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Fuorigioco
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Fuorigioco

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“Brava ragazza.” le faccio i complimenti. “E dove lo trovo un altro lavoro? Sono una studentessa ventunenne senza esperienze lavorative, Sally escluso. Tra l’altro…le mance non sono niente male.”

Ripenso allo splendido ragazzo che mi ha lasciato una mancia di cinquanta dollari qualche notte fa. Era chiaramente uno studente del college - probabilmente alla Northeastern - proprio come me. E considerata la mancia di cinquanta dollari, è sicuramente pieno di soldi. Ridacchio ripensando a quel gruppo. Ho capito fin dal momento in cui quell’arrogante tipa mora mi ha messo gli occhi addosso che avrebbe provato ad umiliarmi. Per fortuna ha scelto un argomento del quale ovviamente non sapeva niente, a differenza mia.

Il mio momento preferito è stato quando me ne sono andata, e il figaccione che giocava ad Angry Birds mi ha chiamata per nome. Girandomi per guardarlo, sono quasi trasalita vedendo come mi fissava. In maniera sensuale…come se volesse divorarmi. Gli ho lanciato qualche altra occhiata mentre mangiavano, e sembrava sempre ricambiare gli sguardi. Per un attimo ho pensato di flirtare un po’, ma a che pro? Non sarebbe andata oltre, dato che siamo proprio agli antipodi. Ho già provato a frequentare un riccone come lui, ed è stato un disastro. Inoltre non ho né il tempo, né l’energia per stare dietro ai ragazzi in questo momento della mia vita. Forse un giorno.

Una volta che il chiassoso gruppo se n’è andato, mi sono avvicinata per iniziare a pulire il tavolo. Ho notato che non avevano lasciato la mancia, tipico degli studenti ubriachi. Suppongo che l’unica ricompensa ottenuta da questo tavolo sia stata la soddisfazione di fare ingoiare la lingua a quella studentessa arrogante. Mi sganascio solo a ripensarci.

Una volta portato via l’ultimo piatto, mentre stavo per tornare in cucina, la porta si è aperta, e Mr. Sexy è rientrato. L’ho guardato avvicinarsi a me, e poi ci siamo fissati.

Infilando la mano in tasca, mi ha detto: “Ecco la tua mancia. Mi ero dimenticato di lasciarla.” La mossa era calcolata per invadere il mio spazio personale, una cosa incredibilmente sexy in quel momento.

Mi ha guardato per qualche secondo, poi ha detto: “Beh, grazie di averla presa con filosofia stasera. Sei riuscita senza dubbio a rimettere Angeline al suo posto, e mi dispiace per quello che ti ha detto.”

Ho girato la testa verso di lui. “Perché sei dispiaciuto? Non ti dovresti scusare per lei.”

Accennando un sorriso mi ha risposto: “Suppongo proprio di no.”

Dopo qualche secondo passato a fissarci, ho pensato che stesse per dire qualcos’altro, invece si è girato per andarsene, dicendomi: “Ti auguro una buona notte.”

Quando gli ho detto: “Anche tu” se n’era già andato.

Mi sono accorta che mi aveva lasciato cinquanta dollari solo dopo la fine del mio turno, mentre contavo le mance. Con quei soldi avrei potuto decisamente comprare un sacco di Ramen per me e Paula.

“Credo di poterti fare ottenere un posto al negozio di dischi.”

Eh? Riporto l’attenzione su Paula, smettendo di pensare ad uomini sexy che lasciano enormi mance. La guardo sorridendo.

“Non se devo vestirmi così,” le dico scherzosamente.

Paula è agli inizi della sua crisi di mezza età. I suoi capelli nerissimi sono impreziositi da colpi di sole rossi. Si è fatta una frangetta corta ed alquanto alta, lasciando la fronte scoperta. Stasera ha deciso di vestirsi da dark, e indossa una minigonna scozzese rosso scuro e nera ed un top nero scollato. Ha completato il look con dei leggings con dei teschi, e degli anfibi.

“Senti chi parla, tesoro! Hai proprio abbracciato il tuo lato bizzarro tra quei capelli e la ferraglia in faccia.”

