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Spezia
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Spezia

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Spezia
Robert A. Webster

Un'avventura emozionante, imprevedibile, e a volte esilarante. Vi porta da un ristorante elegante di Londra alle giungle selvagge dei Monti Cardamomi, dove un pasticcere inglese e un rifugiato cambogiano cercano una famiglia scomparsa e tentano di trovare una pianta mitica, fonte di una spezia incredibile e unica. Ben Bakewell è un Maestro Pasticcere presso uno dei ristoranti più pregiati di Londra. Meglio noto come Cake, stringe amicizia con Ravuth, un rifugiato cambogiano fuggito dai campi di sterminio in Cambogia e scappato in Inghilterra negli anni 70 dagli Khmer Rossi che hanno depredato il suo paese. Da ragazzino Ravuth incappò in una pianta sconosciuta, la fonte di una spezia incredibile e unica. Venne separato dalla propria famiglia a causa degli Khmer Rossi, e trascorse la maggior parte della propria vita a cercarla, facendo ritorno in Cambogia insieme a Cake per mettersi sulle tracce della pianta rara e dei propri cari sperduti. Una volta giunti in Cambogia trovano un alleato in uno sventurato ex agente della DEA deciso a vendicarsi, il quale deve trovare la pianta per scopi ben più sinistri. Si addentrano nei meandri più remoti della spietata giungla dei monti Cardamomi, da dove ne escono vivi per miracolo. Troveranno la famiglia di Ravuth e la fantastica Spezia?

SPEZIA

Robert A Webster

SPEZIA

Scritto da Robert A Webster

Copyright © Robert A. Webster 2020

Tradotto da Giulia Bussacchini

Pubblicato da TekTime

Cover design © Robert A Webster 2019

Tutti i diritti riservati.

L’autore o gli autori esercitano il loro diritto morale ai sensi della ‘Copyright, Designs, and Patents Act’ del 1988 di essere identificati come autore o autori della presente opera. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta, copiata, archiviata in un sistema di reperimento o trasmessa in ogni forma o mezzo senza il previo consenso scritto del titolare del copyright, né essere altrimenti diffusa in qualsiasi copertina o forma di rilegatura diversa da quella in cui il libro è stato pubblicato, e senza che una condizione analoga sia imposta all’acquirente successivo. Il presente titolo è presente nel record catalografico della British Library.

Si ringrazia per il rispetto nei confronti del lavoro di questo autore.

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Prefazione

L’oscurità scenderà sugli abitanti della Cambogia.

Ci saranno case, ma saranno vuote.

Sulle strade non viaggerà nessuno.

Regneranno i barbari senza religione.

Il sangue scorrerà così a fondo da raggiungere il ventre dell’elefante.

Sopravvivranno solamente i sordi e i muti.

Antica Profezia Cambogiana

-1- Paura e Delirio

Rotha sbirciò dalla porta del capanno. Sorrise, poi si portò alcune ciocche di capelli neri dietro le orecchie e scese i gradini di legno scricchiolanti per raggiungere i suoi figli. “Ravuth, tu e tuo fratello andate a prendere il tror bek per la zuppa” disse.

L’adolescente alzò lo sguardo da dove lui e il fratello minore erano seduti a giocare, quindi grugnì in segno di protesta.

“Adesso, Ravuth” aggiunse la madre, agitando un dito.

“Okay, vieni Oun” disse Ravuth alzandosi in piedi e prendendo il fratello per mano prima di dirigersi verso la giungla.

L’aria era umida, e Ravuth si passò il braccio sulla fronte coperta di sudore. Il ragazzo si voltò verso il villaggio e alzò lo sguardo sui Monti Cardamomi. “Vorrei essere un uccello per poter volare sopra le montagne, sarebbe bello lassù” commentò sorridendo a Oun “e scommetto che ci sia molto tror bek.”

