Читать книгу Le Tessere Del Paradiso (Giovanni Mongiovì) онлайн бесплатно на Bookz (6-ая страница книги)
bannerbanner
Le Tessere Del Paradiso
Le Tessere Del Paradiso
Оценить:
Le Tessere Del Paradiso

4

Полная версия:

Le Tessere Del Paradiso

Tuttavia questa volta Amjad sorrise irrispettoso e fece:

«Temo per voi che se davvero io avessi raccontato le vostre privatezze, la vergogna del vostro letto non sarebbe stata presa solo per una diceria e per certo qualcuno ve ne avrebbe chiesto conto. La legge del Regno è chiara riguardo all’infedeltà della moglie, e vostro marito è molto intransigente su questi aspetti… tanto rigido da avere ispirato innumerevoli filastrocche riguardo al suo moralismo. A colei che porta la vergogna nel letto coniugale spetta la morte da parte del congiunto tradito. E se costui non ristabilisce il proprio onore, allora verrà bollato come complice e uomo che non merita rispetto. Pensate che se davvero avessi riferito le vostre confidenze, Sua Maestà sarebbe passato sopra alla vostra vergogna?»

«È dunque questa la vera natura dei tuoi pensieri, Mattia? Offendi la tua Regina parlando di vergogna… mentre sai benissimo quale peso mi è l’essere innamorata di un uomo che non è mio marito.»

Amjad non rispose, consapevole di aver toccato l’argomento più scomodo che riguardasse Margherita, ciò che ledeva il suo onore di regina e di moglie.

«Fammi provare quella d’oro col rubino.» richiese lei, ritornando alle questioni vane.

Nondimeno l’eunuco non aveva ancora finito di agganciare la collana che lei riprese:

«Da domani mi aiuterà un altro servitore ad indossare i miei gioielli.»

Amjad, che serviva quella donna sin dal suo arrivo a Palermo, sin da quando lei a soli sedici anni era stata data in moglie all’erede al trono, si bloccò all’istante, spiazzato, confuso e terrorizzato dall’idea di fare la fine dell’Ammiraglio Filippo e del più recente Forriāni.

«Che significa, mia Signora?»

«Ti sostituirà Luca, già a capo degli eunuchi dell’harem, colui che per esperienza viene appellato gaito, benché non abbia mai impugnato armi. Entrare nel mio appartamento sarà il giusto traguardo per il suo fedele servizio.»

Impietrito, Amjad non sapeva come rispondere.

«E adesso, su… cosa aspetti? Attacca questa collana!»

«Che ne sarà di me se voi mi accantonate per un altro servitore?»

«I nobili accusano l’Ammiraglio di aver mandato lui quella missiva al saraceno, e di tramare insieme ai mori di Sicilia per la fine del Regno. Niente di più falso! Smonterò le accuse che minacciano l’uomo che amo consegnando il vero colpevole alla giustizia.»

Fu adesso che Amjad non pensò più a cosa rispondere. Sopraggiunta la rabbia imbruttì il suo viso, tirò quindi a sé la collana, più di quanto potesse sopportare il delicato collo della Regina. Alle urla strozzate per il soffocamento, Amjad chinò la testa fino all’orecchio di lei e rispose:

«Voi non farete nulla di quanto avete detto, non potete permettervelo. Come reagirebbe vostro marito se gli mostrassi la chiave affidatami dal locandiere per i vostri incontri amorosi? E come reagirebbe il Re se gli facessi leggere le lettere di passione che voi e il vostro Ammiraglio vi scambiate? O credete che le abbia consegnate tutte? Le voci sono voci, è vero… ma io ho le prove! E non pensate che il vostro uomo, benché potente e pericoloso, sia in grado di cancellare la minaccia dello scandalo col sangue, poiché se voi toccate me sarà un altro ad avanzare le prove del vostro adulterio. Ho già preso le mie precauzioni, mia Regina!»