Rido mentre indosso gli orecchini, scuotendo la testa. Mi avvicino alla sua faccia, scuotendo le mie ciocche color lavanda. “Mmmh mmmh. Il mio look è pura arte.” Guardandola scherzosamente con espressione di disgusto, sogghigno. “Tu invece hai un pessimo gusto.”

“Puttana.”

“Sgualdrina.”

“Baldracca.”

“Povera vittima.”

“Torta alle fragole.”

Scoppiamo entrambe a ridere. Cerchiamo sempre di gareggiare quando ci insultiamo, per vedere chi riesce a fare ridere l’altra per prima. Questa volta è un pareggio.

Mi siedo sul bordo del letto per mettermi le scarpe.

Paula si avvicina e si siede accanto a me. “Allora, che programmi hai per domani?”

Mi sfugge inavvertitamente un sospiro. “Domani sarà una giornata piuttosto piena. Avrò due lezioni la mattina e le ripetizioni a pranzo. Poi ho promesso ad Ann che l’avrei sostituita al diner per qualche ora, dato che deve andare ad un incontro scolastico per il figlio. Infine dovrò passare qualche ora al rifugio per senzatetto.”

Wow, che vita frenetica.

Paula si alza e si mette le mani sui fianchi. Mi fissa senza dire una parola.

“Perché mi stai guardando così?”

“Niente.”

“Oh no, non ci pensare nemmeno. Non fare la mammina con me.”

“Dai, Danny. Ti stai sfinendo così. Mi preoccupo solo per te.”

Mi alzo dal letto e abbraccio Paula. “So che ti preoccupi per me, ma so prendermi cura di me stessa.”

Lei ricambia con un grande abbraccio. “Lo so, tesoro. Questo però non impedisce che io mi preoccupi.”

La abbraccio di nuovo e poi mi allontano prima di iniziare a balbettare come un’idiota. Paula è l’unica persona al mondo che tiene a me. Beh, a parte Sarge, anche se non lo vedo molto spesso.

“Sto bene,” la rassicuro. “E comunque tutto questo durerà ancora poco, no?”

“Certo, piccola. Ancora poco.” Il tono sembra rassicurante, ma si capisce che pensa che io sia destinata alla servitù eterna.

Sono le tre del pomeriggio e sono stravolta. Dopo essere uscita dal lavoro alle 7 stamattina, ho avuto giusto il tempo di farmi una doccia veloce prima di andare a lezione. Dopo un’ora terribile passata a dare ripetizioni di Storia e Cultura Occidentale ad un calciatore — che era più interessato a palpeggiarmi che allo studio — ora sono da Sally per terminare il turno di Ann. Dopo due tazze di caffè mi sento leggermente meglio. Fortunatamente per me il locale è deserto per ora. Mi chino sul bancone per consultare gli annunci in cerca di qualche impiego per il weekend: se riuscissi a trovare qualche casa da pulire durante il weekend, questo mi aiuterebbe a ripagare i miei debiti.

Il tintinnio del campanello segnala che è arrivato un nuovo cliente. Alzo la testa, piegando il giornale a metà e mi fermo. È Mr. Cinquanta Dollari di Mancia. E mi rendo conto che non avevo esagerato con l’immaginazione. È davvero sexy come lo ricordavo. Indossa una t-shirt grigia madida di sudore ed un paio di pantaloncini da corsa blu navy. Sembra avere un po’ il fiatone, quindi immagino abbia appena finito di correre.

“Siediti dove preferisci,” gli dico.

Lui si avvicina al bancone, mantenendo il contatto visivo. È passato di qui sicuramente per vedere me. Ho capito le sue intenzioni guardando quei suoi occhi color whiskey.

Lo fisso affascinata mentre si passa una mano tra i capelli umidi per scostarli dalla fronte. Sono castano scuro ed ondulati, ed al limite della lunghezza per il gusto di una madre. Secondo me sono perfetti. Peccato che non abbia il tempo e la voglia di agire di conseguenza.

Si siede su uno sgabello di fronte a me, rivolgendomi un sorrisone. “Hai messo in imbarazzo qualcun altro con la filosofia ultimamente?”

Scoppio a ridere ed iniziò a scuotere la testa. “No. Non oggi, perlomeno.”

“Beh, stavo correndo e ti ho vista qui. Ho pensato di fare un salto per ringraziarti.”

Aggrotto le sopracciglia. “Ringraziarmi?”

