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La Sua Omega Proibita
La Sua Omega Proibita
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La Sua Omega Proibita

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Superai la prima prova tenendo gli occhi bassi mentre attraversavo il checkpoint dirigendomi a Luxoria. I maschi che ogni giorno si alternavano nei turni di guardia erano sempre gli stessi e mi conoscevano. Non avevo bisogno di mostrare l’identificazione che gli omega dovevano sempre portarsi dietro, che impediva venissimo scambiati per qualcuno che non eravamo. Qualcuno che apparteneva alla città reale.

“Lavori alla festa stasera?” mi chiese la guardia. Mi ero assicurata di mettermi nella fila di quello che sorrideva e diceva battute quasi ogni giorno. Non tutti erano gentili come lui. Se fossi finita nella fila sbagliata, avrei potuto far saltare la mia copertura.

“Sì.” Più o meno.

“Stai attenta.” Si fece da parte per farmi passare. Solo allora notai che tutte le guardie imbracciavano armi semiautomatiche. “Il castello non è sempre il posto più sicuro dove stare, in città.”

Ero una femmina omega. Nessun posto era sicuro.

Le altre omega che lavoravano alla festa erano state di turno per ore. Scivolando nell’ingresso di servizio, da cui di solito entravo nel castello, mi assicurai che non ci fosse nessuno mentre mi sfilavo la divisa informe dalla testa e la nascondevo assieme al documento di identificazione su uno scaffale della dispensa, dietro un sacco di zucchero. Pentole e padelle risuonavano in lontananza, e non avevo tempo di indugiare. Lavoravo in cucina, ed essere qui, vestita in questo modo, era pericoloso. Le mie colleghe non erano necessariamente mie amiche. Mi avrebbero denunciata per salvarsi da una punizione.

Dopo aver lavorato dodici anni al castello, probabilmente conoscevo il labirinto dei corridoi di servizio meglio di alcune delle persone che vivevano lì. Dovevo muovermi rapidamente. Nessuna donna Alfa o beta avrebbe avuto motivo di trovarsi in cucina, specialmente una considerata un’ospite. Tutti gli invitati al castello vedevano solo il meglio che il Re aveva da offrire, e il personale di servizio vedeva tutto il resto.

Emersi dall’ombra prima di riprendere fiato. Il cuore mi batteva forte mentre entravo nel grande ingresso, come se solo ora mi rendessi conto di ciò che avevo effettivamente fatto. L’enormità delle mie azioni. Le conseguenze.

Il mio bellissimo vestito era sembrato così lussuoso quando aveva come sfondo polvere e disperazione. Rispetto agli abiti che mi circondavano, era troppo corto, troppo stretto e non abbastanza per far credere che questo fosse il mio posto. Peggio ancora, la gonna al ginocchio mostrava la sporcizia che avevo sui piedi. Non avevo pensato alle scarpe fino a quando non era troppo tardi, e calzavo le stesse pantofoline usate che indossavo ogni altro giorno in cui venivo in questo castello. Tavia mi aveva aiutato a intrecciare i capelli. Ma non avevo i riccioli fluenti, i fiori o i diademi pieni di gioielli delle donne che mi circondavano.

Ingoiai il nodo che mi serrava la gola secca. Stasera sarei morta con questo vestito. Ma prima mi sarei goduta un ballo a corte come non avevo mai fatto prima.

Un cameriere che non riconoscevo mi offrì da bere in un elegante flûte. Forse non era un maschio omega. Il castello faceva arrivare persone per aiutare durante le feste sfarzose, quelle importanti, e spesso venivano assunti anche dei beta. Lo avrei tenuto d’occhio. Forse era la risposta ai miei problemi.

Mandai giù un sorso. Champagne. Da quanto tempo non assaggiavo quel liquido frizzante? Una volta nelle cucine avevo rischiato un assaggio quando nessuno stava guardando. Ora avrei potuto berlo liberamente. Mi concessi un altro lungo sorso, assaporando il dolce sapore del coraggio liquido. Non potevo tirarmi indietro, a questo punto, era un modo infallibile per essere scoperta. Dovevo impersonare la mia falsa identità da beta. Se io per prima non avessi creduto in me stessa, nessuno lo avrebbe fatto.

Entrai nella sala da ballo a testa alta, imitando le azioni dei nobili che servivo. Non sarebbero mai stati beccati a guardarsi i piedi sporchi, evitando il contatto visivo.

