.

Invece di atterrare con un tonfo come si aspettava, Shinbe si sentì avvolgere da una luce blu soffusa. La prima cosa che pensò fu che stava morendo, visto che Toya aveva cercato di strangolarlo. La foschia misteriosa svanì ed entrambi atterrarono… con un tonfo.

Toya teneva ancora le mani al collo di Shinbe che, riprendendosi in fretta, riuscì a liberarsi dalla sua presa, spingendolo a terra. Fu allora che Toya realizzò dov’erano finiti, «Ma che…?», attraverso il buio vide il tetto sopra di loro. Erano finiti nel mondo di Kyoko? Shinbe era nel mondo di Kyoko?! «No!» ringhiò mentre si alzava da terra, guardando storto suo fratello. Nessun guardiano aveva mai attraversato il Cuore del Tempo, tranne lui. Era l’unico ad avere il permesso. La gelosia iniziò a sfrigolare nel suo sangue.

«Adesso ti ammazzo sul serio!» gridò scagliandosi verso di lui, e lo colpì a una tempia.

Shinbe non era debole come sembrava, scosse la testa e allungò una gamba mentre cadeva, facendo perdere l’equilibrio a Toya, che ringhiò mentre finiva contro il muro.

Shinbe si appoggiò alla parete di legno per cercare di riprendere fiato. Aveva il soprabito strappato in alcuni punti e la tempia gli sbatteva. Guardò suo fratello, che non sembrava stare meglio di lui… aveva un’espressione furiosa.

Toya gridò: «Tu non hai il permesso di stare qui!». Si lanciò di nuovo verso di lui ma colpì il muro quando Shinbe si scostò all’ultimo secondo. Sarà anche stato più forte, ma lui era più veloce. Shinbe si voltò e gli inviò una scarica di potere che avrebbe ferito anche un dio.

Toya fu sbattuto all’indietro ma la rabbia gli impediva di provare dolore. Si asciugò il sangue dalla bocca mentre i suoi occhi diventavano color mercurio. Doveva calmarsi ma la rabbia non glielo permetteva. Voleva colpire Shinbe e fargli davvero molto male. Lo vide chinarsi poggiando le mani sulle gambe e colse l’attimo per afferrarlo per il soprabito, lanciandolo fuori dal santuario.

I guardiani non potevano essere uccisi… o almeno quella era la teoria… beh, era una bugia. Hyakuhei aveva ucciso il loro padre, nessuno era immortale. Shinbe rotolò sulla ghiaia prima di fermarsi, poi si alzò, ripulendosi il sangue e la terra dalla faccia.

*****

Kyoko si chiese che cosa l’avesse svegliata. Sentendo tonfi e ringhi soffocati, immaginò che il nonno fosse rimasto a guardare la TV ma fu presa dallo spavento quando Tama irruppe nella sua stanza.

«Kyoko!» esclamò lui indicando la finestra, «C’è… c’è qualcuno che… che si azzuffa in giardino!» continuò balbettando, mentre lei correva alla finestra. Non riusciva a vedere nulla perché, a quanto pare, avevano fatto cadere il lampione.

Tama andò alla finestra e rimase a guardare proprio mentre un lampo rosso e nero apparve più vicino, sotto la luce del portico.

«Ma che…» disse.

«Toya!» gridò Kyoko in preda al panico. Con chi stava combattendo? Con un demone… nel suo mondo? Lo vide mentre veniva sollevato in aria all’improvviso e poi lanciato contro l’enorme albero su cui lei si arrampicava da piccola. Il problema era che non riusciva a vedere chi o cosa lo avesse lanciato in aria, sempre che non fosse un fantasma.

«Vai a svegliare il nonno, io vado ad aiutare Toya.» disse, poi prese la balestra e uscì dalla stanza, lasciando Tama da solo.

Corse in giardino a piedi nudi, pronta a scoccare già una freccia eterea. Cercando di individuare il bersaglio, rimase scioccata nel vedere non uno, ma ben due guardiani, e si bloccò di colpo.

«Shinbe…» sussurrò, mentre lo vedeva accasciarsi contro il muro del santuario. Le sembrò quasi di sentire l’impatto, che le provocò una fitta al cuore. Notò un movimento laterale e si voltò, era Toya che si preparava ad attaccare di nuovo.

Kyoko abbassò la balestra e tese una mano per lanciare l’incantesimo che funzionava soltanto con lui. «Toya! No!» urlò.

Lui stava saltando quando cadde a terra all’improvviso come una tonnellata di mattoni, finendo a faccia in giù.

Kyoko corse da Shinbe, scivolando sull’erba per la fretta. Inginocchiandosi accanto a lui, si spaventò per le condizioni in cui era. «Shinbe, stai bene?».

Lui aprì un occhio e guardò suo fratello. «Fa un po’ male.» rispose, cercando di sorridere, ma svenne prima di riuscirci.

Toya guardò Kyoko e ringhiò per la sua espressione preoccupata. Come osava prendere le difese di quel pervertito?

Kyoko si voltò verso di lui con le lacrime agli occhi, «Che cos’hai fatto?».

Lui non riuscì a rispondere mentre il fratello e il nonno di Kyoko li raggiungevano. L’uomo teneva in mano le sue pergamene di incantesimi, pronto a distruggere tutto ciò che osasse minacciare sua nipote.

