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Il Guerriero Sfregiato
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Il Guerriero Sfregiato

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“Calmatevi”. La Principessa Breslin cercò di tranquillizzarle sollevando le braccia in cenno pacificatore. Peccato, perché Shae era parecchio incazzata e voleva prendere a pugni la donna.

“Non possiamo tenerle qui, sarebbe crudele dopo tutto ciò che hanno passato” commentò Gerrick. Shae era scioccata dal fatto che il Guerriero le stesse difendendo, tanto più che non le sembrava il tipo che s’interessava di qualcosa. Lo aveva visto combattere con un certo distacco, il che le aveva fatto chiedere se provasse dei sentimenti.

“E invece restano, Gerrick. Non sappiamo che cosa abbiamo per le mani e che rischio rappresentino” ribatté Zander.

“Zander ha ragione. Là fuori non è sicuro per loro” aggiunse Breslin. Shae non ci pensò due volte e si tolse la giacca di Gerrick prima di correre verso la donna dando una spallata al fianco della Principessa. La raggiunse un pugno alla guancia che le fece vedere brevemente le stelle. Scoprì quindi i canini e si accovacciò, quindi colpì Breslin allo stinco. Udiva qualcuno urlare qualcosa in sottofondo ma non vi prestò attenzione.

Breslin l’afferrò per la caviglia e tirò. Shae aveva trascorso mesi sul ring, e fu quindi in grado di restare in piedi senza smettere di prendere a pugni la Principessa. Combattere era diventato la sua seconda natura, e non perdeva mai. Perdere sul ring significava morire, e non aveva intenzione di morire nel futuro prossimo. Breslin ringhiò e scoprì i canini, quindi Shae notò che negli occhi color ambra di lei presero a brillare delle fiamme di rabbia. Nemmeno lei aveva intenzione di arrendersi. Improvvisamente qualcuno cinse la vita di Shae, e delle forti braccia la sollevarono da terra.

“Tutto ok, dolcezza?” Domandò il demone di fuoco alla Principessa quando si accucciò accanto a lei. Non le interessava chi la stesse trattenendo, avrebbe fatto in modo che Breslin non potesse rispondere alla domanda. Shae si agitò nella presa, e in risposta venne stretta ulteriormente, rendendole impossibile muoversi anche solo di un centimetro.

“Non chiamarmi dolcezza” sbuffò Breslin uscendo infuriata dalla stanza.

“Le piaccio, me lo sento” commentò il demone del fuoco nel momento in cui Shae affondò le unghie nella carne delle braccia che le stavano trattenendo i fianchi. Impiegò tutte le proprie energie per voltarsi e capire chi l’avesse vincolata. Era Gerrick e aveva un ghigno in volto.

“Mettimi giù. Me ne vado” sbottò portando indietro la testa. Il Guerriero cercò di evitare l’offesa, ma la sommità della testa della ragazza lo raggiunse al mento. Sperava di riuscire a rompergli il naso e restò delusa quando si rese conto che non l’aveva ferito nemmeno un po’.

“Non vai da nessuna parte, Shae. Non adesso” le mormorò Gerrick all’orecchio quando la strinse ulteriormente a sé. La rabbia di lei riaffiorò con veemenza e riprese a contrastarlo. Si rifiutava di venir messa in un’altra gabbia.

CAPITOLO TRE

Era come se Gerrick stesse stringendo a sé una lince. Shae era esplosa senza ascoltare ragioni. Non che lui fosse d’accordo con il trattenere quelle donne, ma capiva che al momento stavano avendo a che fare con qualcosa di sconosciuto, e non le avrebbero lasciate andare così facilmente.

Era strano; le altre donne erano arrabbiate e avevano protestato, ma solamente Shae era impazzita. La rossa tra le sue braccia era completamente fuori controllo.

Aveva portato indietro la testa e lo aveva colpito al mento, al che Gerrick aveva imprecato. “Smettila, accidenti. Stiamo cercando di aiutarti. Non stai migliorando la tua situazione”. Era come se stesse parlando con un muro. Quando portò l’attenzione su Jessie lesse lo stupore sul volto di lei.

Jessie, l’amica di Cailyn si era unita al gruppo qualche mese prima dopo essere stata morsa e infettata dal medesimo Arcidemone. Era stato grazie a lei se il Reame aveva appreso la differenza tra il morso di un Arcidemone su un maschio e su una femmina. Prima di Jessie nessuna donna era stata infettata da un Arcidemone, quindi era credenza comune che il morso portasse al mutamento in uno Skirm decerebrato.

Fece appello ai propri poteri e mormorò “Codlata”; le sue dita irradiarono luce blu e l’uomo percepì il formicolio a lui familiare quando si attivò l’incantesimo. Qualche istante più tardi Shae si abbandonò tra le braccia di Gerrick e la ragazza chiuse gli occhi.