Oun sembrava entusiasta e annuì, dato che gli piaceva molto quella verdura che ricordava un cocomero rotondo, dalla polpa bianca e croccante. A Ravuth venne un’idea.

***

Era il 1975 e la Cambogia era in subbuglio, all’insaputa del villaggio isolato. Il paese viveva la fine di una guerra ma l’inizio di un incubo, un periodo di genocidio che avrebbe sortito effetto su tutti i cambogiani.

***

Diverse perle di sudore rigavano il viso di Ravuth. Le piaghe sulle mani gli pungevano come il sale quando venivano bagnate dal sudore quando il ragazzo stringeva la maniglia usurata del macete. Sollevò nuovamente il braccio dolorante e infierì sul fogliame. La sete e la spossatezza minacciavano di avere la meglio su di lui, ma doveva proseguire per il fratellino.

“Ci siamo persi, vero Ravuth?” La paura nella voce di Oun lo fece tremare.

Ravuth portò lo sguardo sul piccolo volto ricoperto di terra. Era colpa sua se si erano persi; non avrebbe mai dovuto abbandonare il sentiero già battuto. Sua madre gli aveva detto diverse volte di non allontanarsi mai dal percorso, ma Ravuth credeva di saperla più lunga.

I ragazzi conoscevano la giungla attorno al villaggio dove la loro famiglia aveva vissuto per generazioni, cibandosi di diverse piante e animali. Raccogliere frutta e verdura nella giungla rappresentava un compito giornaliero che l’adolescente Ravuth e suo fratello minore Oun portavano avanti da anni. Il percorso era sempre lo stesso. Eppure quel giorno i ragazzi avevano deciso di esplorare una nuova area dove avrebbero forse trovato più verdure.

Ravuth e Oun avevano trascorso più di un’ora ad aggirarsi nel sottobosco denso e spietato. Ravuth raccolse tutte le energie rimaste e sorrise “Ce la caveremo” disse con finta spavalderia. “Possiamo riposarci qui e poi ripercorrere i nostri passi”.

“Guarda, Ravuth” disse Oun indicando una strana pianta incastonata in ridotte formazioni rocciose. “E guarda il buco accanto alle rocce. Potrebbe essere l’entrata di una caverna”.

I due s’avvicinarono alla pianta, quindi Ravuth si piegò per spiare nella grotta.

“Che cosa c’è dentro? Quant’è grande?” Domandò Oun.

“Non lo so, è buio quindi non vedo molto bene” rispose Ravuth con la testa e le spalle all’interno della cavità. “Però posso spingermi all’interno e controllare”.

“Assolutamente no” ribatté Oun preso dal panico “Andiamocene e basta, non sappiamo cosa ci sia lì dentro”.

Ravuth diede retta al fratello minore, quindi si alzò in piedi.

L’attenzione di Oun si spostò poi sulla pianta, la quale era sradicata. La sommità del vegetale era costituita da un baccello tondo a bulbo dorato con disco ondulato. Il suo lungo fusto sottile circondato da grandi foglie verdi assomigliava nella forma e nelle dimensioni alla lattuga cinese, con una piccola radice bianca a forma di carota. “Non ho mai visto questa pianta prima d’ora, che cos'è?” Chiese Oun porgendola a Ravuth.

“Non lo so, nemmeno io l’ho mai vista. La porto a casa, madre lo saprà. Forse ha un buon sapore” disse, annusandone la sommità.

In base a ciò che i genitori avevano insegnato loro sin da piccoli circa l’identificare piante velenose, Ravuth sapeva che il vegetale era commestibile. “È amara” disse Oun prenendone un morso e facendo una smorfia. “Forse sarà più buona cotta”.

Improvvisamente udirono diversi ramoscelli spezzarsi, e la flora circostante si agitò. Un giovane esemplare di maschio di tigre terrorizzò i ragazzi quando avanzò attraverso la sterpaglia solo per fermarsi a qualche metro da loro.