Un complesso musicale suonava nell’angolo, e le coppie volteggiavano per la stanza, danzando. Altri gruppi si erano formati attorno al perimetro della pista da ballo e, ancora una volta, mi distinguevo da loro. Tutti quelli che conoscevo a questa festa venivano pagati una miseria per servire gli invitati – se erano così fortunati da essere pagati. Passavano settimane senza nient’altro che scuse per il lavoro prestato, se non veniva giudicato soddisfacente. In quanto omega, non avevamo possibilità di ricorso, e smettere di lavorare era una condanna a morte. Una cattiva referenza da parte di Re Adalai avrebbe fatto sì che nessun altro ci avrebbe dato una possibilità. Tavia ne era la prova vivente.

Ancora una volta, mi chiesi cosa avesse causato il suo licenziamento. Ma ormai non importava più. Era lei il motivo per cui ero disposta a correre questo rischio, a trovare un beta che mi aiutasse a interrompere il circolo vizioso. A quel punto sarei stata in grado di aiutare mia sorella e le nostre amiche a fare lo stesso. In un modo o nell’altro.

Il muro vicino alla finestra era ricoperto di rose. Bellissime piante grasse mettevano in risalto la composizione floreale. Prima della Divisione, mia madre aveva decorato il nostro giardino con fioriture proprio come queste. A quel tempo la nostra vita aveva colore ed era piena di speranza. Era stata uccisa nelle battaglie degli omega, mentre stava in prima linea, facendo di tutto per darci una vita migliore.

Non potevo deluderla.

I miei occhi si velarono di lacrime al ricordo, e dovetti distogliere lo sguardo dai fiori. Nessuno piangeva ai balli di corte, e non di fronte agli ospiti, in ogni caso. Avevo già versato la mia bella dose di lacrime nelle profondità cavernose della cucina.

Qualcuno mi stava guardando. I miei sensi di lupo si destarono, in massima allerta. No, per favore non trasformarti, non qui…

Gli omega possedevano un’abilità che nessuno degli invitati al castello aveva: la capacità di mutare nella propria forma animale. Era il nostro segreto più grande e meglio conservato. Nessuno di Luxoria sapeva che potevamo accedere ai nostri animali. Nessuno ci guardava abbastanza vicino da capirlo. Eravamo stati sbattuti fuori dai cancelli e dimenticati fino a quando non eravamo stati necessari come servitù o per i lavori più umili.

Se mi fossi fatta spuntare la pelliccia qui, nella sala da ballo del Re, sarei morta prima di essermi completamente trasformata.

Mi voltai e guardai negli occhi Re Adalai. Mi fissava come se volesse marchiarmi.

Pietrificata, non sapevo cosa fare. Non ero mai stata così vicino a lui, prima d’ora. Lavoravo nella sua casa, aiutavo a preparare i suoi pasti, ma non eravamo mai stati faccia a faccia. Non potevo distogliere lo sguardo, sarebbe stato poco rispettoso.

Oppure secondo il protocollo non si dovevano guardare i reali direttamente negli occhi? Era qualcosa di cui prima non mi ero mai dovuta preoccupare.

Gli angoli delle sue labbra si sollevarono in un sorriso che riscaldò il mio corpo dalla testa ai piedi, e fece pulsare la carne tra le mie cosce al ritmo del mio cuore martellante. Era un uomo bellissimo, con pelle ambrata e occhi che brillavano, anche da questa distanza. Si alzò per parlare con un altro maschio vestito elegantemente come lui, con pantaloni di pelle nera e una giacca abbinata. Portava una mostrina piena di medaglie sul petto, quindi anche lui era importante, ma non indossava la corona.

C’era un solo Re.

Alcune ballerine mi vennero addosso, scusandosi quando quel poco dello champagne che era rimasto nel mio bicchiere rischiò di uscire. Adesso entrambi gli uomini mi stavano guardando. Sua Maestà parlò di nuovo all’altro uomo, e Rielle, la mia compagna di stanza, salì sul palco con un calice fresco pieno di vino per il Re.

Gli uomini la ignorarono, continuando a guardare me, ma Rielle era una delle donne più intelligenti che avessi mai incontrato. Avevamo combattuto fianco a fianco molte notti per sopravvivere, e non c’era nessuno con cui avrei preferito andare in battaglia. Non celebravamo in modo così sfarzoso le nostre vittorie, nelle Badlands, ringraziavamo solo l’universo di essere vive per poter vedere un altro giorno. Lei guardò tra la folla, con la bocca che si spalancava in una O quando mi vide.

Merda.