“Che cosa le hai fatto?!” Domandò Cami.

Gerrick la vide trasalire quando portò l’attenzione sull’umana. Chiaramente non era pronta ad affrontarlo come aveva fatto Shae. Era al corrente che molti lo vedessero come un Guerriero spietato, freddo e menefreghista, ma non si era mai prestato a modificare la concezione altrui di sé perché gli andava bene così. Credeva che fosse meglio essere temuto piuttosto che facilmente approcciabile. “Non l’ho uccisa, se è questo che ti preoccupa. Le ho solamente fatto un incantesimo soporifero, si sarebbe fatta male”.

Sollevò le gambe di Shae portandosele al petto, percependo immediatamente la pelle morbida di lei addosso. Abbassò lo sguardo sulla ragazza, come attratto dal viso che aveva rilassato sul proprio braccio. Aveva i capelli sporchi e secchi, ma erano quelli più lunghi che avesse visto da secoli. Immaginò che una volta puliti e pettinati le avrebbero raggiunto il sedere. Non era tipico per le donne moderne portare i capelli talmente lunghi, il che rendeva quella tra le sue braccia un enigma.

Le ciocche tempestate di nodi le scivolarono oltre la spalla, attirando l’attenzione di lui sul seno nudo. Era molto sporca, eppure si distingueva il rosa dei capezzoli. Era pronto a scommettere che se li avesse trattati come voleva si sarebbero fatti rossi e turgidi.

Prese un respiro profondo prima di avanzare verso le scale che portavano al seminterrato. Per la prima volta fu in grado di distinguere l’aroma naturale di lei di gelsomino, nonostante la puzza che le assediava la pelle. Aveva un profumo divino, e Gerrick non riuscì a limitare la propria erezione. Fece di tutto per distrarsi, ma il suo stupido membro non lo ascoltò. Voleva ciò che voleva, e non gli importava che non fosse il momento giusto.

Era incuriosito dalla reazione del proprio corpo. Stava portando una donna nelle loro segrete per imprigionarla, eppure gli era venuto duro come la pietra. L’ultima cosa che doveva accadere era che Rhys o Orlando se ne accorgessero, in quanto non gli avrebbero più dato tregua. Scese le scale cercando di concentrarsi su nient’altro che la donna che aveva tra le braccia.

Gli risultò però impossibile, distratto dai suoi respiri delicati e i gemiti. Da sveglia era un uragano, mentre in quello stato era una donna fragile che Gerrick voleva semplicemente tenere con sé e proteggere. E, cazzo, quanto la odiava per il modo in cui lo faceva reagire. Non aveva provato una tale attrazione per nessuno da quando aveva incontrato la sua Evanna. Il suo cuore e la sua anima appartenevano alla sua Prescelta defunta.

Era stato amore a prima vista quello che aveva provato per Evanna quattrocento anni prima. All’epoca era un giovane stregone di soli cinquant’anni, e l’aveva catturato sin da subito. Gli tornarono alla mente i suoi capelli biondi e i suoi occhi del colore della giada, e di come sorrideva con facilità. Era qualcosa che Gerrick faceva in sua compagnia.

Avevano scoperto di essere Prescelti quando avevano fatto sesso per la prima volta ed erano apparsi i relativi marchi di accoppiamento. L’aveva persa di lì a poco, era morta per mano di un Arcidemone e il suo Skirm. Nulla era servito a riportarla da lui, nemmeno la propria abilità di plasmare il tempo. Per poco non si era giocato completamente il proprio dono quando aveva tentato ripetutamente di salvarla in quel maledetto giorno, e in quell’occasione aveva imparato che l’uso del potere ti presenta sempre il conto. La cicatrice sul proprio volto era il prezzo che aveva richiesto la Dea per il tentativo di lui di cambiare il destino. Avrebbe accettato di venir ricoperto di cicatrici se solo fosse servito a salvare Evanna. Si corrucciò nel scendere le scale e cercando di allontanare i ricordi dolorosi dalla mente.

Udì Zander e gli altri accompagnare le donne lungo le scale dietro di sé. Si accorse che Elsie, la Prescelta di Zander stava cercando di rassicurare una delle vittime. Gerrick non sapeva come mai perdesse tempo; nemmeno a lui piaceva la situazione, ma non c’era modo di cambiarla. Non aveva senso cercare di confortarle, e francamente gli sembrava uno spreco di fiato.