E a questo lasciò la presa, un attimo prima che Margherita di Navarra diventasse cianotica per la mancanza d’aria.

La Regina si teneva la gola, rannicchiata sul pavimento e respirando affannosamente per la paura di star per morire e per l’effettivo danno fisico subito. Quando sollevò il capo, intendendo reagire a colui che aveva osato tanto, comprese di essere rimasta sola.

Da quel giorno Amjad non vide più la donna che aveva servito per dieci anni, in quanto, ancor prima di capire se questa l’avesse accantonato veramente per un altro, decise che sarebbe stato lui a non presentarsi, consapevole che quel rapporto di estrema fiducia ormai rotto non si sarebbe rinsaldato. Ad ogni modo, dal fatto che la Regina non denunciò mai quel tradimento né l’aggressione alla sua persona, era evidente che il ricatto dell’eunuco avesse sortito l’effetto sperato.

Agli inizi di marzo Amjad ricevette la conferma di essere entrato nelle grazie del padrone alla cui presenza segretamente ambiva prostrarsi. Uno dei reduci di Mahdia volle incontrarlo mentre lui se ne stava in casa dell’amata sorella per il consueto incontro settimanale.

«Un uomo sulla porta cerca il mio Signore.» avvertì una delle serve, saracena anch’ella, a cui l’eunuco aveva affidato la cura di Naila.

Avendone dunque accertato l’identità, e nonostante lo preoccupasse il fatto che qualcuno fosse risalito con tale facilità a lui, Amjad lo ricevette in casa.

«Il mio nome è Ahmed. Ho rischiato l’arresto e la morte in naufragio per incontrarti, mio Signore. Il califfo mi ha nascosto tra i cristiani che ha rimandato dal loro re, e costoro, grati per la libertà accordatagli da Abd al-Mu’min, non hanno voluto rivelare chi fossi. Ed eccomi qui, al cospetto dell’uomo a cui il mio signore è debitore.»

«Siamo tutti debitori ad Allah! Di’ al mio signore che non mi deve nulla, eccetto che il suo braccio agisca ancora con la stessa risolutezza con cui ha colpito fino ad ora.»

«Il braccio di Abd al-Mu’min è più esteso di quanto riuscirebbe ad esserlo se egli fosse un uomo solo. Ogni persona che china il capo verso La Mecca guarda al mio signore con speranza, e grazie ad uomini come te il suo potere arriva perfino al cuore del suo nemico. Perciò il mio signore ti chiede di radunare tutti coloro che tossiscono di fronte alle malefatte degli infedeli e di portarli alla rivolta, affinché questo volgare regno muoia così come esso è nato, con dolore e patimenti, e questa terra ritorni ad essere pura del fango dei miscredenti.»

Amjad si sentì investito di un rinnovato senso di responsabilità, qualcosa di maggiore a qualunque altra funzione avesse ricoperto finora alla corte di Re Guglielmo. Poi, a suggello del ruolo a cui era stato appena iniziato, l’uomo del califfo gli donò un oggetto dal significato emblematico. Si trattava di una piccola scultura in malachite, una mano aperta avente sul palmo l’abbozzo di un occhio.

«Il verde è il colore del Profeta e cinque, come queste dita, sono i precetti del Corano… affinché tu non scordi mai che la causa del tuo signore è anche la causa di Allah, Colui che come quest’occhio vede tutto, l’esposto e il segreto, i tuoi atti favorevoli e il tuo eventuale tradimento.»

L’eunuco di corte strinse quell’oggetto nel suo pugno ed inspirò profondamente ad occhi chiusi. Quel risveglio che era cominciato con Forriāni di Sfax, adesso per Amjad diventava un sogno ad occhi aperti dai contorni vividi e reali.

Capitolo 10

Novembre 1160 (555 dall’egira) Balermus


Amjad fece presto a radunare in seno alla comunità araba di Palermo i sostenitori della causa almohade. La casa di Naila divenne da quel momento la base di coloro che cospiravano contro il Regno e il quartiere saraceno della città il mare da cui pescare nuove reclute da risvegliare alla jihad45.

