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"Alcune persone sarebbero state fiere per l'istruzione che hanno avuto alla Shelton Academy".
Non gli piaceva l'insinuazione dietro quella frase. Era uscita con Nolan e sapeva quanto fosse meschino per come l'aveva trattato. "Solo quelli che non sanno quanto tutti siano idioti".
"Non ho avuto nessun problema con loro, forse eri tu".
"Sì" – disse sarcasticamente – "Hai perfettamente ragione. Era colpa mia e meritavo di essere il loro sacco da box verbale ogni giorno per quattro anni". L'aveva considerata male in tutti quegli anni? Perché improvvisamente li difendeva e stava iniziando una lotta con lui? Cosa si era perso? Nolan l'aveva plagiata quando erano stati insieme? Scosse la testa, scacciando le domande dalla sua testa. Non importava realmente. Non l'avrebbe mai visto come un suo pari e lo aveva accettato da molto tempo. "Perché continui a guardarmi come se potessi ferire te o qualcun altro?"
"Sei tu?"
"Non ho mai…" Deglutì con forza. Davvero pensava che fosse capace di far del male a qualcuno? "Suppongo che tu abbia un motivo per farmi questa domanda. Perché non me lo dici?"
"Perché questa bambina ha dei lividi che somigliano ad un grande pugno, probabilmente maschile" – alzò il mento – "Quindi dimmi, quanto bene conosci la madre di Halie?"
Merda. Pensava che lui avesse abusato della bambina. Non lo conosceva per niente se pensava una cosa del genere. Cavolo, chi voleva prendere in giro? Reese non si era mai preoccupata di capire chi fosse realmente. L'aveva sempre guardato come un caso caritatevole. Almeno i suoi occhi color nocciola non riflettevano più pietà. Però non le aveva riposto. Era stato salvato dall'inferno oppure si era aperta la porta.
"Ah sei qui" disse entrando il suo partner Carter. Il suo sguardo si posò su Reese. Poi guardò Dane e sospirò. "Anche tu, stavo cercando entrambi".
"Cosa c'è?" – chiese Reese – "Sto lavorando, è meglio per te che sia importante".
"Ho delle cattive notizie…"
A quanto pareva era la specialità di quella giornata. "Spara" disse Dane. "Potresti anche strappare la benda e farla finita".
Carter non si trattenne e disse senza preamboli: "Nolan è scappato".
Cazzo. "Come?"
"Un pullman che lo stava trasportando in prigione si è capovolto una settimana fa. Avevano pensato che fosse scomparso".
Tutto il colorito scomparve dal volto di Reese. Dondolò sui suoi piedi, perse conoscenza, sarebbe caduta a terra se Dane non si fosse lanciato per prenderla. Anche se non si fidava di lui era sempre stato lì per lei. Era così innato in lui che non c'era un altro modo di essere. La prese tra le sue braccia e la cullò. "L'ho presa. Hai parlato con Claire?"
Scosse la testa. "Non risponde al cellulare. Ero già qui, ho pensato che avrei trovato prima voi due. Devo avvertirla…" Carter si tappò la bocca e poi si passò una mano tra i suoi capelli biondi. "Como farò a proteggerle tutte e due? Sono le mie sorelle…"
"Io ho Reese. Va' da Claire".
Annuì e uscì dalla stanza. Dane portò Reese sull'altro letto vuoto della stanza e la distese su di esso. Si era ripresa quasi subito e voleva essere lì a proteggerla – che le fosse piaciuto oppure no…
CAPITOLO 2
La maledetta tempesta che gli era piombata addosso stava per esplodere in un gran casino prima che la notte fosse finita. Carter fissò il semaforo rosso di fronte a lui e picchiettò il voltante con un gesto rapido. Claire non aveva ancora risposto al cellulare e Matt a quanto pareva l'aveva spento. Sperava che i due fossero insieme. L'alternativa… Non l'avrebbe nemmeno considerata. Il bastardo Nolan Pratt non avrebbe trovato un modo per ferire sua sorella. Finalmente era riuscita a trovare un po' di pace nella sua vita – la felicità che meritava.