Non era freddo e ostile come credevano in molti, semplicemente non vedeva il senso di dire a queste donne che sarebbe andato tutto bene. Le stavano imprigionando nuovamente, qualche ora dopo averle liberate. Nessuno sapeva se le cose sarebbero effettivamente migliorate o se avrebbero dovuto eliminarle a causa della loro pericolosità. Abbassò lo sguardo su quello pacifico di Shae e le giurò in quel momento che non avrebbe mai permesso che le venisse fatto del male, non importava che cosa avrebbero appreso su di loro.

Gerrick avanzò oltre il seminterrato, dove si trovavano una clinica medica, una stanza delle armi, uno spazio per l’allenamento e delle stanze extra per gli ospiti. Al piano inferiore i mattoni e il cemento lasciavano spazio alla pietra e alla terra. A Seattle era una vera e propria sfida avere un piano interrato, figurarsi delle segrete, ma erano riusciti a farlo grazie all’uso della magia. Si ricordò di aver scavato e di aver utilizzato la pietra per rinforzare i muri delle segrete.

Gli vennero i brividi quando si accorse dello sbalzo di temperatura, e vide che a Shae venne la pelle d’oca. Si appuntò mentalmente di fare in modo che la ragazza avesse a disposizione dei vestiti caldi e tante coperte. Si fermò quando raggiunse la prima cella, di cui aprì la porta con un piede.

“Prendi delle coperte e delle lenzuola. Non voglio metterla sul materasso così com’è” disse Gerrick. A differenza di alcuni compagni Guerrieri, Gerrick non era mai stato chiuso nelle segrete, ma era contento che avessero migliorato le postazioni, fornendole di veri e propri letti. Shae non si meritava di dormire sul pavimento sporco o su una branda.

“Faccio preparare tutti i letti” rispose Nate affrettandosi attraverso la porta con delle lenzuola in mano “ma non mi ha detto nessuno che le avreste messe nelle segrete. Quanto può essere difficile mandare un messaggio? Wow, che bomba” commentò Nate facendo cadere a terra le coperte quando notò Shae.

Gerrick scosse il capo. Non sapeva come mai Angus, il drago muta-forma che era stato in passato il loro maggiordomo, avesse disposto che Nate fosse il suo sostituto. Chiunque sarebbe stato più adatto e in grado di concentrarsi sui compiti affidatogli. Non Nate, il quale trascorreva più tempo a sbavare dietro alle donne piuttosto che occuparsi della casa.

“Queste donne hanno subito degli orrori impronunciabili, non comportarti da coglione. Sistema le coperte sul letto così posso far coricare Shae” sbottò Gerrick; voleva cavare gli occhi di Nate per aver guardato il corpo nudo di lei. Gli sottrasse una coperta e l’avvolse attorno alla ragazza. Nate si voltò verso le sbarre, e sia il suo silenzio che il rossore delle sue guance indicavano che aveva compreso quanto il suo commento fosse fuori luogo.

Gerrick fece coricare Shae una volta sistemato il letto. Tecnicamente aveva portato a termine il proprio compito, ma si rese conto che non voleva lasciarla da sola. “Shae non si sveglierà ancora per un po’, e deve pulirsi. Manda qualcuno dello staff affinché se ne prenda cura” richiese il Guerriero nel guardarsi attorno nella nuova residenza di Shae. Un muro era costituito dalle sbarre, mentre gli altri tre dalla pietra; aveva più privacy di prima e sicuramente l’avere un water e una doccia funzionante sarebbe stata cosa gradita, a differenza della natura dell’alloggio, per cui avrebbe protestato.

Guardò la donna addormentata. Sembrava tranquilla a riposo, ma Gerrick non riusciva a togliersi dalla mente l’immagine di lei che perdeva la cognizione. Le accarezzò la testa con una mano, si chiedeva che aspetto avrebbe avuto da pulita. S’immaginò che avesse i capelli di un rosso intenso e che forse avrebbe avuto il naso tempestato di lentiggini.

“Nate!” Chiamò Zander. Gerrick ritirò subito la mano per non farsi beccare ad accarezzare la testa di Shae. Non sapeva che cosa gli fosse preso, ma doveva darsi una regolata. “Fa’ in modo che ogni donna abbia a disposizione delle salviette e degli articoli per l’igiene. Fatti dare le loro taglie e fa’ avere loro dei vestiti il prima possibile. Le nostre ospiti dovranno anche avere a disposizione del cibo e sacche di sangue”.

Gerrick uscì dalla cella quando vi entrarono diversi membri dello staff con salviette e altri oggetti. Jace li raggiunse subito dopo. “Le prelevo del sangue prima che la puliate, così posso fare subito degli accertamenti”. Gerrick reagì d’istinto mostrando i canini al maschio; non sapeva come mai fosse talmente protettivo nei suoi confronti. Sapeva che servivano dei campioni di sangue, e prima l’avrebbe fatto meglio sarebbe stato.