“Esatto. Quei venti secondi passati ad umiliare Angeline con la tua conoscenza filosofica sono stati i più divertenti da secoli.”

Non è molto femminile, ma non riesco ad evitare di grugnire per tutta risposta. “Beh, allora devi vivere proprio una vita monotona.”

“Sono Ryan Burnham, a proposito.” Mi porge la mano e gliela stringo. La sua mano è calda e molto più grande della mia. Sento i calli sui palmi e sulle dita.

“Danny Cross. Felice di fare la tua conoscenza…ufficialmente.”

Mi lascia la mano. “Idem.”

Il punto della mano in cui mi ha toccata formicola, e cerco immediatamente di scacciare questi pensieri. Non è il caso di sbavare per un ragazzo, soprattutto uno che è chiaramente fuori dal mio livello sociale. Ho troppo cose importanti in ballo in questo momento, o così sembro ripetermi spesso ultimamente.

“Allora, Danny.” inizia. Mi fissa con espressione divertita, e un pizzico di curiosità. “Sei chiaramente una ragazza molto intelligente. Frequenti la Northeastern? L’altra notte ho notato che indossavi una t-shirt della scuola.”

Ha notato e si ricorda la maglietta che indossavo l’altra notte? Nemmeno io me lo ricordavo, e vederlo ricordare quel dettaglio mi rende felice per qualche motivo.

“Ho iniziato lo scorso autunno, ma al momento frequento solo due corsi.”

“Solo due corsi e sai chi sono Occam e Descartes?” Si vede che è scettico.

“Ho frequentato un’altra scuola prima della Northeastern. Tecnicamente sarei al terzo anno.”

“Dove andavi a scuola?”

“Non ha importanza.” Schivo la domanda, decidendo di essere evasiva. Non capisco perché, ma credo di voler vedere quanto gli interessi davvero. È un gioco un po’ malato che faccio con me stessa perché so che questa cosa non ha futuro.

“Perché non mi vuoi dire il nome?” Mi fissa sorridendo in maniera enigmatica.

“Perché sei così curioso?”

“Perché sei così sfuggente?”

Decido che è necessario cambiare discorso. “Vuoi ordinare qualcosa? Devo ricominciare a lavorare.”

Ryan osserva il diner vuoto, poi riporta lo sguardo su di me. Aggrotta le sopracciglia. È affascinante ed irritante al tempo stesso. Attendo pazientemente una sua risposta.

Quando capisce che la palla è in campo, lancia un’occhiata al suo orologio e si alza dallo sgabello. “In realtà devo proprio andare. Mi vedo con alcuni amici in palestra.”

Non dico nulla —gli sorrido semplicemente con gentilezza—ma in realtà sono un po’ delusa che se ne vada così presto. Mi guarda come se volesse dire qualcos’altro, ma è titubante. E non appena mi rendo conto che sta temporeggiando, si china sul bancone avvicinandosi di più a me. “Danny…posso invitarti a cena stasera? Mi piacerebbe davvero poterti conoscere meglio.”

Ah, accidenti. Perché questo ragazzo così deliziosamente sexy e totalmente affascinante deve proprio chiedermi di uscire? Il nostro flirtare scherzoso mi stava divertendo, ma non credevo che sarebbe andato oltre. Voglio dire, lui è un Dom Perignon…ed io sono una Coca-Cola. E come se queste differenze non fossero abbastanza, non ho davvero tempo per complicare la mia vita con qualcosa del genere.

“Riesco a sentire le rotelle che ti girano in testa, Danny. Non ti sto chiedendo di sposarmi…ti sto solo invitando a cena.”

Inizio a scuotere la testa. “Direi di no. Ho troppe cose in ballo in questo momento.”

Mentre provo a razionalizzare il mio rifiuto mi convinco di aver fatto la scelta giusta nel respingerlo. Ho visto gli amici con i quali ha trascorso l’altra notte. Tutta quella supponenza aleggiava nell’aria. Non è proprio il mio genere, e allora perché disturbarmi a farmi coinvolgere da qualcuno, anche se solo per cena, sapendo già che alla fine non andrà per il verso giusto. Sarebbe come portare Cenerentola al ballo, per poi dirle che il giorno successivo dovrà ricominciare a fare la serva.

