banner banner banner
Il Cuore In Attesa
Il Cuore In Attesa
Оценить:
Рейтинг: 0

Полная версия:

Il Cuore In Attesa

скачать книгу бесплатно


"Uhm penso che ormai non sia più un segreto. È così ovvio".

Lana socchiuse gli occhi. "Te l'ha mai detto qualcuno che non hai il senso dell'umorismo?"

"No". Perché lo sapeva, dopo Nolan, non era riuscita a trovare un motivo per sorridere. "Penso che ho bisogno di una vacanza".

Un movimento lungo il corridoio catturò la sua attenzione. Si voltò e aggrottò la fronte. Dane camminava verso di loro con un passo deciso. Non voleva occuparsi di lui, ma, sfortunatamente, non aveva altra scelta a riguardo.

"A questo si può rimediare" Dane disse mentre si avvicinava. "Renderesti il mio lavoro molto più facile se lo facessi".

"Non posso prendermene una ora". L'aveva detto per fare conversazione in qualche modo. Sembrava l'unica cosa da dire per spiegare la sua mancanza di senso dell'umorismo senza far deprimere Lana raccontandole la verità sul suo passato. "Ci sono troppe persone che dipendono da me".

"Le parole di chi è un lavoro-dipendente" disse Lana. "Lavoro con molte persone come lei. Non si può parlare con lei del temo libero. Faranno una vacanza quando saranno costretti".

"L'ho notato" Dane le sorrise. "Che mi dici di te? Come vanno le cose?"

Lana arricciò il naso. "Ho già preso una vacanza forzata e presto ne dovrò prendere un'altra". Aveva avuto un incidente d'auto ed era stata in congedo per malattia prima di sposare Sullivan. "Non ho bisogno che nessuno mi spinga da nessuna parte – non ora almeno. Se questa pancia diventerà più grande, forse avrò bisogno di una sedia a rotelle".

"Avevi bisogno di qualcosa?" chiese Reese a Dane. Voleva che se ne andasse. Qualcosa in lui la infastidiva e non voleva sapere cosa. Tutto il suo corpo trasudava un'energia innominabile ogni volta che c'era lui —quasi come se si aspettasse che qualcosa di elettrizzante sbocciasse tra di loro. Aveva bisogno di tempo per capirlo e non gliene stava dando.

Prima l'aveva praticamente accusato di essere il padre di Halie. Lui aveva negato, ma c'era una somiglianza tra i due. Non aveva potuto fare a meno di chiederglielo; però non aveva mai pensato che potesse ferire un bambino. Reese poteva non conoscerlo bene, ma si era fatta un'idea del suo carattere. Era sempre stato riservato e gentile. Essere un potenziale padre violento non si adattava alla persona che aveva conosciuto al liceo. "Non devi stare qui se non vuoi".

"Su questo ti sbagli" – rispose – "Proteggerti è il mio lavoro".

"Oh?" Lana alzò un sopracciglio. "Mi sono persa qualcosa?"

Maledizione. Non avrebbe dovuto dirlo. "Nolan Pratt è scappato…"

Per la centesima volta sperò che non avesse mai conosciuto quell'uomo.

"Ren lo sa? Vorrà parlare con Dani e con lo studio legale, potrebbero essere tutti in pericolo…" Lana prese il suo cellulare e iniziò a digitare un numero. "È Claire…"

Aveva dimenticato che sua sorella fosse amata da così tante persone. Avrebbe dovuto odiarla per quello, ma Claire era una brava persona e non avrebbe mai potuto odiarla per qualcosa. Reese non era mai riuscita a farsi degli amici e comunque non era stata colpa di Claire. Era facile incolpare le sorelle e lei l'aveva incolpata in più di un'occasione.

Era abbastanza grande da capire che era sbagliato. Aveva preso le sue decisioni, doveva incolpare se stessa, non gli altri. Doveva convivere con le sue scelte e per la maggior parte non aveva molti rimpianti. Aveva pensato alla sua carriera e, nel processo, la sua vita sentimentale si era sgretolata. Forse se avesse lavorato di più su quell'aspetto della sua vita non avrebbe mai frequentato Nolan, tanto per cominciare.