Jace strinse lo sguardo su Gerrick. “Qual è il tuo problema? Non le faccio del male. Non sa nemmeno che le sto prelevando del sangue”.

Bella domanda, pensò Gerrick, che ignorò il guaritore nell’uscire dalla cella. Restò nel corridoio per osservare l’andirivieni di membri dello staff; era come se i suoi piedi si rifiutassero di portarlo al piano superiore. Non aveva più senso che restasse lì, eppure non riusciva a distogliere lo sguardo dalla donna.

Le segrete erano piccole, e le donne avevano occupato quasi tutte le celle presenti. Jace terminò l’operazione e il resto dei Guerrieri salì al piano terra, mentre Gerrick restò nei pressi della cella di lei. Due femmine di muta-forma avevano riempito dei secchi di acqua calda dalla doccia e avevano iniziato a pulire Shae.

Era come stregato dalla vista di quest’ultima. Le venne rimossa la terra dalle braccia e si rese conto di quanto fosse pallida, non che ciò inficiasse sulla sua bellezza. Diamine, nemmeno lo sporco più ostinato era in grado di renderla meno bella; era stupenda, e Gerrick si sentì improvvisamente un guardone.

Si fece forza per allontanarsi e dirigersi al piano terra. Non voleva stare ancora da solo, quindi si mise in ascolto della conversazione che veniva intrattenuta in cucina. L’aroma di aglio e cipolle aleggiava nella stanza, e il Guerriero si chiese che cosa stesse cucinando Elsie questa volta. Gli venne l’acquolina in bocca.

Secondo Gerrick Elsie era la cuoca migliore del mondo. Era in grado di trasformare tutto in un capolavoro, sia che si trattasse di formaggio alla griglia o un étouffèe di gamberi; era sempre tutto delizioso. Non si sorprese quando aprì la porta della cucina e vi trovò la maggior parte dei Guerrieri e delle loro Prescelte. Dall’arrivo di Elsie alla base la cucina era diventato un ottimo punto di ritrovo, per quanto si entrasse a proprio rischio, dato che Zander e Elsie erano noti per fare anche altro oltre a cucinare. Non che Gerrick volesse negare loro la felicità che provavano. In realtà non poteva essere più felice per il vampiro che aveva atteso sette secoli per trovare la propria metà.

“Come stanno?” Domando Zander quando lo vide.

“Shae dorme ancora e le altre sono ancora arrabbiate, ma sono certo che saranno grate di essere state tirate fuori da quell’inferno” rispose appoggiandosi poi a uno dei banconi. Portò una caviglia sull’altra e incrociò le braccia al petto.

“Per usare un eufemismo” commentò Hayden, l’Omega dei muta-forma, nel prendere un sorso del suo drink. “Adesso cosa facciamo?”

“Tutto il possibile per aiutarle a stare meglio. Non si meritano di passare dalla stretta mortale di Kadir alle nostre segrete” disse Elsie nel sistemare in un’ampia padella le verdure che aveva tagliato. Gerrick sperava che avrebbe fatto il suo tipico stufato. Era stata una notte fredda e lunga, e il suo stracotto era proprio quello che gli serviva.

“Lo faremo, a ghrá, nessuno vuole vederle rinchiuse laggiù più del necessario. Jace ha già dato i campioni del loro sangue agli scienziati e mi ha assicurato che sono già al lavoro” rispose Zander dando un bacio sulla testa a Elsie.

“Sembra che i demoni abbiano scelto individui di tutte le specie soprannaturali. Dovremo organizzare una riunione del Consiglio e invitare le Arpie e le Valchirie. Non possiamo prendere decisioni per chi è al di fuori della nostra specie” commentò Hayden. Gerrick osservò l’Omega corpulento attraversare la stanza per dare un’occhiata dentro la pentola.

“La vera domanda è se gli Arcidemoni le controllano. Chiaramente non sono come Jessie, e non possiamo fermarci al fatto che sono donne” aggiunse Zander.

“Sono completamente diverse da com’ero. Non ho mai provato quell’ira. Ero confusa dai cambiamenti che stava subendo il mio corpo, ma avevo sempre il controllo sulle mie emozioni. Era come se nella mia testa ci fosse solamente una minima pressione. Jace mi ha spiegato che era come se Azazel stesse cercando di mettersi in contatto con me, ma era qualcosa di semplice da ignorare. La cosa più difficile da fare è stato adattarmi ai cambiamenti...oh, aspettate, il localizzatore. Pensate che possano averli messi anche in queste donne?” Domandò Jessie porgendo a Elsie la ciotola di patate che aveva fatto a dadini. Sicuramente sta facendo lo stufato, pensò Gerrick, il cui stomaco prese a brontolare. Aveva più fame di quanto pensasse, e sicuramente Shae stava morendo di fame. Le si vedevano le costole come se fosse malnutrita; si fece un appunto mentale per fare in modo che la ragazza facesse una colazione abbondante appena sveglia.