Nel giro di pochi mesi, Amjad, trasformato in predicatore, aveva raggruppato attorno a sé una considerevole cricca di fedeli pronti alla rivolta. Tra di essi vi erano alcuni fuoriusciti dell’esercito del Regno, che avevano preferito vivere in clandestinità, e pochi giovani di famiglia agiata, cresciuti nell’ambiente opulento di Palermo, la cui noia li aveva portati a covare risentimento verso le istituzioni del Palazzo Regio. Adesso avrebbero aspettato che Abd al-Mu’min preparasse la flotta e desse un segnale, e allora nel cuore del Regno si sarebbe scatenata la guerra santa contro gli infedeli, preparando così il terreno all’arrivo del califfo. La restrizione di Majone che proibiva ai saraceni di portare armi aveva certamente svantaggiato gli uomini di Amjad, tuttavia aveva avuto la conseguenza di fare inabissare il loro raggruppamento nel silenzio e nell’ombra, senza che nessuno si preoccupasse della sua esistenza.

Col passare dei mesi le file dei rivoltosi si ingrossarono, sennonché quell’atteso segnale che avrebbe dovuto richiamare alla guerra i saraceni di Sicilia tardò ad arrivare. Una causa che si regge su una promessa prossima a realizzarsi è sicuramente una causa destinata al fallimento quando l’attesa supera l’aspettazione… E così per Amjad tenere uniti tutti quegli uomini, specie i meno convinti, divenne sempre più complicato. L’entusiasmo, che era alto in primavera, andò scemando in estate e parve scomparire del tutto in autunno. L’eunuco dovette attingere allora alle migliori argomentazioni per rinvigorire lo zelo che quelli avrebbero dovuto conservare per la battaglia. Ma fu adesso che la paura della defezione si materializzò con la più terribile delle sorprese.

La giovane Naila aveva limitato la sua complicità negli affari del fratello alla sola disponibilità dell’abitazione. Sapeva bene in quali guai Amjad si stesse cacciando e aveva assistito alla sua progressiva radicalizzazione sin da quando questi era entrato in contatto col vecchio Forriāni. Comunque sia, indottrinata dall’amato congiunto, aveva anche riposto le sue speranze nell’avanzata degli almohadi, affinché ricostituissero le basi per una nuova Sicilia islamica. Nondimeno, all’ingresso di novembre, qualcosa in Naila parve improvvisamente cambiare.

Un giorno questa informò il fratello che attorno al suo appartamento circolavano da qualche tempo alcune guardie reali, e che alcune voci dicevano che stessero lì per indagare riguardo a certe riunioni di rivoltosi. Amjad ci credette e prese le sue precauzioni, salvo scoprire poco dopo che Naila si era inventata tutto. Per l’eunuco del Re quella ragazza aveva da sempre rappresentato la più forte ragione di vita, l’unica persona che aveva amato quasi come si ama una moglie. Amjad ne uscì deluso, tradito, e una gelosia mai provata prima lo pervase da testa a piedi. Avrebbe potuto affrontarla, avrebbe potuto ricercare una spiegazione direttamente parlandole, tuttavia conosceva già quella malattia che induce le donne a mentire; Margherita di Navarra era stata colpita da un simile cambiamento il giorno in cui Majone era entrato nella sua vita e aveva cominciato a tradire Guglielmo. Amjad ne era sicuro, Naila si era innamorata di un uomo e costui si stava sostituendo al suo affetto e alle sue cure. Decise allora di indagare e non ci volle molto per scoprire che Naila, senza la presenza di un protettore che la limitasse nelle libertà, lasciava giornalmente la sua abitazione per incontrarsi con un tale raccoglitore di conchiglie di nome Vittore. Amjad rimase sconvolto. Se si fosse trattato di un circonciso se ne sarebbe fatto una ragione, ma saperla tra le braccia di un infedele demolì la sua anima. Inoltre Naila era una donna raffinata e molto bella; che cosa poteva avere mai in comune con uno che vendeva conchiglie e pesce al mercato del porto? Amjad proprio non si dava pace e, non riuscendo neppure a guardare in faccia l’amata sorella, decise che avrebbe posto fine a quella relazione sentimentale affrontando quel giovanotto che abitava sulla punta del Cassaro.

