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Frammenti Di Cuore
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Frammenti Di Cuore

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“Lo farò.”

Senza aggiungere altro, Silas si voltò e lasciò la stanza, chiudendosi la porta del bagno alle spalle.

Capitolo Quattro

Minestra e Cappotto

Aaron strofinò il proprio corpo fin quasi a scorticarsi vivo. Il suo uccello era dolorante e l'acqua calda gli pungeva la pelle dove Ralph lo aveva colpito. Si appoggiò alle piastrelle e ruotò la manopola fino a quando l'acqua diventò quasi troppo calda e il vapore così denso da impedirgli di respirare. Il bruciore dell'acqua annullava il ricordo del dolore causato da Ralph. Nella propria mente cercò di convincersi che la sofferenza che provava era dovuta all'acqua bollente. La doccia era troppo calda. Era un dolore che poteva controllare.

Da solo, a occhi chiusi e sotto il potente getto d'acqua, la sua mente iniziò a vagare e gli sembrò quasi di essere a casa propria e che non fosse accaduto niente, come se le ultime ventiquattro ore non fossero mai esistite.

Quando uscì dalla doccia, la sua pelle era arrossata e dolorante. Si asciugò e vide che Silas aveva lasciato per lui due pile di vestiti sulla tavoletta del water. La prima comprendeva i suoi vestiti, quelli che aveva indossato per le riprese. L'altro mucchietto era sconosciuto, morbido e profumava di pulito. Optò per i vestiti nuovi. Era quasi certo che avrebbe bruciato i propri appena ne avesse avuta la possibilità.

Iniziò a vestirsi, poi però si ricordò che Silas aveva detto qualcosa sul dargli un'occhiata. Per qualche ragione che non capiva, il pensiero di vestirsi e poi spogliarsi davanti a qualcuno gli faceva paura. Si avvolse un asciugamano intorno alla vita e si piegò sul lavandino.

Un lieve bussare risuonò nella stanza. “Ti ho sentito chiudere l'acqua,” disse la voce di Silas. “Va ancora tutto bene?”

Per un breve, orribile momento Aaron desiderò aprire la porta con un calcio e picchiare Silas fino a farlo sanguinare. Un'altra domanda, un'altra frase piena di preoccupazione, un'altra implicazione che Aaron fosse troppo debole per comportarsi in modo normale… Poi, con la stessa rapidità con cui era apparsa, la rabbia sparì.

“Aaron?”

“Sto bene,” rispose. “Puoi fare in fretta a darmi un'occhiata?”

“Sei sicuro di volerlo fare?” domandò Silas, sempre parlando attraverso la porta.

“No, ma probabilmente è la cosa migliore, vero?”

Silas fece una pausa. “Non ne sono sicuro,” rispose sinceramente. “Non ho mai avuto a che fare con una vittima di stupro, prima d'ora. Non voglio farti…”

Aaron afferrò il portaspazzolino dal bordo del lavandino e lo lanciò contro il muro. Il contenitore, che si rivelò essere di ceramica, andò in frantumi.

“Non sono stato violentato!” urlò Aaron.

Silas aprì la porta, guardandolo con gli occhi spalancati.

Aaron lo fissò, poi guardò i frammenti di ceramica sul pavimento. Si allontanò dalla porta fino a quando andò a sbattere contro la parete. Scivolò lungo il muro fino a ritrovarsi seduto, il viso stretto tra le mani.

Percepì Silas avvicinarsi e sedersi al suo fianco.

“Scusami,” disse Silas. “Non sono famoso per le mie buone maniere.”

“Non è colpa tua,” mormorò Aaron. “Sono solo un po' incasinato, in questo momento.”

“Hai tutto il diritto di esserlo,” rispose l'altro. “Non dovrei metterti fretta.”

“Ti comprerò un nuovo spazzolino. E anche un contenitore.”

“Questa è davvero l'ultima delle mie preoccupazioni, al momento,” lo rassicurò Silas. “Te la senti di mangiare un po' di minestra?”

Aaron sbuffò. “Sinceramente prima vorrei che mi dessi un'occhiata. Penso di stare sanguinando, e non voglio macchiarti i vestiti. E sicuramente non voglio continuare a rimanere nudo e seduto sul pavimento di un bagno.”

“Va bene,” disse Silas. “Assumi qualche farmaco?”

“L'alcol conta?”

“No. Beh, tecnicamente no. Ma ne prendo nota.”

“Allora no, non assumo niente.”

“Che ne dici degli integratori? Sia da banco che da erboristeria?”

“No. Solo alcol.”

Silas annuì e si alzò. Spinse di lato alcuni frammenti di ceramica e frugò nell'armadietto dei medicinali sopra il lavandino. Recuperò diverse bottigliette, poi indicò la porta con la testa. “Vieni con me.”