La luce del semaforo divenne verde e premette sul pedale dell'acceleratore. La sua macchina stridette non appena aveva accelerato. Non era molto lontano dallo studio legale dove lavoravano Matt e Claire. Dovevano essere entrambi lì – a meno che Matt non fosse in tribunale. Aveva chiamato persino allo studio, ma aveva risposto la segreteria telefonica. La receptionist doveva essere in pausa pranzo. Il cuore gli batté forte nel petto quando vide lo studio legale. Posteggiò la macchina in un parcheggio e spense il motore. Per quanto lo volesse non corse fino all'edificio, ma camminò velocemente e sperava che la gente non lo guardasse come se avesse perso la testa. Perché chiaramente era così…
Carter aprì la porta e finì dritto contro Olivia West. Allungò la mano per aiutarla a rialzarsi. "Che diavolo fai?" urlò mentre le cadevano le cartelle che teneva in mano. "Che ti è preso?"
"Mi dispiace…" Si guardò intorno, cercando Claire o Matt. Di solito ne avrebbe approfittato per fare ad Olivia degli apprezzamenti sulla sua bellezza. Aveva attirato la sua attenzione, non voleva che lei. "Dov'è mia sorella?"
"È impegnata". Olivia fece un passo indietro, sistemandosi la camicia. "Non ama le interruzioni. Cosa c'è di così importante che ti ha fatto sbattere contro qualcuno con i tuoi bei muscoli?"
Carter era irritato dalle sue sciocchezze. Si lamentava sempre con lui per qualcosa. Forse era un po' sadico, ma a una parte di lui faceva piacere. Se non fosse così preoccupato per Claire avrebbe potuto divertirsi, ma non ne aveva il tempo. C'erano cose più importanti che ammirare una bellissima ed intelligente ragazza. "Non voglio ripeterlo. Dov'è Claire?"
"È in una… una…" – si schiarì la voce – "Lei e Matt sono in riunione nel loro ufficio".
"Era così difficile?" Si girò e si avviò verso l'ufficio di Matt.
Olivia si schiarì la voce. "Bussa prima di entrare".
La guardò sopra la sua spalla. "Non hai un posto dove stare?"
"Non esattamente" – mise le mani sui fianchi – "Speravo che fossi un gentiluomo e mi aiutassi a raccogliere le cartelle che mi sono cadute, ma mi sbagliavo. Avrei dovuto saperlo prima di aspettarmi qualcosa di remotamente cortese da parte tua."
Carter si strofinò la punta del suo naso con l'indice e il pollice. Che Dio lo salvasse… "Ti aiuterò a raccogliere i tuoi maledetti fogli una volta che avrò parlato con Claire. Certe cose sono più importanti di te e delle tue esigenze. Pensi mai agli altri, oltre che a te stessa?"
"Potrei farti la stessa domanda." Olivia West era la regina degli sguardi e avrebbe potuto fulminare un ragazzo. Lo sguardo che gli aveva fatto lo avrebbe abbattuto se non fosse stata una persona di scarso valore. "Ad ogni modo, pensa prima alle tue cose."
"Lo farò. Grazie mille". Ne aveva abbastanza delle sue stronzate.
Senza dire altro bussò alla porta di Matt. "Claire!" la voce di Carter era così forte che risuonò per tutta la stanza.
"Devi proprio urlare?" Olivia chiese sarcasticamente. "L'intero ufficio ti sentirà con questo tono".
Carter la ignorò come meglio poté, ma fu difficile con lei in piedi dietro di lui… Sentì un suono di voci smorzate. Almeno era sicuro che i due fossero in ufficio. Pensò che forse potesse esserci qualcun altro, ma quali erano le probabilità? Bussò ancora una volta, sperando di accelerare il processo. Aveva già provato ad aprire la porta ma era chiusa a chiave. Poteva buttarla giù oppure essere paziente e aspettare che qualcuno venisse ad aprire. Finora era calmo, ma non lo sarebbe stato per molto. Se nessuno di loro avesse aperto subito, l'avrebbe presa a calci.
