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Sì, lascia andare tutto quanto. Meditare sul suo sogno sarebbe stata una piacevole distrazione. Un sorriso si formò sulle sue labbra.
“Davina!” chiamò Lilias, distogliendo l'attenzione della figlia dallo spettacolo sbalorditivo di un uomo che si metteva una torcia infuocata in bocca. Lilias era ferma davanti a uno zingaro che aveva le braccia traboccanti di nastri e fece cenno a Davina si andare da lei.
Davina si allontanò dallo spettacolo con molta riluttanza e si spostò nel punto in cui Lilias stava parlando con lo zingaro carico di nastri. “Oh, questi sembrano molto meglio di quelli che abbiamo visto questo pomeriggio,” concordò Davina.
Lilias era in estasi davanti a quella ricchezza di colori, alla varietà dei materiali e dei modelli e prese tutti quelli che riuscì ad infilare nella borsa. Pagò il mercante, poi lei e Davina si avviarono verso le altre tende, ammirando i gingilli e le merci provenienti da ogni angolo della terra. Davina tenne gli occhi ben aperti per tutto il tempo, cercando la vecchia zingara e il suo carrozzone mistico. Non aveva idea di dove fosse finita Rosselyn.
Lilias e Davina osservarono un arrotino molto esperto, che affilava una lama fino a farla brillare, poi si tennero i borsellini stretti contro il corpo, quando Lilias sorprese un ragazzino che tagliava un sacchetto di monete dalla cintura di un uomo. Davina lasciò vagare lo sguardo su un tavolo ricoperto di spille,fermagli e gioielli di tutte le forme. Il mercante si chinò in avanti con una spilla, cercando di convincerla a comprare quel gioiello, ma lei rifiutò scuotendo gentilmente la testa, mentre toccava la spilla che Kehr le aveva regalato e che le chiudeva il mantello sulle spalle. Una melodia triste sgorgava dalla “O” perfetta della boccuccia di una bimba zingara, mentre il suo anziano nonno teneva una tazza di latta ammaccata nella mano nodosa, chiedendo l'elemosina ai numerosi passanti. Davina lasciò cadere qualche billon penny nella tazza.
Mentre Davina e Lilias procedevano nel bel mezzo di quell'attività, un uomo scalciò una palla di argilla grande come un melone fuori dal fuoco davanti al suo carrozzone; la palla rotolò sul loro cammino, facendole sobbalzare. L'uomo si avvicinò per scusarsi e raccolse la palla bollente con uno straccio, riportandola dove era seduto. Davina deviò verso di lui, che spaccò la palla di argilla con una pietra. Raccolse quindi un coltello da terra accanto a sé e lo conficcò nella palla, rivelando un centro bianco e fumante. Davina si avvicinò ulteriormente, scrutando le sue azioni. “Cosa avete lì, signore?” chiese.
“Riccio arrostito,” rispose l'uomo, offrendole un pezzo di carne con la punta del pugnale. “Vorreste assaggiarlo, signora?”
Lilias storse il naso. “Oh no, Davina!” Afferrò la mano tesa della figlia e guardò sbalordita l'uomo, come se fosse matto. “Grazie, ma no!”
Davina rise della riluttanza di sua madre. “Suvvia, madre. Coraggio!” Davina prese la carne che le veniva offerta e soffiò per ridurre il calore. Annusò e le venne l'acquolina in bocca. “Oh, ha un profumo divino!” Si mise il boccone in bocca ed esplorò quel gusto nuovo, masticando molto lentamente e assaporando quel sapore succulento. “Quasi come il coniglio.”
Sua madre stava ancora scuotendo la testa ed aveva persino stretto le labbra, perché il suo messaggio fosse chiaro. Trascinò via Davina, che stava ringraziando l'uomo per l'assaggio.
Lilias spinse la figlia, poi puntò il dito a indicare la tenda dipinta con la donna dai capelli dorati che toccava un mazzo di carte, con lo sfondo notturno ed i simboli mistici intorno a lei. La vecchia era in piedi accanto ai lembi dell'apertura e faceva loro cenno di avvicinarsi. Il cuore di Davina prese a martellare contro la cassa toracica.
“Dovete farvi leggere la mano,” disse la donna anziana quando si avvicinarono, nel suo forte accento francese.
“Sembravate molto interessata a mia figlia questo pomeriggio, madame,” disse Lilias.
Davina fissò la zingara dritto negli occhi. “Mamma, questa è la gitana che sono venuta a trovare al villaggio molti anni fa.” Lilias espresse il suo piacere e Davina fece un passo avanti, afferrando le mani protese della donna. “Bonsoir, Amice.”
“E' bello vederti, bambina.” Amice fece un passo indietro ed ispezionò Davina. “Oh, chérie! Sei diventata una donna talmente bella! E' un miracolo che io ti abbia riconosciuta, quando siamo passati! Quanto mi sono mancate le nostre piccole conversazioni accanto al fuoco. Ero felice ogni volta che tornavi.” Amice guardò Liljas. “E' evidente che ha ereditato la bellezza da voi, madame.”
“Siete troppo gentile, Amice.” Lilias sorrise con orgoglio a sua figlia. “Devi farti predire la sorte, cara.”
“Anche voi, madame.”
“Oh, no. Sono sicura che il mio futuro non abbia in serbo niente di cui valga la pena discutere.” I lineamenti di Lilias si velarono di tristezza, che lei cercò di mascherare con un sorriso, ma Davina sapeva che sua madre piangeva il marito Parlan e il figlio Kehr. “Conoscere il futuro sarà più utile a mia figlia che a me.” Si voltò verso Davina. “Ti aspetterò qui, tesoro.” Amice fece cenno a Lilias si sedersi vicino al focolare e le porse una tazza di argilla colma di tè bollente. Due giovani abitanti della città che Davina riconobbe uscirono dalla tenda ridendo, e si fermarono di colpo per evitare di scontrarsi con lei. Fecero un inchino per scusarsi e se ne andarono.
Mentre sua madre ed Amice conversavano in privato, Davina scacciò un senso crescente di disagio, prima di entrare nella tenda. Non poteva permettere alle sue preoccupazioni di rovinare quel momento eccitante che aveva atteso così a lungo. L'aroma speziato di incenso le pervase i sensi e il suo corpo fremette al ricordo dell'ultima volta in cui era entrata in quel mondo esotico- ricordi che aveva rivissuto ancora e ancora negli ultimo nove anni.
Si voltò verso di lui.
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