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Incantesimo Di Mezza Estate
Incantesimo Di Mezza Estate
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Incantesimo Di Mezza Estate

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«Chi ha costruito le caverne? Sono stupende.» Avevo pagato un occhio della testa la ristrutturazione di casa mia, e combattevo costantemente contro il lavoro mal fatto. I tizi che sapevano davvero quello che stavano facendo e si preoccupavano abbastanza da farlo bene, costavano una fortuna. Ma il lavoro all’interno della montagna era una vera e propria meraviglia architettonica.

«I lavori durano da generazioni. Ma io mi sono occupato dell’ampliamento della struttura, comprese le stanze in cui alloggiate tu e Nora.»

«Le hai fatte tu?» gli chiesi

Lui annuì. «Tutti ci hanno lavorato su, ma ho progettato io la maggior parte di ciò che vedi.»

«Sono impressionata. Ho comprato da poco una vecchia casa e l’ho fatta ristrutturare. È stato molto più difficile di quanto mi aspettassi.»

«Hai fatto tutto da sola?» mi chiese.

Io scossi la testa. «Ho fatto tutto quello che potevo. Il progetto, la tinteggiatura, la disposizione delle stanze e dei mobili. Ma il resto l’ho lasciato agli esperti.»

«Anche tu hai costruito la tua caverna personale.» Il suo sorriso era pura soddisfazione. Le fiamme tremolavano contro la sua pelle ambrata, ma non erano loro a farlo risplendere. Quelle caverne erano la sua passione. «La montagna è una cosa viva, che respira. È fatta di roccia, ma è ricoperta di piante e alberi. Il tempo è migliore grazie alla catena montuosa, perché protegge la valle. È una cosa che prendo in considerazione quando scavo una nuova stanza all’interno della montagna. Voglio onorare quell’energia.»

«Perché una montagna?» gli chiesi. Quell’uomo sembrava in grado di costruire qualsiasi cosa. Immaginai un’accogliente capanna di tronchi incastonata tra le montagne, con davanti un fuoco scoppiettante, e mi vidi rannicchiata contro quei muscoli sotto una coperta soffice mentre soffiavano le raffiche di vento.

Ma non poteva che essere una fantasia, un ricordo di quel viaggio che avrei portato con me a Nashville.

«Perché siamo draghi.» Mi diede la possibilità di rispondere, ma non ci riuscii.

Non sapevo come dirgli che non credevo a ciò che stava affermando, perché in quel momento, davanti al fuoco con quell’uomo bello e forte che aveva costruito un impero dentro una montagna, riuscivo a credere che lui fosse qualcosa di più che un semplice essere umano. Anche se sapevo era impossibile.

«Il nostro lavoro è proteggere le montagne» aggiunse.

«Da cosa?»

«Cosa fai, tu, come dottore?» Si voltò verso di me, appoggiando il gomito sul bracciolo della sedia e il mento nella mano. Le sue gambe chilometriche si allungarono, i piedi puntati contro le rocce che contenevano il fuoco. Stava evitando di rispondere alla mia domanda.

Come avrei potuto riassumere tutto in due parole? Non avevo bisogno di semplificare troppo le cose per quell’uomo, ma avevo la sensazione che non mi stesse chiedendo cosa facevo come medico, ma perché avessi scelto di diventarlo. «Idealmente, mi assicuro che i bambini siano in salute. Questo quando vengono per controlli e visite mediche. Ma non è sempre così facile. La vita si mette di mezzo, o vengono da me già malati. A quel punto collaboro con loro e con i loro genitori per riuscire a farli stare meglio. A volte hanno visto molti dottori prima di venire da me, e sperano che io possa trovare una risposta che gli altri non hanno trovato.»

Chance annuì.

«A volte ci riesco. Quelle sono le belle giornate. Quando posso dare speranza a qualcuno. Ci sono ore di ricerca, lettura di giornali scientifici e incontri con compagnie di assicurazione e case farmaceutiche. Ma la mia passione sono i bambini. Garantire loro la miglior vita possibile.»

«Assomiglia molto a ciò che facciamo noi per proteggere la valle» mi disse. «Speriamo che tutti siano al sicuro. Ma a volte ci sono persone che vengono qui per fare del male, e ci dobbiamo occupare di loro.»

«Come?» Sentii il sangue ghiacciarsi nelle vene. Lui non prescriveva medicine al gusto di gomma da masticare per sbarazzarsi dei cattivi.

«Facciamo tutto il necessario.» La sua voce conteneva un rimbombo, come se ci fosse una tempesta in lontananza. Mi strinsi il maglione attorno al corpo per scongiurare un brivido improvviso.