Re Adalai si rivolse di nuovo al suo amico, distogliendo lo sguardo da me, spezzando l’incantesimo. Il mio bicchiere di champagne andò in pezzi quando cadde ai miei piedi. Le pantofole sporche su cui avevo cercato così duramente di non attirare l’attenzione si sarebbero probabilmente macchiate di sangue quando il vetro rotto mi colpì le caviglie.

Le ballerine rimasero a bocca aperta, mentre alcuni omega stavano già arrivando per pulire il disastro che avevo combinato.

Dovevo uscire di qui.

Rielle non avrebbe mai detto a Sua Maestà cosa fossi, ma non potevo rischiare che se lo lasciasse sfuggire con un’altra omega o che fosse interrogata a proposito della sua reazione. Non ci avevo riflettuto abbastanza. Questo bel vestito mi faceva sentire speciale, ma non cambiava il fatto che fossi così tristemente impreparata a vivere in un mondo che non mi apparteneva.

Gli ospiti stavano ancora arrivando, e andai a sbattere contro alcuni di loro mentre me ne andavo dalla sala da ballo. Non potevo uscire attraverso la cucina. Troppo rischioso. Non avevo la stessa familiarità con il piano nobile del castello, dove i reali adoravano dare sfoggio delle loro ricchezze e condurre affari. Mi infilai in una stanza laterale, credendo che mi avrebbe fatta avvicinare al portone d’ingresso.

Senza la mia semplice tunica da omega, avrei avuto dei problemi non appena avessi lasciato il castello con addosso questo vestito. Nessun omega poteva entrare nel perimetro della città dopo il tramonto. Le mie pantofoline, sporche e macchiate di sangue, che mi identificavano come una abitante delle Badlands, mi avrebbero tradita. Come le mie gambe pallide in bella mostra. Anche se le guardie mi avessero lasciata passare, gli abitanti dei territori esterni si sarebbero assicurati che non dimenticassi mai più qual era il mio posto.

Ma la stanza non portava a un’uscita. Le sue pareti parevano fatte di vetro, e il resto era immerso nel colore. Un tappeto orientale, poltrone di pelle e fiori ovunque.

E non c’era nessuno dentro.

Sprofondai su una delle poltrone, dandomi la possibilità di riprendere fiato. Di pensare a una via d’uscita da questo casino. Abbassai lo sguardo sulle mie gambe. Lo champagne versato disegnava rivoletti attraverso la polvere sui miei stinchi. C’era solo un piccolo taglietto causato dal vetro rotto, e il sangue aveva gentilmente deciso di rimanere vicino alla base del graffio. L’ultima cosa che dovevo fare era perdere sangue su questo tappeto. I reali avevano una tecnologia che avrebbe potuto rintracciarmi in pochi secondi con una singola goccia di sangue.

Una porta si chiuse in fondo alla stanza. Spinsi il mio corpo contro la poltrona, per non essere vista. La mia lupa si lamentò dentro di me, preparandosi a combattere.

Sentii il suo odore prima di vederlo. Un misto di whisky, vaniglia e pura potenza. Il Re mi aveva trovata.

Cosa avrebbe fatto una beta? Mi lisciai la gonna e mi sedetti dritta sulla sedia. Orgogliosa. Come se il mio posto fosse a una festa reale.

Trasalì quando mi vide. Solo allora notai la gigantesca scrivania in mogano e la sedia ancora più imponente all’estremità della stanza. Ero entrata nel suo ufficio?

Poteva uccidermi per un’offesa del genere, e nessuno lo avrebbe mai saputo, se Sua Maestà avesse fatto lui il lavoro sporco. Pregai che non lo facesse.

Mi tolsi le scarpe, e usai un piede per spingerle sotto la poltrona.

“Stai sanguinando.” La sua voce era morbida quanto lo sembrava la sua giacca. Non me l’aspettavo. Tutti conoscevano la brutalità di Re Adalai. Un’omega come me ci pensava ogni giorno. Ma il modo tenero con cui si rivolse a me non fece che aumentare la strana pulsazione nel mio corpo.

Annuii, sperando che mascherasse il mio tremore e l’animale che protestava appena sotto la superficie della mia pelle. E quella pulsazione. Incrociai la gamba su quella con il taglio nel tentativo di calmare i muscoli più profondi.

Si accigliò guardandomi i piedi. Era impossibile che non vedesse lo sporco, o le pantofole rivelatrici del mio stato di omega che probabilmente non erano nascoste troppo bene…

Non è mai stato così vicino a un’omega, disse la mia lupa. Non capisce cosa sei. Hai la possibilità di uscirne viva.

