Читать книгу Riflessioni Ironiche Di Un Moderno Migrante Italiano (Maria Grazia Gullo) онлайн бесплатно на Bookz (2-ая страница книги)
bannerbanner
Riflessioni Ironiche Di Un Moderno Migrante Italiano
Riflessioni Ironiche Di Un Moderno Migrante Italiano
Оценить:
Riflessioni Ironiche Di Un Moderno Migrante Italiano

4

Полная версия:

Riflessioni Ironiche Di Un Moderno Migrante Italiano

Per capire perché utilizzavamo queste strutture abbandonate ho bisogno di spiegarvi alcune cose. Nel posto da cui provengo i comuni sperperavano (sperperano) i soldi per costruire strutture “utili per i giovani” solo nelle solenni occasioni pubbliche in cui le annunciano. Purtroppo, in verità servono solamente ad ingrassare i costruttori legati a chi è al potere nel Comune in quel momento. Un fatto lo rende evidente, queste strutture passano tutte per le stesse fasi, che constano in tre, prima le costruiscono, poi le inaugurano e per ultimo, terza fase, le abbandonano al degrado, non permettendo un ingresso regolare con un custode. Finita la terza fase, iniziano a progettare una nuova struttura, il tutto per ricominciare dalla prima fase. La più eclatante l'ho scoperta durante un mio rientro vacanziero dal nord. Invitato da Settimo a casa della sua famiglia per un pranzo (nonostante da ragazzo gli devastassi casa mi hanno sempre voluto bene), fui accompagnato fuori in balcone ad ammirare la nuova costruzione del Comune, non potevo credere ai miei occhi, una struttura enorme in calcestruzzo aveva consumato parte del bellissimo giardino di limoni antistante la sua casa. Era uno spettacolare campo da hockey, devo dire molto bello se non fosse già alla terza fase, cioè all’abbandono. Settimo dovette faticare non poco per farmi comprendere cosa fosse, pensavo mi stesse cogl…ando, prendendo in giro. Non potevo credere alle mie orecchie, un campo da hockey in una terra dove le pietre si crepano al sole, dove ci sono i problemi più svariati, la mancanza dell’acqua, la disoccupazione. La maggior parte dei miei compaesani sconoscevano persino l’esistenza di questo sport. L'hockey? Se avessi chiesto a qualcuno cosa fosse l'hockey avrebbe fatto segno con il pollice in alto e mi avrebbe risposto “okey”. Quale motivo poteva averli spinti a costruire uno stadio da hockey in un posto dove nelle abitazioni nessuno conosce il termosifone? Nelle costruzioni delle case non erano proprio previsti, soprattutto nelle case popolari. Mentre in alcuni paesi del centro della Sicilia l’acqua è disponibile una, due volte alla settimana? Cosa scandalosa, da riempire i telegiornali in un Paese civile. Come mi sembrano ancora attuali oggi quelle parole della meravigliosa canzone di Rino Gaetano "L’acqua che vale più del vino", naturalmente senza l’intenzione di favorire le autobotti di aziende poco trasparenti…

Non mi permetterei mai di dire che molti Comuni della Sicilia fanno di tutto per evitare che l'acqua arrivi nelle case in modo continuativo, costringendo le persone a costruire vasche e autoclavi!

Eppure, il Comune era riuscito a finanziare un campo da hockey senza nessun controllo dello Stato centrale: “Evviva l’autonomia degli enti locali”.

Ci sarebbe da discutere su quale utilità questa autonomia abbia portato negli anni al nostro Paese.

Tutto questo sembrava un record sino a quandoooo, rulli di tamburi, dopo aver costruito un ospedale completamente nuovo e all'avanguardia e averci trasferito il vecchio lo abbandonarono appena qualche anno dopo alla fase tre, lasciando la popolazione in balia di un X-FILE a cui nemmeno Skally e Murder avrebbero potuto dare una spiegazione.

Mia moglie, leggendo la parola avanguardia, mi ha fatto notare che forse proprio all'avanguardia l'ospedale non era, visto che mia cognata ci raccontò questo agghiacciante avvenimento: la malcapitata, dopo aver partorito la sua seconda figlia, piena di punti per il parto cesareo, veniva trasportata sulla barella per i corridoi dell’ospedale, portandola dalla sala operatoria a destinazione, la camera. Improvvisamente arrivarono ad un punto cieco, davanti a loro solamente un grande finestrone. Ancora stordita dall’anestesia non riusciva a capire perché gli infermieri si affaccendassero attorno all'enorme finestrone, quando lo capì fu troppo tardi, si vide trasferire da una barella ad un'altra attraverso quel grande foro nel muro.

