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Sangue Scremato & Versi Violenti
«Oh, splendido. Lezioso. Già lo odio».
Era un altro glorioso giorno di giugno, ovviamente. C’era stato un tempo in cui gli era piaciuto giugno. L’aveva atteso con ansia. Gli ultimi giorni di scuola, il campo di lacrosse, tempo infinito per i libri e l’ozio: era questo che quel mese aveva significato. A meno di essere un vampiro adulto. Ora, preferiva l’uggiosa umidità di febbraio con il suo debole sole anemico.
Almeno era abbastanza fortunato da lavorare con persone che tolleravano ciò che era, anche se molti di loro avevano problemi a comprenderlo. Caso esemplare la sua proposta di creare una squadra di lacrosse notturna. Tutti avevano creduto che stesse scherzando.
Amanda imboccò la Sansom alla diciottesima, con Manhattan Bagel all’angolo. Sarebbero passati davanti a un Federal Donuts e un Dunkin’ Donuts prima di arrivare a destinazione. Era un crudele, crudele scherzo della chimica del suo cervello a renderlo estremamente conscio di ogni regno dei carboidrati in città ora che non poteva assumerne del tutto.
«A sinistra».
Amanda grugnì, a indicare che l’aveva visto e stava cercando un parcheggio. La Booktique aveva un’insegna sul davanti che promuoveva le offerte e Carrington provò un’ondata di delusione per il fatto che fosse un coffee shop e una libreria. Non che la combinazione avesse qualcosa di sbagliato. Comodo, suppose, per i normali umani. Per lui era solo deprimente e un tantino nauseante, il suo naso ipersensibile assalito da paste e caffè mentre tentava di guardare i libri.
«Non siamo qui per i libri», mormorò.
«Niente affatto. Ma non starà male se vorrai tornare dopo il turno».
Lo sguardo di Carrington si spostò dalle lettere dorate sull’insegna rossa ai tavolini e alle sedie sistemati alla sinistra della porta, al poster dell’ultimo bestseller spazzatura in vetrina. «Fammi valutare l’interno prima. Fin qui, non è il mio genere di libreria preferito».
Quando misero piede all’interno, i clienti alzarono lo sguardo da libri e portatili per guardarli avanzare, ma ben presto tornarono ai loro mondi insulari quando gli agenti in uniforme passarono oltre. Circolare. Non c’è niente da vedere.
Solo che qualcosa c’era. Oh se c’era. Un uomo si stava avvicinando dal retro della libreria, un Adone, un dio, e la gola di Carrington fu improvvisamente troppo secca perfino per un patetico squittio.
«Oh, cavolo. Sul serio?» Amanda lo guardò di traverso con forza sufficiente a far ribaltare un camion.
«Cosa?»
«Hai quella faccia. Quella con cui stai quasi sbavando come se avessi visto la miglior bistecca del mondo. Se ancora ti piacesse la bistecca».
«Non è vero. È solo un uomo di bell’aspetto».
Per fortuna, a Carrington furono risparmiate ulteriori analisi delle sue ossessioni dall’arrivo dell’uomo in questione.
«Grazie di essere venuti, agenti». Tese una mano perfettamente curata. «Heath Armstrong. Sono il proprietario».
Anche la sua stretta era perfetta, non floscia come uno straccio per i piatti né aggressiva come un toro in calore. Carrington si ritrovò a precipitare negli occhi dal blu più luminoso in cui fosse mai caduto, sapendo di avere la bocca spalancata e di star facendo la figura dell’idiota. Pur conscio di questo, non riusciva a rialzarsi dalla picchiata sociale.
«È lei ad aver chiamato, signore?» Ora era Amanda a stringere la mano del proprietario del negozio.
Carrington non si era neppure accorto che si fosse mosso. Si erano presentati? Credeva di sì. C’era un ricordo di una vibrazione nel suo petto, e se avesse blaterato qualcosa di incoerente di certo tutti sarebbero stati a fissarlo adesso. Ma non riusciva a ricordare di aver pronunciato le parole.
«L’ho fatto io, sì». Quegli occhi blu saettarono in giro per il negozio e un perfetto sopracciglio dorato si alzò. «Possiamo andare nel mio ufficio? Preferirei non spaventare i clienti».