"Qual è l'emergenza?" Matt disse dopo aver aperto. Era in piedi sull'uscio della porta e lo fissava. "Eravamo nel bel mezzo di una cosa".
Carter guardò Claire che era in piedi vicino alla scrivania di Matt dall'altro lato dell'ufficio. Il fatto che si stesse abbottonando la camicia non passò inosservato. Era impegnata sì… Ma non con qualcosa inerente al lavoro a quanto pareva. Non poteva fargliene una colpa. Se avesse trovato l'amore della sua vita, probabilmente avrebbe fatto la stessa cosa che stavano per fare o che avevano appena finito di fare. Gli scoppiava la testa solo a pensarci. Non voleva pensare troppo a lungo alla vita sessuale di sua sorella. "Devo dirvi una cosa".
"Prima noi" disse Claire. Le sue labbra si distesero in un ampio sorriso. Sollevò la mano e la agitò di fronte a lui. I suoi biondi capelli ricci erano scompigliati, ma non era mai stata così raggiante. "Guarda".
Carter guardò l'anello al suo dito. Era un grande solitario quadrato con una fascia d'oro giallo. Scintillava sotto la luce ed era quasi più brillante del suo sorriso. "Hai detto sì finalmente?"
Oscillò la testa su e giù con entusiasmo. "Ci sposiamo". Claire quasi urlò per la gioia.
"Congratulazioni!" Olivia si avvicinò a loro. "Fammi vedere l'anello".
Prese la mano di Claire per esaminarlo. Sua sorella emanava praticamente felicità mentre permetteva ad Olivia di guardarlo. Cos'era quella smania delle donne per gli anelli di fidanzamento?
Odiava che avrebbe dovuto rovinarle quel momento di felicità. Lo uccideva nel profondo. Era così dannatamente felice e c'era solo una cosa che l'avrebbe distrutta. Se avesse potuto evitarlo lo avrebbe fatto, ma la sua sicurezza era in pericolo e non avrebbe rischiato la sua vita per niente. "Sono felice che finalmente l'abbiate ufficializzato". Lo era davvero, maledetto Pratt e il suo tempismo.
"Ma non stai sorridendo". Fece un passo in avanti. "Deve essere una cosa seria. Di che si tratta?"
Matt lo guardò e aggrottò la fronte. "Claire ha ragione. Sembra che tu abbia ingoiato qualcosa di brutto e che stia per sputarlo fuori. Che è successo?"
"Si tratta di Nolan".
Olivia e Claire trasalirono nello stesso momento. Sua sorella si portò la mano al petto e la tenne lì. "Non è una cosa buona, vero?" Olivia fece un passo in avanti e la abbracciò.
Carter scosse la testa lentamente. "Temo di no".
"Ti prego dimmi che è morto. So che è ingiusto, ma c'è ancora del buono nella mia vita". Le labbra di Matt formarono una linea sottile bianca. "È l'incarnazione del male".
Carter non poteva non essere d'accordo con lui. Era il peggiore dei mali. Aveva ucciso e torturato molte donne. Claire sarebbe stata una di quelle sfortunate ragazze se non fosse stato per Matt e per la sua agilità.
"Vorrei poterlo dire". Davvero lo voleva. Il suo lavoro era quello di difendere la legge ma Nolan era stato una di quelle persone per cui sarebbe andato contro la legge. Aveva ferito la sua famiglia e voleva che quell'uomo pagasse. Si era detto a se stesso che il sistema giudiziario avrebbe fatto giustizia ed era così. Nolan avrebbe dovuto marcire in prigione per molto tempo. "Temo che sia peggio di quanto immagini".
"Non lo so, immagino molte cose". Matt guardò Claire poi di nuovo Carter e chiese: "Dobbiamo preoccuparci?"
"Sì" rispose.
Claire imprecò e iniziò a camminare per la stanza. La sua mano tremava mentre cercava di passare una ciocca di capelli dietro il suo orecchio. Si fermò al centro della stanza. Aveva il mento all'insù e chiese: "Cosa ha fatto stavolta?"