Le Tigri Indocinesi si aggiravano nelle giungle circostanti ai Monti Cardamomi. Si sono mantenute a distanza dagli umani il più a lungo possibile, considerandoli fastidiosi e dall’aspetto non appetitoso. Tuttavia, in quell’occasione, due piccoli esemplari di bestie disturbarono quella tigre nel proprio luogo preferito per prendere il sole.

Ravuth si ficcò subito in tasca la pianta singolare, e lui e Oun brandirono i maceti, puntandoli verso la giovane tigre.

La tigre ringhiò e si spostò avanti e indietro di fronte ai ragazzi.

“Indietreggia lentamente” ordinò Ravuth al fratellino, tutti i suoi muscoli erano pronti a reagire.

I due fratelli terrorizzati indietreggiarono in direzione del fitto sottobosco, tutto mentre la tigre si aggirava ringhiando e guardandoli con disprezzo.

Quando gli umani furono lontani dalla propria caverna, la tigre si diresse verso la stessa, sollevò la zampa e asserì il proprio dominio marcando il territorio. Rivolse poi un’ultima occhiata ai ragazzi prima di rientrare nella grotta.

Ravuth e Oun guardarono la tigre addentrarsi nella cavità prima di affrettarsi nella giungla.

Incespicarono sul terreno della giungla per venti minuti fino a quando raggiunsero una radura dalla vegetazione a loro familiare. Si fermarono per riprendere fiato, sorridendo. “Tror bek! Fantastico, adesso so dove siamo” disse Ravuth con fare sollevato.

“Bene, prendiamone un po’ e andiamo a casa” aggiunse Oun, ancora più felice.

***

I ragazzi raggiunsero il villaggio nel tardo pomeriggio, inzaccherati. Si aspettavano di ricevere un rimprovero dalla madre, invece trovarono tutti i paesani radunati all’interno della grande capanna di legno che fungeva da fulcro del loro villaggio. Confusi, Ravuth e Oun si spostarono con fare furtivo oltre il capanno e andarono a casa. Sapevano che il padre era partito per *Koh Kong di prima mattina per vendere le proprie cianfrusaglie, e si aspettavano che avrebbe fatto ritorno solamente il giorno seguente. Ciònondimeno videro la sua bicicletta fuori dalla baracca di legno antico. Salirono gli scalini, entrarono in casa e notarono una grande borsa di tela nera quadrata sul tavolo. Incerti sulla situazione, riposero la strana pianta e le altre verdure in una ciotola, diretti verso la capanna comune.

“Cosa sta succedendo?” Domandò Oun.

“Non lo so. Sono confuso anch’io. Perché padre è a casa così presto? E mi chiedo che cosa ci sia in quella borsa sul tavolo” chiese Ravuth.

I fratelli si diressero verso la capanna comune. Dall’ingresso videro la madre seduta a terra. Il padre, con espressione terrorizzata e con le lacrime che gli rigavano il viso sporco, si rivolgeva agli abitanti del villaggio, scioccati. Ravuth e Oun si sedettero a terra accando a Rotha.

“Cosa succede? Perché padre sembra così spaventato e perché è coperto di graffi? Perché sta parlando con tutti come se fosse il capo del villaggio invece di Ren?” Domandò Ravuth.

Il ragazzo guardò la madre, la quale sussurrò con fare impaurito “Ren è morto, e tuo padre sta raccontando ciò che è successo a Koh Kong, quindi fa silenzio e ascolta. Ha quasi finito, e ve lo spiegherà più tardi”. Nonostante Rotha fosse intimorita, cercò di sembrare calma per il bene dei propri ragazzi.