«È quello che è successo a casa di mia nonna?» gli chiesi.

«Abbiamo lasciato che qualcuno con intenzioni malvagie sfuggisse al nostro controllo per troppo tempo.» Un altro rombo. C’era sicuramente una tempesta in arrivo. «È stato un errore. E noi non commettiamo mai lo stesso errore due volte.»

Capitolo quattro

Chance

Il mio posto alla riunione non era più a capotavola. Il nostro alfa ormai era Tyson, l’unico vero drago del tuono.

Un calcio nelle palle.

Trovare la mia compagna non sarebbe stata la fine della battaglia. L’avevo sempre saputo. Guardare mio fratello mutare aveva portato in superficie un sacco di merda a lungo trascurata. Cose con cui non avevo a che fare da molto tempo. Monique aveva scosso la bestia dentro di me, ma facendole credere che fosse una lotta completamente nuova.

Forse un giorno le avrei chiesto di essere la mia compagna. Di restare con me per sempre. In quel momento, non riuscivo nemmeno a convincerla a rimanere a Summerland. Aveva un piede fuori dalla porta, pronta a sgommare su quelle stradine di campagna e tornare a Nashville.

«La scatola è una falsa reliquia» dichiarai.

Tyson aveva molto da imparare, ad esempio su come prendere il controllo di una riunione. Alzò le mani per placare il trambusto che sicuramente sarebbe venuto dopo la mia dichiarazione.

«L’energia è contaminata» disse.

Interessante. Mi aspettavo che facesse più resistenza. «Abbiamo permesso che spiriti cattivi si stabilissero a Summerland. Per quanto tempo Jerry ha vissuto qui?»

Come uomo, Jerry era stato del tutto insignificante, uno di quei ragazzi di campagna che vivevano alla periferia della città a cui piaceva collezionare cianfrusaglie. Quello avrebbe dovuto essere il nostro primo indizio. Tutti i draghi avevano un tesoro. Era stato un drago senza un tuono, un traditore che aveva vissuto in mezzo a noi per decenni.

«Forse ha maledetto questo fottuto affare.» Rafe scosse la testa. Stava facendo il tifo perché l’iscrizione sulla scatola non funzionasse, e non avevo idea del perché. «La domanda non è quanto tempo lui abbia vissuto qui; dobbiamo chiederci quando è che abbiamo iniziato a sentir parlare della leggenda della reliquia.»

«Non abbiamo avuto bisogno della scatola finché Nora non ci ha maledetti.» Jax gli fece l’occhiolino quando Tyson lo guardò di traverso. «Sì, so che provi ogni sorta di emozione positiva verso quella vecchia strega, ora che hai trovato la tua compagna, ma il resto di noi è ancora così fottutamente umano che fa male. Quindi, se avessimo sentito parlare di questa leggenda in un momento in cui non ne avevamo bisogno, avremmo prestato attenzione? Sarebbe stata solo un’ulteriore protezione.»

Una protezione. Interessante.

Tanner aveva portato alla riunione i suoi antichi grimori preferiti. Considerava il non essere in grado di rompere l’incantesimo un fallimento personale, e non si sarebbe arreso finché le scaglie non avessero sostituito la sua pelle e avesse di nuovo sputato fuoco. «L’alfabeto scolpito nella reliquia doveva esistere già in passato. A meno che Jerry non l’abbia modificato.»

«Avrebbe senso. Fare casino con una reliquia altera l’energia. Potrebbe essere questo il motivo per cui non ci siamo accorti di lui per così tanto tempo.» Jax scosse la testa. «Che umiliazione che fossero presenti gli altri tuoni quando abbiamo scoperto di avere un nemico proprio sotto il naso da così tanto tempo.»

«Come ha fatto Jerry a lanciare un incantesimo?» chiesi. «I draghi non possono farlo.»

«Hai ragione. Qualcuno deve averlo aiutato.» Tyson gemette. Tutte le tracce conducevano alla sua nonna acquisita.

«La vera domanda è: da quanto tempo Nora lavorava con Jerry? E poi, aveva idea di cosa lui fosse? Se era in grado di nascondere a noi la sua vera forma, avrebbe potuto impedire anche a lei di vederla.» Eravamo più deboli di quanto pensassimo, se tante cose ci erano sfuggite. E se Nora era coinvolta in quella storia, l’avevamo invitata a restare nelle nostre caverne. L’avevamo accolta nella nostra famiglia. Porre rimedio a tali errori non sarebbe stato facile per nessuno di noi.