"È complicato, ma per farla breve… beh, non è più in prigione"
"Allora dove diavolo è?" domandò Matt.
"Non lo sappiamo." Cavolo, odiava quella parte. "Potrebbe essere dovunque".
"Wow" – Olivia disse sarcasticamente – "Che ne dite di una ronda di applausi per il genio nella stanza?" batté le mani ruotando le braccia. "Forse ci potresti dire cosa stai facendo a riguardo?"
Carter iniziò a chiedersi cosa lo avesse attratto di lei. Più parlava e più voleva che chiudesse il becco. La sua pungente sagacia lo colpì proprio nello stomaco. La cosa triste era che non poteva fare niente, oltre ad avvertire le sue sorelle e sperare che la polizia di stato lo trovasse prima che potesse far del male a qualcuno, o peggio. Erano tutti consapevoli che non aveva una coscienza e non c'era modo di prevedere quello che avrebbe fatto. Aveva già commesso un omicidio e aveva dimostrato a tutti che non aveva problemi a sporcarsi le mani.
"Lo stanno cercando tutti" – sospirò – "È stato istituito un numero di emergenza per tutti quelli che sappiano dove si trovi. Oltre a questo non c'è nient'altro che possiamo fare. Gli indizi hanno portato ad un vicolo cielo ed è ancora in libertà".
"Che ne sarà adesso di Claire e Reese?" – disse Matt – "Di sicuro andrà a cercare una di loro, se non entrambe".
Claire iniziò ad agitarsi e si sedette sulla sedia più vicina. "Non posso farlo di nuovo". La sua voce tremava mentre parlava. "A malapena sono sopravvissuta l'altra volta. Com'è potuto succedere?"
Carter voleva rimangiarsi tutto e dirle che era uno scherzo di poco gusto. Che Nolan non era scappato di prigione e che era ancora rinchiuso in una cella. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per far svanire tutto. Odiava che aveva ferito sua sorella in quel modo. Aveva sempre fatto del suo meglio per proteggerla e aveva fallito. "Ti prometto che non mi fermerò finché non lo avrò trovato. Non gli permetterò di toccarti mai più".
"Non puoi fare questa promessa" – disse Claire – "Nessuno può. Forse dovrei andarmene finché non sarà arrestato".
"Non puoi vivere così". Olivia si morse il labbro inferiore. "E se non lo prendessero mai? Scapperai per sempre? Che ne sarà del tuo matrimonio?"
"Che ne sarà?" Claire fece un respiro profondo. "Comunque non voglio una grande cerimonia. Possiamo fare una vacanza, forse andare a Las Vegas. Mentre siamo lì possiamo sposarci in segreto e poi andiamo in luna di miele. Se siamo fortunati, Nolan sarà in carcere quando saremo tornati".
"Odio dirlo…" Carter disse tutto d'un fiato. "Ma non è una cattiva idea. Perché non chiami nostra madre e le fai organizzare una cena di famiglia? Dobbiamo parlarne prima e poi, sì, andate fuori città per alcuni giorni".
Se fosse rimasta non sarebbe stato capace di proteggere sia lei che Reese. Dane lo avrebbe aiutato, ma dovevano essere tutti insieme nello stesso posto. Non c'era un rifugio abbastanza grande perché potesse accadere. Logisticamente sarebbe stato meglio se si fossero separati, allontanando uno dei bersagli dalle vicinanze.
"Non sono sicuro che l'idea di sposarci in segreto mi piaccia" replicò Matt. "Ma mi piace sapere che molto presto diventerai mia moglie. Vorrei che lo facessimo in circostanze migliori".
"È vero" – concordò Claire – "Possiamo decidere dopo se vogliamo sposarci. Ad ogni modo la vacanza si farà". Si girò verso Olivia e la guardò. "Lascerò tutto nelle tue mani, dovrai informare Dani della situazione e fare in modo che Amy rimandi tutti i nostri appuntamenti. Se si deve risolvere una questione te ne occuperai tu, Dani si occuperà di tutto il resto".
