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Era bellissima soprattutto così, serenamente addormentata. Mi fece pensare alle principesse delle favole. Alla bella addormentata nel bosco, innanzitutto, e a Biancaneve, tanto era bella e avevo voglia di baciarla. Ma al contrario del Principe Azzurro non lo feci, temendo che avrei potuto svegliarla e magari farle perdere la sua bellezza; e soprattutto considerando da quanto tempo non dormiva.
Peccato, una fantastica occasione sprecata. Ma ero comunque felice pensando che, se ora stava dormendo, forse era in parte merito mio. Mi ero fatto l'idea che la sua insonnia fosse dovuta ala mancanza totale di anche solo un briciolo di vero amore – o, forse, chissà: sarebbe stato sufficiente che si sdraiasse prima.
La chiamai di nuovo, ma a bassa voce, nel caso mi stesse facendo uno scherzo; ma il suo respiro era pesante, per poco non russava, e la bocca semiaperta. No, non stava fingendo.
Cercai la chiave di casa per uscire, e la trovai quasi subito. Più difficile fu trovare un foglio bianco ed una penna che scrivesse.
“Grazie per la bellissima serata, davvero. Sei meravigliosa, non solo quando baci ma anche quando dormi. E complimenti per la tua tenuta sexy. Di certo non potrò fare a meno di pensarti anche quando si farà giorno.
Hai il mio numero, se ti va ci vediamo un'altra volta.”
Rientrando, con le ossa ancora dolenti, chissà perché un'associazione di idee mi fece venire in mente anche la favola della principessa sul pisello; ma soprattutto considerai che i miei amuleti - la chiave inglese, il preservativo ed il peperoncino – avevano funzionato perfettamente facendomi passare una bellissima serata, anche se qualcuno al posto mio avrebbe potuto non pensarla allo stesso modo.
LA ROSCIA
La Roscia lavorava al reparto Contabilità, al piano di sopra. Era una di quelle ragazze che non passano inosservate, non solo per il colore dei capelli ma anche per l’abbigliamento, sempre elegante ma sportivo, in perfetto accordo con la sua linea sottile; per i suoi movimenti veloci e la giovanilità del suo sorriso, distribuito a tutti con abbondanza.
Poiché la sua fama arrivava prima di lei, i neo-assunti erano sempre molto curiosi di conoscerla, ed in genere non ne rimanevano delusi. Si diceva che avesse sacrificato la famiglia alla carriera. Non che avesse famiglia, anzi. Aveva rinunciato a farsi una famiglia per amore dell’azienda, o meglio dei dipendenti dell’azienda, uno dopo l’altro, a turno. Preferibilmente di livello alto, anche se talvolta si veniva a sapere di qualche “miracolato” di gerarchia inferiore, il che la rendeva ancora più umana e desiderabile, alimentando le speranze di tutti.
Io la conoscevo (e apprezzavo) solo di fama e di vista, come del resto la maggior parte di noi. Poi successe che nel suo stesso reparto fu assunta anche Giuditta, che dopo non molto tempo divenne prima la mia fidanzata e poi mia moglie.
Accadde in ufficio, tra una baraonda di colleghi ciascuno moralmente obbligato a porgere un breve augurio ai festeggiati, durante il rinfresco che organizzammo per il matrimonio. Ricordo il momento in cui la Roscia mi si avvicinò. Passò sicuramente inosservato a mia moglie, che non mi fece mai alcun accenno a quel bacio dato con un po’ troppa passione rispetto a quanto si conviene a un bacio dato a un giovane in procinto di sposarsi con un’altra. (O forse Giuditta lo considerò come un’ultima licenza da scapolo, tipo “addio al celibato”). Notarono l’episodio alcuni colleghi, che mi riempirono poi di battutine allusive e piene di malcelata invidia; ma le parole che lo precedettero penso che non le abbia sentite nessuno fuorché io.
“Sembri il tipo che una volta sposato diventa un marito fedele per sempre. Peccato non esserci conosciuti prima, visto che dopo tutto sei anche un bel ragazzo: ma stai sicuro che da parte mia farò di tutto per rimediare.”
In quel momento mi sentivo quasi d’accordo con lei, che era un vero peccato non averla conosciuta prima.
La vita matrimoniale era molto bella e diversa da quella da scapolo. Tante nuove soddisfazioni e meno problemi, nuovi anch’essi.
Uno di questi poteva essere la Roscia. Continuai ad intravvederla di rado per i corridoi così come accadeva prima, ma stavolta, invece di seguirla con gli occhi, cercavo di evitare il suo sguardo sempre ammiccante e malizioso. Solo quando la incontravo insieme a mia moglie, la qual cosa stranamente succedeva ormai sempre più spesso, non potevo fare a meno di salutarla.
Poi un giorno non riuscii a schivare un incontro a tu per tu con lei, da soli in ascensore. Entrò proprio mentre le porte si stavano chiudendo, così all’improvviso che non potei scappare. Quando le porte furono chiuse, iniziò sorridente:
“Eccolo qua un marito modello, a quel che dicono. Io sono fermamente convinta che tu saresti anche il padre ideale che qualunque donna vorrebbe avere per i suoi figli.”
Mi chiedevo dove volesse arrivare.
L’ascensore sembrava impiegare più tempo del previsto. Avevo già maturato la sensazione che la Roscia fosse una specie di strega, per cui mi sembrava possibile che fosse anche riuscita a fermare il tempo.
“Però bisogna essere più aperti nei confronti degli altri. In fondo oggigiorno avere un’amante non è più un fatto così disdicevole.”
Accompagnò il suo “Ti consiglio di farci un pensierino” con un occhiolino ammiccante e con un gesto con cui faceva scivolare la spallina in modo alquanto sexy.
Solo allora realizzai che con l’altra mano stava ancora tenendo schiacciato il tasto di blocco dell’ascensore. Reagii bruscamente e con decisione, forse più al raggiro che alla provocazione, puntando alla pulsantiera. “Se questo ascensore non riparte subito e se non la finisci con le tue ciance, dovrò suonare l’allarme.”
Lei intimorita si risistemò e tornò seria, facendo riaprire la porta dell’ascensore a destinazione.
Io uscii deciso, facendomi largo sul pianerottolo tra altri colleghi in attesa, che mi parvero sorpresi.
Cominciai a preoccuparmi della familiarità che Giuditta stava prendendo con la Roscia. Pensavo che questa fosse un’altra subdola astuzia di strega per arrivare a me e rovinarmi il matrimonio.
“Tu sai che nomea si è fatta la Roscia in ufficio per attività extra-lavorative, vero? Io ho paura che frequentarla troppo potrebbe farti prendere qualche brutta abitudine, o potrebbe nuocere alla nostra reputazione”, dissi a mia moglie.
Lei mi rassicurò con un bacio affettuoso. “Non temere, non prenderò nessuna delle brutte abitudini a cui alludi. Di me ti puoi fidare, stai tranquillo.”
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