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È L'Amore Che Ti Trova
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È L'Amore Che Ti Trova

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È L'Amore Che Ti Trova
Isabelle B. Tremblay

Emma fatica a superare la sua ultima relazione sentimentale. Durante un viaggio di lavoro all'estero incontra due uomini: Ian, un artista bohémien e Gabriel, un medico piuttosto cartesiano. Emma fatica a superare la sua ultima relazione sentimentale. Durante un viaggio di lavoro all'estero incontra due uomini: Ian, un artista bohémien e Gabriel, un medico piuttosto cartesiano. Dopo un appuntamento mancato con l’artista, incontra il medico in una strana circostanza e si lascia attrarre in un'avventura occasionale con lui. Ian arriva a toccarle l'anima con la sua libertà di essere, mentre Gabriel la rassicura con il suo lato stabile e pratico. Dopo questo viaggio di lavoro, Emma torna a casa, determinata a riprendere la sua vita normale. È in tale momento che si rende conto di avere accidentalmente scambiato il suo telefono con quello di Gabriel e scopre le ripercussioni di una connessione che riteneva effimera e senza conseguenze… Dovrà allora affrontare le sue ferite più profonde per poter finalmente liberarsene. E se le apparenze non fossero ingannevoli? E se, attraverso tutta questa storia, l'amore fosse davvero in fondo al cammino? PUBLISHER: TEKTIME

Isabelle B. Tremblay

È l'amore che ti trova

Isabelle B. Tremblay

È L’AMORE CHE TI TROVA

Tremblay, Isabelle B.

È l’amore che ti trova (titolo originale: Les chimères d’Emma)

Copertina infografica: Isabelle Tremblay

Layout: Isabelle Tremblay

Correttore: Odile Maltais

Revisore linguistico: Jacinthe Giguère, Ginette Bédard

Traduzione dal francese: Anna Brancaleon

Marchio editoriale: Isabelle B. Tremblay

Deposito legale – Bibliothèque et Archives nationales du Québec, 2019.

Deposito legale – National Library and Archives of Canada, 2019.

Copyright © 2019 Isabelle B. Tremblay

Tutti i diritti riservati in tutti i paesi e in tutte le lingue.

Questo libro è un’opera di fantasia. Ogni riferimento a eventi storici, al comportamento delle persone o a luoghi reali è fittizio. Gli altri nomi, personaggi, luoghi ed eventi sono frutto dell’immaginazione dell’Autore e qualsiasi analogia con persone viventi o del passato è assolutamente casuale. Gli errori eventualmente riscontrati sono da attribuirsi all’Autore.

DELLO STESSO AUTORE

Médium malgré moi, Éditions Le Dauphin Blanc, 2017

Messages de l’univers, Amazon, 2018

Passeur d’âmes, Éditions Le Dauphin Blanc, 2019

Le prince charmant est une pute, pas un crapaud, Amazon, 2019

Les chemins de l’âme, Éditions Le Dauphin Blanc, 2019

Per capire una persona bisogna conoscere le sue ferite. Ognuna di esse scolpisce l’anima fino a sagomarla, dandole una propria forma. Basterà allora toccare queste cicatrici per capire tutto di lei.

    Thierry Cohen

A tutte le persone ferite…

CAPITOLO  1 – LA PALLA E IL GIOCATORE

Emma rimase lì, in piedi. Senza dire una parola ammirava le onde che venivano a morire sulla riva. Poi portò lo sguardo all’orizzonte e all’oceano infinito. La sabbia, bianca e immacolata, le solleticava le dita dei piedi mentre lasciava i raggi del sole accarezzarle la pelle, sotto il cielo senza nuvole. Una leggera brezza fece danzare i suoi lunghi capelli castani, che teneva sciolti sulle spalle. Le venne in mente un ricordo dell’infanzia. Si trattava della sua prima gita al mare, che aveva fatto con la famiglia. Abbozzò un sorriso. Era felice. In quel momento Emma avrebbe potuto dire, senza ombra di dubbio, di aver raggiunto il culmine della felicità. Una beatitudine che l’aveva snobbata nelle ultime settimane.