Daniella Sousa lavorava con Matt nello studio legale. Non aveva fatto molto da quando aveva creato la sua fondazione, ma ogni tanto si occupava dei casi più gravi. Carter non sapeva molto di lei, sapeva solo che era la figlia perduta della famiglia Brady. Lo aveva scoperto quando le loro strade si erano incrociate sette mesi prima. Aveva da poco sposato l'amore della sua vita ed era felice.
"Me ne occuperò io" disse Olivia. "Prenditi tutto quello che ti serve prima di partire. Vedrò dopo Carter".
Lui roteò gli occhi e disse a Claire: "Chiamami dopo che avrai parlato con mamma. Vado a controllare Reese e dirle dei tuoi piani".
"Dio mio, non ci avevo nemmeno pensato a lei…" Claire deglutì. "E se lui andrà da lei invece che da me?"
"Starà bene" suo fratello la rassicurò. "Dane è con lei, la proteggerà. È testarda, non lascerà i suoi pazienti. Sai com'è fatta".
"Lo so" – disse Claire – "Va bene. Promettimi che mi chiamerai ogni giorno mentre siamo via, altrimenti ritornerò. Ho bisogno di sapere che siete tutti al sicuro".
Annuì. "Hai la mia parola. Ora devo andare". Carter la abbracciò e poi si girò per andarsene. Olivia gli stava alle calcagna per assicurarsi che se ne andasse davvero. Voleva proprio sapere quale fosse il suo piano. Si fermò sulla porta, raccolse tutti i fogli e li mise ordinatamente uno sopra l'altro, poi glieli diede. "Ecco qui. Non dire che non faccio niente per te". Era divertito che in qualche modo li avesse lasciati per terra per seguirlo nell'ufficio. Forse gli piaceva più di quanto desse a vedere.
Spalancò la bocca ma non disse nemmeno una parola. Forse c'era qualcosa di buono in quella giornata, dopotutto. Per la prima volta aveva lasciato Olivia West senza parole. Carter sorrise mentre si avviava alla sua macchina. Forse sarebbe stato abbastanza fortunato da far accadere di nuovo quel miracolo. Ora, però doveva prendere un criminale, non c'era tempo da perdere. Olivia avrebbe dovuto aspettare, ma presto avrebbe risolto le cose con lei.
Prima non doveva preoccuparsi delle sue sorelle né di un assassino maniaco… Il lavoro di un agente di polizia non sarebbe mai finito e alcune volte sentiva come se non riuscisse più a sopportare il suo lavoro. Sperava di avere la forza per affrontare quella situazione e che, alla fine, tutti sarebbero sopravvissuti.
CAPITOLO 3
Dopo che Reese ebbe finito di esaminare Halie, andò nel reparto degli infermieri per ordinare dei test. Lana stava digitando sulla tastiera di uno dei computer quando si fermò. I suoi capelli rossi erano raccolti in una coda di cavallo. Aggrottò la fronte fissando il monitor. Se Reese avesse avuto una rapporto più stretto con l'infermiera, le avrebbe chiesto cosa la preoccupasse, ma considerando che erano solo delle conoscenti si trattenne.
"Vorrei che questi test per Halie Morris siano pronti quanto prima". Consegnò la cartella a Lana. "Li ho segnati. Puoi farmi sapere quando i risultati sono pronti?"
Lana prese il fascicolo dalle sue mani e guardò le annotazioni. "Cosa pensi che non vada in lei?"
