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Fuorigioco
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Fuorigioco

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Fuorigioco
Sawyer Bennett

Il figlio privilegiato di un membro del Congresso americano, nonché star dell'hockey, Ryan Burnham s'invaghisce della cameriera dal cuore d'oro che si sta pagando gli studi universitari in seguito alla morte dei suoi genitori. Fuorigioco è il primo di una serie di cinque libri di letteratura rosa contemporanea.

Ryan Burnham è il figlio privilegiato di un membro del Congresso americano, nonché capitano della sua squadra di hockey universitaria. Proprio quando sta per realizzare il suo sogno di giocare nella NHL, i suoi genitori pretendono che intraprenda un percorso diverso. Un percorso che è tenuto ad accettare per tutelare l'immagine pubblica della sua famiglia.

Obbligata ad abbandonare la sua carriera musicale dopo la morte straziante dei suoi genitori, Danny Cross vive una vita completamente diversa da quella di Ryan.

Stenta ad affermarsi, tra il doppio lavoro, la frequenza part-time del college, ed il volontariato in un rifugio per senzatetto. La sua missione è quella di costruirsi il proprio successo.

Grazie ad un incontro fortuito, i loro mondi incredibilmente differenti s'incontrano, spingendo entrambi a chiedersi se siano davvero sulla strada giusta verso l'autorealizzazione e la felicità. La loro relazione sarà in grado di sopravvivere? Soprattutto con tutti contro di loro in ogni momento. Possono cambiare molte cose in soli dieci giorni...

Translator: Mark James Grilli

Sawyer Bennett

Fuorigioco

Fuorigioco - La Serie

© 2021 - Sawyer Bennett

Traduzione italiana a cura di Mark James Grilli

1  Ringraziamenti

Non mi sarei aspettata di scrivere questo libro. In effetti stavo per iniziare a lavorare al sequel di Forever Young, ma l’idea per questo romanzo mi è balzata in testa senza sosta. Così ho trascorso qualche settimana a ponderare la cosa. Ho anche provato a scrivere il sequel di Forever Young, tuttavia non sono nemmeno riuscita ad iniziare perché questo libro continuava a dominare i miei pensieri. Perciò ho deciso: diamine, fammi sgomberare la mente da questa cosa.

Ho scritto all’impazzata per una settimana buona. Circa 45.000 parole dopo avevo la mia prima bozza. Ho corretto qualcosa qua e là, anche se, fatta salva qualche modifica, in realtà il testo era pronto. A questo punto desidero ringraziare pubblicamente Kristina Sessoms e Alyssa Shaver. Entrambe si sono offerte come beta-readers, fornendomi ottimi consigli, molti dei quali sono venuti utili.

Un abbraccio in particolare ad Alyssa, la quale ha trovato il titolo del libro. Averla avuta come beta reader dev’essere stato un segno del destino, dato che è una grande appassionata di hockey, ex giocatrice lei stessa, nonché violinista. Scoprirete perché tutto ciò è importante durante la lettura di questo romanzo.

Come sempre, grazie, Shawn, per avermi permesso di inseguire i miei sogni. So che questo mi porta a prestare attenzione al mio laptop invece che a te per molte ore. Sei la cosa più bella della mia vita, tesoro!

1 Riflessioni

Non so cosa mi abbia spinto a farlo. Forse le aspettative impossibili, o magari la mia autocommiserazione. Semplicemente sapevo di avere bisogno di qualcosa di diverso. Avevo bisogno che qualcuno...qualcosa...mi riportasse sulla giusta strada.

Altrimenti mi sarei perso...sarei diventato un guscio vuoto, un relitto umano. Perciò l’ho fatto. L’ho approcciata, l’ho corteggiata, e infine l’ho conquistata. E così ha salvato la mia vita...

1 Capitolo 1

Ryan

Heh, heh, heh, heh...

Odio quei dannati maiali verdi che si prendono gioco di me. Premo il pulsante riavvia, e faccio scorrere il dito sullo schermo, tirando indietro l’uccellino blu. Lo lascio volare, picchiettando velocemente sullo schermo, e il mio missile blu peloso si divide in tre, scatenando la sua ira verso i miei provocatori. Il ghiaccio va in frantumi, ed io stermino le scrofe verdi. La vittoria è mia.