Ravuth si guardò attorno con fare perplesso, e vide i figli di Ren dall’altra parte della stanza, raccolti attorno alla loro madre in lacrime, nel tentativo di consolarsi l’un l’altro. Allo stesso modo si erano radunate altre famiglie i cui cari non erano ritornati. Ravuth e Oun si erano persi la maggior parte di ciò che il padre aveva detto ai compaesani, ma in base alle espressioni dei presenti si resero conto che doveva trattarsi di qualcosa di serio. Una volta terminato, il padre dei ragazzi raggiunse loro e Rotha.

“Padre, cos’è successo?” Domandò Ravuth.

“Abbiamo tutti molto lavoro da fare” disse suo padre, Tu, sconvolto. “Andiamo a casa così vi spiego”.

La famiglia uscì dalla capanna comune nello stesso momento in cui anche gli altri presenti fecero lo stesso.

***

I fratelli e il padre sedettero su un Kam-ral, un tappeto di paglia, e mentre Rotha medicò le ferite dell’uomo, Tu raccontò la storia terribile ai figli.

“Sono andato con Ren e gli altri al confine tra la Tailandia e la Cambogia per vendere la bigiotteria che abbiamo realizzato. Inizialmente sembrava tutto normale. Ci siamo fermati al valico di frontiera, dove solitamente lasciamo le nostre biciclette”.

Tu trasalì quando Rotha gli applicò del balsamo urticante su un graffio profondo, quindi proseguì con il racconto.

“Al valico non c’erano militari. Solo diversi giovani uomini e donne che indossavano il kheaw aeu chout e krorma (pigiama nero con sciarpe rosse e bianche abbinate). Erano immobili in prossimità del cantiere di una grande barriera al posto di blocco. Imbracciavano dei fucili e ordinavano ai lavoratori di costruire una palizzata. Dalla parte tailandese del confine i soldati armati sembravano agitati, quindi sono rimasto a sorvegliare le biciclette mentre Ren andava a controllare di che cosa si trattasse; allo stesso tempo gli altri si sono spostati alla fermata dell’autobus turistico. Ho visto Ren avvicinarsi a un ragazzo che quando l’ha visto gli ha puntato il fucile contro.

Ren sembrava spaventato, e il ragazzo gli ha detto di essere un soldato degli Khmer Rossi, che ora governano la Cambogia”.

Tu guardò i propri figli e disse loro

“Il ragazzo sembrava avere la tua età, Ravuth.”

Oun e Ravuth videro il padre tremare quando disse “Un altro giovane soldato ha urlato qualcosa quando si è avvicinato un autobus turistico, quindi gli Khmer Rossi si sono affrettati in direzione del mezzo, in attesa che si fermasse. Hanno spinto giù dal bus un gruppo di stranieri terrorizzati, colpendoli e facendo cadere a terra alcuni dei loro effetti personali. Gli stranieri sono riusciti a riaproppriarsi di alcuni di essi prima che gli Khmer Rossi li spingessero al di là del confine cambogiano, verso la terra di nessuno. Ho visto poi i soldati tailandesi puntare le armi al gruppo di stranieri, agli Khmer Rossi e al gruppo di nostri paesani che sono accorsi in loro aiuto, quindi sono rimasto dov’ero”.

Tu prese la borsa nera dal tavolo e disse “Ho visto che i turisti avevano abbandonato diversi oggetti, quindi mi sono avvicinato all’autobus vuoto e li ho raccolti. Ne ho già visti di questo tipo, li avevano altri turisti”.

Aprì la borsa da cui estrasse una fotocamera Polaroid, mostrandola ai figli incuriositi.

“Sono tornato alla mia bicicletta, ho sistemato la borsa sul manubrio e ho continuato a osservare ciò che stava succedendo al confine. Il gruppo si è avvicinato ai soldati tailandesi, poi si è fermato. Gli Khmer Rossi hanno spinto in avanti gli stranieri tremanti e hanno urlato qualcosa ai tailandesi, ma non sono riuscito a sentire di che cosa si trattasse. I turisti sono corsi verso i soldati, i quali, senza abbassare le armi, li hanno lasciati passare prima di chiudere i ranghi, correndo dietro agli Khmer Rossi. Tutti loro si sono poi voltati e hanno ripreso a marciare attraverso la terra di nessuno, diretti al territorio cambogiano, ridendo e scherzando”.