“Sapevi che il fenomeno della marea è dovuto alla forza gravitazionale tra la Terra e la Luna? Questa reazione tende ad avvicinare i due pianeti, ma è compensata dalla forza centrifuga…”

Emma emise un gran sospiro di esasperazione, suo malgrado. Quel momento prezioso era durato solo pochi istanti. Senza volerlo o saperlo, Alice l’aveva rovinato. Le lanciò un’occhiata che sembrava volerle dire di levarsi di torno, ma fortunatamente la giovane donna non sembrava averlo notato. Emma si sentiva già in colpa per averlo fatto.

Fece uno sforzo e la gratificò con il suo sorriso più bello. La ragione le diceva di essere cortese perché dovevano passare tre giorni insieme. Anche Charlotte ed Elvie erano con loro in quell’hotel del New Jersey. Alice era ancora una completa estranea per lei e, dopo averla osservata, aveva notato che la ragazza sentiva un immenso bisogno di riempire i silenzi prolungati.

“Non lo sapevo. Grazie per l’informazione”, le rispose.

Passò il dito sulla sabbia per disegnare un cuore trafitto da una freccia.

“Sapevi che il numero di pesci…”

“Basta così, Alice. Non credo che Emma abbia davvero voglia di saperlo”, tagliò corto Charlotte.

Emma non aveva sentito arrivare la sua migliore amica. Alice sembrava offesa dalle sue osservazioni, ma non disse nulla. Preferì scusarsi e andare a fare una passeggiata nella direzione opposta a quella da cui l’altra era arrivata.

“Penso che tu l’abbia ferita”, sussurrò Emma.

“Non è colpa mia se parla troppo. Né sono responsabile di come reagisce a ciò che ho da dirle”, rispose Charlotte sedendosi accanto a lei.

“Dovresti scusarti e chiederle di tornare.”

“E che altro? Bisogna porre dei limiti ad Alice. Altrimenti, ci snocciolerà l’intera enciclopedia e, ti assicuro, non è questo che vuoi.”

Emma sospirò di nuovo, ma non trovò nulla da replicare. La sua amica era un essere ostinato e sapeva che insistere sarebbe stato inutile. Era lo stesso difetto che le aveva permesso di raggiungere il suo livello professionale. Una lottatrice.

Charlotte prese gli occhiali affumicati dal suo borsone e li mise sul naso. Tirò fuori anche la sua agenda personale per controllare il programma dei giorni seguenti.

“Dov’è Elvie?” chiese Emma.

“È ancora al telefono con il suo ragazzo. Sono talmente attaccati l’uno all’altra che mi chiedo perché l’abbia lasciata venire qui senza di lui”, rispose Charlotte, unendo l’indice e il medio a mo’ di esempio della fusione che stava sperimentando quella giovane coppia, secondo lei afflitta da dipendenza affettiva.

“Non puoi capire cos’è l’amore!”

“Ah, no! Non ricominciare con questa storia. Non voglio sentirti ripetere le stesse cose. Dici sempre lo stesso”, stroncò Charlotte e proseguì: ”Sei felice di stare con noi?”

Emma, che fissava sempre un punto immaginario all’orizzonte, si voltò verso la sua amica e le sorrise.

“Era il momento perfetto. Proprio nella pausa tra un contratto e l’altro. Come hai fatto a far credere al tuo capo che fossi indispensabile per te? Pensavo te la cavassi piuttosto bene con l’inglese da quando prendi lezioni dal signor Wilson.”

“Ho davvero bisogno di te. Il mio inglese non è abbastanza buono per le interviste, devi aiutarmi se inciampo nella lingua di Shakespeare. Le lezioni private con il signor Wilson sono fantastiche. Mi dice che dovrei avere molta più fiducia in me stessa.”

Emma scoppiò a ridere.

“Tu ? Mancare di fiducia in te stessa? Ma va’ là… Fa abbastanza ridere, conoscendoti.”

Charlotte Riopel scriveva per Style Magazine da almeno due anni. Una professione che aveva scelto fin dall’adolescenza. Provava un’ammirazione sconfinata per Anna Wintour, la famosa direttrice di Vogue. Lavorava duro per fare carriera. Sapendo benissimo che la vita non le avrebbe regalato nulla per semplice magia, si dava anima e corpo al suo lavoro.

Lei ed Emma si erano conosciute all’università. Erano state compagne di stanza durante gli anni di corso. Charlotte aveva studiato comunicazione, mentre Emma aveva scelto lingue. Nonostante le loro personalità completamente opposte, avevano sviluppato un’amicizia bella, sincera e duratura.

“Come va con il signor Wilson? Ti trovi bene con lui?”