“Sbrigati, Ryan. Datti una mossa.”

Lancio un’occhiata al gruppo che cammina davanti a me. Stanno tutti ridendo, tenendosi a braccetto. Sembrano una fottuta replica di Friends. Indossiamo tutti splendidi capi firmati, omaggio dell’oscena ricchezza delle nostre famiglie. Sfoggiamo perfetti tagli di capelli, freschi di parrucchiere, mentre viviamo le nostre vite perfette da studenti del college. E a volte odio assolutamente tutto questo.

Stasera andremo in giro per i bassifondi. Stiamo passando da una festa della confraternita ad un diner aperto 24 ore su 24 nei dintorni per prendere qualcosa da mangiare. Diamine, tutto questo è imbarazzante.

A causa dell’enorme quantità di alcool e marijuana presenti alla festa siamo tutti in fame chimica. A dire il vero, il mio è più un languorino, solo dovuto alla fame, perché sfortunatamente non posso fare uso di cannabis, dato che la divisione sportiva della Northeastern sorprende i suoi atleti con test antidroga a sorpresa. E non ho alcuna intenzione di mettere a rischio il nostro campionato di hockey per qualche spinello. Mi auguro che anche Mike e Carter siano stati lontani da quella merda stasera. Dal modo in cui stanno ridacchiando le ragazze, deduco che abbiano preso parte anche loro.

Sono le 3 del mattino, e non sono abbastanza ubriaco da ignorare il fatto che vorrei poter scaricare i miei amici e tornarmene alla confraternita per dormire un po’. È stata una lunga nottata e sembra che stia per allungarsi ancora di più.

Gli uomini della nostra allegra combriccola rappresentano una fetta della prima linea della squadra di hockey della Northeastern. Siamo alquanto uniti. Il mio braccio destro e migliore amico, Mike Yanalas, si rivolge ad un gruppo di giovani teppisti appoggiati ad una vecchia Dodge Charger fumando sigarette. Sta stringendo a sé la sua fidanzata, Cameron.

“Che cazzo guardate?” gli urla Mike. È ubriaco marcio, ed io sospiro tra me e me. Non voglio assolutamente dover parare il suo culo ubriaco in una rissa stasera.

Fortunatamente questi aspiranti gangster non rispondono, sgattaiolando via nell’oscurità. Non mi sorprende, a dirla tutta. Siamo tizi ben piantati, e la maggior parte delle persone sarebbe pazza a sfidarci.

Svoltiamo in Hay Street, sbucando nella mia zona. La palestra dove mi alleno è a pochi isolati di distanza, e la mia confraternita è nella direzione opposta. Sally’s Diner è situato quasi al centro di questi due punti, ed è stato il nostro punto di ritrovo dopo le feste nei miei tre anni da studente alla Northeastern. Allungo il passo per raggiungere gli altri.

Entrando da Sally, respiro a pieni polmoni l’aroma inebriante del bacon e delle patatine fritte. Il posto è abbastanza pieno, anche se sono le prime ore del mattino. Ci sono parecchi tavoli gremiti di studenti ubriachi, e un vecchio seduto al bancone con una tazza di caffè.

Dopo aver unito alcuni tavoli, il gruppo si siede, tirando fuori i menu appiccicaticci dai segnaposto al centro dei tavoli. Avvolgo un piede attorno ad una sedia scalciando indietro, in modo da tirarla fuori da sotto il tavolo. Mi metto comodo, stendendo le gambe di fronte. Incrociando le caviglie, continuo ad ignorare il gruppo giocando ad Angry Birds.

Ignoro il menu. So già che ordinerò l’Husky Special. Un cheeseburger con sopra un uovo fritto e una valanga di patatine fritte come contorno. Mi sto allenando duramente per prepararmi al campionato di hockey che inizierà tra qualche settimana, quindi posso sopportare il sovraccarico calorico.

“Bleah…questo tavolo è disgustoso. Non capisco perché ci ostiniamo a venire sempre qui.”