Il cinque del mese, poco prima di mezzogiorno, si recò al mercato del pesce portando con sé cinquanta tarì46. Benché avesse smesso per quel giorno le sue vesti di seta e i suoi gioielli, non passavano inosservate la sua pelle liscia, la bellezza dei suoi occhi e la sua camminata raffinata; in molti si voltarono al suo passaggio e all’olezzo emanato dai suoi lunghi capelli, mormorando tra di loro che quello doveva essere sicuramente uno degli eunuchi del Re. Amjad avanzava tra la folla privo di seguito o scorta, intenzionato a risolvere la questione senza fare troppo rumore. Temeva, infatti, che se si fosse saputo l’inghippo, la reputazione della sorella ne sarebbe uscita compromessa dinanzi alla comunità islamica della città. Amjad, che già faticava a tenere alto lo zelo dei suoi, sapeva che la sua credibilità ne sarebbe uscita macchiata qualora per risolvere la questione non avesse agito con risolutezza. Prima di predicare l’epurazione della Sicilia dal male degli infedeli, ogni suo seguace gli avrebbe chiesto di ripulire la sua stessa casa. Per tutte queste ragioni Amjad doveva muoversi con segretezza.

Gli indicarono il banco del venditore di conchiglie, proprio quello in fondo alla strada e il più vicino alla discesa per il mare.

Vittore era un giovane uomo discretamente più alto della media e muscoloso. Portava sul viso un perpetuo ghigno di fierezza e una cicatrice sulla guancia sinistra appena al di sopra della folta barba. Vestiva gli abiti della gente comune, ma, controcorrente agli altri venditori, non indossava giacca e mantello, lasciando scoperte le braccia a sprezzo del clima del periodo. I suoi capelli erano scompigliati e bruni, e le sue sopracciglia folte; un aspetto selvaggio, benché non spiacevole, che rese più volte perplesso e confuso Amjad. L’eunuco dubitò perfino che quel tizio fosse davvero lo spasimante di Naila.

Vittore bandiva la sua merce, gridando:

«Pesce per i figli e collane per le mogli!»

Ovviamente lo diceva nel latino del popolo, la lingua a cui era più avvezzo.

«Volete una collana?» domandò Vittore non appena Amjad si fu accostato al banco.

«Una collana per femmina…» puntualizzò ancora il venditore, scambiandosi occhiate con Duccio, l’amico del banco accanto, e ridacchiando per via di quell’allusione sull’assenza di mascolinità del cliente appena giunto.

«Sì, una collana…» rispose l’eunuco pieno di imbarazzo.

Vittore allora gliene mostrò una decina, tutti monili creati da lui con le più belle conchiglie che era riuscito a trovare sulle spiagge dei dintorni di Palermo.

«Quale vi piace?»

E Amjad ne indicò una a caso.

Adesso tuttavia il viso di Vittore cambiò espressione e, parlando sottovoce, chiese:

«Non vorrete farmi credere che un eunuco del Re, che per certo può permettersi di indossare oro, argento e pietre preziose, si spinga fin qui per comprare i gioielli dei poveracci…»

«Se voi immaginate già qualcosa… è quello!» rispose serio Amjad, non lasciandosi intimorire dal tono sospettoso del venditore.

«Io non immagino proprio niente.» chiosò Vittore, ritornando a sorridere beffardo.

La sacca contenente le monete d’oro tintinnò adesso sul banco.

«Cinquanta tarì.»

Vittore si guardò attorno circospetto e recitò ancora:

«Voi confondete il valore di ciò che intendete acquistare.»