Dovevo sperare che avesse ragione.

“Alcuni ballerini mi sono venuti addosso.” Eccomi qui, a dire al Re le stesse mezze verità che mi avevano messa in questo casino. “Ho lasciato cadere il bicchiere. Le mie scarpe si sono rovinate. Mi dispiace.”

“Non c’è bisogno di scusarsi,” rispose lui. “Ma non capisco perché non stavi ballando anche tu.”

Che nobile astuto! Mi aveva appena chiesto con chi fossi al ballo, pensando che quel particolare avrebbe rivelato chi ero. La mia mente lavorava per improvvisare un’altra delle mie mezze verità, nella speranza che quando le avessi messe assieme in qualche modo sarebbero diventate intere.

“Le mie amiche stanno ballando.” Non avevo idea se fosse così che una beta avrebbe dovuto parlare con un reale. Tutto quello che sapevo era che gli omega non lo facevano mai. E c’era il problema del contatto visivo. Rischiai tutto e lo guardai in quegli splendidi occhi color onice. “Non ho un compagno.”

Lui si mise a ridere. Il mio cuore smise di battere mentre finiva a precipizio nello stomaco. L’unico movimento nella stanza erano i miei muscoli pulsanti. Quest’uomo aveva un tale effetto su di me. Forse era il suo potere, il pericolo di essergli così vicina, ma il mio corpo stava andando completamente in tilt.

“Neanche io ho una compagna,” disse alla fine. “Ma mi piacerebbe ballare con te.”

Oh.

Tese la mano. Non era liscia come mi sarei aspettata. Il Re era un guerriero che guidava i suoi eserciti in battaglia contro gli umani. Le sue mani, ruvide per i calli, avrebbero provocato una sensazione deliziosa muovendosi lungo la mia pelle. Le sue unghie erano corte e lisce, senza segni di polvere del deserto. Non indossava alcun anello, ma il suo polsino di cuoio era chiuso con un gemello di diamanti. Le mie mani erano raggomitolate in grembo, umide per la paura e segnate da anni di duro lavoro. Se nient’altro aveva tradito la mia condizione, le mie mani avrebbero segnato il mio destino.

Forse non gli importa. La mia lupa mi stava implorando di vivere spericolatamente, questa sera. E nessuno diceva di no al Re.

Misi la mano nella sua, e lui se la portò alle labbra per baciarla. Quel morbido contatto mi sconvolse.

La corrente elettrica che schizzò lungo il mio corpo poteva essere sufficiente a farmi mutare. Strinsi gli occhi, negoziando silenziosamente con la mia bestia mentre Sua Maestà mi faceva alzare. L’altra mano era dietro la mia schiena, e mi premeva contro il suo corpo. Tutto nel Re era duro e pronto all’azione. Il calore che saliva dai suoi pantaloni fu sufficiente per sciogliermi la pelle. Un’immagine di noi due nudi, inondati dal chiaro di luna, le sue labbra sulla mia pelle, mi balenò in mente.

Feci un respiro profondo, concentrandomi sulle rose accanto a noi.

“Ti piacciono,” disse lui. “Prima ho visto come le ammiravi.”

“Mi ricordano mia madre.” Finalmente potevo dire la verità.

“Anche la mia le adorava. Ora guardami, mia rosa.”

Ora che avevo il suo permesso, incontrai sfacciatamente il suo sguardo. Doveva ancora chiedermi il mio nome, e mi domandavo cosa gli avrei detto. Ora che ero così vicina a lui, gli avrei mentito di nuovo?

La verità era mortale come le bugie.

Un’altra immagine mi balenò davanti, e vidi chiaramente il Re nella sua forma di lupo. Una forma che gli era stata strappata via. Era ancora più bello, da animale. Mi feci forza, come se dovessi proteggerlo da quello che stava succedendo nella mia testa. A stento.

Si fece avanti, mancando di poco le dita dei miei piedi nudi, mentre il complesso iniziava la sua prossima canzone. Merda. Una beta avrebbe conosciuto quei balli così formali.

“Ti va di ballare qui?” Ecco un bel salvataggio.

“Sì.” Il movimento successivo venne dai suoi fianchi, e il puro istinto prese il sopravvento. Iniziai a muovermi a tempo con il suo corpo. “Ora che ti ho trovata, voglio tenerti tutta per me.”

Forse avrebbe dovuto sembrare una minaccia, ma per me e il mio corpo pulsante, in qualche modo, sembrò… una promessa.