“È davvero straordinario. Sa essere a dir poco paziente con me! Grazie per avermelo raccomandato. Lo adoro.”

Charlotte si strinse la coda di cavallo e si aggiustò la canottiera blu. Stava guardando un gruppo di uomini che giocavano a beach volley un po’ più in là. Era più forte di lei: i suoi occhi erano istintivamente attratti da loro. Alice stava già tornando, quando Emma si alzò e prese la parola.

“Hai il programma per i prossimi tre giorni?”

“Non nei particolari. Ho il mio per le interviste. Ognuna di noi ha i propri impegni. Controllerò i tuoi. Candice dovrebbe essere qui presto stasera e, vedrai, sarà felice di dirci cosa fare. A te compresa.”

Candice Rose era l’editrice, la direttrice e la fondatrice di Style Magazine. Il capo di Charlotte, Elvie e Alice. E quella che firmava gli assegni del contratto di Emma. Persona ambiziosa e calcolatrice, dirigeva la rivista con mano esperta. Si era costruita una solida reputazione e la sua pubblicazione aveva rapidamente acquisito notorietà nel corso degli anni e guadagnato un posto al sole.

Emma la trovava fredda e autoritaria, ma molto professionale. Sapeva che, invece, per la sua migliore amica era una grande ispirazione: Candice Rose si era affermata magistralmente.

“Perché non ha preso lo stesso aereo che abbiamo preso noi?” chiese Emma incuriosita.

“Perché dovrebbe abbassarsi al nostro livello?” ironizzò Charlotte, gettando una manciata di sabbia sui piedi della sua amica.

“Candice aveva un appuntamento importante stamattina. Ha preso un altro volo”, replicò Alice.

Charlotte le fece una boccaccia.

“La mia risposta era molto più divertente, lagna.”

Alice tirò fuori la lingua per restituirle il gesto. A quel punto Emma diede le spalle all’oceano per guardare Charlotte.

“Ho fame. Troviamo un bel ristorantino…”

Non ebbe il tempo di finire la frase che sentì un dolore alla schiena e fece alcuni passi forzati verso la sua amica, cercando allo stesso tempo di mantenere l’equilibrio e non cadere. Qualcosa l’aveva appena colpita alla nuca. Charlotte soffocò le risate che le salivano in gola. Si alzò, afferrò il pallone bianco da pallavolo che aveva colpito Emma e guardò un giovane, quasi troppo bello per essere reale, avvicinarsi al loro gruppetto. Indossava solo dei pantaloncini da spiaggia color crema. Il torso nudo era muscoloso e abbronzato.

“Mi dispiace tanto! Chiedo scusa, davvero!” disse in inglese.

Emma si voltò, ancora strofinandosi la nuca, visibilmente arrabbiata. Quando vide l’aggressore che le aveva parlato sorrise stupidamente. Osservò un attimo il suo viso, che trovava particolarmente simmetrico e molto attraente. Le ricordava vagamente un attore di una serie adolescenziale di moda. I suoi grandi occhi verdi, espressivi, persino seducenti, sotto due folte sopracciglia, la turbavano. I capelli castano scuro, disordinati, arrivavano alla base del collo e aveva una leggera barba di due o tre giorni che circondava il bianco sorriso, quasi perfetto.

“Va… va tutto bene…” farfugliò Emma, che sentì le guance diventarle rosse come il giorno in cui la sua gonna si era sollevata passando sopra una griglia d’aerazione in una strada affollata di New York.

Il giovane si avvicinò a Emma finché non fu a pochi centimetri di distanza. Le porse la mano.

“Ian Mark”, disse.

“Emma Tyler”, rispose lei stringendola.

Non riuscì a togliere la mano, notando che lui la teneva più a lungo del normale. Le rivolse un gran sorriso.

“Non stavo mirando alla sua testa, sa”, disse, afferrando la palla che Charlotte gli aveva lanciato.

“Immagino di no…”

“Salve Ian, io sono Charlotte Riopel, e lei è Alice Chayer.”

Ian sorrise alle due giovani donne prima di stringere loro la mano, una alla volta, ma si affrettò a riportare l’attenzione su Emma, che continuava a fissarlo. Non riusciva a distogliere lo sguardo. Ian parlò di nuovo con lei, ignorando le altre due.