Non avrebbe mai dovuto ascoltare sua mamma quando le parlava di lui. Si era comportato malissimo a scuola e questo avrebbe dovuto farle capire che persona fosse. Sua madre l'aveva convinta che le persone potevano cambiare e che non avrebbe dovuto giudicarlo per i suoi comportamenti adolescenziali. Nolan aveva fatto il resto con il suo fascino e la sua bella faccia.

"Tranquilla" Dane mise una mano sul braccio di Lana. "Carter si sta prendendo cura di Claire. Tornerà presto".

Il suo adorato fratello era corso ad avvertire la loro sorella e aveva lasciato che Dane badasse a lei. Ok, forse era un po' cattiva. Era decisamente colpa sua se le cose fossero andate a finire in quel modo nella sua vita, ma non poteva evitare di sentirsi esclusa. Claire e Carter avevano un forte legame. Sicuramente voleva bene anche a lei e voleva proteggerla; ma non l'aveva chiamata per vedere come stesse né l'aveva invitata ai suoi eventi come invece aveva fatto con Claire. Ne era passato di tempo da quando aveva riflettuto a lungo sulla sua vita e aveva deciso cosa volesse realmente.

"Ah bene" disse Lana riagganciando il cellulare. "Ren non ha risposto. Avevo dimenticato che è in sala operatoria".

"Andrà tutto bene" disse Reese. "Sono sicura che lo prenderanno presto e questa preoccupazione sarà stata inutile". Cavolo, lo sperava davvero.

"È una minaccia. Se verrà a cercare una di voi…"

L'ultima volta Nolan non aveva dato la caccia a lei, era ossessionato da Claire. Il bastardo probabilmente era uscito con Reese per arrivare a sua sorella. Cosa che non riusciva a capire… Aveva rotto con Claire per uscire con lei. Perché l'aveva fatto se poi l'aveva perseguitata? Si era pentito di quella decisione o aveva perso la testa? Reese rischiava di impazzire cercando di capire le motivazioni di quel folle. Doveva dimenticarsene e andare avanti.

"Matt non lascerà che succeda qualcosa a Claire. Scommetto che ora la starà convincendo ad andare a vivere da lui". Le labbra di Lana si inclinarono verso l'alto. "L'ho aiutato dopo il suo incidente e Claire gli ha fatto passare l'inferno. Pensi che accetterà mai di sposarlo?"

Un rumore di passi riecheggiò nel corridoio. Tutti si girarono per vedere di chi si trattasse. I discorsi su Nolan avevano agitato tutti. Carter si fermò e li guardò. "Stavate parlando di Matt e Claire?"

"Sì" disse Reese, sollevata che non fosse Nolan – anche se dubitava si facesse vivo alla luce del sole. Era molto furtivo e li avrebbe colti tutti di sorpresa se avesse deciso di farsi vedere. "Sta bene?"

"Sì. Stasera abbiamo una cena a casa di nostra mamma".

"Dobbiamo per forza?" Sua madre era stata implacabile dopo la questione Nolan. Reese non aveva nessuna intenzione di vederla per nessun motivo e, infatti, cercava di evitarla il più possibile. "Sarà terribile".

"Ma ha il diritto di sapere cosa sta succedendo. Anche lei potrebbe essere un possibile bersaglio".

Aveva ragione. Odiava ammetterlo e sperava non fosse così. "Claire come ha preso la notizia?"

Doveva smettere di essere egoista e pensare alle persone importanti della sua vita. Se voleva farsi degli amici e magari innamorarsi doveva smetterla di pensare solo a se stessa. Non tutto girava intorno a lei.

"Non bene" disse Carter. "Matt si sta dando da fare per portarla fuori città. Potrebbero anche sposarsi in segreto mentre sono via".

"Ha accettato la sua proposta di matrimonio?" Lana batté le mani eccitata. "Devo chiamarla". Prese il cellulare e si allontanò da tutti.

Erano successe troppe cose a Reese per poter andare a pranzo con Jessica e Lana… Era meglio non andarci. Con Nolan in fuga, non voleva mettere in pericolo altre persone. Si sarebbe occupata degli altri un altro giorno.