Aaron si tirò su e seguì Silas in soggiorno. C'erano una ciotola di acqua calda e un asciugamano sul tavolo, oltre a un grosso kit di pronto soccorso organizzato in modo quasi maniacale.

Silas notò che Aaron stava guardando i medicinali mentre appoggiava i flaconcini di pillole sul tavolo. “Volevo che fosse già tutto pronto, per fare più in fretta possibile,” disse. Aprì una delle bottigliette e si fece cadere una pastiglia sul palmo. “Hai mai assunto lo Xanax prima d'ora?”

“No.”

Gli porse la pastiglia. “Questa è la dose da un milligrammo. Ti aiuterà con l'ansia e lo stress. Potresti sentirti un po' assonnato. Se la tua vista inizia ad oscurarsi, o ti senti confuso in qualche modo, dimmelo subito.”

Aaron esitò prima di prendere la pillola tra le dita.

“Non devi prenderla per forza,” disse Silas. “Te l'ho data solo per aiutarti a calmare i nervi.”

Aaron la afferrò. Fino a quel momento si era fidato di Silas, che lo aveva aiutato. Senza indugiare oltre, la ingoiò, poi si mise in attesa di una reazione, sentendosi uno stupido quando non accadde nulla – non poteva avere una reazione immediata, no? Uno schiocco catturò la sua attenzione.

Silas si stava mettendo dei guanti di lattice. “Pensavo di controllare prima il tuo ano,” gli spiegò. All'improvviso sembrò avere difficoltà a mantenere il contatto visivo. “Il resto dell'esame sarà molto meno invasivo.”

“Facciamolo e basta,” sbottò Aaron. “Devo piegarmi e afferrarmi le caviglie?” Cercò di ridere ma la risata gli si strozzò in gola. Evidentemente il suo cervello pensava che fosse ancora troppo presto per fare delle battute.

“Se potessi sdraiarti su un fianco con le ginocchia divaricate, penso che sarebbe meglio,” disse Silas. Gli porse un cuscino e stese un asciugamano sull'imbottitura.

Aaron non seppe cosa rispondere, quindi rimase in silenzio e si stese come gli aveva detto Silas, infilandosi il cuscino tra le ginocchia.

“È importante che tu mi dica come ti senti mentre ti esamino,” gli spiegò Silas. “Se ti faccio male, dimmelo. Se ti senti a disagio, dimmelo. Se ti senti incapace di continuare, dimmelo.”

“Sono a disagio dalle cinque di questo pomeriggio,” ribatté Aaron con un grugnito.

“Sto per toccarti,” disse Silas. “Solo all'esterno. Ti aprirò soltanto le natiche.”

Aaron gemette e prese fiato. “Fammi un favore,” sbottò. “Evita di raccontare tutto per filo e per segno.”

“D'accordo,” gli assicurò Silas. Dopodiché tenne la bocca chiusa. Le sue dita erano scivolose, ma non appiccicose come quelle di Ralph. Le sue mani erano calde e decise, ma ancora gentili. Non era invasivo né brusco. Se Aaron sussultava, si fermava per un paio di secondi prima di continuare. L'intero esame durò più o meno cinque minuti.

“L'apertura è un po' lacerata,” disse Silas. “Guarirà da sola, ma vorrei applicare una pomata per alleviare il dolore e prevenire un'infezione.”

“Va bene,” rispose Aaron. Aveva il viso girato nell'altra direzione e guardava i cuscini azzurri del divano. Se ne tirò uno vicino al petto, come per proteggersi.

“Vorrei anche applicare una crema sulle natiche dove Ralph ti ha colpito. La pelle non è ferita ma molto arrossata. La crema ti aiuterà col dolore.”

“Va bene,” ripeté Aaron.

Sentì Silas toccargli il culo, poi allargargli di nuovo le natiche e sfregargli qualcosa di fresco contro l'apertura. Impiegò meno di trenta secondi per fare tutto.

Silas si tolse i guanti. “Puoi voltarti lentamente, adesso.”

Aaron si girò e trovò Silas pronto a coprirlo con un asciugamano tiepido.

“Devo controllare anche la presenza di lividi e segni di traumi sul pene e sui testicoli,” gli disse l'uomo.

Aaron fissò il cuscino.

“Te lo ripeto, la comunicazione è fondamentale.”

“Va bene,” bofonchiò allora Aaron.

Silas si infilò un altro paio di guanti e sollevò l'asciugamano dal suo inguine. Aprì delicatamente le ginocchia di Aaron, in modo molto simile a come aveva fatto quando si erano incontrati per la prima volta quel pomeriggio, quando era stato “Padrone” e non “Silas”.

Aaron era vagamente consapevole che le sue ginocchia stavano tremando.

“Quanti anni hai?” domandò Silas.

“Ventuno.”

“Da quanto tempo possiedi quell'auto?” chiese, mentre sollevava il pene di Aaron.

Aaron cercò di non sussultare. “Papà me l'ha regalata lo scorso anno.”