Le considerazioni di Jessie circa la propria situazione fecero tornare in mente a Gerrick di quando aveva salvato lei e Cailyn da un incidente d’auto diversi mesi prima. Azazel e un Fae di nome Aquiel, insieme allo Skirm dell’Arcidemone, avevano fatto uscire Cailyn di strada prima di attaccare le due. Azazel aveva scagliato un incantesimo mortale Fae su Cailyn, la Prescelta di Jace e sorella di Elsie, mentre Jessie era stata avvelenata.

L’unico modo per guarire Cailyn era stato mandare Gerrick e altri Guerrieri a New Orleans per svolgere una missione pericolosa al fine di impossessarsi di un antidoto. Quando l’avevano soccorsa, Jessie stava avendo le convulsioni dal dolore causato del morso di un Arcidemone, e solo qualche giorno dopo avevano capito che era stata trasformata da umana a qualcos’altro che il Reame non aveva mai visto. Si era soprannominata un Dhampiro.

“Ne dubito” commentò Gerrick. “Erano all’oscuro del nostro arrivo, e non ci avrebbero mai permesso di liberare le prigioniere senza agire se avessero saputo che saremmo venuti a salvarle. Era chiaro che non avessero intenzione di rinunciare ai loro giochini”.

“Sono d’accordo” commentò Zander posando il proprio drink. “Gli Arcidemoni erano convinti che il loro covo fosse irrintracciabile. Ad ogni modo non sarebbe una brutta idea controllare le ragazze. Il sistema di protezione di Zeum avrebbe disattivato i dispositivi, quindi sicuramente non ci troveranno, ma saranno a rischio quando se ne andranno da qui. La vera preoccupazione è il loro comportamento. Non è saggio lasciare che si aggirino liberamente per il Reame con tutta l’ira che hanno in corpo. Spero che il loro sangue ci fornisca le risposte che ci servono. La differenza tra Jessie e loro è chiara, e voglio saperne di più. Sembra che Kadir si sia accanito su Shae, e voglio parlarle per capire se sa qualcosa circa il suo piano”.

“Non riesco a immaginare che atrocità abbiano vissuto quelle ragazze”. A Jessie venne la pelle d’oca e si cinse la vita con le braccia. “Avete visto i loro colli? È come se alcune di loro siano state i loro giochini da masticare. Mi ricordo il dolore di quando mi ha morsa Azazel; bruciava come se fossi stata all’Inferno. Odio pensare che abbiano sofferto più di una volta. Per una volta vorrei essere l’unico Dhampiro al mondo”.

Gerrick strinse i pugni al petto. Il lato sinistro del collo di Shae era disseminato di cicatrici spesse. Zander aveva ragione, era chiaro che la poveretta fosse l’obiettivo frequente dei demoni, il che fece venire sete di sangue a Gerrick. Non sapeva niente di quella donna, ma non riusciva a credere che avesse fatto qualcosa per meritarsi quel tipo di trattamento.

“Jessie, non so che cos’abbiamo per le mani, ma non sei mai stata sola” la rassicurò Zander. “Ciò che mi colpisce è il fatto che nonostante l’esposizione continua al veleno dell’Arcidemone non si siano mai trasformate in Skirm”.

Gerrick ne era grato. Gli Skirm eliminavano tutto ciò che era stato l’essere umano, diventando dei tirapiedi decerebrati. E nonostante l’ira che la pervadeva, non sembrava che Shae fosse controllata da qualcuno. Ne erano una dimostrazione il suo rifiutarsi con ostinazione di arrendersi e la sua determinazione di fare appello a tutto ciò che restava di sé.

Zander proseguì. “Le ferite e la sua reazione feroce sono un’indicazione del fatto che Shae ha sofferto più di tutte, quindi potrebbe avere le risposte che cerchiamo. Dobbiamo trovare il modo di ridurre al minimo la sua rabbia e fare in modo che riesca a controllarla; è una delle mie e mi rifiuto di perderla per mano di quei bastardi”. Nemmeno Gerrick avrebbe fatto in modo che ciò succedesse.

“Zander, come vuoi che gestisca le famiglie delle umane? Non posso informarle che le loro care sono state salvate dalla prigionia solo per essere limitate nelle nostre segrete” esordì Orlando. Questi era un altro Guerriero Oscuro, ed era il loro collegamento con il mondo umano tramite il Dipartimento di Polizia di Seattle; spesso gli capitava di dover informare le famiglie circa gli sviluppi delle indagini.

