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Jessica Ek
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Jessica Ek

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Jessica Ek
Giovanni Haas

Il killer delle laureande

Il Killer delle laureande è un thriller soprannaturale. I temi portanti della storia sono la famiglia, le eredità particolari, il coraggio di cambiare cose che sembrano immutabili e gli scherzi del destino.

Un romanzo d'avventura per tutte le età che condurrà il lettore in un'indagine compiuta dai tre protagonisti con mezzi non tradizionali, a caccia di un serial killer sfuggente e geniale.

Giovanni HAAS

JESSICA EK

IL KILLER DELLE LAUREANDE

Prologo

22 novembre 2011

Sono le 06:58. Mancano due minuti prima che la radiosveglia si metta a suonare, ma Matteo è già sveglio.

Fra meno di un'ora arriverà Nico e non ha proprio voglia di vederlo, anche se è stato lui a chiedergli di passare. Deve esporgli i termini del contratto in prima persona; se lo lasciasse fare ai genitori di Francesca, si farebbero abbindolare da lui e dalle sue chiacchiere. Invece, se sarà chiaro e inflessibile, Nico rinuncerà all'incarico prima ancora di cominciare, e sarà un bene per tutti.

Scattano le 07:00 e Time dei Pink Floyd invade la camera. Matteo allunga la mano per zittire la sveglia ma quella gli sfugge, continuando a torturarlo. Così si gira per vedere dove si sia cacciata e, in quel momento, viene aggredito da una luce fortissima, bianca. Chiude gli occhi, ma l'intensità non diminuisce, anzi. È come se stesse fissando un faretto da 500 watt.

E poi una sagoma nera si frappone tra lui e la fonte di luce, creando un cono d'ombra: Matteo ha l’impressione di osservare un'eclissi di sole senza gli occhiali di protezione. Non riesce a mettere a fuoco, ma riconosce una siringa stretta in una mano che si allunga verso di lui. La sagoma lo raggiunge e gli passa attraverso. Qualcosa è cambiato: ora è sospeso a due metri da terra, e la stanza è diventata gelida; la luce torna ad accecarlo.

Fermo, cosa vuoi fare!

Vorrebbe gridare, ma non ci riesce.

La sagoma scura infila l'ago nel braccio di una ragazza che ha preso il suo posto nel letto. Lei non fa resistenza e pare addormentarsi. La porta della camera si chiude con un tonfo e tutto diventa buio. Matteo riacquista i suoi ottanta chili e cade sulla ragazza.

Conosce bene quella sensazione. Sa che nessuno è rimasto schiacciato sotto il suo peso.

Con un moto di rabbia colpisce la sveglia, zittendola. Rovista nel cassetto, prende due pasticche per il mal di testa e le ingoia senz'acqua.

Ti troverò, Francesca. Ti troverò.

Capitolo 1

Per una ragazza abituata alla segnaletica delle strade di Zurigo non è stato facile muoversi in auto nella campagna piemontese. Jessica ha faticato non poco per trovare quella casa sperduta nel verde.

Senza scendere dalla macchina controlla l'iscrizione sulla targa posta sopra la cassetta della posta.

MATTEO BALESTRA

Consulenze investigative e precognizioni

Eccoti, finalmente. Ti ho trovato.

I suoi sentimenti sono un misto di emozioni: orgoglio e soddisfazione perché le sue ricerche stanno rapidamente avendo successo, timore perché nella sua vita ora tutto è cambiato. Nel giro di una settimana ha perso le sue certezze, si è lasciata alle spalle ciò che ha fatto e costruito nella sua vita, ha abbandonato le persone che l'hanno aiutata a crescere e a diventare ciò che è oggi; ha rinnegato quello che prima credeva essere giusto, e ora sa essere sbagliato.

Ha preso una nuova strada, e non sa ancora se Matteo vorrà accompagnarla e sostenerla in questo viaggio.

Percorre i pochi metri che mancano per arrivare alla casa e spegne il motore della Twingo. Rimane alcuni minuti seduta, le mani strette sul volante e la tentazione di ritornare da dove è venuta.