"Verranno anche loro stasera?"

"Sì" disse Carter, poi si rivolse a Dane. "Voglio che vieni anche tu. Dobbiamo metterci d'accordo su come mettere al sicuro Reese finché Nolan non sarà arrestato".

"Contaci" rispose e poi sorrise. "So quanto ci tiene a me tua mamma".

In realtà lo odiava. Lo aveva sempre considerato inferiore a Nolan. Rachel Jackson non poteva essere più sbagliata. Potevano anche avere gli stessi geni, ma Dane Hunter era molto più bravo. Reese forse era stata accecata dal fascino di Nolan, ma ora vedeva le cose in modo chiaro. Sicuramente li aveva giudicati male; però sperava che avrebbe imparato a vedere le persone realmente per quelle che erano. Dane non avrebbe mai fatto del male ad un bambino, ma non poteva dire lo stesso di Nolan.

"Avrò bisogno di andare a casa a cambiarmi però." Disse rassegnata. "Devo finire il mio turno. A che ora è la maledetta cena?"

"Va' a lavorare" disse Carter. "Sarò qui per accompagnarti a casa quando sarai pronta".

"Non posso chiederti di rimanere così a lungo…" Odiava veramente che sentisse il bisogno di restarle accanto e proteggerla. Voleva che se ne andasse e che la lasciasse lavorare senza doversi preoccupare anche di lui.

"Non ti preoccupare" rispose bruscamente. "È il mio lavoro e sei mia sorella. Non discutere con me".

"Ok" concordò in modo riluttante. Poi se ne andò lasciandogli fare quello che aveva programmato di fare mentre lei finiva il suo turno. Sarebbe stato un giorno lungo e persino una lunga notte, dopo che tutto era stato detto e fatto. Non aveva la forza né l'energia per discutere con lui. C'erano cose molto più importanti che avrebbe dovuto fare… Come ad esempio guardare diversamente Dane. Forse l'aveva giudicato troppo duramente in merito a quello che era successo a Halie… Non era l'uomo nero della sua immaginazione e doveva cercare di fidarsi di qualcuno, quindi perché non iniziare da lui?

CAPITOLO 4

Se Dane avesse dovuto scegliere tra farsi arrostire allo spiedo, diventare il pasto di un branco di segugi infernali o andare a cena a casa di Rachel Jackson, avrebbe preferito legarsi ad un rogo e prepararsi per una morte orribile. Ecco quanto odiava la matriarca della famiglia Jackson. Era stato a mangiare lì pochissime volte e ogni volta quella donna l'aveva fatto sentire inferiore in tutti i modi possibili. Dire che era una criticona non le rendeva giustizia. Non si teneva le opinioni per sé e tutti intorno a lei erano dei potenziali bersagli. I suoi figli erano i suoi preferiti da appendere al muro o mettere a testa in giù sul soffitto – era meglio uccidere un pipistrello nella sua pignatta… I suoi pensieri proverbiali stavano sfociando in un caos emotivo.

Non c'era mai stata una cena a cui aveva partecipato in cui qualcuno non se n'era andato in lacrime o arrabbiato. Erano quelli i modi con cui discutevano con la loro madre e spesso prevalevano entrambi. In più di un'occasione era grato che la sua famiglia fosse meglio della loro. Forse non aveva avuto una figura paterna esemplare, ma sua madre era sempre stata fantastica. Ora doveva entrare nella gabbia del leone e sperava che la signora Jackson non li mangiasse tutti e li sputasse per poi spedirli nell'oblio.

"Cosa devo fare per i miei amici…" Mormorò sottovoce e camminò verso l'entrata. Sperava tanto che Carter fosse già arrivato. Non voleva parlare con la signora Jackson senza nessun sistema di supporto in atto. Era sempre venuto con Carter quando doveva cenare con loro, o, piuttosto, era stato il suo collega che lo aveva costretto ad andare. Era una scusa conveniente per Carter per cenare e poi filarsela senza permettere a sua madre di affondare gli artigli nella sua pelle.

"Dane non sapevo saresti venuto anche tu".