Rimango concentrato sulla mia missione di distruggere il maggior numero di maiali possibile, mentalmente esasperato da Angeline. Il fatto che sia qui con noi mi fa girare le palle, e il suo piagnisteo da viziata mi sta facendo saltare i nervi.

Sono rimasto sbalordito quando si è presentata alla festa stasera, dato che abbiamo tentato furiosamente di evitarci da quando ci siamo lasciati qualche settimana fa. Tuttavia, suppongo che rivederci fosse inevitabile, dato che la nostra cerchia sociale era molto unita. Non aiuta nemmeno il fatto che Mike sia il mio migliore amico, e Cameron la sua.

Lancio una rapida occhiata ad Angeline, scuotendo la testa. Sta cercando di pulire il tavolo con il disinfettante per le mani ed i tovaglioli, la faccia contorta in una smorfia. Osservarla mentre si affanna a pulire un tavolo sporco, mi fa capire ancora una volta che ho preso la decisione giusta quando l’ho lasciata. Angeline è un po’ troppo pignola per i miei gusti. Cavolo, si rifiutava di abbracciarmi dopo le partite se non dopo aver fatto la doccia. Col senno di poi, mi stupisce che non mi abbia disinfettato con il suo gel prima di fare sesso. O che non mi abbia fatto infilare il cazzo in due preservativi.

Mi mordo il labbro inferiore, sbigottito. Vedere Angelina stasera è stato surreale. Mi aspettavo che fosse ancora furiosa con me per averla scaricata. Invece mi è venuta incontro e mi ha abbracciato forte, dicendomi di essere felice di vedermi. Ho ricambiato il complimento, anche se non lo pensavo davvero. Era la cosa più cortese da fare.

Col trascorrere della notte, Angeline è passata dalla chiacchierata amichevole al flirtare sfacciatamente. Non ho potuto ignorare le innumerevoli volte in cui ha appoggiato la mano sul mio braccio mentre mi stava parlando, o il modo in cui stava in punta di piedi per sussurrarmi qualcosa all’orecchio.

Non mi fraintendete. Stasera Angeline sfoggia un paio di jeans attillati, un top pressoché inesistente, e dei tacchi vertiginosi. Trasuda sesso e se non avesse sprecato le sue energie con me, avrebbe reso un altro ragazzo ben felice di avere le sue attenzioni.

Verso fine serata, mentre la band stava suonando una delle ultime canzoni, ha riprovato a convincermi a ballare con lei. Ho rifiutato cortesemente, dicendole che probabilmente non era una buona idea. Sembrava averla presa bene, ma poi si è autoinvitata quando abbiamo deciso di andare da Sally. Sarei dovuto tornare a casa, ma stavo morendo di fame, e ho pensato che avrei potuto tollerare un’altra mezz’ora con Angeline.

Quindi eccoci qui seduti, mentre sto provando a concentrarmi sul lancio dei pennuti contro i suini, prestando parzialmente attenzione alla conversazione tra i tavoli. Bastano cinque secondi: qualcuno cita Descartes, e si parte per la tangente.

Trovo esilarante che quando gli studenti del college si ubriacano o si sballano, iniziano subito a discutere di filosofia. Voglio dire, a nessuno frega niente della filosofia, con l’aiuto di un po’ di alcool, improvvisamente tutti vogliono pontificare.

Siamo tutti iscritti ad un corso livello 300 di filosofia chiamato “Filosofi del XVII e XVIII secolo”. Nel campus gira voce che il Prof. Anderson, che ha circa 120 anni, passi praticamente tutto il tempo della lezione a dormire, dicendoti esattamente cosa chiederà durante l’esame finale. Pare che il corso sia una passeggiata. Lo spero proprio, dato che sono stato ammesso all’ultimo anno con ottimi voti, e mi auguro di avere orari semplici, in modo da poter concentrare gli sforzi sull’hockey.

“Beh, io penso che il dualismo sia una stronzata,” sento Mike affermare con fare plateale, biascicando. “Se la mente esiste indipendentemente dal cervello, allora come si creano le memorie fisiche? Ditemi come può avere senso.”

