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Suicidio In Polizia: Guida Per Una Prevenzione Efficace
Suicidio In Polizia: Guida Per Una Prevenzione Efficace
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Suicidio In Polizia: Guida Per Una Prevenzione Efficace

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Suicidio In Polizia: Guida Per Una Prevenzione Efficace

Un’altra variabile analizzabile rispetto all’assunzione di comportamenti a rischio è il genere, quindi tradizionalmente si è ritenuto che gli uomini tendano a correre più rischi rispetto alle donne, ma ci sono prove scientifiche a supporto di questo?

Quando si pensa ai bambini, di solito sono considerati più dinamici in termini di attività fisica e anche rischiosi delle bambine, tanto che i maschi sono quelli che statisticamente subiscono più incidenti domestici, o per entrare nei posti sbagliati o per “toccare cosa non dovrebbero “, presentando una maggiore quantità di comportamenti esplorativi, invece, le bambine tendono a svolgere attività meno fisiche e più intellettuali, che prevedono la lettura o la conversazione tra coetanei e con gli adulti, e quindi hanno” meno rischi “di subire qualsiasi tipo di incidente domestico o di altro tipo. Una tendenza che sembra mantenersi nell’adolescenza, dove i giovani mostrano un numero maggiore di azioni che mettono a rischio la loro vita, sia per “mettersi in mostra” davanti alle ragazze o per “distinguersi” competendo con altri ragazzi. D’altra parte, le giovani donne tendono a “risaltare” in altre sfaccettature come quelle intellettuali, per gli abiti che indossano; o in attività ricreative come la danza.

È proprio in questa fase della vita che si registra un maggior numero di comportamenti a rischio, per la falsa convinzione che non accadrà loro nulla, e invece è il momento in cui si verificano più incidenti, siano essi incidenti stradali, o di altro genere. Atteggiamenti che nel tempo si “rilassano”, sebbene si mantengano per tutta la vita, basta vedere come tradizionalmente esistono professioni prevalentemente maschili associate ad una maggiore attività fisica, o a comportamenti a rischio, sia nel campo dello sport che dello spettacolo. Al contrario, le donne occupano a lungo una percentuale maggiore delle aule, ottenendo migliori risultati accademici a tutti i livelli.

Nel caso dei corpi e degli organi di sicurezza, nonostante il fatto che ogni giorno più donne si uniscano a questi corpi, c’è ancora una grande differenza tra uomini e donne, come in Spagna nel caso specifico della Polizia Nazionale nel 2019 il numero delle donne rappresenta il 14,5% dei membri del corpo, ovvero 9.063 donne su 62.953 agenti (El Plural, 2019), molto indietro rispetto a paesi come l’Estonia con il 33,9%, i Paesi Bassi con il 28,9% o la Svezia con il 28,8% nel 2012 (Institut for Public Security of Catalonia, 2013).

Per quanto riguarda l’origine e “l’utilità” di queste differenze, è stato individuato che si tratta di un comportamento “ereditato” dai nostri antenati, dove il maschio era colui che doveva “uscire” per cacciare e affrontare le difficoltà dell’esterno. La femmina invece restava all’interno del “territorio sicuro” dove c’era meno pericolo, il che le permetteva di sviluppare altre abilità più “utili” per le funzioni che aveva. Di questo contributo si è discusso in quanto attualmente non esiste una distribuzione dei ruoli così marcata, come avveniva in passato, nonostante continuino a verificarsi, ma quale sarebbe la ragione delle differenze nell’assunzione di rischio in base al genere?

Per rispondere a questa domanda, uno studio è stato condotto congiuntamente dalla China University of Electronic Sciences and Technology, Tianjin Medical University General Hospital; e l’Accademia cinese delle scienze (Cina); insieme all’Università di Adelaide e all’Università del Queensland (Australia) (Zhou et al., 2014). Lo studio ha coinvolto 289 volontari con un’età media di 22 anni, a cui sono stati somministrati 15 test psicotecnici oltre a studiare l’attività cerebrale attraverso la risonanza magnetica funzionale (fMRI). I risultati mettono in relazione i dati ottenuti da tutti i test, trovando differenze significative tra i partecipanti nella corteccia somatosensoriale secondaria destra, che comprendeva la corteccia dorsale anteriore bilaterale, le cortecce insulari medie e la corteccia cingolata anteriore dorsale.