“Non diremo niente fino a quando non avremo le risposte che ci servono. Non sappiamo nemmeno se sia saggio lasciarle interagire con le loro famiglie. La protezione del Reame è la priorità. L’ultima cosa che ci serve è che delle umane e delle Arpie si aggirino liberamente per la città in cerca di vendetta. Orlando, tu e Santiago procuratevi tutte le informazioni disponibili sulle loro famiglie. A proposito, dov’è Santiago?” Domandò Zander guardandosi attorno nella cucina affollata.

Gerrick si chiedeva la stessa cosa. Il Guerriero era sempre meno presente ultimamente. Attribuì la sua assenza al fatto che il muta-forma sembrava inquieto nei tempi recenti, e forse aveva bisogno di un po’ di privacy per esprimere in sicurezza il proprio lupo.

“Non lo so, se n’è andato senza dire una parola quando siamo risaliti dai sotterranei” rispose Orlando. Gerrick si accorse del modo in cui Hayden sembrava stizzito allo scambio, e si chiese se fosse tornata in atto la vecchia dinamica di potere. In passato Hayden aveva tentato di far uscire i suoi muta-forma dai Guerrieri Oscuri in quanto dimostravano lealtà a Zander piuttosto che al loro Omega.

“Non ti preoccupare per lui, Zander. Dopo la battaglia il suo lupo aveva bisogno di uscire, quindi è andato a fare una corsa” commentò Hayden, confermando il sospetto di Gerrick. Sicuramente c’era di più dietro al comportamento dei muta-forma, qualcosa di cui Gerrick era all’oscuro, ma non voleva sprecare delle energie per comprenderlo. Lo faceva infuriare il fatto che la propria mente continuasse a tornare alla rossa nelle segrete che si sarebbe svegliata dall’incantesimo da un momento all’altro.

CAPITOLO QUATTRO

Shae si svegliò; era fiacca e la sua mente era come annebbiata. Era passato fin troppo tempo da quando i demoni l’avevano nutrita con il sangue, e ne avrebbe avuto bisogno in fretta. Le avevano negato il sostentamento al punto da farla diventare feroce, e quando le avevano fornito le vittime le aveva attaccate con voracità fino a prosciugarle. I demoni e i loro tirapiedi si erano goduti lo spettacolo.

Non c’era nulla che potesse fare per modificare e controllare il proprio appetito. Tutte le volte in cui si tratteneva sentiva la spinta di Azazel nella propria testa che la sforzava a dare il peggio di sé. Prima del rapimento non avrebbe fatto del male a una mosca, mentre ora uccideva degli esseri umani innocenti.

Quando si voltò si rese immediatamente conto che c’era qualcosa di diverso. Era bello non trovarsi a tremare dal freddo ed era fantastico essere vestita. Sotto di sé non aveva il pavimento di cemento, al contrario giaceva su un materasso morbido come una nuvola. Era forse la cosa più morbida su cui si fosse mai coricata. La Dea aveva finalmente ascoltato le sue preghiere e l’aveva mandata ad Annwyn?

Quando aprì gli occhi vide un soffitto di pietra. Non era a Annwyn, ma nemmeno nella sua cella. Nell’aria non aleggiava la puzza di zolfo e di morte, né si odorava il marciume dei corpi in decomposizione. Si passò una mano tra i capelli, restando scioccata quando si rese conto che le dita scorrevano perfettamente nelle proprie ciocche setose.

Si mise immediatamente a sedere e si toccò una spalla, rendendosi conto che non era più sporca. Non aveva idea di chi l’avesse lavata, e la metteva a disagio sapere che qualcuno l’avesse toccata in modo talmente intimo mentre era addormentata; era però troppo grata di essere pulita per arrabbiarsi. Si portò una ciocca di capelli al naso e inalò il profumo fresco di shampoo floreale che ricordava il suo preferito.

Dea, si era persa il semplice lusso di farsi una doccia. I sette mesi precedenti di cattività e torture le avevano fatto dimenticare il piacere di qualcosa di talmente semplice come il lavarsi. Non era mai stata il tipo di donna a cui piacevano i caldi bagni lunghi, ma in quel momento si sarebbe immersa in una vasca per una settimana.

Il bagno avrebbe dovuto aspettare, almeno fino a quando non avrebbe capito dove diavolo si trovava e chi avrebbe ucciso per aver osato imprigionarla ancora. Quando si guardò attorno nella cella vide un muro, quindi si alzò su gambe tremanti e attraversò la stanza. Il pavimento di pietra grigia era morbido e di gran lunga più pulito dell’inferno dove era stata confinata. Notò la presenza di una doccia e di un gabinetto così come di un lavabo fornito di sapone, dentifricio e spazzolino da denti. Si affrettò a spalmare il dentifricio sullo spazzolino prima di lavarsi i denti. Chiunque l’avesse lavata non si era preoccupato di pulirle i denti e i canini, e quanto era bello farlo. Un altro lusso che le era stato negato.