“Niente di tutto questo ha senso,” borbotto, gli occhi ancora incollati al mio iPhone. Nessuno mi degna di uno sguardo, il che mi sta bene. Il mio videogioco è decisamente più interessante della discussione su Descartes.

“È una visiona alquanto ristretta da parte tua,” mi sbeffeggia Angeline. “Ad ogni modo, trovo molto affascinante il concetto del ‘Penso, dunque sono’. Voglio dire, è alquanto profondo, ad un livello che non mi ero mai degnata di considerare prima d’ora.”

Sono alquanto certo che Angeline non abbia mai pensato a qualcosa di più profondo dei jeans griffati da indossare la mattina dopo, tuttavia sono colpito da come stia riuscendo a sviare il discorso dalla soporifera filosofia del dualismo.

Vedo la cameriera avvicinarsi con la coda dell’occhio, ma non alzo lo sguardo, dato che sono pericolosamente vicino al battere il mio punteggio record. Rimane ferma per qualche secondo, mentre la conversazione imperversa, aspettando pazientemente una pausa allo spreco di neuroni. Dato che nessuno si ferma a tirare il fiato, lei si schiarisce la voce.

Il silenzio cala sulla tavolata, quando sento Angeline dire con voce sfrontata: “Chiedo scusa. Siamo nel mezzo di un’importante conversazione. Pensi sia appropriato interromperci con la scusa che siamo pronti per te?”

Tutti scoppiano a ridere istericamente, tranne me. Sogghigno tra me e me, scuotendo semplicemente la testa. Angeline riesce a sminuire chiunque, facendolo sentire uno schifo in una manciata di secondi. È una vera forma d’arte per gli individui scandalosamente ricchi e follemente narcisisti.

In realtà Angeline non ha ancora finito con lei. Si rivolge al resto della tavolata e dice: “Suppongo che non possiamo davvero colpevolizzarla per la sua ignoranza. Voglio dire, serve frittelle per guadagnarsi da vivere. Probabilmente questa conversazione è troppo per lei.” Infine si lancia in una serie di risatine che mi fanno digrignare i denti.

Okay, io stesso ammetto che è davvero un colpo basso, ma non dico niente. Tengo la testa china, evitando il contatto con Angeline ad ogni costo. È ubriaca e crudele. Non è di certo una buona combinazione, e non ho le forze per litigare con lei stasera. Diamine, è una delle ragioni per le quali ho rotto con lei. Sembrava doverci essere sempre da litigare.

Prima che Angeline possa proferire parola, sento la cameriera rispondere: “Sono davvero desolata. È solo che…vi ho visti tutti seduti qui, e, beh, scusate la mia ignoranza, ma sono alquanto certa che secondo il Rasoio di Occam, tra le varie teorie discordanti e a parità di condizioni, la teoria più semplice è probabilmente quella corretta. Ho notato che avete già dato un’occhiata ai menu e che li avete rimessi a posto. Dunque, la teoria più semplice è che siete pronti ad ordinare. Mettiamola così…Io penso di avervi visto guardare i menu, dunque sono qui per prendere la vostra ordinazione. Insomma, so che Occam è precedente rispetto a Descartes, ma è pur sempre un ottimo principio, non pensate?”

C’è un istante di silenzio attonito, ed io rivolgo lo sguardo verso la cameriera. Questa è la cosa più interessante che sia successa in tutta la serata…Angeline messa a tacere. Il resto del tavolo scoppia in una risata per l’impudenza della cameriera, e sono certo che Angeline sia furiosa. Tuttavia non la guardo, perché quando mi metto a guardare la nostra filosofa servi-frittelle, i miei occhi si allargano e il respiro si fa corto. È mozzafiato. No, unica. No…non si tratta di questo. Straordinariamente unica…ecco cos’è.

Ha i capelli biondo scuro che porta in una coda alta. È una bionda naturale. Si capisce dal colore delle sopracciglia, e sono sicuro che se le togliessi le mutandine, potrei averne conferma. Gli ultimi dieci centimetri sono tinti di un lavanda pallido. Ha un anellino argentato alla narice sinistra e un piccola piccola barretta in argento sul sopracciglio destro. Non è truccata, ma è il tipo di bellezza che deve rimanere completamente al naturale. Ha un’incarnato perfetto e una manciata incredibilmente sexy di lentiggini attorno al naso. I suoi occhi sono di uno splendido color nocciola che scommetto diventano più verdi quando è arrabbiata o emozionata. In questo momento sono pieni di malizia, ed ha due labbra piene e rosa che sogghignano ad Angeline.