Lo studio cerca quindi di rispondere ad un comportamento che fino ad ora non era stato possibile spiegare, verificando come il comportamento differenziale tra giovani uomini e giovani donne sia supportato da importanti differenze cerebrali, che rivelerebbero la maggiore tendenza ad assumere comportamenti a rischio sulla parte degli uomini.

Sulla base di questi risultati, ci si potrebbe aspettare che ci sia un più alto tasso di suicidi tra gli agenti di polizia maschi e più giovani, che esibirebbero anche comportamenti a rischio. Prevenzione dei suicidi nell’area della Polizia Nazionale, dove le statistiche l’incidenza dei suicidi in questo corpo sono raccolti dal 2000 al 2017, separati per età, vedi (A.R.P., 2019) Tabella I.

Età da 24 a 29 da 30 a 35 da 36 a 41 da 42 a 47 da 48 a 53 da 54 a 59 da 60 a 65 Percentuale 11,84 21,71 17,11 16,45 16,45 15,79 0,66

Tabella I. Distribuzione dei suicidi per fasce di età nella Polizia Nazionale tra il 2000 e il 2017

Con questi dati è possibile verificare che il più alto tasso di suicidi nel Corpo di Polizia Nazionale non si verifica tra i più giovani, dai 24 ai 29 anni con un’incidenza dell‘11,84%, ma tra quelli dai 30 ai 35 anni con un’incidenza del 21,71%, vale a dire, questi dati vanno contro la premessa di cui sopra circa il più alto tasso di suicidio tra i più giovani a causa di una maggiore esibizione di comportamenti a rischio. Le possibili cause di queste discrepanze potrebbero essere ricercate nel fatto che la sorveglianza nei primi anni di servizio da parte dei veterani sui “nuovi arrivati” è molto più severa, proprio per garantire la loro incolumità e che svolgano adeguatamente il loro lavoro, supervisione che si “rilassa” negli anni.

Indicare che nella popolazione generale la più alta percentuale di casi di suicidio si verifica tra i giovani tra i 15 e i 24 anni di età e tra gli (O.M.S., 2009)anziani sopra i 75 anni, proprio a queste età è quando vengono compiuti i maggiori sforzi dai piani di prevenzione dovuti all’incidenza dei suicidi, ma che nel caso della Polizia di Stato non sono nemmeno contemplati in quanto vanno oltre l’età di assunzione o di pensionamento; differenze che si rifletteranno anche nelle priorità delle politiche di prevenzione che possono essere sviluppate in tal senso.

Per quanto riguarda l’Intelligenza Emotiva come fattore protettivo contro comportamenti a rischio, va notato che è un concetto che è stato correlato alla capacità di gestire lo stress, le abilità sociali e anche gli aspetti della salute. All’interno del mondo del lavoro, oggi l’Intelligenza Emotiva è considerata un tassello chiave e fondamentale in ogni leader, per questo le business school sottolineano questa formazione. Si è anche riscontrato che è positivamente correlata a migliori prestazioni nella posizione lavorativa, e negativamente con assenteismo e dimissioni dal lavoro. Alcune teorie suggeriscono che le persone con un’elevata Intelligenza Emotiva siano in grado di conoscere meglio gli altri, quindi sono più efficaci nelle relazioni interpersonali, dando loro una certa capacità di conoscere i punti di forza e i limiti dell’interlocutore, ma la percezione dell’altro risente della nostra Intelligenza Emotiva?

È proprio quello che si è cercato di scoprire con una ricerca condotta dal Dipartimento di Amministrazione e Affari Internazionali, I-Shou University (Taiwan) insieme al Dipartimento di Direzione e Management, Business School (Norvegia) (Lee & Selart, 2015). Hanno partecipato allo studio trenta studenti di business school, di cui undici donne, con un’età media di 23 anni. I partecipanti sono stati fatti passare attraverso una situazione controllata, in cui hanno osservato le prestazioni di una persona in un compito di risoluzione matematica, un Sudoku, e quindi hanno dovuto valutare se quella persona poteva risolverne un altro, ma in un tempo limitato di tre minuti. Sono state manipolate le variabili corrispondenti alla difficoltà del secondo compito, la possibilità o meno di guadagnare denaro per la correzione in base al livello di sicurezza nella risposta, e l’introduzione o meno di un compito distraente tra i due compiti.