Si guardò intorno e incrociò lo sguardo di Claire. Le era sempre piaciuta. Non aveva mai detto una parola crudele e aveva fatto del suo meglio per farlo sentire il benvenuto ogni volta che lo aveva incontrato – anche quando frequentava suo fratello malvagio. Le cose erano peggiorate quando quello schifoso bastardo aveva avuto il privilegio di uscire sia con Reese che con Claire. "Carter ha pensato che fosse una buona idea che venissi anche io. Così possiamo pianificare come trovare il servo di Satana e spedirlo nella cella fredda".

Dane fece cenno di sì con la testa. "Sì… Reese avrà bisogno di qualcuno che la protegga. È testarda e pensa sempre che sia al sicuro". Si era gentilmente offerto di proteggerla.

Non c'era un modo per sapere cosa avrebbe fatto o meno Nolan. Era prevedibile come un tavolo da roulette. La prima volta aveva perseguitato Claire, ma adesso poteva avere un altro piano. Non era stata un bersaglio facile. Ora aveva un fidanzato e molti amici che la proteggevano. Reese, invece… Era diventata un'eremita e a malapena lasciava la sua casa dopo il lavoro. Era sempre a lavoro oppure confinata in casa.

Dane non voleva più pensare a lei, ma chi voleva prendere in giro? Dopo il liceo non l'aveva mai dimenticata. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per tenerla al sicuro, anche se si fosse innamorata di qualcun altro e non si sarebbero più visti.

"Dov'è Matt?"

"Sarà qui a momenti. Doveva risolvere una questione e ha dovuto incontrare Olivia". Claire si guardò intorno nervosamente. "Non voleva che guidassi da sola fino a qui".

Dane imprecò sotto voce. "Avresti dovuto chiamare Carter o me. Non è sicuro per te stare da sola".

"Sto bene". Claire roteò gli occhi. "Non sono un'idiota. Matt mi ha accompagnato fino alla mia macchina e ho guidato fino a qui. Ero al sicuro per tutto il tempo".

Dane voleva poterle credere. Sarebbero potuto succederle molte cose durante il tragitto. Forse pensava di essere al sicuro, ma Nolan poteva raggiungerla in qualsiasi momento. E se avesse deciso di andare a sbattere contro la sua auto? Non sarebbe stata la prima volta che avesse usato quella tattica. Ecco perché Jessica Sousa e Lana Brady erano andate fuori strada qualche mese prima. Tutto era possibile quando una persona impazziva e c'erano stati molti casi di insanità mentale tra la popolazione nell'ultimo periodo.

"Claire" – sospirò – "Non farlo più ti prego. Usa il gioco di squadra e vai in giro sempre con qualcuno. Sarà molto più difficile per una persona – Nolan più precisamente – prenderti. Non vogliamo che si ripeta quello che è successo la scorsa volta".

Lei annuì. "Lo so e lo capisco…"

"Bene. Sei al sicuro, è tutto quello che conta ora. Una volta che saranno tutti qui troveremo delle strategie. Penso che dobbiamo rientrare". Guardò la porta principale e cercò di nascondere l'orrore. "Oppure possiamo aspettare finché non arriva qualcun altro".

Claire sorrise e il suo sorriso le illuminò il viso. "Che tu ci creda o no capisco quell'espressione di terrore. Mia madre è speciale e non in senso buono".

"È un modo per descriverla" – fece spallucce – "Non ti invidio per essere cresciuta con una donna come lei. È difficile da sopportare nei giorni belli, figuriamoci se la temiamo da molto tempo. Pensavo che non avremmo dovuto preoccuparci di un possibile ritorno di Nolan per almeno venti anni".

"Io e te insieme". Claire aggrottò la fronte. "Testimoniare al tribunale è stata dura ma ce l'ho fatta. L'alternativa era inaccettabile. Non potevo vivere sapendo che avrebbe potuto sfuggire alla giustizia e ferire un'altra persona. Ora è in fuga e potrebbe sempre accadere una cosa del genere. Come possono essere così imprudenti? Hai maggiori informazioni su ciò che è successo?"