Prima che abbia il tempo di dire di nuovo di no, si avvicina e mi prende la mano. Carezzandomi il polso con il pollice, mormora: “Non ti avevo presa per una fifona, Danny. Dai…è solo una cena stasera, e possiamo andare dove vuoi.”

Dovunque? Suona bene. Posso dedicargli del tempo stasera, alle mie condizioni e nella mia zona, in modo che si renda conto che questa è una brutta idea.

Il tocco del suo pollice sul mio polso mi sta facendo palpitare. Sposto via la mano. “Dovunque io voglia andare, eh?”

Mi sorride con fare brillante, resosi conto che sto per cedere. “Si, dovunque tu voglia.”

“Ok. Ci troviamo qui alle 6.”

Si riavvicina e riprende la mia mano. Prima che riesca a spostarla, si porta le mie nocche alla bocca, baciandole dolcemente. “Ci vediamo tra qualche ora.”

Una volta lasciata andare la mia mano, si gira, dirigendosi verso la porta. Lo vedo fare uno scatto e sparire dalla mia vista. E la pelle della mia mano brucia leggermente per il tocco delle sue labbra.

1 Capitolo 3

Ryan

“Perché ti stai vestendo così elegante?”

Lancio un’occhiata a Mike che è sdraiato sul suo letto con le mani dietro la testa.

“Ho un appuntamento stasera.” rispondo.

“Ma non mi dire! Con chi?”

Esito per un secondo prima di rispondere, e poi mi schiaffeggio mentalmente per averlo fatto. Non mi vergogno di uscire con Danny, quindi non dovrei esitare. Eppure continuo ad essere evasivo quando rispondo. “Si chiama Danny. Studia qui al terzo anno.”

Mike non dice nulla, quindi intuisco che non sia interessato a sapere altro. Apro il mio guardaroba e tiro fuori una giacca sportiva marrone. Non so dove andremo stasera, ma dato che ho detto Danny che l’avrei portata ovunque, preferisco essere pronto per una serata elegante, se è ciò che vuole. Valuto una cravatta, decidendo poi di non metterla. I miei genitori mi obbligano ad indossarne una in così tante occasioni che ogni volta che posso evitare, ne approfitto.

“Allora, dove hai conosciuto questa ragazza?”

“È la cameriera dell’altra sera da Sally.”

“Quella figa con i capelli viola che ha completamente messo al tappeto Angeline?”

Ridacchio. “Già. Proprio lei.”

Mike emette un fischio lungo e lento, scuotendo la testa avanti e indietro, come a compatirmi.

“Che c’è?” gli chiedo.

“Dai, amico. Non è esattamente materiale per la nostra cerchia sociale.”

Questo mi fa incazzare anche se dentro di me so che Mike non pensa davvero a quello che dice.

“Perché cazzo dovrebbe essere importante?” Le parole escono dalla mia bocca più dure di quanto volessi, ma non mi scuso.

Alzando le mani per scusarsi, replica gentilmente: “A me non importa, socio. Sto solo pensando a cosa direbbero i tuoi genitori. Già mi immagino tua madre che dice ‘Oh tesoro…ha i capelli viola. È appena uscita di prigione?’.

Scoppio a ridere perché è esattamente ciò che mia madre direbbe, e Mike ha azzeccato la sua imitazione perfettamente. Questo mi fa accigliare. Mike ha ragione nel dire che Danny verrebbe ostracizzata dalla mia famiglia e dai miei amici solo a causa del suo aspetto. E questo mi fa incazzare di nuovo. E mi fa incazzare essermi incazzato. Non conosco questa ragazza. La trovo semplicemente interessante e voglio solo frequentarla un po’. Non posso arrabbiarmi per qualcosa che i miei amici potrebbero o meno fare in sua presenza, quando in realtà probabilmente non la incontreranno mai.

“Rilassati. È solo una cena. Non è che la sto portando a casa dai miei vecchi.”

“Proprio come pensavo. Stai solo cercando di scopartela, vero?”

Lanciò un’occhiata a Mike e lo vedo sogghignare. “No, niente affatto. Smettila di pensare male, amico.” Afferro le mie chiavi ed il mio portafoglio, pronto ad uscire. “Però, nel caso in cui lei decidesse di saltarmi addosso, non mi tirerei di certo indietro.”