Quando finalmente scende dall'auto, l’aria fresca le sposta i capelli castani lasciati sciolti sulle spalle e la spinge ad abbottonarsi la giacca di jeans. Indossa degli scarponcini di pelle, un paio di blue jeans e una camicetta di cotone bianca con dei ricami neri.

Certo, sarebbe stato meglio indossare qualcosa di più pesante quel giorno, magari un maglione o una giacca a vento, ma quando ha scelto come vestirsi si è preoccupata più dello specchio che del meteo.

Il vialetto che abbandona la strada sterrata e porta alla proprietà è in ghiaia rossa e taglia in due un prato ben curato, circondato da una staccionata in legno. Oltre quello steccato, il sottobosco è privo di sterpaglie, solo erba e foglie secche.

Tra i rami quasi spogli degli alberi filtra, senza difficoltà, la luce del sole ancora basso nel cielo. Non ci sono cancelli, e neppure cartelli che indicano una proprietà privata; al contrario, sopra la veranda della casa in pietra e legno è appesa una balestra ornamentale di un metro e mezzo con la scritta “Benvenuti”.

La leggera brezza porta alle sue narici un profumo di bosco e di natura selvaggia, cosa rara in città; per assaporarlo appieno, Jessica prende due respiri profondi per poi rilasciarli adagio adagio. Gira lentamente lo sguardo tutt'intorno per ammirare il paesaggio che l’autunno ha ridipinto sui toni del rosso e dell’arancio, del verde scuro, del viola e dell’oro. La rugiada, colpita dai raggi di sole, fa risplendere le foglie che dondolano alla brezza e crea in quell’angolo di bosco un caleidoscopio baluginante di vita segreta: un tripudio di emozioni la travolge, le sembra di non essere mai stata in un luogo tanto bello, e probabilmente è così.

Questo benessere, però, svanisce in fretta; qualcosa la mette a disagio, ha l'impressione di essere osservata. Un tramestio proveniente dal bosco alle sue spalle la sorprende col cuore in gola. Si volta di scatto. Uno scoiattolo si sta arrampicando su un albero: ha la pelliccia marrone, quasi rossiccia, e una coda lunga e folta. Sale rapido sino a metà del tronco e lì si ferma; per qualche istante pare guardare proprio lei, poi torna a salire veloce verso i rami più alti. La bestiola sparisce dalla sua vista e il buon umore torna a impadronirsi del suo animo. Tutta la preoccupazione e i timori che le occupavano i pensieri prima di scendere dall'auto, ora sembrano svaniti.

Jessica osserva il porticato: vorrebbe camminare a passo deciso e bussare alla porta, ma adesso che si trova lì davanti non è più così semplice come lo aveva immaginato. Getta sguardi furtivi attraverso le finestre coperte dalle tendine per cercare di capire se c'è qualcuno in casa. Sulla destra della casa c'è un capanno di legno con il portone aperto che lascia intravedere diversi attrezzi da lavoro; accanto al capanno è parcheggiato un Qashqai nero 4x4.

Uno sbuffo, quasi un lamento, sembra provenire dal capanno.

«C’è qualcuno?»

Non riceve risposta.

Ancora lo stesso suono, questa volta più deciso e forte. Jessica dà un’occhiata alla sua auto: non si è allontanata molto, tre o quattro metri al massimo. In quel momento un grosso cane, forse un San Bernardo viste le dimensioni, attraversa il portone con passo lento e annoiato. Si ferma a metà strada per stirare la muscolatura e si sdraia sull'erba come se fosse esausto per quella breve passeggiata.

«Ciao, bel cagnone.»

Jessica sorride, ha sempre amato gli animali e in particolare i cani. Quello non sembra avere brutte intenzioni, ma lei tiene sott’occhio la portiera della Renault, pronta a saltare in macchina se il pelosone dovesse dimostrarsi aggressivo.