Nello spazzolarsi i denti le tornarono in mente i ricordi di quando il Re e i suoi Guerrieri Oscuri avevano salvato lei e le altre. Le vennero le lacrime agli occhi quando le tornò in mente il combattimento che ne era conseguito; non era un sogno, era veramente libera dalle grinfie del demone. Aveva ormai perso le speranze di uscire viva da quella cella, e il sollievo di essersi liberata dei demoni era la sensazione più appagante che avesse mai provato.

Le venne voglia di nascondersi la testa tra le mani quando si rese conto del motivo per cui si trovava ancora in una cella. Aveva attaccato la Principessa Breslin. Shae non sapeva che cosa le fosse preso; era esplosa quando avevano detto che le avrebbero rinchiuse ancora.

La rabbia era ancora presente, ma era qualcosa che la accompagnava da mesi. Senza contare la vibrazione nelle vene che non cessava mai. Era come sentire delle unghie grattare una lavagna, e la faceva impazzire. Aveva fatto di tutto per cercare di porvi fine, ma non aveva trovato tregua dal tormento. Aveva persino cercato di raschiarsi le braccia per liberarsi dalla sensazione, ed era stata un’infinitesima parte di ciò che aveva dovuto subire.

Si distrasse dai pensieri inquietanti, chiedendosi cosa fosse stato delle altre donne. Sputò il dentifricio e si sciacquò la bocca prima di affrettarsi alle sbarre dove attirò l’attenzione delle altre. Sentiva le ragazze dormire, e si rese conto che il Re aveva progettato bene le segrete, in quanto non riusciva a vedere nelle altre celle.

L’avrebbe aiutata vedere le ragazze. In cattività aveva rifiutato qualsiasi forma di connessione con le altre, tutelandosi nel caso in cui fosse stata obbligata ad affrontarle. Chiaramente non aveva avuto successo, dato che in quel momento aveva bisogno più di ogni altra cosa di sapere che stessero bene. La sua priorità era stata proteggerle, e l’aveva fatto diverse volte sacrificandosi per risparmiare la tortura di un’altra donna.

Ritentò quando non le rispose nessuno. “Cami, Crystal, ci siete?”

Si udì il movimento delle lenzuola prima di un sospiro di sollievo. “Shae. Oh mio Dio” esordì Cami. “Credevo che quel tizio ti avesse uccisa”.

Le tornò in mente il paio di occhi del colore del ghiaccio, che le fecero stringere lo stomaco. Gerrick. Il mago che aveva aiutato a soccorrerle. Lo stesso che le aveva scagliato contro un incantesimo quando aveva attaccato Breslin. Provò una scarica d’ira, nonostante dovesse ammettere quanto quell’uomo fosse sexy, e si rese conto che il suo corpo reagì in modo interessante quando ripensò al sentirlo addosso. “Ha usato la magia per farmi addormentare. Sto bene. Voi come state?”

“Siamo tutte qui e ci hanno dato dei vestiti e da mangiare”. Alla parola ‘mangiare’ lo stomaco di Shae prese a brontolare. Non mangiava del cibo vero da più di sei mesi ed era malnutrita. “Siamo terrorizzate. Beh, almeno io lo sono, ma non ci hanno fatto del male. Credo che prima o poi torni qualcuno”. Shae notò l’incertezza nel tono di voce di Cami.

“Zander è un bravo leader e non ci farà del male, a meno che non rappresentiamo un rischio per noi stesse o gli altri. Qui sarete al sicuro. E non preoccupatevi, Zander non ci farà restare qui per sempre, userà le risorse a disposizione per aiutarci”.

“Ci credi veramente? Ero convinta che ci avrebbero uccise e basta”. Shae comprendeva i dubbi di Cami, ma l’umana non conosceva il mondo dei soprannaturali. Non pensavano come gli umani.

Questi ultimi costituivano una società usa-e-getta con un’elevata percentuale di divorzi, cosa che non esisteva nel Reame di Tehrex. Lì tutti nascevano con in sé una metà dell’anima del proprio Prescelto, qualcuno fatto apposta per loro, ed era impossibile tradire in ogni modo. Il tasso di fertilità nel Reame era però molto basso, quindi gli esseri soprannaturali tutelavano particolarmente i figli e le famiglie in generale. Erano stati loro a coniare il modo di dire ‘la famiglia prima di tutto’.