Gli infermieri, alla richiesta di spiegazioni, la informarono di come il progetto della costruzione fosse sbagliato e mancasse un passaggio dalla sala operatoria alle camere dei pazienti.

Nessuna delle istituzioni centrali si interessò a questi sprechi finendo così come normalità nella fossa del "così vanno le cose", nonostante un servizio del telegiornale satirico più famoso lo dichiarò tra i Comuni con più opere incompiute d'Italia

Strano come qualcuno ancora si domandi dove vanno a finire i soldi delle nostre tasse.

Il fastidio è irritante, nel sentire certe frasi di alcuni politici, che quando gli vengono poste queste questioni, come le pensioni d’oro, il costo al km dell’autostrada, il costo dei vitalizi, le costruzioni inutili o abbandonate ecc. ecc. si esprimono in questo modo:

“Sì, ma vede, questi sono fatti etici, di principio, le dico onestamente, portano pochi soldi alle casse dello Stato, non fanno la differenza. Dalle pensioni d’oro, per farle un esempio, si ricaverebbero solamente 200 milioni di euro”.

“SOLAMENTE!”

Proverò ad improvvisare un dialogo teorico, tra l’uomo della strada e padre di famiglia che deve far quadrare i conti e il politico di turno. Il primo risponderebbe:

“Intanto 200 milioni di euro non sono pochi, paragoniamoli solo al budget con cui lo Stato finanzia le disabilità e poi 200 di qua, 300 da là e via così, si volatilizzano i miliardi e comunque anche fossero 2 euro andrebbero tagliati prima delle pensioni o dell’assistenza ai disabili, partiamo da là poi, se non bastano, saremo tutti felici di fare qualche sacrificio”.

È però pronta la risposta: “Si, ma per fare le leggi ci vuole troppo tempo, ci sono le lungaggini parlamentari ecc. ecc.”

Contro risposta:

“Saranno lunghe ma la riforma Fornero della pensione l’avete fatta in due settimane”.

Lasciamo perdere questo dialogo che nella vita reale finirebbe con la lapidazione del secondo e torniamo a cose più frivole.

Torniamo al tennis, noi riuscivamo a trasformare i normali sport, in sport estremi. Ad esempio, avevamo aggiunto al tennis i piegamenti, infatti, in un momento di impasse, ci balenò in mente un'idea. Chi avesse rotto il palleggio, avrebbe dovuto fare, per penitenza, dieci piegamenti a terra, trasformando la partita in un massacro dove alla fine non si beccava una palla. Non che all’inizio si scambiasse alla "meckie in ro"(l'ho scritto così come l'ho sempre sentito).

Oppure, per citarne un altro, fare fuoristrada, sì, ma con il motorino Ciao.

Comunque, senza soldi e telefonini, ci si divertiva un sacco.

Capitolo terzo

“Erano finiti i bei tempi”

Erano finiti i bei tempi, le giornate in cui nel quartiere da ragazzino mi bastava scendere le scale di casa, dopo che il mio caro compagno di infanzia Giovanni aveva suonato il campanello, e con un semplice bastone di legno andavamo a lottare come Jedi contro i fiori spinosi con la cresta viola, che dalle nostre parti diventano altissimi, mozzandogli le teste. O le infinite partite sotto il sole cocente, con le scarpine buone eleganti da scuola, che distruggevo in un attimo per la disperazione di mia madre.

Oppure alle bellissime calie (da noi si chiama così quando marini la scuola) in cui andavamo direttamente al mare a fare il bagno in pieno giugno tuffandoci sotto le onde.

La prima calia al mare, causa la mia inesperienza, non andò bene. Mia madre appena misi il primo piede in casa mi chiese se fossi andato a scuola: “Certo torno dà la proprio adesso”, le risposi.

Con voce suadente e tenebrosa mi disse:

” Va bene, vieni, vieni, avvicinati”.

Mi avvicinai, lei con la dolcezza ineguagliabile di una mamma mi baciò su una guancia.

In verità, mi leccò leggermente la faccia.

Il suo viso si scurì, indubbiamente sapevo di sale.

Mi puntò il dito contro e sentenziò:

“Sei andato al mare!”

Io negai ma non potei sottrarmi a qualche cinghiata.