«La vostra insulsa collana… e che lasciate in pace la mia Naila…»

«Allora credo che la posta valga più di cinquanta monete d’oro.» spiegò Vittore, ritornando serio da far paura.

«Suvvia, pezzente, dove lo hai mai visto tutto questo denaro?»

Vittore, che era ricco d’orgoglio anche se povero di beni, emise un lungo respiro.

«Prendete il vostro denaro e non fatevi più vedere!»

E dunque, ritornando a fissare la folla, riprese a gridare:

«Pesce per i figli e collane per le mogli!»

Se Vittore passava sopra all’insulto e non rispondeva col coltello, quello con cui sbudellava il pesce per intenderci, lo faceva per non finire nei guai. Sapeva quali ripercussioni avrebbero potuto subire lui e la sua famiglia nel momento in cui avesse colpito un eunuco del Re. Comunque sia, adesso fu Amjad a dare in escandescenza.

«Va bene, ditemi quanto volete!» riprese l’eunuco, digrignando i denti e stringendo i pugni.

«Non vendo ciò che non è in vendita… Ve lo ripeto, andatevene!»

Amjad perciò si avvicinò repentino e, sporgendosi in avanti fino ad afferrargli la maglia, gli disse:

«Voi non sapete in quale razza di guaio vi state cacciando! Chiedetelo in giro chi è Mattia… Vi scaglierò addosso tutto l’esercito del Re!»

Ma Vittore, che non poteva tollerare che quello si spingesse fino al punto di toccarlo, lo afferrò per i capelli e lo tirò sul banco del pesce. Dunque concluse quell’azione affondandogli la testa nella cesta delle sardine. I mercanti e il resto dei presenti presero a ridere come se stessero osservando la scena più divertente in cui si fossero mai imbattuti.

«Senti la puzza di pesce? È di questo che profumano gli uomini!» gli fece Vittore all’orecchio, sollevandogli leggermente il capo per i capelli.

Quando infine il venditore di conchiglie mollò la presa, Amjad indietreggiò spaesato, tanto da perdere l’equilibrio e cadere.

«Ve ne farò pentire!» urlò da per terra.

Vittore era tuttavia consapevole che il danno fosse già stato fatto. Si avvicinò perciò all’eunuco e, mentre alcuni compari del mercato impedivano all’atterrato di rialzarsi e di muoversi, gli infilò al collo la collana che precedentemente gli aveva mostrato. Per concludere lo obbligò a gattonare, conducendolo per mezzo di quel guinzagliò composto da conchiglie acuminate. Per Vittore quella fu l’apoteosi del suo successo; venne acclamato e osannato dai presenti più di quanto avessero mai fatto col Re in persona.

Ora il venditore di conchiglie improvvisò l’imitazione di un abbaio, esplicitando quale animale stesse obbligando l’altro ad impersonare. L’allusione era di natura sessuale e andava al di là della già evidente umiliazione.

Quando Amjad venne lasciato libero, fuggì via, senza voltarsi e coprendosi il viso con un lembo del suo mantello. Tornò a Palazzo con la consapevolezza che con quella umiliazione nulla sarebbe stato più come prima. Si rinchiuse perciò nella sua stanza e qui, temendo perfino il giudizio del suo sguardo, ruppe tutti gli specchi che gli capitarono a tiro. Urlò e pianse per ore… quindi cominciò a meditare la sua vendetta. Doveva risolvere la questione velocemente e personalmente, cosicché la sua immagine di fronte a quelli che vedevano in lui un liberatore fosse ristabilita. Vittore doveva morire… tuttavia il solo pensiero di doverlo affrontare nuovamente lo faceva tremare. Fu adesso che nelle turbe della sua mente cominciò a delinearsi un’idea. La persona che poteva fare a caso suo, che poteva effettuare con efficacia la sua vendetta, era già a sua portata di mano.