Dane voleva tanto averle. Dopo aver lasciato l'ospedale, si era fermato alla centrale di polizia per vedere se ci fossero novità. Non era stato riportato nulla di nuovo e le teste di cazzo che l'avevano lasciato fuggire non erano stati di grande aiuto. Erano troppo impegnati a trovare un modo per passarla liscia, considerando che avevano lasciato scappare un serial killer. Lui o Carter dovevano andare nel carcere per chiedere delle rispose alle guardie carcerarie. Il conducente dell'autobus era in ospedale a lottare contro il coma, mentre l'altra guardia era stata curata e rilasciata. Uno di loro magari poteva aiutare a fare luce sulla situazione, ma non l'avrebbero saputo con chiarezza finché non fossero andati a parlare con loro. A volte le informazioni erano più chiare quando si veniva a saperle nei giorni successivi. Sperava davvero che fosse così. La quiete dopo la tempesta, come si suol dire…

Dei passi sul marciapiede riecheggiarono intorno a loro. Tutti si girarono mentre Matt si avvicinava a loro. Olivia lo seguiva. I suoi tacchi a spillo facevano rumore sul cemento mentre camminava. Stava facendo del suo meglio per stare al suo passo con i tacchi che le facevano male, ma era comunque dietro di alcuni passi. Dane era stupito dalle sue abilità. Matt raggiunse Claire e la abbracciò. "Grazie a Dio stai bene. Sono stato preoccupato per tutto il tempo e a malapena sono riuscito a concentrarmi su quello che dicevano".

"Sto bene" ripeté quello che aveva detto a Dane pochi minuti prima. "Sono sana e salva. Non c'è niente di cui preoccuparsi."

Dane era geloso della loro relazione e non era la prima volta che desiderava avere anche lui un amore così profondo. Forse un giorno sarebbe stato fortunato abbastanza da trovare una donna che lo amasse tanto quanto lui amava lei. Ad un certo punto aveva sperato che fosse Reese e mentiva se avesse detto che non la pensava più, ma ad un certo punto dovette smettere di fantasticare. Lei non gli aveva dato nessun segnale per fargli capire che fosse interessata a lui in un modo romantico. Senza dimenticare che aveva persino frequentato Nolan, tra tutte le persone – quello avrebbe dovuto spegnere il suo interesse molto tempo prima. Olivia si fermò al suo fianco e guardò la coppia palesemente innamorata. "Non ti fanno venire il vomito a volte? Sono circondata da queste sdolcinatezze ogni giorno".

Dane sorrise "Non sono così male".

Lei lo guardò in modo fisso. "Lo dici solo perché non hai a che fare con loro ogni giorno. Prova a lavorare nel nostro ufficio per alcuni giorni e poi dimmi se non ti fanno venire voglia di vomitare nel cestino più vicino".

"Sono d'accordo con Olivia" disse Reese.

Dane era stato così distratto che non si era accorto che lei e Carter si erano avvicinati a loro. Sarebbe stato un pessimo bodyguard se avesse continuato così. Voleva essere una delle persone che davano una mano a proteggere Reese e stava fallendo nel suo compito. Guardò Carter e annuì.

"Perché siete tutti qui a comportarvi come se foste tutti dei bersagli di un assassino?" chiese Carter. "Pensavo che foste già tutti dentro".

"Ed essere dei bersagli per la lingua tagliente di tua mamma?" Dane alzò un sopracciglio. "Fuori è più sicuro".

"Cavolo, devo ammetterlo ma su questo punto hai perfettamente ragione" brontolò il suo collega. "Odio le cene di famiglia".

Olivia incrociò le braccia al petto e batté i tacchi impazientemente. "Entriamo?"

"E tu perché sei qui?" Carter la guardò. "Non ricordo che ti abbiamo invitata".

"La domanda è perché tu non mi vuoi qui? Ho fatto tutto bene". Fece l'occhiolino. "Ammettilo, detective, sei contento di vedermi".

Carter guardò verso il cielo e sussurrò qualcosa che Dane a malapena riuscì a capire. Forse stava pregando per avere pazienza o per la perdizione di Olivia. In quel momento non era più sicuro che gli importasse di lei.