I partecipanti dovevano compilare un test online sull’Intelligenza Emotiva chiamato Mayer-Salovey-Caruso Emotional Intelligence Test dove (Mayer, Salovey, & Caruso, 2002) le prestazioni dei partecipanti sono state confrontate in base al punteggio nel MSCEIT, come con intelligenza emotiva alta o bassa. I risultati mostrano che non c’erano differenze nelle previsioni dell’esecuzione del compito degli altri sulla base dell’Intelligenza Emotiva dei partecipanti.

È necessario tener conto del numero limitato di partecipanti, e che si tratta di una manipolazione sperimentale a bassa validità ecologica, con la quale è probabile che in una situazione reale si possa osservare il fenomeno di previsione atteso. Nonostante i limiti dello studio, è necessario evidenziare l’approccio innovativo di questa ricerca, che cerca di scoprire come l’Intelligenza Emotiva consente alla persona di avere una migliore performance sociale. Sebbene non sembri che una maggiore intelligenza emotiva abbia a che fare con l’ottenere le previsioni di una terza parte in uno specifico compito matematico, ciò non esclude che non dia alla persona quella qualità per altri compiti, di tipo più emotivo; cioè conoscere i punti di forza e di debolezza di un interlocutore non significa sapere esattamente come agirà in tutti i compiti, ma significa sapere che tipo di impegno e comportamento generale aspettarsi da quella persona.

Qualcosa che se è possibile verificare attraverso ricerche successive informerebbe che quelle persone con alti livelli di Intelligenza Emotiva sono meglio preparate quando si tratta di incontrare gli altri, e quindi il vantaggio osservato nelle interazioni sociali. Un ultimo punto sull’Intelligenza Emotiva è che, a differenza di altre intelligenze, può essere migliorata con una formazione adeguata, cioè una volta conosciuti i tanti vantaggi che ha sul mondo lavorativo e sociale, si può trovare un modo per rafforzare le proprie capacità e quindi migliorare l’Intelligenza Emotiva.

Con quanto sopra, nella misura in cui l’applicazione dell’intelligenza emotiva tra le forze di sicurezza è considerata utile per ottenere la riduzione dei comportamenti a rischio, ci si aspetterebbe che anche i tassi di suicidio fossero ridotti, laddove questi incidenti siano inclusi.

Tenendo presente che il suicidio è in definitiva un dramma per le famiglie che sopravvivono, ma anche per il corpo che perde un collega e un agente preparato. Sebbene le cause associate allo stress e alla pressione sociale cerchino di “giustificare” questo comportamento tra le forze dell’ordine e le forze di sicurezza, va tenuto presente che l’accesso a questi organi è restrittivo e molto impegnativo e il candidato deve essere sottoposto a specifici test psicologici e successivi intensi formazione fisica e psicologica, ma, nonostante ciò, i tassi di suicidio sono estremamente alti.

BIBLIOGRAFIA

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Capitolo 2 Caratteristiche del suicidio IN polizia

Come indicato nel capitolo precedente, non tutti i suicidi saranno considerati tali, poiché dovrebbero essere esclusi gli incidenti dovuti a comportamenti a rischio, inoltre si possono distinguere diversi termini che a volte sono usati in modo intercambiabile, ma che hanno importanti differenze, quindi secondo un rapporto pubblicato dalla Mental Health Commission del Ministero della Salute Pubblica del Governo del Canada, (Mental Health Commission of Canada, 2018) si può parlare di:

–Il suicidio come atto fatale di autolesionismo con l’intento di togliersi la vita.

–Comportamento suicidario che varia da pensieri suicidi, tentativi di suicidio e morte per suicidio.

–Tentativo di suicidio, che è un comportamento potenzialmente autolesionistico associato all’intenzione di morire.

–Pensieri attivi di suicidio che possono portare alla fine della propria vita, che possono includere: identificare un metodo, avere un piano e / o avere l’intenzione di agire.