«Perché Nora avrebbe dovuto desiderare di nuocerci?» chiese Tanner. «L’incantesimo d’amore è stato un errore...»

«È quello che sostiene lei» tuonò Rafe.

«Ha funzionato» disse Tyson con voce tagliente.

«Per te» gli ricordai. Per quanto lo riguardava, era tutto fantastico. Aveva una bellissima compagna nel suo letto, la piena capacità di mutare e aveva incenerito il cattivo di turno. Ma quelle cose lo avevano reso cieco al fatto che avevamo lasciato che il nemico dormisse sotto la protezione della nostra montagna. Come avevo detto a Monique, non commettevamo mai lo stesso errore due volte.

Monique. Quella che non credeva nella magia della sua famiglia. Stava cercando di dirmi qualcosa? O era troppo radicata in quello che considerava il mondo reale per pensare che una guerra potesse sbocciare per le cattive intenzioni dei suoi stessi parenti?

Io avevo sempre desiderato ciò che non potevo avere. Ma in quel momento era possibile che avessi bisogno di Monique. Lei sarebbe stata in grado di ottenere da Nora le risposte che la vecchia incantatrice non avrebbe mai dato al tuono. Sapeva come cercare gli indizi, ciò che gli altri trascuravano, per ottenere vere risposte.

«Stai formulando un’accusa piuttosto seria, Chance» disse Tanner, chiudendo il libro. «Sostieni che Nora abbia cospirato con un drago ribelle per mettere in ginocchio il nostro tuono.»

«Fino a quando tutti noi non saremo di nuovo in grado di mutare, dobbiamo considerare ogni opzione. Compresa la possibilità che Jerry non lavorasse da solo. Potrebbero esserci altri draghi nascosti nella valle.»

«Per l’amor di Dio.» Tyson mi lanciò un’occhiataccia. «Se ci fossero, nemmeno loro sarebbero in grado di mutare. Credi che Nora li abbia maledetti tutti?»

«Adesso sei disposto a considerare che fosse una maledizione?» Jax si appoggiò allo schienale della sedia, soddisfatto dal caos che si dispiegava davanti a lui. Aveva sempre voglia di litigare. «Le incantatrici non dovrebbero danneggiare intenzionalmente gli altri. Se Nora lo ha fatto, allora, cosa cazzo è? E noi chi abbiamo accolto in questo tuono?»

Nessuno di noi era disposto a considerare che ciò che desideravamo così tanto avrebbe potuto distruggerci. Che accettare delle compagne avrebbe potuto fare a pezzi il tuono.

«Qual è il nostro piano?» chiese Tyson.

«Sei tu a comandare» gli ricordai. Sarebbe stato facile prendere il controllo. Ma non avrei mancato di rispetto a mio fratello. Ma sfidarlo? Faceva bene ad aspettarselo, cazzo. «Siamo ai tuoi ordini.»

«Nora sta ancora insegnando a Sophie a diventare un’incantatrice. Le piace parlarne, potrei vedermi con Tanner e confrontare le informazioni che abbiamo.» Tyson si passò una mano tra i lunghi capelli scuri e sospirò. «Mi sembra di tradirla.»

«Allora diglielo.» Potevo fargli da guida. «Dille che sei preoccupato che gli incantesimi e gli insegnamenti possano non essere coerenti con le antiche leggende del tuono. Se lei tiene ai nostri interessi e le intenzioni di Nora sono vere, allora collaborerà.»

Lui annuì. La scoperta di un drago ribelle aveva reso tutti nervosi, e io non lo invidiavo, visto che doveva interrogare la sua nuova compagna.

«E della sorella che mi dite?» chiese Rafe. «Si comporta come se fosse trattenuta qui contro la sua volontà, e si irrigidisce a ogni accenno alla magia o al mondo soprannaturale.»

L’espressione di Monique, quando avevo affermato di essere un drago, era dipinta nella mia memoria come un’opera d’arte. Era bella, non si poteva negarlo, ma l’arte non era sempre una questione di bellezza. E in quel caso mi aveva spezzato il cuore. Aveva innalzato un muro, cancellando ogni possibilità che ci potesse essere un noi, e che io potessi prenderla come mia compagna.

Potevo convincerla che la magia esisteva, potevo farle capire che era come la sua medicina, da usare per il bene e non per danneggiare gli altri. Forse era l’unica in grado di aiutarci a sistemare le cose con Nora, se l’anziana incantatrice era stata portata fuori strada.