Qua tutti i perbenisti diranno: ”La violenza, le cinghiate, gli schiaffi, o no, orrore” invece io non lo ricordo assolutamente come un trauma e non ho nessun risentimento nei confronti di mia madre. Penso, mettendomi nei suoi panni, quale problema fosse mettere un limite alle mie monellerie valutando il fatto che ero già più grosso di lei. Difficile sculacciarmi, così un rimedio doveva trovarlo, penso senza esagerare che “quannu ci volunu su megghiu du pani” tradotto “quando ci vogliono sono meglio del pane”.

Questo non mi convinse a non fare più calie al mare, solamente a farmi più furbo. Infatti, prima di tornare a casa, ci fermavamo alla fontanella del paese e, tolta la maglietta, ci lavavamo dal bacino in su.

Effettivamente ero una peste, qualche giorno prima mi stavo arrampicando sulla cima di un albero alto venti metri quando sentii la sua voce chiamarmi:

” MASSIMO, SCENDI! “

Mi girai e la vidi gridare dal balcone facendo tutti i segni possibili:

“SCENDI, TI AMMAZZERAI!”.

Scesi senza ammazzarmi. Senza dargli tregua nei giorni seguenti, trascinai anche la mia sorellina nella calia che anche quella volta scoprì.

Mi stupisco ancora a pensarci come in soli trent’anni possa essere cambiato radicalmente il modo di divertirsi dei bambini e dei ragazzi, non che uno sia migliore di un altro, ma come siano completamente differenti.

Non sono di quelli convinti che le nuove generazioni siano pessime e quelle vecchie rincoglionite. Non mi lascerò trascinare da tanti miei coetanei e colleghi in questa giostra stupida. Ogni generazione è fatta di idioti e gente sveglia, anzi io ho molta speranza nei giovani, magari sono un po’ rimbambiti fisicamente e nella scaltrezza, ma hanno una

marcia in più, una mente più flessibile e immediata.

Niente a che vedere con certi miei amici che da un momento all’altro dicevano “Salto! Ci riesco” e saltando da una duna di sabbia solida alta quattro metri si andavano a schiantare sulla sabbia a testa in giù come da disegno descrittivo.

Va bene buttarsi giù dai muretti o direttamente in mare dal pontile del porto con le bici ma a tutto c'è un limite.

Certo di cose stupide ne facevamo, come quella volta in cui rimanemmo soli in casa in spiaggia da un amico.

Arrivati a sera la fame cominciava a farsi sentire, così Pietro, mio amico di infanzia, mi offrì la cena preparata da lui.

Orrore culinario, aveva versato un pacco di biscotti dentro una ciotola in cui aveva tagliato a fette un'anguria e li aveva lasciati a macerare per un paio d’ore. Non li mangiammo naturalmente. Fortunatamente,

arrivò una luce, proveniente dal giardino in comune con i vicini, che ci abbagliò. Facevano festa e quando ci videro da soli ci invitarono a mangiare con loro.

In compenso ho un bellissimo ricordo della mattina seguente. Andammo, alle cinque o alle sei, a fare il bagno nudi sugli scogli in riva al mare. Fu una sfida, toglierci il costume e incastrarlo in immersione da qualche parte in fondo a quel tratto di mare per poi recuperarlo in una seconda immersione.

Abbiamo smesso solamente quando avvicinandosi l’orario di arrivo dei bagnanti, una signora ci scorse mentre passeggiava sugli scogli, ci vollero due sguardi per capire, con il primo pensò si stesse sbagliando, poi però non credendo ai suoi occhi, sconvolta scappò via.

Altre follie affollavano le nostre giornate, come quella con Pollicino, il soprannome era dovuto ai suoi pollici non proprio della misura giusta. Girovagavamo con la sua vespa, mentre degli amici ci inseguivano con i motorini. Giravamo per le viuzze nei dintorni dei paesi, quando, ad un tratto, ci trovammo davanti ad una rampa naturale in terra battuta.

Pensavamo portasse ad una via adiacente così, senza pensarci troppo, decidemmo di saltare, senza prevedere che dall’altro lato della rampa ci fosse il vuoto. Fortunatamente per noi, dava sulla spiaggia dove precipitammo infossando le ruote, il pianale della vespa miracolosamente ci tenne in piedi. I bagnanti, al rumore del nostro arrivo, si spaventarono e ci guardarono basiti. Noi ridevamo a crepapelle e facendo finta di niente, come se fosse stata nostra intenzione arrivare in spiaggia in quel modo, ci sdraiammo a prendere il sole e ad aspettare. Quando gli amici ci trovarono, ci volle un’ora per trascinare il vespino fuori dalla sabbia.