Aveva detto una cosa giusta qualche attimo prima, stare fuori casa non era una delle azioni più sicure. Era arrivato il momento di entrare e avere a che fare con la signora Jackson, per quanto tutti lo detestassero. "Perché non entriamo? La cena è pronta". Dane si avvicinò verso la casa. "Dobbiamo anche metterci d'accordo su come mettere al sicuro Reese e Claire e non possiamo farlo qui fuori".

Tutti mormorarono qualcosa ma poi si avviarono verso la porta d'ingresso. Reese la raggiunse per prima e la aprì. Non aveva prestato attenzione a tutti quegli avvertimenti? O forse qualcuno si era dimenticato di avvertirla che uno psicopatico era scappato dalla prigione e poteva ucciderla? Aveva sempre sostenuto Nolan. Forse non pensava realmente che potesse farle del male.

La signora Jackson non li stava aspettando per saltarli addosso. Dane non sapeva se esserne felice o preoccupato. "Mi chiedo dove sia mamma…" Reese passò oltre Dane e Carter per andare nella salone. "Mamma" la chiamò.

La signora Jackson graziosamente scese le scale e aveva la testa alta mentre si avvicinava a loro. "Era ora che arrivaste. Perché siete in ritardo?"

"Mamma" – Carter si toccò la punta del naso – "La cena è alle sei. Sono le cinque e mezza".

"Esattamente" – rispose – "Siete in ritardo. L'aperitivo è un'ora prima della cena".

Dane trattenne l'impulso di ridere. Soprattutto perché Carter avrebbe volentieri tirato fuori la pistola e si sarebbe sparato se avesse potuto. Il suo collega aveva davvero poca pazienza per sua madre e si era già esaurita con una breve frase. "Ci scusiamo per il nostro ritardo". Fece un cenno alla signora Jackson. "C'è qualcosa che possiamo fare per aiutarla con la cena?"

"Ti stai offrendo di servire a tavola?" – alzò un sopracciglio – "Appartieni ad una classe sociale inferiore, quindi ha senso, ma no. È tutto sotto controllo. Siediti e tieni i tuoi pensieri per te. Non voglio che li condivida con noi né che tu dia dei consigli alle mie figlie. È già abbastanza brutto che entrambe siano uscite con lo stesso patrimonio genetico, non voglio che scivolino in ranghi sociali ancora più bassi".

Cosa avrebbe detto se si fosse ricordata che anche lui proveniva dallo stesso patrimonio genetico, come lei aveva detto? Dane si rifiutò di lasciarsi infastidire dalla vecchia strega. Claire, invece, non si faceva problemi. "Datti una calmata, mamma. Dane è un brav'uomo e non può essere giudicato da te né nessun altro solo per le circostanze della sua nascita – cosa di cui non ha colpa". Puntò il dito verso di lei. "Inoltre sei stata tu quella che ci ha spinte verso quell'uomo spregevole. Tu eri stregata dal suo fascino. Sono felice di aver smesso di darti retta da molto tempo e di aver seguito il mio cuore".

"Mmm" La signora Jackson la guardò. "Sei sempre così schietta".

"Ci provo" – sorrise – "Ad ogni modo io e Matt ci sposeremo. Non ti preoccupare. Non mi aspetto che ti congratuli con noi".

Durante gli scambi di battute, tutti erano rimasti in silenzio, soprattutto Reese. Era come se stesse cercando di evitare l'attenzione di sua madre. Dane aveva intenzione di chiederglielo non appena ne avrebbe avuto l'occasione. Non era mai sembrata il tipo da rannicchiarsi in un angolo, ma era l'ombra di se stessa. Odiava vederla così sconfitta. La vera domanda era chi l'aveva ridotta così: Nolan, sua madre o entrambi?

"Se volete scusarmi, vado a finire di preparare la cena. Dovete essere a tavola alle sei in punto". Con quelle parole la signora Jackson scomparve. Sarebbe stata una serata infernale…


Вы ознакомились с фрагментом книги.
Для бесплатного чтения открыта только часть текста.
Приобретайте полный текст книги у нашего партнера:
Полная версия книги
(всего 340 форматов)