Seguirono Armstrong… seguirono le sue spalle larghe e la vita sottile, i pantaloni di flanella grigia che gli cadevano a pennello abbracciando i glutei sodi… oltre gli scaffali fino a una porta dietro la sezione dei libri di cucina, inspiegabilmente fianco a fianco con uno scaffale di manga poco rifornito.
La porta si aprì su un ufficio angusto, con due scrivanie diagonali traboccanti di documenti, cataloghi e buste da lettera. Due consunte sedie da ufficio e una sedia di metallo pieghevole completavano il set.
«Mi spiace per il disordine. L’apertura del negozio ha esaurito tutte le mie risorse. Non mi ha dato ancora molto tempo per sistemare l’ufficio».
Carrington sentì le parole attraverso il filtro di Jupiter di Gustav Holst che gli suonava nella testa. Doveva rimettere sotto controllo la sua materia grigia errante subito, prima di blaterare qualcosa di bizzarro e socialmente inadeguato. «Ha assistito?» Blaterò, sì, ma almeno sull’argomento giusto. «All’, ah, evento».
«Il libro infernale posseduto?» Perfetti denti bianchi lampeggiarono quando Armstrong abbaiò una risata a disagio. «No. Ha attaccato una mia dipendente in magazzino».
Con quello che sperò essere un professionale cenno del capo, Carrington estrasse il suo Blackberry Passport dalla tasca della giacca e aprì il fascicolo di un nuovo caso, i pollici che volavano sopra la minuscola tastiera in un modo che non gli riusciva con una virtuale. Qualcosa nella sensazione tattile dei tasti lo aiutava a tenere più leggero il suo tocco. Dopo il cambiamento, aveva distrutto gli schermi di parecchi telefoni prima di comprendere il problema. Amanda chiamava il suo telefono il Lamborghini, visto che era costoso, ma non lo rompeva. Valeva davvero il suo prezzo.
«Qual è il nome della dipendente, signor Armstrong?»
«Heath».
Carrington alzò lo sguardo con un sopracciglio inarcato. «Anche il nome della vittima era Heath?»
Quei luminosi occhi blu lo fissarono confusi, poi luccicarono quando Armstrong rise di nuovo, stavolta di una risatina calda e corposa che accarezzò la schiena di Carrington. «No, chiamatemi Heath, per favore. La mia dipendente, quella che è stata aggredita dal libro, è Myra Dennis. L’ho mandata a casa, poverina».
Accanto a lui, Amanda inspirò lentamente dal naso. «Era l’unica testimone, e l’ha mandata a casa?»
«Era davvero scossa». Anche quando Heath Armstrong era accigliato, i suoi lineamenti erano perfetti, dalle sopracciglia bionde arcuate alla piccola fossetta del mento. «Posso fare di meglio che darvi una testimone oculare, però. Ho tutto sui filmati della sicurezza».
«Perfetto». Carrington distolse a forza lo sguardo e cercò di aggiungere Myra Dennis ai suoi appunti. In qualche modo, venne fuori come gli occhi più blu. Cancellò esasperato e riscrisse.
«Ci serviranno comunque le informazioni di contatto della signorina Dennis». Grazie a Dio Amanda riusciva a pensare chiaramente per entrambi.
«Certo. Di qualunque cosa abbiate bisogno, agenti, fatemelo sapere».
Quell’occhiata extra nella sua direzione aveva un significato? C’era stato un accenno di insinuazione? Oh, sì, sta andando bene. Tutti i vampiri sono così sagaci. È uno dei nostri superpoteri. Carrington riuscì a riprendere il controllo abbastanza da chiedere: «Prima che vediamo il filmato, hai motivo di credere che il libro sia ancora nel negozio?»
Un affascinante rossore colorò le guance di Armstrong… di Heath. «Non posso esserne certo, ovviamente. Ho chiuso a chiave il magazzino. Ma nei filmati della telecamera… beh, vedrete».