Quasi si senta chiamato in causa, il cane abbaia un paio di volte con un timbro più acuto; Jessica fa un passo indietro, ma non può non notare che il San Bernardo sta muovendo la coda in modo chiaramente affettuoso.

«Vuoi delle coccole?»

Il cane abbaia ancora e si lascia cadere su un fianco, mostrando il lungo pelo bianco sotto la pancia. Con cautela, Jessica gli si avvicina; si abbassa piegando le ginocchia e gli accarezza dapprima la testa e poi l’addome. Il San Bernardo alza le zampe verso il cielo.

Mancavi solo tu per rendere questo posto perfetto. Una giornata iniziata così non può finire male. Pensa.

Dà un'ultima carezza al cane, si rialza e, con nuove energie, va alla porta. Non c'è un campanello; bussa, aspetta qualche secondo senza ricevere risposta e bussa in modo più deciso.

«È aperto, entra pure!»

Sorpresa dalla strana accoglienza, Jessica apre la porta; è di legno massiccio e molto pesante, deve fare più forza di quanto si aspettava. Fa due passi in silenzio, ma all'interno non vede nessuno; le ci vuole qualche istante perché la vista si abitui alla semioscurità. Si ferma a osservare la casa, un unico grande locale con le pareti in legno, arredato in stile country chic, molto carino e ben curato nonostante le dimensioni ridotte.

Sulla destra c’è la piccola cucina con tavolo da pranzo, una dispensa di noce, i fornelli e il lavandino di ceramica sotto la finestra con le tende ben chiuse; a sinistra si apre il soggiorno con un divano rosso rubino, un tavolinetto colmo di libri, una tv appesa al muro e il camino di pietra nell'angolo; un po' di brace arde ancora e il buon odore di legna avvolge la stanza.

Accanto alla porta d’ingresso ancora aperta, c'è una scrivania con una poltrona in pelle; al centro della parete un'altra finestra con le tende tirate. A prima vista sembra che chi ci vive ci tenga a tenere tutto in ordine. Nella parete in fondo, proprio di fronte all’ingresso, una porta socchiusa lascia filtrare un po' di luce; probabilmente dà sulla camera da letto e il bagno.

«La porta! Chiudi la porta che esce il caldo, e non lasciare entrare Obelix!» La stessa voce che l'ha invitata a entrare proviene da lì. Ora sembra leggermente scocciata.

Jessica percepisce in modo chiaro un pensiero, come se fosse suo: È appena arrivato e già mi dà fastidio.

Per riuscirci normalmente si deve concentrare, ma in questo caso è stato del tutto involontario. Mentre chiude la porta vorrebbe dire qualcosa, consapevole di essere vittima di un equivoco, ma la stanza diventa buia e lei resta con lo sguardo fisso verso quella voce, indecisa sul da farsi.

«A proposito, come mai sei già qui?» L’uomo apre la porta permettendo alla luce di invadere il locale. «Eravamo d'accordo di vederci tra…»

Fa un passo verso di lei e si blocca.

Indossa solo delle ciabatte da spiaggia e un asciugamano legato in vita; ha il viso quasi completamente coperto di schiuma da barba, la pelle è libera solo dove le lamette hanno già fatto il loro lavoro. Entrambi restano immobili a fissarsi.

«Mi scusi» balbetta lei.

«E lei chi è?»

«Mi chiamo Jessica Ek. Avrei bisogno di parlare con il signor Balestra.»

«Lo sta facendo.»

L’uomo si controlla l'asciugamano, fa un passo avanti e allunga la mano per salutare, ma la ritrae subito, perché imbrattata di schiuma.

Jessica non riesce a togliere lo sguardo da quel fisico allenato: spalle larghe, bicipiti e pettorali vigorosi, per non parlare degli addominali. La pelle è abbronzata abbastanza da capire che a lavorarci non è stato solo il sole di agosto, i capelli sono tenuti corti in modo da sembrare sempre in ordine.