Non so cos’abbia questa ragazza, ma cazzo, è uno schianto. E chiaramente anche fottutamente intelligente.

Non mi sono mai piaciute le ragazze con piercing in faccia o capelli tinti. Il tipo di ragazze che i miei genitori si aspettano che io frequenti indossano perle e cashmere, ed hanno un pedigree lungo un chilometro legato ai loro nomi. Come la mette giù mia madre? “Tuo padre è sotto i riflettori, quindi dobbiamo mantenere le apparenze in ogni momento.”

Il mio sguardo si sposta verso il corpo della cameriera, e riesco a farlo solo perché lei è impegnata in una guerra di sguardi con Angeline al momento. Indossa una t-shirt della Northwestern e degli shorts davvero corti che mettono in risalto chilometri di gambe abbronzate. Porta scarpe da ginnastica ed un piccolo grembiule attorno alla vita. Subito sopra il suo seno destro, che sembra attraente quanto quello sinistro, c’è un cartellino con su scritto “Danny”.

Miracolo dei miracoli, Angeline sembra essere rimasta ammutolita. Non esce più niente dalla sua bocca, ma continua a lanciare occhiatacce.

Danny appoggia la matita dietro l’orecchio e mette le mani sui fianchi. “Facciamo così…quando siete pronti ad ordinare, che ne dite…” fa una pausa per dare un’occhiata al tavolo, e indicando Carter: “…se…alzate semplicemente la mano quando siete pronti ad ordinare e sarò subito da voi per assistervi. Okay?”

Senza aspettare una risposta, fa l’occhiolino a Carter e ci volta le spalle. Non riesco a resistere, scoppio a ridere a crepapelle, e Angeline mi fulmina con lo sguardo. Io la ignoro, continuando a sghignazzare.

“Aspetta, Danny.” le dico. Lei si gira e mi guarda sorpresa. Sono sicuro che non si aspettasse di essere chiamata per nome. “Siamo pronti ad ordinare. Credo che tu abbia esposto un’eccellente argomentazione filosofica.”

Ritornando verso il tavolo, Danny mi fissa, e mi accorgo che mi sta studiando. Senza sussultare o abbassare lo sguardo, ricambio il suo sguardo con altrettanta intensità.

Si avvicina a me, abbastanza da poter sentire il suo profumo…sa di pioggia estiva. “Allora, cosa volete?”

È ancora più bella da vicino, e spero di non avere la lingua penzolante. Vorrei dirle che desidero lei, con un contorno di lei, e per dessert…lei. Invece ordino l’Husky Special.

Mi fa l’occhiolino. “Certo, stallone.”

Sento Mike ridacchiare, ma lo ignoro.

Lei fa il giro del tavolo, prendendo le ordinazioni di tutti. Dopo la bella lezione impartita ad Angeline, tutti sono adeguatamente sommessi ed educati. Credo che nessun altro voglia scontrarsi con questa ragazza.

La osservo con attenzione. Pur essendo stata definita ignorante pochi minuti fa, sembra essere sicura di sé e disinvolta. Sorride ad ognuno di noi mentre prende le ordinazioni, anche ad Angeline, la quale è visibilmente conciliante mentre ordina una macedonia e un bicchiere di acqua con ghiaccio. Sono sorpreso ed estremamente incuriosito da questa ragazza.

Perché una persona così intelligente lavora in un diner? E cosa spinge una persona a volersi tingere i capelli di viola o a farsi un piercing al naso? Non lo comprendo, eppure mi trovo a volerlo scoprire.

Una volta che Danny ha preso la nostra ordinazione, la conversazione riprende, anche se ora si parla di hockey invece che di filosofia. Mi sa che stiamo incominciando a smaltire la sbornia. Io, Mike, e Carter discutiamo della gara di apertura della stagione contro il Boston College. Mentre parliamo, osservo Danny muoversi ed interagire con i clienti. Ride molto ed ha un sorriso incantevole con le fossette. Ho anche notato che ha un culo spaziale, ma hey, sono un maschio.