Carrington socchiuse gli occhi per la luce quando lo schermo prese vita. Per quando i suoi occhi sensibili si furono adattati abbastanza da vedere più che macchie sfocate, Heath aveva fatto partire il filmato. Un po’ sgranato, come accadeva spesso con le registrazioni di sicurezza, ma non male. Era chiaro che il negozio aveva delle apparecchiature di alto livello. Il filmato mostrava una donna di mezza età che caricava scatole di libri su un carrello a mano.
«Perché c’è una telecamera nel suo magazzino, signor Armstrong?»
Heath parve scosso dalla domanda di Amanda. «Per proteggere i dipendenti, agente».
«Spiare i dipendenti li protegge?» La voce di Amanda si era addolcita e aveva perso ogni espressione, un segno sicuro del fatto che non fosse contenta.
«Sto molto attento con le assunzioni, ma qualche disonesto potrebbe sfuggire anche alle mie precauzioni. Se ho prove chiare di un dipendente che ruba, quelli onesti non saranno mai sospettati».
Un movimento nell’angolo in alto a destra del filmato colse l’attenzione di Carrington. Tempismo perfetto prima che la conversazione degenerasse. Indicò lo scaffale sopra la testa della donna. «Lì. Hai visto?»
«Visto cosa, Carr?» Amanda si sporse in avanti sopra la sua spalla.
«Aspetta… ecco!»
«Sì. C’è un libro animato, è vero».
Tutti e tre si sporsero verso lo schermo affascinati e inorriditi. Carrington combatté contro la distrazione della spalla di Heath a contatto con la sua, del suo calore che si irradiava come un sole meno ostile. Sullo schermo, un libro dondolava lungo lo scaffale sulle estremità della propria copertina. La donna, allertata dal movimento, alzò di scatto la testa e barcollò indietro di un passo alla vista di un libro semovente. Rimase immobile e il libro le sputò addosso delle parole, lettere fisiche che le colpirono la testa e le spalle.
Se ci fosse stato l’audio, Carrington era certo che l’avrebbero sentita urlare mentre cadeva in ginocchio, entrambe le braccia gettate in alto per proteggersi dalle parole violente.
«Di nuovo, per favore», insistette Carrington. Le parole erano volate troppo veloci perché riuscisse a leggerle. Erano le stesse che avevano aggredito lui o no?
Una mente… Digitò le parole man mano che le distingueva una a una, inclinando la testa quando le lettere sullo schermo si torcevano. Piume… Chiese una terza riproduzione, e un’altra ancora finché non le ebbe tutte.
Una mente di piume, e un cuore di piombo.
Era l’intero insulto scagliato contro Myra, con tanto di punteggiatura. Decisamente diverso dalle parole che gli erano state tirate in testa. Quando le lettere la colpivano, si disintegravano in una fine cenere nera, come se l’impatto le rendesse prive di sostanza. Alla fine, Carrington permise al nastro di andare fino alla conclusione dell’incontro. Il libro saltellava ancora da bordo a bordo, spinto da qualunque strana passione guidasse la sua furia letteraria. Poi iniziò ad aprirsi e chiudersi velocemente, agitando la copertina anteriore e posteriore. Sorprendentemente, si alzò tremante di un paio di centimetri dallo scaffale e… scomparve.
Carrington fissò il fermo immagine della registrazione in pausa, battendo i pollici sul bordo del suo Blackberry. Stesso libro? Libro diverso? Se era lo stesso, conteneva solo insulti? E quando lanciava un insulto, perdeva quelle parole?
«Carr?»
Batté le palpebre rimettendo a fuoco il mondo e trovò Amanda che lo fissava con un esasperato quasi sorriso e Heath con qualcosa che avrebbe potuto essere preoccupazione. «Scusate. Di che colore era il libro?»
«Non lo so. Io non l’ho visto». Heath gli rivolse un radioso, anche se dispiaciuto, sorriso.
«Va bene così. Potremmo avere le informazioni di contatto della signorina Dennis? Poi vorremmo esaminare il magazzino, se non le spiace».
Heath eseguì recuperando il numero di telefono e l’indirizzo della vittima dai suoi file. L’appartamento di Myra Dennis era vicino. Avrebbero potuto passarci dopo. Con un piccolo gesto aggraziato della mano, Heath li fece uscire dall’ufficio e li condusse a un’altra porta su cui era scritto Riservato al personale.