Da qualche settimana gli era stata affidata l’ospitalità di un maestro d’arte di nome Alessio, un greco su cui pendeva già una condanna a morte per omicidio e a cui era stata commissionata la realizzazione del rivestimento in mosaico della sala di rappresentanza del Re. Ma come convincere un prossimo condannato a morte a diventare lo strumento del suo arbitrio? Non certo col denaro. Dunque Amjad si ricordò di aver sentito dire che quell’uomo era ossessionato da una donna, colei che avrebbe voluto incontrare prima di morire. Ecco perciò come plagiarlo al suo volere: Amjad avrebbe pagato i servigi sanguinari di Alessio offrendogli la possibilità di vedere il soggetto che bramava incontrare.

La stessa sera, quella del cinque, per mezzo della lusinga e dell’inganno l’eunuco entrò in confidenza col maestro d’arte e questi cominciò a fidarsi di lui. Appena due giorni dopo, Amjad giudicò quel rapporto ormai maturo per indirizzare colui che riteneva un vero assassino contro il suo nemico. Tuttavia fu adesso che l’odio dell’eunuco dovette essere convogliato su qualcuno che finora non aveva valutato.

Nel pomeriggio si presentò in udienza privata il gaito Luca, colui che mesi or sono gli aveva soffiato il posto al servizio della Regina.

Questi gli disse:

«Tutta Balarm47 ti ride dietro, Mattia.»

«Sono stato aggredito e derubato… Balarm dovrebbe piangere sé stessa per le condizioni in cui versa!»

«Perché non hai indicato i responsabili?»

«A quest’ora quei ceffi saranno già fuggiti via tra i monti… se li denunciassi non rientrerebbero mai in città. Lascerò che le acque si calmino e che tornino a Balarm per colpirli con la massima severità.»

«E non ti turba per intanto che perfino a Palazzo si parli di te? Ho sentito dire che questa mattina hai minacciato e corrotto i manovali che vengono per i mosaici della sala, affinché qua dentro il tuo nome non sia oggetto dei loro rozzi discorsi.»

«Tu comprendi sempre troppo… non a caso ti appellano gaito benché tu gaito non lo sia.»

«Sono stato per anni gaito dell’esercito preferito dal Re… il suo harem! Ora però offro i miei servigi alla donna che tu hai servito per lunghi anni. Ed è proprio la Regina che oggi mi ha inviato da te, per sincerarsi delle tue condizioni. Sì, Mattia, la tua umiliazione è giunta fino alle stanze più recondite del Palazzo.»

Amjad, il quale immaginava che Margherita di Navarra l’avesse cancellato pure dal cuore, rimase sorpreso e perplesso.

«L’animo della Regina è incline al perdono; dovresti saperlo.» aggiunse il gaito Luca.

Amjad allora sospettò che quello fosse a conoscenza del fatto incriminato nel litigio avuto con la consorte del Re.

«Congetturi su un passato che non ti appartiene e parli di perdono…»

«Se dopo dieci anni di servizio la Regina ha deciso che non saresti più entrato nei suoi appartamenti, il motivo dev’essere stato serio.» addusse il gaito Luca, sorridendo provocatoriamente.

«Non abbastanza serio da non poterci passare sopra. Oggi sei qui in vece sua perché si è interessata di me, e forse la prossima settimana richiederà che io ritorni al mio posto.»

Contrariamente a ciò che Amjad si sarebbe aspettato di sentire, l’altro gli poggiò una mano sulla spalla e gli disse:

«Può darsi… ed è per questo, benché sia stato investito ad una posizione inferiore a quella che ricoprivo, che sarà mio interesse impedirtelo.»

«Solo perché ti chiamano gaito credi di esserlo anche sulla volontà della Regina?»

«No, ma sono sicuro di esserlo sulla tua libertà… Lascia che renda noto che un eunuco del Re, consacrato al Cristo e legato con voto di fedeltà a questo Regno, si renda colpevole di apostasia e tradimento, tramando con i saraceni d’Africa. So tutto, Mattia, tutto quel che basta per mandarti al patibolo sulla riva del fiume.»