Quando ero ragazzo, dal balcone di casa mia, oltre a poter ammirare il vulcano e la costa sino al piccolo rilievo di Castelmola dove si inserisce Taormina e il suo splendido mare, potevo godere dei profumi di un bellissimo frutteto, pieno di limoni e alberi da pesca.

Ricordo il profumo delle pesche bagnate dal sole e il loro sapore legnoso, dovuto al fatto che le mangiavamo ancora un po’ verdi, prima che la raccolta ce le portasse via.

Spesso mi ero messo a osservarlo dall’alto, ma non avevo mai notato un raro albero di ciliegie. Doveva essere nascosto in qualche angolo, perché lo trovammo per caso in uno di quei pomeriggi durante i quali andavamo a zonzo senza meta. Girovagando ci trovammo, di fronte al bellissimo albero, così, senza esitare, salimmo sui rami più alti e ci sedemmo a godere il sapore dei frutti.

Improvvisamente sentimmo i passi di due uomini proprio nelle vicinane, ci nascondemmo al meglio dietro le foglie e fortunatamente non ci videro. Ma fu un cattivo presagio, perché non ci salvammo quando fummo invitati a mangiare da delle amiche che abitavano a S. Alfio, un paese in alto sul vulcano.

Ricordo ancora lo schifo, fecero la pasta con la salsa in brik dolciastra, una novità a quei tempi, e ci offrirono del vino in brik, altra delizia, in più aggiunsero alla pasta lo zucchero al posto del sale. Finito il pranzetto le abbandonammo, la noia ci stava uccidendo, ancora le femminucce non erano il nostro primo pensiero. Invece di aspettare che la madre delle nostre ospiti tornasse e ci riaccompagnasse a casa, decidemmo di correre giù in discesa per i 16,5 km di tornanti. Arrivati sfiniti a tre quarti di strada ci imbattemmo in una piantagione di ciliegie affacciata sulla strada. Le potevano cogliere senza entrarci e noi non ci facemmo sfuggire l’occasione. Seduti sul muretto circostante iniziammo a mangiarne qualcuna, tutta quella scarpinata ci aveva fatto venire fame. Ad un certo momento, si accostò a noi una macchina, da cui scese un panzone con aria sorridente che si avvicinò al mio amico. Sembrava volesse dirgli qualcosa, invece era una strategia per non farci fuggire, arrivato a tiro, partì da quella sua manona un muffittuni (in dialetto uno schiaffo a mano piena), di cui sento ancora l’eco a pensarci, e poi si lanciò invano su di me. Vista la scena mi tuffai all’indietro dal muretto stile parkour dentro il giardino e scappai.

Questa volta era andata male “non può mica andare sempre bene” comunque non ho capito perché per due ciliegie se la sia presa tanto, sicuramente non era il caso di rimanere e chiederglielo e con il mio amico riprendemmo la strada di casa.

Altra reazione esagerata mi accadde sempre in sua compagnia. Stavamo aspettando Settimo quando sorse un'urgenza impellente. Per fare presto saltammo una recinzione in una vecchia costruzione abbandonata e andammo a fare pipì proprio a ridosso di un muro scorticato. Al che sentimmo una voce gridare:

“ALTOLA!”

Ci girammo e ci trovammo di fronte un tizio con le gambe larghe che ci puntava la pistola tipo Starsky & Hutch nella favolosa serie.

Penso lo avesse sognato una vita, lui, una guardia giurata, incastrare due criminali con l’oggetto in mano. Aveva un’aria soddisfatta e ridicola allo stesso tempo. A certe persone non si dovrebbe affidare una pistola. Fortunatamente lo lasciammo andare dopo che la mise via (si perché in verità volevamo picchiarlo per avercela puntata contro). Era la guardia dello stabile.

Конец ознакомительного фрагмента.

Текст предоставлен ООО «ЛитРес».

Прочитайте эту книгу целиком, купив полную легальную версию на ЛитРес.

Безопасно оплатить книгу можно банковской картой Visa, MasterCard, Maestro, со счета мобильного телефона, с платежного терминала, в салоне МТС или Связной, через PayPal, WebMoney, Яндекс.Деньги, QIWI Кошелек, бонусными картами или другим удобным Вам способом.

Вы ознакомились с фрагментом книги.

Для бесплатного чтения открыта только часть текста.

Приобретайте полный текст книги у нашего партнера:


Полная версия книги

Всего 10 форматов

bannerbanner