A quanto pare però non sono discreto quanto credo, dato che Carter si sporge e mi sussurra: “È davvero sexy, eh? Stai pensando di fartela?”

Scoppio a ridere. “No, amico. Non è il mio tipo.”

“Beh, con quel corpo è più il mio tipo. Mi chiedo se ha altri piercing non visibili.”

Ammetto di aver pensato la stessa cosa. Eppure non credo che lo scoprirò. Si capisce guardandola che non è il tipo di ragazza da una botta e via. Oh, penserà di essere una dura con i suoi capelli tinti ed i piercings, ma guardandola si capisce che è un angioletto e non una diavolessa. Peggio per me. E anche per lei.

E una botta e via sarebbe l’unico modo per ottenere una risposta alle mie domande. Non è decisamente adatta come potenziale fidanzata, dato che i miei genitori farebbero una scenata se mi facessi vedere dalla stampa con lei al mio fianco. Questo pensiero è alquanto deludente per me. Non mi interessava qualcuno così da tantissimo tempo, e ora sono incazzato di dover vivere la mia vita seguendo i dettami dei miei genitori.

Sospiro silenziosamente e colpisco scherzosamente Carter con un pugno sul braccio. “Dacci dentro, bello. Grazie al tuo brutto muso potresti avere una chance con lei.”

1 Capitolo 2

Danny

Esco dalla doccia tremando in maniera incontrollabile. Il nostro boiler è rotto da due giorni, e sto per andare a fare il culo al padrone di casa. Se io e la mia coinquilina Paula non fossimo così dannatamente povere, ci trasferiremmo in un appartamento migliore. Tuttavia, le cose stanno come stanno, tiriamo a campare, e non possiamo permetterci più di questa squallida topaia.

“C’era acqua calda, Danny?”

Apro la porta del bagno, e sento Paula sbattere le pentole. Credo stia cucinando del Ramen per cena.

“No. Sempre fredda come il ghiaccio,” le rispondo.

“Cazzo. Quel coglione buono a nulla. Cazzo.”

“Modera il linguaggio! Sentirti imprecare mi sta facendo sanguinare le orecchie. E mi devi tre sigarette.”

Sento Paula pestare i piedi lungo il corridoio. Fa capolino e mi passa le sigarette lanciandomi un’occhiataccia. Procedo subito a buttarle nel water.

“Sei proprio una stronza, Danny.”

Mandandole un bacio, le rispondo: “Ti voglio bene anch’io.”

Eccome se voglio bene a Paula. È un misto tra una figura materna e la mia migliore amica. Viviamo assieme da quasi due anni ed ha quindici anni più di me. Ci siamo conosciute lavorando assieme da Sally, ma da allora si è trovata di meglio…lavora in un negozio di dischi vintage.

Paula è una professionista del turpiloquio. Sto provando senza successo a farle abbassare i toni fin da quando la conosco. Non è che io non dica parolacce, ma Paula passa tutto il suo tempo a sbraitare oscenità. Perciò ho scommesso con lei che non sarebbe riuscita a smettere di usare la parola che inizia per “C”, al che lei mi ha prontamente presa in giro, dicendo: “È un gioco da ragazzi.”. Abbiamo stabilito che ogni volta che dirà quella parola, dovrà rinunciare ad una delle sue preziose sigarette…che io distruggo con piacere proprio davanti a lei. Credo che presto dovrà dire addio alla nicotina.

Esco dal bagno, e lei mi segue nella mia camera. Lascio cadere l’asciugamano per terra, ed inizio a vestirmi.

“Allora, hai il turno notturno da Sally?” mi chiede.

“Già. Finisco alle 7.”

Inizio a vestirmi mentre lei si appoggia contro lo stipite della porta. “Bella, che orari del cavolo! Perché non lasci quel ca—.”

Aggrotto le sopracciglia, sfidandola a continuare.

“—intendo dire quello stupido lavoro?”