Era stranamente deludente. Si era sempre immaginato i magazzini delle librerie come luoghi meravigliosamente disorganizzati traboccanti di libri su scaffali e tavoli. Un dipendente esperto avrebbe imparato quel caos a memoria e avrebbe saputo in un istante dove poter trovare ogni singolo libro.
Quel magazzino era sterile in modo deprimente. Scatole anonime erano ordinatamente impilate. I pochi scaffali contenevano materiale da imballaggio a eccezione di un triste scaffale che sembrava essere dedicato ai libri danneggiati, sparsi in piccole pile come i morti nel dipinto di un campo di battaglia.
«Niente?» Amanda era spalla a spalla con lui a esaminare la stanza.
Carrington si immobilizzò, trattenendo il respiro e cercando anche il più piccolo fremito paranormale. «Niente».
Lo scaffale su cui il libro aveva eseguito la sua danza rabbiosa era proprio davanti a lui. Si rannicchiò e trovò i resti dei minuscoli mucchietti di particelle nere, smossi dato che ovviamente dei dipendenti erano passati da lì.
«Manda, mi servirebbe un pezzo di carta, per favore».
Per quando ebbe indossato i guanti e recuperato un sacchetto per le prove dalla tasca, Amanda stava reggendo una busta da lettera. Facendo attenzione a non smuovere niente che non fosse polvere di lettere feroci, Carrington raccolse quanto più poté della cenere nera nel sacchetto.
«Dovreste essere puliti, credo», disse a Heath alzandosi. «Dovrebbe essere sicuro per i dipendenti usare questa stanza. Un’ultima domanda. Hai qualche idea di come questo specifico libro si sia trovato qui?»
Fissando le particelle di polvere nera, Heath scosse la testa. «Io non ne ho idea».
Carrington attese un istante, giusto nel caso che potesse far seguito un ricordo improvviso, ma no. Heath continuò a fissare il pavimento con un cipiglio piuttosto attraente. L’impulso di allisciargli le rughe tra le sopracciglia, magari con la lingua, fu forte in modo imbarazzante.
«Ah. Ehm. Beh. Grazie del tuo viso, ehm, tempo oggi». Carrington riuscì ad armeggiare per estrarre un biglietto da visita e porgerglielo. «Se ricordi qualcos’altro, qualunque cosa, chiamaci».
Con una torsione delle labbra che era fin troppo ovviamente un tentativo di non sorridere, Heath si mise il biglietto nel taschino della camicia e gli diede una pacca. «Io lo farò di sicuro. Grazie, agente Loveless».
«Carrington. È…»
Accanto a lui, Amanda sputò imprecazioni sussurrate e lo sospinse con una spallata verso la porta. «Grazie, signor Armstrong. Ci faremo risentire».
Diede seguito con un secco scappellotto sulla nuca di Carr non appena furono tornati all’auto.
«Ahia! Sinceramente, la testa mi fa già abbastanza male durante i turni di giorno. Per cos’era questo?»
«Perché sei un idiota. Dio. Pensavo che avrei dovuto prendere uno straccio per quanto sbavavi».
Carrington fissò nostalgico il davanti della libreria mentre si allontanavano. «Era piacevole da guardare».
«Maledizione, Carr! L’hai sentito? Quanti io e me può mettere in una conversazione una persona? Un cavolo di ego deambulante. E quel negozio? Era tutto ciò che odi in una libreria».
«Non era così male». Si mosse a disagio, conscio di non aver davvero prestato attenzione al contenuto della libreria. «Era piuttosto forbito. Chiaramente ambizioso e padrone della situazione. Molto bello».
«Pensavo stessimo parlando del negozio ma sì, era sexy. Se hai il fetish di Dudley Do-Right».
«Dudley era un cervello di gallina con l’ambliopia».
«Ha! Allora li guardavi i cartoni animati quando eri piccolo. Mi hai detto di non averlo mai fatto».
Carrington la guardò di traverso mentre si fermava a un semaforo. «Ero del tutto sincero. Non li ho mai guardati da bambino. I miei genitori non me lo permettevano mai».
Gli fece un po’ male il fatto che Amanda rise per tutto il tempo fino all’appartamento della testimone.
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