Il suo ospite dimostra al massimo trent'anni, ma lei sa che ne ha trentaquattro, due meno di lei. Evidentemente è una persona che tiene al suo fisico, non c’è nulla di male in un po’ di sana vanità. «Mi scusi, aspettavo qualcuno. In ogni caso, vado a sistemarmi e sono da lei in un momento.»

Torna un po’ di fretta al di là della porta e la lascia socchiusa.

«Per favore, apra le tende e si accomodi pure, signorina… Ek, giusto?»

«Esatto, Ek, ma mi può chiamare Jessica.»

«E lei mi può chiamare Matteo.»

Ora che quella stanza è completamente illuminata, Jessica si sente più a suo agio, anche se mentre si sbottona la giacca e si siede al tavolo da pranzo, si sente sciocca per non essere riuscita a tenere lo sguardo fisso sul volto del padrone di casa e per aver permesso ai suoi occhi di perlustrarne la bellezza.

«Non mi pare di avere mai sentito questo cognome» s'informa lui.

«È svedese.»

«Ecco svelato il suo accento.»

Nel dire queste parole si riaffaccia alla porta dandole un'occhiata; lei percepisce che si è trattato di un controllo, ma non se la prende: in fondo è un'estranea e l'ha lasciata sola nel suo soggiorno.

«In realtà, sono di madrelingua tedesca.»

«Comunque non si nota quasi.»

A intervalli regolari si sente l'acqua scorrere e il rasoio che viene pulito con dei colpetti sul lavandino.

«Deve davvero scusarmi» riprende Matteo, «non immaginavo di trovare lei in soggiorno. Credevo fosse entrata un'altra persona che sto aspettando.»

«Forse non ho scelto il momento giusto per venire qui.»

«Si figuri, abbiamo una mezz'oretta. Inoltre, Nico è sempre in ritardo.»

Sempre che si faccia vedere. Jessica sente senza problemi anche questo pensiero.

Visto che il tempo a sua disposizione è poco, ne vuole sprecare il meno possibile e cerca di accelerare i preliminari.

«Possiamo darci del tu? Così mi riesce più facile parlare di certe cose.»

Forse, però, ha fatto uno sbaglio; anche se non riceve un pensiero chiaro, percepisce dello stupore giungere dall'altra stanza. D’altronde, si sono appena presentati. Con suo sollievo, la risposta è comunque positiva.

«Come preferisci, ma di cosa mi vuoi parlare?»

Jessica fissa lo scorcio di locale al di là della porta: vorrebbe continuare il suo discorso, ma non le escono le parole.

«Se non sai da dove iniziare, ti consiglio di partire dall'inizio.»

Matteo si affaccia di nuovo e sorride. Jessica, incrociando i suoi occhi, abbassa lo sguardo.

«Forse no, Matteo, forse è meglio partire dalla fine e dirti subito perché sono venuta; quando tornerai di qua, potrei non averne più il coraggio.»

«Così mi fai preoccupare» le risponde in tono quasi scherzoso e a voce alta, per farsi sentire sopra lo scroscio dell'acqua che è tornata a scorrere.

«Sono tua sorella.»

Quella frase suona come una deflagrazione nella stanza silenziosa.

Matteo riemerge da dietro la porta con il rasoio in mano: la parte destra del viso rasata e l'altra ancora coperta dalla schiuma.

«Come hai detto, scusa?»

Jessica lo guarda dritto negli occhi. «Hai sentito bene. Siamo fratelli.»

«Fratelli? Non è possibile! E poi, mi hai appena detto che sei svedese.»

«Anche io sono stata adottata.»

Ora lo ha colpito anche più duro. Lo vede nell’espressione stupefatta del ragazzo rasato a metà.

«Anche tu? Adottata? Ma… che significa, io non…»

«Torna di là, per favore, e ti racconto tutto.»

«Ma che scherzo è questo? Chi ti ha…»

«Ti prego, ti racconterò tutto. Torna di là che è più facile» Jessica vede un volto incredulo, forse arrabbiato. «Ti prego.»