La riunione si concluse senza risoluzioni, solo sospetti. Avrei potuto bussare alla porta di Nora e chiederle quali fossero stati i suoi rapporti con Jerry. Ma quella vecchia era scaltra. Adesso faceva parte del tuono, e questo le assicurava la nostra protezione. E io non ero il tipo di stronzo che gettava un ospite fuori dalle caverne.

“Ma se ti fa del male...”

La voce del mio drago stava diventando più forte. Era una bestia prudente. Proteggeva ciò che aveva, e in sua assenza avevo imparato quanto potesse essere poco lungimirante. La bestia vedeva sempre ciò che aveva da perdere, ma raramente era disposto a correre un rischio.

Era giunto il momento di tirare fuori il mio pieno potere, per dimostrare al mio drago cosa avremmo ottenuto, se avesse seguito il suo cuore.

Quel pensiero mi portò alla porta di Monique. Esitai prima di bussare. Al falò della notte precedente, era praticamente strisciata fuori dalla sua stessa pelle alla parola drago. Evidentemente l’avevo disgustata, e non credeva nel mio potere. Dovevo dimostrarle che era reale.

L’avrei rivendicata come mia compagna. Niente mi avrebbe trattenuto.

“Non perderti nella magia di tuo fratello” mi avvertì il mio drago. “È affar suo.”

La bestia pensava che avessi scelto Monique perché lei era qui, perché gli ultimi effetti dell’incantesimo di Nora erano rimasti nell’aria, alla ricerca di qualcuno su cui fare effetto. L’incantesimo aveva lo scopo di aiutare tutti noi a trovare le nostre compagne.

No. L’incantesimo non era il motivo per cui non ero riuscito a smettere di pensare a lei. Ammiravo il modo in cui lei proteggeva ciò che era suo, e come si fosse costruita una casa tutta sua di sana pianta...

“Una casa che non vuole lasciare...”

Sta’ zitto, drago.

C’era anche il fatto che fosse una guaritrice. Dopo cinquant’anni intrappolati nella nostra forma umana, con domande, caos e accuse che accompagnavano il ritorno al nostro vero potere, il nostro tuono aveva bisogno di guarire.

Al mio drago piaceva quell’aspetto. “L’incantesimo porterà a ciascuno di voi esattamente ciò di cui avete bisogno. Ma solo quando sarete pronti.”

Fui sul punto di bussare, ma mi ritrassi di nuovo. Quella donna era la mia compagna, e avrei fatto di tutto per convincerla, anche se avesse aperto la porta e mi avesse sorpreso qui fuori con gli occhi chiusi. Mi presi un momento per assaporare il futuro. Per troppo tempo, tutto ciò che avevo visto era stato l’oscurità. Mistero e ombre. Immaginai il suo bellissimo corpo nudo, aggrovigliato tra le lenzuola sul nostro letto. Immaginai il sapore delle sue dolci labbra, gocciolanti di vino e desiderio. La mia erezione si gonfiò dentro i jeans, pronta per lei. Solo per lei.

Dovevo convincerla a restare. E ci sarei riuscito, un dolce bacio alla volta.

Rispose pochi istanti dopo che avevo bussato, come se fosse stata dall’altra parte della porta, anche lei persa nel sogno con me.

I suoi occhi erano azzurri come topazi, limpidi e pacifici come il cielo del mattino. Quando li guardavo, vedevo oltre i muri che aveva costruito così frettolosamente quando aveva risposto alla chiamata per venire ad aiutare Nora. Arrivavo fino alla sua anima.

Monique era una donna che sapeva ciò che voleva. Io le avrei dato ciò di cui aveva bisogno.

«C’è qualcosa che non va con la nonna?» chiese, stringendo il bordo della porta come se potesse offrirle protezione.

«Nora sta bene» le risposi. Avrebbe capito perché il tuono aveva dubbi su sua nonna. Ma non era quello il motivo per cui ero lì. «Mi chiedevo se ti andasse di uscire con me.»

I suoi occhi si spalancarono e si morse il labbro inferiore con i denti. Che lo riconoscesse o no, quella donna aveva la magia che le turbinava intorno. Poteva chiamarla come voleva: ricerca, intuizione, ma chiunque si sforzasse di migliorare il mondo aveva un potere speciale che non doveva mai essere ignorato.

«Adesso?» mi chiese.

Avevo intenzione di organizzare un vero e proprio appuntamento, perché pensavo che fosse quello che lei voleva. Ma quella donna mi avrebbe insegnato ad aspettarmi l’inaspettato. «Certo.»

Mi si avvicinò e si chiuse la porta alle spalle. «Andiamo.»


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