“Da quanto tempo vivi in città?” Premette delicatamente i polpastrelli sulla base.

“Abbiamo vissuto qui di tanto in tanto. Dopo un paio d'anni ce ne andiamo e dopo un altro paio ritorniamo.”

“Hai altri familiari nelle vicinanze?”

“Mio fratello minore,” rispose Aaron.

Silas gli alzò le ginocchia, facendogli cenno di rilassare di nuovo le gambe. “Quanti anni ha?”

“Diciassette,” rispose Aaron. “Andrà al college il prossimo autunno.”

Annuendo, Silas gli coprì di nuovo l'inguine con l'asciugamano e si tolse i guanti. “Ha già deciso che cosa studierà?”

“Legge,” rispose. Abbassò lo sguardo su Silas, che si era seduto sul bordo del divano.

“Deve essere bello avere un futuro avvocato in famiglia,” commentò.

“Sì. È anche molto intelligente. Non ho proprio idea da chi abbia preso quel cervello. Deve essere una eredità della famiglia di mamma.” Prese aria bruscamente appena la parola mamma ebbe lasciato le sue labbra.

Per fortuna Silas non insistette oltre. “Devi essere molto orgoglioso di lui.”

“Lo sono.”

“Vado a prenderti dei vestiti. Credi di poter mangiare qualcosa, adesso?”

Lo stomaco di Aaron rispose al posto suo, quasi ruggendo.

Silas sorrise e si alzò. Tornò pochi secondi dopo con i vestiti che avevano lasciato in bagno. “Vado a scaldare un po' di minestra. Hai qualche allergia?”

“No,” rispose Aaron.

“Sei vegano o vegetariano?”

Aaron rise. “No.”

“Bene. Vestiti mentre vado a prendere due piatti.”

Aaron non era sicuro del perché Silas fosse rimasto nella modalità medico sicuro di sé invece di tornare a quella di chioccia iperprotettiva, ma accolse con favore quel comportamento. Forse aveva qualcosa a che vedere col modo in cui aveva lanciato oggetti contro il muro poco prima.

Si alzò dal divano e si infilò un paio di boxer di Silas. Udì un suono raschiante nel corridoio e si sentì un po' in colpa. Probabilmente stava pulendo il casino che aveva combinato.

I pantaloni della tuta erano morbidi e consunti. Si adattarono perfettamente ai fianchi di Aaron, che poté solo immaginare come pendessero da quelli più magri di Silas. Era snello e di poco più basso di Aaron. La maglietta era un po' aderente, ma anche morbida. Aaron osservò il cappotto appeso all'attaccapanni nell'ingresso. Sentì uno strano bisogno di avvolgerselo intorno al corpo.

Fallo e basta. Ti ha messo della crema sul culo come se fossi un bambino. Se questo non ha attraversato la linea del 'e che cazzo', dubito che lo farà indossare il suo cappotto.

Aaron si sentiva un po' intontito mentre si avvicinava all'appendiabiti, ma non ci fece caso.

Forse era lo Xanax a parlare. Qualunque cosa fosse, gli piaceva. Si infilò il cappotto e se lo avvolse stretto intorno al petto, stringendolo così tanto da rischiare di non respirare. Come i pantaloni, anche il cappotto si adattava meglio alla figura di Aaron che a quella di Silas. Dovevano piacergli gli abiti comodi.

Ovviamente Silas scelse proprio quel momento per tornare.

“Ho del manzo con le verdure oppure dei noodle di… oh,” disse Silas, inclinando la testa di lato.

Aaron stava per spiegargli la situazione, ma Silas lo anticipò.

“O dei noodle di pollo,” concluse. “Lo ammetto, non ho mai imparato a fare molto altro oltre a uova e toast, e il più delle volte bruciacchio anche quelli. Spero che la zuppa in scatola vada bene.”

“Non sono schizzinoso,” rispose Aaron, ancora avvolto completamente dal cappotto.

“Vuoi mangiare sul divano oppure in cucina?” chiese Silas. “Se posso darti un consiglio, ti suggerisco il divano, è più morbido.”

“Uh, sì… va bene il divano,” disse Aaron. “Ecco… avrei dovuto chiederti il permesso.” Fece un mezzo gesto verso il cappotto. “Io… non ho… non so perché l'ho fatto.”

“Non hai bisogno di dire niente. Per quanto mi riguarda, questo è il tuo spazio sicuro e puoi fare quello che vuoi. Ciò che è mio è anche tuo.” Le sue guance si colorarono all'improvviso di un rosa acceso. “Sono felice di possedere qualcosa che ti dia un po' di conforto.”

Aaron sentì l'impulso irrefrenabile di correre verso di lui e seppellire il viso nel suo collo, di abbracciarlo e farsi abbracciare. Invece, strinse più forte il cappotto. “Oggi mi hai salvato,” disse con calma. “Spero tu te ne renda conto.”