“Stai bene papà?” Domandò Ravuth quando il padre si fece silenzioso e si sfregò gli occhi.

Tu annuì e disse loro

“Ren e i paesani sembravano andare d’accordo con gli Khmer Rossi. Ridevano e scherzavano tra loro nel ritornare dalla parte cambogiana del confine. Mi sono sentito sollevato, e stavo per unirmi a loro, sperando che non mi avessero visto prendere la macchina fotografica.”

Tu poi disse con voce tremante “Il mio sollievo è mutato in terrore quando il giovane soldato Khmer si è spostato dietro Ren, gli ha puntato la canna del fucile alla nuca e ha premuto il grilleto”.

Ravuth e Oun trasalirono.

Tu scosse il capo “Ren non si è accorto di nulla; stava parlando con un altro Khmer Rosso quando gli è esplosa la faccia. Ho visto la pallottola uscirgli dalla testa e cadere a terra” disse Tu, asciugandosi le lacrime.

Rotha gli portò un bicchiere d’acqua, e mise le mani sulle spalle del marito.

Tu bevve l’acqua in un unico sorso, si ricompose e poi proseguì

“Mi sono nascosto dietro il capanno delle guardie di confine, e sentivo i soldati Khmer Rossi ridere e chiacchierare, mentre i nostri amici e vicini li supplicavano affinché non li uccidessero. Sapevo di dovermene andare, anche se significava lasciarli soli” sospirò “Non c’era niente che potessi fare”.

Rotha si allontanò dalla zona adibita a cucina, mentre Tu proseguì il proprio racconto. “Mi sono spostato in bicicletta di qualche metro dalla capanna di confine, mi sono strappato via la bigiotteria e ho pedalato il più velocemente possibile. Non ero molto lontano quando ho sentito qualcuno urlare di fermarmi. Ero terrorizzato, e ho ignorato il comando, continuando a pedalare. Ho sentito degli spari e una pallottola mi ha sfiorato l’orecchio”.

I ragazzi si guardarono, e poi spostarono l’attenzione sul padre sconvolto, il quale continuò a raccontare. “Ho pedalato freneticamente, virando via dalla strada e dirigendomi verso i campi e poi nella giungla, fino a quando il percorso si è fatto troppo accidentato per proseguire in bicicletta. Mi sono nascosto nel fitto sottobosco, dietro un ammasso di alberi. Ho aspettato per quella che mi è sembrata un’eternità, e quando non ho visto traccia degli Khmer Rossi sono tornato sui miei passi, ho recuperato la bicicletta e sono corso a casa”.

“Cosa sono gli Khmer Rossi?” Domandò Ravuth.

Tu scosse il capo. Il padre era all’oscuro di quanto stesse accadendo in Cambogia, sapeva solamente che avrebbero dovuto avere paura e arrangiarsi in qualche modo, quindi rispose “Non lo so, figliolo. Ma dobbiamo restare nascosti fino a quando non scopriremo che cos’è successo. Saremo al sicuro nel cuore della giungla, e stasera organizzeremo i nostri averi per trovare una nuova casa. Domattina abbatteremo la struttura e la ricostruiremo altrove” disse Tu. Ai ragazzi era chiaro che il padre fosse preoccupato, confuso e spaventato.

“Questa cos’è?” Interruppe Rotha, reggendo la pianta che Ravuth aveva posato sopra il tror bek.

“Non lo so, madre. L’abbiamo trovata per strada, e pensavamo che tu sapessi cosa fosse. Forse potremmo mangiarla, vero Oun?” Disse Ravuth, guardando il fratello in cerca di appoggio.