Shae sosteneva che gli esseri soprannaturali fossero in grado di apprezzare totalmente ed essere completamente devoti ai loro simili; Zander, in quanto Re Vampiro, avrebbe fatto di tutto per salvarle. Era qualcosa di cui la ragazza non dubitava; l’unico aspetto che non credeva possibile era che potessero effettivamente essere salvate da loro stesse. Erano diventate delle assassine spietate e imprevedibili.

Si rese conto che la propria fame era mutata nella sete di sangue che aveva provato solamente in cattività. Era un vampiro, ed era sempre stata in grado di controllare i propri canini, ma ultimamente erano sempre in prima fila ed era come se avessero una vita a sé. In quel momento le scesero ulteriormente pensando a nutrirsi, e la ragazza si sentiva una tigre dai denti a sciabola più che un vampiro.

Di una cosa era certa: non avrebbe potuto nutrirsi di nessuno fino a quando la sua fame non sarebbe stata sotto controllo, altrimenti avrebbe finito per uccidere il malcapitato. Si voltò verso il suono degli stivali sugli scalini di pietra, facendosi piccola al pensiero che uno dei Guerrieri l’avrebbe vista soffrire. Non voleva che qualcuno la vedesse in quello stato, specialmente Gerrick.

Indietreggiò di qualche passo rispetto alle sbarre ed incrociò le braccia al petto. Nel giro di pochi secondi vide davanti a sé Zander e un’altra donna. Non erano lì per ucciderle; sarebbe stato qualcosa per cui Zander avrebbe mandato i Guerrieri, e indubbiamente quella donna non era una di loro. Non solo era stata assente durante il salvataggio, ma non portava nemmeno il simbolo dei Guerrieri Oscuri sull’avambraccio.

“Sire” mormorò, genuflettendosi in segno di rispetto.

“Shae. Sono contento che ti sei svegliata. Come ti senti?”

“Molto meglio di quando mi avete trovata, ma non sono più quella di prima. Quando posso tornare a casa? Mi manca la mia famiglia e mia mamma è sicuramente preoccupata per me”.

“Tua mamma e tutti gli altri tuoi famigliari hanno assillato i miei Guerrieri per mesi. Sono sicuro che vorrebbero vederti, ma non posso ancora lasciarti tornare a casa. Il tuo sfogo di prima è uno dei motivi. Abbiamo preso dei campioni di sangue per capire con cosa abbiamo a che fare, ma prometto che ti verrà dato tutto ciò che ti serve per farti sentire a tuo agio”.

Strinse i denti e si trattenne dal rispondere sgarbatamente. Non sarebbe mai stata a proprio agio in una cella. Provò un bisogno impellente di cavargli gli occhi, e per quanto si ammonisse di non farlo, la sua rabbia non diminuì. L’unica cosa che la placò fu il sapere che Zander era talmente potente da ucciderla con un solo battito di ciglia, e adesso che era libera voleva vivere. “Non posso restare chiusa qui dentro. Devo uscire da questa gabbia o impazzirò”.

“Lo capisco, ma ho una responsabilità nel confronto dell’intero Reame e degli umani. È la mia decisione finale sulla questione, e gradirei la tua cooperazione. Da parte di tutte voi, in realtà” disse riferendosi alle presenti.

“Ma solo io mi sono comportata male. Lascia andare le altre, non devono restare qui per forza”.

“Sai bene che non sarebbe saggio, Shae. Ognuna di voi ha sofferto le pene dell’inferno, qualcosa che non sono in grado di comprendere, ma fidatevi quando vi dico che vi lascerò andare appena sarà sicuro farlo. Jace e il team di scienziati sono al lavoro da un po’. Nessuno vi vuole vedere chiuse in queste celle”. Zander confermò i sospetti di Shae. Desiderava liberarle. La vera domanda era: sarebbe stato possibile?

“Devi capire che sono stata colta di sorpresa al pensiero di farmi rinchiudere ancora, e sono impazzita. Non lo farò più” gli promise, ma dubitava delle proprie parole. Non poteva giurarci, per quanto sperava di essere in grado di controllare il proprio comportamento.

“Shae, stai giocando con il fuoco, non insistere. La mia decisione è definitiva. Ci sono troppe incertezze, fine della storia. L’unico motivo per cui sono sceso è per dirti che il veleno del demone ha cambiato molte cose e una di queste è che non posso leggerti nella mente. L’unica altra volta in cui mi è successo è stato con Jessie, cioè lei” disse indicando la donna accanto a sé. “Sembra essere molto simile a te”.

Shae restò a bocca aperta prima di avanzare verso le sbarre come se vi fosse stata attratta. Guardò Zander e poi la donna accanto a lui. Era stata talmente concentrata a parlare con Zander e cercare di modulare la propria rabbia per riconoscere qualcosa di peculiare in Jessie. E se ciò che stava dicendo il Re era vero, era sicuramente colpa del veleno del vampiro.