–Pensieri passivi di suicidio, pensieri di morte o di voler essere morti, senza avere piani o tentativi di suicidio.

–Autolesionismo non suicidario, comportamenti senza intenzione di morire.

–Eventi suicidi con comparsa o peggioramento di pensieri suicidi o con tentativi di suicidio effettivi.

–Autolesionismo intenzionale, che sono comportamenti autolesionistici che includono pensieri.

Quindi d’ora in poi non parleremo più di suicidio in modo generico, ma i termini precedenti serviranno a definire se si tratta di pensieri, tentativi o suicidi veri e propri. A questo proposito, va notato che uno dei problemi riguardanti i dati relativi a questa tematica nel caso della polizia è che le statistiche di solito raccolgono solo informazioni sul suicidio compiuto, non sapendo quanti agenti hanno pensieri suicidi o quanti hanno portato a termine tentativi di suicidio. Aspetto che potrebbe appartenere alla sfera privata dell’agente, ma che impedisce l’applicazione di adeguate politiche di prevenzione, poiché, se non è noto, non possono essere applicate misure affinché tali pensieri o tentativi non si concludano con il suicidio, da qui l’importanza di ottenere innanzitutto dati e informazioni affidabili attraverso questionari, anche anonimi, ma che almeno darebbero conto della dimensione del problema.

Ad esempio, se un questionario viene passato in una certa stazione di polizia in modo completamente anonimo per scoprire pensieri e tentativi di suicidio, sarà possibile valutare il livello di gravità che si verifica un suicidio in quella stazione di polizia e con questo sarà possibile intervenire con diverse politiche che verranno descritte in questo testo per evitare o almeno ridurre questa possibilità tra gli agenti di quella stazione di polizia.

Il Profilo del Suicidio IN Polizia

Va notato che, sebbene i poliziotti siano persone che in linea di principio non differiscono dal resto dei cittadini, e quindi il profilo degli agenti che tentano contro la propria vita non dovrebbe essere diverso da quello osservato nel resto della popolazione. Nonostante quanto sopra, va notato che esistono una serie di caratteristiche che conferiscono all’agente alcune peculiarità in termini di funzioni e prestazioni, oltre che rispetto alla realtà cui si trova di fronte difficilmente riscontrabili in altre professioni, che in molti casi determinerà un profilo “peculiare” nel campo del suicidio.

Per quanto riguarda il profilo sul suicidio, tenendo conto di 446 articoli selezionati per la loro rilevanza e qualità, (Mental Health Commission of Canada, 2018) si può tracciare un profilo sul rischio di suicidio nel mondo, indicando che le persone che si suicidano di più sono gli uomini, mentre le donne hanno più comportamenti suicidi, essendo l’adolescenza l’età in cui si verificano più casi. Allo stesso modo, è solitamente associato nella popolazione generale a variabili sociodemografiche come avere più di 40 anni, essere divorziati, avere problemi psicosomatici, sperimentare la propria realtà in modo spiacevole, soffrire di depressione o (Grassi et al., 2018)alti livelli di ansia; oltre ad avere più di 85 anni, aver sofferto di disturbi alimentari, schizofrenia o disturbo bipolare; con una storia di abuso di sostanze (Brodsky, Spruch-Feiner, & Stanley, 2018).

Sulla stessa linea, l’OMS sottolinea l’importanza delle relazioni di coppia come fattore di protezione o stress psicosociale in caso di divorzio o separazione, riscontrando che le persone coinvolte in questi processi di rottura della convivenza hanno da 2 a 3 volte più probabilità di avere idee suicide e da 3 a 5 volte più probabilità di attentare alla loro vita (O.M.S., 2009).