Kyoko iniziò a singhiozzare, non sapendo cosa fare, «Aiutatemi a portare Shinbe in casa.».

Tama e il nonno non fecero domande e obbedirono. L’uomo si limitò a guardare Toya con gli occhi socchiusi, mentre Tama non lo degnò neanche di un rapido sguardo. Si allontanarono lasciandolo ancora steso a terra e lui non si preoccupò di muoversi. Sapeva che Kyoko era così arrabbiata che, se avesse osato entrare in casa, probabilmente avrebbe usato quel maledetto incantesimo altre mille volte. Non era giusto, perché non capiva che la stava solo proteggendo?

La luce della luna illuminò i riflessi argentati dei suoi capelli neri mentre si girava, con il cuore pesante. Poi si alzò e attraversò il portale.

*****

Mentre il sole era ormai alto sul santuario della vergine, Toya stava ancora camminando avanti e indietro nella radura, cercando di capire cosa diavolo fosse successo. Come aveva fatto Shinbe ad attraversare il portale? Non era possibile. Quella domanda continuava a ronzargli nella testa, facendolo quasi impazzire.

Suki arrivò insieme a Kamui e Kaen, erano andati a cercarli. Vide Toya e gli fece un cenno con la mano.

“Accidenti, ci mancavano anche loro.” pensò lui imprecando. Suki si fermò e lo fissò per un momento, cogliendolo di sorpresa con la propria espressione preoccupata.

«Toya, stai bene? Cos’è successo?» gli chiese sfiorandogli il viso, e lui sussultò. Suki notò le ferite in via di guarigione e il sangue sui vestiti e sulle mani. Toya non si sporcava mai le mani in quel modo, che stava succedendo?

«Di chi è tutto quel sangue?» insistette. Quando lui non rispose e si voltò di spalle, Suki si guardò intorno per cercare Shinbe, certa che lui le avrebbe detto qualcosa. Non vedendolo, andò nel panico e spalancò gli occhi, «Dov’è Shinbe?».

Kamui era rimasto indietro con Kaen, poi percepì l’agitazione di Toya e si avvicinò. Aveva sentito la domanda e pregava di sbagliarsi sulla risposta. Sperando di calmare entrambi, cercò di sdrammatizzare: «Avanti, non vorrai farci credere che hai ucciso Shinbe?».

Toya digrignò i denti e sbottò: «Non ho ucciso nessuno, stupido bastardo, quindi chiudi la bocca!», poi si guardò le mani insanguinate… non se n’era neanche accorto.

“Che cos’ho fatto?” si chiese. L’ultimo colpo doveva aver ferito gravemente Shinbe, si ricordò dei suoi artigli che gli affondavano nella carne mentre lui lo scagliava contro l’albero. Sapeva che quegli artigli potevano essere letali quando si allungavano in battaglia… letali non solo per i demoni ma anche per gli immortali, compresi i guardiani.

Non avrebbe dovuto combattere contro suo fratello, ma era così furioso che non era riuscito a fermarsi. Perché aveva perso il controllo in quel modo, rischiando che il suo sangue demoniaco affiorasse? Di solito faceva più attenzione, accidenti. Se Kyoko non fosse arrivata in quel momento, chissà cosa sarebbe successo. Non aveva mai combattuto con Shinbe… che diavolo gli era preso?

Il panico lo assalì quando sentì gli sguardi di Suki e Kamui su di sé. Shinbe era suo fratello… era un guardiano… che cosa aveva fatto? Senza guardarli, strinse i pugni e gridò: «Io non ho fatto niente!». Sentendo il bisogno di allontanarsi, schizzò via verso i boschi.

Kaen e Kamui si guardarono a vicenda con aria preoccupata.

*****

Kyoko era seduta alla scrivania con ago e filo in mano. Stava cucendo il soprabito di Shinbe, che era strappato in alcuni punti. Con Toya scomparso e Shinbe svenuto, aveva bisogno di tenersi occupata… non c’era neanche qualcuno a cui chiedere cosa fosse successo. E aveva la sensazione di essere lei la causa di quella rissa.

«Era solo uno stupido bacio.» borbottò con aria colpevole.

Dopo che il nonno aveva tolto i vestiti a Shinbe, lei li aveva presi per lavarli, mentre Tama gli aveva dato una mano con le ferite. Se Shinbe non fosse stato un guardiano e non avesse avuto anche la capacità di guarire in fretta, sarebbe morto dissanguato in pochi minuti. Guardando la stoffa strappata, Kyoko immaginò gli artigli di Toya e rabbrividì.

Shinbe era messo piuttosto male, ma il bernoccolo in testa era la cosa peggiore. Il nonno aveva detto che, probabilmente, ci avrebbe messo un po’ per riprendersi; e le aveva anche detto che la lotta tra due guardiani era più pericolosa di una tra due umani. Ah, il nonno e le sue leggende… ma a lei non serviva una leggenda per capire che era una brutta situazione. Sperava solo che Shinbe non riportasse danni cerebrali, non era un buon segno che non si fosse ancora svegliato. Pregò che si svegliasse presto e le dicesse che stava bene.

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