“Stasera, il mio amico Ryan suona all’Ocean Bar. È a pochi minuti a piedi da qui. Può venire? Vorrei offrirle da bere e scusarmi per averla colpita col pallone. Naturalmente siete tutte invitate”, aggiunse.

“Non so cosa faremo questa sera, ma può essere che verremo”, rispose lei, smettendo di strofinarsi la nuca.

Ian sorrise e diede un’ultima occhiata a Emma. Le fece l’occhiolino e lei arrossì di nuovo.

“Sarei più che onorato di incontrarla, signorina Emma Tyler.”

Poi si voltò verso i suoi amici, che sembravano aspettare lui e il pallone con impazienza. Emma lo seguì con gli occhi. Il cuore le batteva forte. Quell’uomo le piaceva. Sentiva che era reciproco. Un colpo di fulmine? Non sapeva se sarebbe stato possibile, ma era consapevole di volerlo rivedere. Era attraente, certo, ma c’era dell’altro. Era stata sedotta dalle vibrazioni che emanava. Sotto il suo sguardo si sentiva viva. Non le succedeva da mesi.

“Hai visto che Apollo? Con me se la passerebbe bene di sicuro! Che corpo che ha… Dio!” esclamò Charlotte, dando una gomitata a Emma nelle costole.

“Ok, non dire altro. Per te gli uomini sono come dei pezzi di carne.”

“Lì sta il piacere, amica mia!”

***

Emma guardò il proprio riflesso nello specchio del minuscolo bagno. Dopo lunghi minuti di esitazione aveva optato per un delizioso prendisole bianco con grandi motivi floreali rosa. La sua pelle era leggermente arrossata, non avendo messo la crema solare durante il pranzo sulla terrazza del ristorante dell’hotel. Il trucco era morbido e discreto. Una sottile linea di matita nera sottolineava i suoi occhi verde intenso. I suoi occhi erano l’unico tratto fisico che aveva ereditato da sua madre e di cui andava fiera. Aveva disegnato una linea leggermente più larga al di sopra per evidenziarne il contorno, che trovava troppo piccolo. Aveva anche applicato un po’ di mascara sulle sue lunghe ciglia. Poi aveva scelto un balsamo rosa pallido e lucido per le labbra perché le ricordava il colore preferito di sua nonna. Lasciò i capelli castani sciolti.

“Vieni? gridò Charlotte, che l’aspettava dall’altra parte della porta chiusa.

“Sono pronta!” rispose Emma, aggiustandosi il vestito un’ultima volta.

Aprì la porta e si mostrò alla sua migliore amica, che indossava un paio di legging neri sotto una casacca rosso brillante molto ampia. Anche Charlotte aveva scelto un trucco discreto. Aveva però dato ai suoi occhi nocciola uno stile smokey e misterioso applicando un ombretto nero. I suoi capelli castani erano sciolti. Emma l’aveva sempre considerata una donna fatale. Invidiava la sicurezza che dimostrava quando si avvicinava al sesso opposto. Attirava gli uomini come gli altri collezionano francobolli. Erano pazzi per lei e quando entrava in qualche posto era su di lei che gli occhi si posavano immediatamente. In alcune donne suscitava ammirazione, altre la temevano. Aveva un magnetismo incredibile e doveva ammettere che la ammirava per questo. Anche se Emma era molto carina, le mancava la disinvoltura della sua migliore amica. A differenza di Charlotte, non aveva il piacere di scegliere l’uomo con cui andare a casa alla fine della serata.

Per questo aveva trovato strano che Ian le prestasse così tanta attenzione. Era persino convinta che fosse stato il suo senso di colpa per averle fatto male col pallone a spingerlo a invitarla.

“Wow! Sei semplicemente uno schianto!” esclamò Charlotte, facendo girare la sua amica con la mano.

“Non quanto te!”

Charlotte le fece l’occhiolino e iniziò a girare su se stessa a sua volta. Faceva quella mossa fin dall’infanzia. Sua zia, da cui andava dopo la scuola fino al ritorno dei genitori, le permetteva di giocare nel suo guardaroba per ‘fare le sfilate di moda’. Si divertiva sempre a girare su se stessa per imitare le modelle sulla passerella.

“Elvie e Alice non vengono. Avevo pensato di lasciare un biglietto a Candice alla reception per invitarla, ma non riesco a immaginarla in un bar sulla spiaggia con il suo immancabile completo di alta moda.”

Emma le lanciò un’occhiata assassina.