Il viso di Amjad cambiò colore, e le sue mani, mentre osservava il gaito Luca allontanarsi, presero a tremare. Per certo una minaccia maggiore rispetto a quella rappresentata da Vittore si materializzava nell’eunuco rivale.

Quello era un lunedì e Amjad sapeva che la Regina si sarebbe incontrata con Majone nella locanda presso la porta di Sant’Agata. Sapeva inoltre che il gaito Luca, vincolato da un rapporto di fedeltà simile a quello di cui godeva precedentemente lui, avrebbe accompagnato la sua signora. Amjad ragionò che avrebbe messo a tacere il gaito Luca proprio quella sera e proprio in quel luogo.

Amjad si presentò nuovamente da Alessio e quindi, mostrandogli i graffi sul collo, quelli stessi che Vittore gli aveva provocato tramite la collana di conchiglie, lo persuase ad uccidere il gaito Luca, accusando quest’ultimo di crimini mai commessi.

Amjad aveva fatto fare una doppia chiave per la serratura della locanda e ne aveva conservato la copia quando aveva restituito l’originale alla Regina. Adesso quell’azione fatta per l’eventualità di un ricatto si rivelava utile. Tuttavia, senza ombra di dubbio, la sua chiave più efficace risultava essere la capacità di penetrare nella mente e nel cuore di chi lo credeva un uomo fragile e sincero. Amjad chiaramente indossava molte maschere.

Capitolo 11

Notte del 10 Novembre 1160 (555 dall’egira) Balermus


Risolta con successo la pratica del gaito Luca, Amjad poteva adesso dedicarsi a quello che era sotto gli occhi di tutti, la sua umiliazione pubblica ad opera di Vittore. A ricordargli che la cosa andava risolta immediatamente ci pensò un tale Mahmud, ufficiale disertore dell’esercito di Guglielmo che si era avvicinato alla sedizione predicata da Amjad. Questi gli parlò a nome di tutti e gli disse che se lui non avesse sistemato la questione al più presto sarebbe stato estromesso da quella fratellanza e la cosa sarebbe stata risolta a modo loro. A Mahmud non importava un bel niente di Vittore e della reputazione dell’eunuco, tuttavia Naila conosceva i loro nomi e non poteva rischiare che questa parlasse ai cristiani per consegnarli tutti ad una sicura condanna a morte. Amjad lo sapeva… per quelli come Mahmud spezzare il collo delicato di una giovane donna era un gioco semplice. Doveva agire prima che quelli impugnassero la questione. Ragionò di venire a capo del problema in una sola notte; avrebbe vendicato l’affronto di Vittore e fatto rinsavire la sorella dalla pazzia che l’aveva colta.

Parlò ad Alessio nella sala del Re e ancora una volta, facendogli false promesse e avanzando fantasiosi pericoli, lo convinse ad armare il suo braccio contro Vittore. Tuttavia Amjad si era accorto che il maestro d’arte fosse più credulone e ingenuo che spregiudicato e cinico, qualità indispensabili per un assassino… e che dunque, se era riuscito a far fuori il gaito Luca, per certo avrebbe potuto ben poco contro l’uomo del porto. Ragionevolmente l’eunuco avrebbe dovuto assoldare qualcun altro, qualcuno dallo spirito più fermo. Si presentava nondimeno l’occasione per risolvere i problemi collaterali scatenati dall’assassinio del gaito Luca. Alessio infatti era stato visto in viso da Majone e questo costituiva la più temibile delle minacce. Amjad doveva liberarsi di Alessio e della possibilità che tramite questi giungessero a lui. Doveva tagliare tutti quei fili che portavano al suo nome, eliminando necessariamente ogni testimone. Se Alessio avesse ucciso Vittore: bene… e se Vittore avesse ammazzato Alessio: poco male.

bannerbanner