CAPITOLO CINQUE

ADALAI

Non ero dovuto andare lontano per trovare la mia femmina. Rifugiarmi nel mio ufficio per evitare qualsiasi domanda ingiustificata mi aveva portato proprio a lei. Solo che era ferita e tremava come una foglia, e l’istinto ruggente nel mio petto richiedeva che la confortassi.

Non capivo il perché di quel sentimento. Ma non avevo intenzione di mettere in discussione il mio istinto. Mi aveva condotto troppe volte sulla strada giusta. Soprattutto in guerra. E avvicinarmi a questa donna per calmarla sembrava proprio la cosa giusta da fare.

“Non ti ho mai visto qui, prima d’ora,” mormorai, non volendo spaventarla. Sembrava a un passo da scappare di nuovo, anche se la tenevo stretta. Una forza brillava nei suoi occhi. Potevo scorgerla, e forse era la sua caratteristica più affascinante.

Allora perché sembrava sabbia pronta a scorrermi tra le dita?

“Non frequento spesso festeggiamenti del genere, mio Re,” rispose lei piano.

“È un peccato.” Ondeggiai con lei alla debole musica che attraversava le pareti dalla sala da ballo. “Credo che tu sia proprio la gioia che mancava a tutte le mie celebrazioni.”

“La gioia?” Rise leggermente, e ancora una volta tremò anche se il suo sguardo rimase fermo. “Nessuno mi ha mai definita così, prima.”

“Un crimine.” Piegandomi in avanti, respirai il suo profumo. Cannella dolce e qualcosa di terroso che non riconoscevo. Il lupo incapace di uscire si agitò nel mio petto, apprezzando quell’odore. “Devo dichiarare punibile per legge il fatto che una bellezza come te non sia abbastanza apprezzata?” le chiesi. Ricordarle il mio potere non sembrava un’idea poi così brutta. Sembrava necessario. “Devo chiedere che qualche testa rotoli sul pavimento, mia rosa?”

Divenne rigida tra le mie braccia. “No.” La sua voce venne fuori strozzata prima che si schiarisse rapidamente la gola e riprovasse. “No, non è necessario. Certo che no. “

Mi tirai indietro, aggrottando le sopracciglia mentre lei abbassava di nuovo gli occhi.

Qualsiasi altra femmina avrebbe riso a quella battuta. O almeno sarebbe arrossita e andata in estasi al mio tentativo di flirtare.

Cazzo. Non ero bravo a farlo. Non lo ero mai stato.

Di solito non mi preoccupavo più di tanto. Ma questa volta era differente. Volevo che lei si fidasse di me.

“Come ti chiami?” La mia voce era ruvida di desiderio. Era più che evidente, ma non mi importava.

Incontrò di nuovo il mio sguardo mentre la sua piccola lingua scivolava fuori per inumidire le labbra. “Prima voi, Maestà,” sussurrò, “ditemi qualcosa di voi che nessun altro conosce.”

I suoi occhi erano blu come zaffiri. Guardarli così profondamente mi fece sentire perso per diversi secondi. Mia, rimbombò il lupo dentro di me.

“Ho paura di rimanere solo,” risposi. “Che nessuna donna sia abbastanza forte per essere mia, per camminare al mio fianco come dovrebbe fare una Regina. Che questo mondo sia troppo stravolto. Troppo incasinato per farmi trovare qualcuno con cui stare, come invece è riuscito a fare mio padre prima di me.”

Merda.

Chiusi la bocca. Era l’unico modo per impedire che quella cascata di segreti si riversasse fuori.

La musica sfumò.

Noi rimanemmo fermi.

E la mia femmina mi fissò con quegli occhi cerulei così pieni di emozione. Pieni di domande e paure. E comprensione.

Era sola anche lei come me? Circondata da altri, ma completamente isolata?

La nostra danza finì.

“Dimmi come ti chiami.” Il respiro mi si bloccò nel petto, ogni inspirazione faceva sì che il suo seno premesse contro di me. Avrei potuto giurare di sentire il calore del suo corpo attraverso l’elegante uniforme di pelle che indossavo.

“Voi siete il Re,” mormorò invece, i suoi palmi appiattiti contro il mio petto. “Non c’è motivo per cui dovreste essere solo. Avete dei servitori pronti ad accorrere a ogni vostra richiesta. Persone che vi adorano. Qualsiasi beta in città sarebbe onorata di essere vostra.”

“Nessuna di loro è quella giusta. Cosa dovrei fare al riguardo?”