Ci sono vari contributi teorici che sono stati forniti per spiegare il fenomeno del suicidio, che possono essere raggruppati in tre punti di vista:

a)Prospettiva del biologo, dove si cerca di spiegare una maggiore probabilità di subire il suicidio se si ha un parente stretto che lo ha subito, anche affermando che ci sono geni che aumentano la possibilità di suicidio, come è stato osservato in una ricerca da cui provengono 43 famiglie È stato analizzato lo Utah (USA), dove almeno uno dei loro membri si era suicidato nelle ultime sette generazioni (Coon et al., 2018). In totale, sono stati raccolti più di 4.500 campioni di DNA e sono stati analizzati 207 geni diversi, trovando un’associazione tra l’aumento del rischio in presenza di varianti nelle proteine SP110, rs181058279; AGBL2, rs76215382; SUCLA2, rs121908538; APH1B, rs745918508

Nonostante quanto sopra, e come sottolineano gli autori, questi geni non spiegherebbero tutti i casi di suicidio, ma solo il 50% di essi (Pedersen & Fiske, 2010).

b)Prospettiva sociale, in cui l’attenzione è posta non tanto sull’individuo come entità biologica o psicologica ma come reattivo delle condizioni sociali in cui vive, quindi il suicidio è stato associato alla perdita di valori, incoerenza delle norme, disorganizzazione sociale , rottura dei legami con la società, aspetti che si osservano in alcuni agenti di polizia che hanno tentato di togliersi la vita, che sono stati coinvolti in qualche tipo di indagine o hanno subito una condanna o un allontanamento dal loro lavoro, per cui l’agente riteneva che la “società” lo avesse “bocciato” o che non poteva” fidarsi “delle istituzioni che aveva rappresentato fino a quel momento, cosa che avrebbe potuto portarlo al suicidio (Palacio., 2010).

Un fattore fondamentale in ambito sociale che emerge e del quale non risentono è quello delle crisi economiche e tassi di disoccupazione, entrambi aspetti correlati a livello sociale con tassi di suicidio più elevati, ma che, essendo la polizia, almeno in Spagna, dipendenti pubblici del governo centrale, regionale o locale, vale a dire, sono personale assunto a vita, con il loro stipendio fisso, indipendentemente dalla situazione economica del paese, ciò significa che entrambi i fattori non incidono.

Nonostante quanto sopra, gli agenti possono perdere la loro condizione e con essa la stabilità economica sopra menzionata a causa di una serie di ipotesi, che nel caso della Polizia Nazionale sono incluse nell’articolo 5 della Legge Organica 9/2015, del 28 luglio, del Regime del Personale della Polizia Nazionale (Jefatura del Estado, 2015)

a) Pensionamento.

b) Dimissioni dalla carica ufficiale.

c) Perdita della nazionalità spagnola.

d) La sanzione disciplinare di allontanamento dal servizio che ha carattere definitivo.

e) La pena principale o accessoria di interdizione assoluta o speciale per l’esercizio del rapporto di lavoro o di pubblico ufficio con carattere definitivo.

Aspetto, quello dell’allontanamento dal servizio, volontario o meno, che è stato associato ad un aumento dei tassi di suicidio (LaMontagne et al., 2018).

c)Prospettiva individuale, in cui varie teorie associate al suicidio sono state sviluppate dalla psicologia tra i membri delle forze di sicurezza (Violanti, Owens, McCanlies, Fekedulegn, & Andrew, 2019):

–Psicodinamica, la sovraesposizione a un ambiente “inappropriato” può portare al superamento delle barriere psicologiche dell’agente e questo porta al suicidio.

–Cognitiva, dove è stato osservato come gli agenti di polizia mostrano una mancanza di flessibilità cognitiva nel loro lavoro, associata a difficoltà nel gestire lo stress continuo, aumentando così l’ideazione suicidaria.

–Tassonomica, dove ci sono quattro fattori associati al suicidio in campo militare (applicabile alla polizia), quello educativo, gli antecedenti, i precipitanti e quelli associati a sentimenti di allineamento e impotenza.

–Sulla base dell’autopsia psicologica, utilizzando questo metodo si è arrivati a capire come ci siano precedenti fattori sociali che influenzano la loro rete di contatti e la loro integrazione con i colleghi.

–La prospettiva della pressione, in cui gli agenti reagiranno in modo diseguale ai fattori di stress del loro lavoro, e il suicidio può essere visto come una “soluzione” a tale sofferenza.

–Interpersonale, dove lo stress lavorativo è correlato a esposizioni traumatiche, insieme alla sensazione di isolamento e mancanza di appartenenza sociale.

–Diatesi-stress interattivo, dove il suicidio è correlato a stress e fattori predisponenti personali (Mann, Waternaux, Haas, & Malone, 1999).

Fattori di Rischio

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