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“Non ricominciare.”
Yvette mi aveva accusato di chiedere troppi requisiti agli uomini che frequentavo. Non era la prima volta che mi incoraggiava a mettere da parte il mio elenco.
Mi aveva anche detto, non così terribilmente tanto tempo prima, di buttarlo. Qualcosa sul fatto che dovrei seguire il mio cuore, e se non il mio cuore, almeno le mie parti femminili.
Buttare l’elenco? Neanche per sogno.
Ma che ci potevo fare se ogni singolo bambinone che conoscevo, indipendentemente dal suo quoziente di arrapamento, mi lasciava meno che entusiasta? Volevo fare sesso con uomini, non con ragazzi cresciuti e mai diventati maturi.
“È un po’ più complicato di un semplice ‘voglio, non voglio’ fare sesso con lui.”
E le avevo raccontato dei messaggi da ubriaca, della sfida di yoga all’alba, e poi della rivelazione di quella mattina, che il figo peloso dopotutto non era così peloso, verità che avevo scoperto perché avevo visto gran parte del suo corpo nudo.
Lei era rimasta in silenzio dopo che avevo finito. Troppo in silenzio.
“Beh?” l’avevo spronata.
“Dammi un secondo. Sto pensando. Ugh, cosa sto dicendo? Non sto pensando. Sto cercando di prevedere la mia conclusione. Sto dubitando di quello che so essere vero.”
A volte la mia amica Yvette può essere un tantino teatrale. Dico io. Lei lo nega.
“Sputa, dai.”
Il suono di un respiro profondo aveva preceduto la sua risposta. “Alza i tacchi. Non richiamarlo. Non mandare messaggi. Non fare lo yoga mattutino. Dimentica di averlo conosciuto.”
“Cosa? Perché?” Stava dicendo sul serio? Yvette, tra tutte le persone, era proprio quella che avrebbe dovuto incoraggiarmi. Stava mettendo il dito nella piaga del mio ultimo periodo di magra, che durava da troppo tempo, ormai.
Stavo cercando un consiglio per capire se lasciar perdere oppure no la sfida, non per scegliere se avrei dovuto oppure no mollare il tipo. Il tipo che ero pronta a scopare – bloccandolo facendogli perdere l’interesse prima che avesse la possibilità di infilare il suo uccello – e come avevamo già discusso, la mia astinenza tendeva a una durata epica.
La sfida era il problema. Mi piacevano le sfide, abbastanza fino al punto che odiavo l’idea di andarmene, anche se sapevo che Oliver la usava come un modo per tormentarmi con il suo corpo assurdamente in forma, come rappresaglia per averlo respinto.
“Perché?” aveva domandato Yvette. “Hmm. Vediamo. Io, diversamente da te, faccio sesso occasionale. Tu fai sesso con gli uomini come se fosse un colloquio per capire se possono essere partner per la vita. Ma lo neghi, così di tanto in tanto dormi con un umano occasionale.”
Negavo quel non-fatto. Non c’erano colloqui in corso per cercare un partner per la vita, perché gli uomini facevano schifo. Ma al momento non avevo intenzione di affrontare la cosa.
“E tutto questo cos’ha a che fare con Oliver?”
“Dea. Ascoltati. Non riesci nemmeno a dire il suo nome senza che suoni arrapante da togliere il fiato e sessualmente frustrato allo stesso tempo.” Aveva fatto una pausa, e io potevo immaginarla nella sua cucina mentre si stringeva le mani e cercava di assumere un’espressione pensosa. Era difficile con tutti quei capelli biondi e quella sua adorabilità. “Se pensassi che potresti semplicemente fare sesso con lui e passare oltre, ti direi fallo. Sai che lo farei.”
“Non pensi che potrei farlo?” Ero abbastanza sicura che avrei potuto. Se avessi fatto sesso con lui, il che era un grosso se, visto che era un adolescente sulla trentina destinato a mollarmi prima o poi.
“Quel tipo ti piace, anche se non corrisponde a tutti i tuoi requisiti. Anche se non corrisponde al requisito principale; è umano. Solo quello lo rende insolito. Aggiungi un esteso periodo di continuo contatto con lui, trenta giorni passati a fissare il corpo del tuo sexy istruttore di yoga e penso che ti prepari per un immenso dolore. Con un umano, Megan.”
“Ma lo è?” Perché c’era stato quel commento tagliente sul preparare un favoloso Bloody Mary, accompagnato da uno sguardo stranamente d’intesa. “Pensi… voglio dire, è un’idea folle, ma pensi che ci sia la possibilità che possa essere un vampiro senza che noi lo sappiamo?”
“No.” Il suo tono privo di emozione non lasciava spazio alla discussione.
Ma… io un po’ volevo che fosse un vampiro.
Mi rifiutavo di contemplare da vicino quel desiderio. “E se si fosse semplicemente trasferito qui?”
“L’ha fatto?”
Maledizione. La sua band. Ed era anche amico di Millie. “Non credo.”
“Allora non è un vampiro. Conosco tutti i vampiri del posto.”
Ed era vero. Era una piccola comunità, ma il modo in cui Yvette sapeva tutto di tutti era davvero inquietante. Era informata a livelli da stalker.
“Il tuo consiglio è di alzare i tacchi. Concedere la sfida, dimenticare il non-così-peloso figo peloso. Fare finta che non mi abbia mai baciata, palpeggiata o sfregata. Tutto perché tu pensi che io possa diventare completamente sdolcinata o stupida per questo tizio. Perché non pensi che possa avere una relazione puramente sessuale con lui.” Avevo fatto una pausa, poi avevo tirato fuori un pezzo di informazione vitale che fino a quel momento avevo tenuto nascosto. “Ho detto che ha un cazzo enorme?”
Se qualcuno, anche solo un giorno prima, me lo avesse chiesto, avrei detto che la dimensione del cazzo era irrilevante. A parte proprio il minimo sindacale, per me è più una questione di attenzione mirata, di mani, di lingue e di denti. E di baci. Adoro i baci. Sono il tipo di ragazza per cui conta di più saperci fare che la dimensione, e il bacio batte tutto il resto.
Ma… potevo sbagliarmi.
E se il tipo ci avesse saputo fare e fosse stato dotato?
“Cazzo,” aveva borbottato Yvette. “Farai sicuramente sesso con questo tizio.”
Le parole di commiato di Yvette, prima di chiudere la telefonata, erano state: fai attenzione. E non stava parlando di sesso sicuro.
Stava decisamente parlando del mio cuore.
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