"Preferirei non dirlo finché non ne so di più". Aveva i suoi sospetti… Il problema era che non sapeva se voleva che fossero certi o sperare che qualcuno avesse abusato di lei. Se quella piccola bambina avesse quello che Reese pensava… Avrebbe potuto sopravvivere alla malattia, forse. Per quanto l'abuso fosse brutto, almeno avrebbe avuto una possibilità di vivere. Le autorità avrebbero potuto intervenire e portarla in un luogo più sicuro. Una malattia era più difficile da combattere. Lana, guardando i testi che le aveva chiesto, probabilmente aveva capito a cosa stesse pensando. L'infermiera era troppo brava nel suo lavoro per dirlo apertamente. Avrebbe tenuto i suoi pensieri per sé e protetto la paziente. Reese l'aveva sempre rispettata per quello. Forse avrebbe dovuto provare ad esserle amica. Avrebbe potuto aver bisogno di una buona amica… C'era un tempo in cui aveva sempre potuto contare su sua sorella, ma aveva distrutto qualcosa di importante nel loro rapporto quando aveva frequentato Nolan. Cosa di cui si pentiva ogni giorno. Come aveva fatto ad innamorarsi del suo falso fascino?
Claire non sarebbe mai stata così cattiva da allontanare Reese per sempre dalla sua vita; però, non era più disponibile con lei come prima. Almeno aveva trovato il vero amore con Matteo Price. Erano così disgustosamente innamorati che le fece venire i complessi. Avrebbe mai trovato il vero amore? Avrebbe saputo riconoscerlo se lo avesse trovato? Alcuni giorni non pensava di meritarlo e altri sperava di averne la possibilità. Prima di poter avere qualche possibilità di una vita romantica, aveva bisogno di lavorare su se stessa e di farsi degli amici. Era per questo che era ancora in piedi nel reparto degli infermieri cercando di capire cosa dire. "Hai bisogno di qualcos'altro? Chiese Lana.
"No, cioè…" – si morse il labbro inferiore – "Potrebbe sembrare un po' affrettato, ma…"
"Ti preoccupi per la bambina". Lana ridacchio e si passò una mano sul grembo. Doveva essere almeno al sesto mese…
"Uhm, beh…" Lo era, ma non era quello che avrebbe voluto dirle. A dire il vero, non sapeva nemmeno lei cosa voleva dire. "Sono curiosa. Tu e Sullivan avete fatto in fretta".
Mentre parlava, l'amore che provava per suo marito traspariva nel suo tono di voce. "Sully non è uno che perde tempo una volta che sa cosa vuole. Me, il bambino e tutto ciò che ne consegue, ce la sta mettendo tutta senza ripensamenti". Le sue labbra si distesero in un sorriso dolce, quasi romantico. Quello che condividevano… era abbastanza da farle sperare che avrebbe trovato anche lei qualcosa di così bello, ma allo stesso tempo capì che sarebbe stato impossibile. Le relazioni non sono uguali e cercare di imitare quella di Sullivan e Lana era inutile. Eppure, le faceva desiderare di trovare il suo vero amore.
Reese non riusciva a capire cosa avessero quei due. Non aveva mai amato come loro. Com'era essere così innamorata da essere disposta a morire per l'altro? Molte coppie ad Envill avevano passato momenti infernali e ne erano usciti grazie all'amore dei loro cari. Lana e Sullivan non erano diversi. Avevano dovuto combattere i loro demoni, ma ora stavano per avere un bambino.
"Capisco" mormorò Reese, ma non era vero. "Sai cos'è?"
Almeno quello sembrava un argomento abbastanza sicuro. Molte persone erano curiosi di sapere il sesso del bambino. "Sì" disse Lana e poi sorrise. "È un neonato".
"Ah ah ah" – roteò gli occhi – "Intendevo è un bambino o una bambina?"
"Lo so. Ti sto dando del filo da torcere. Sullivan e io abbiamo deciso che sarà una sorpresa. Non saremo delusi, ma almeno abbiamo un 50% di possibilità" – strizzò l'occhio – "Penso che lui voglia che sia un maschio. Conto i giorni finché non sarà più un parassita che risucchia l'energia dentro di me. Non capire male, sono entusiasta di diventare mamma, ma sono sempre stanca".
"Non lo so…" Beh, in qualche modo lo sapeva. Alla facoltà di medicina aveva studiato cosa succede ad una donna incinta. Non aveva però avuto un'esperienza di prima mano. Lana sembrava davvero stanca. "Forse dovresti riposare".
Lana fece un respiro profondo. "Non iniziare anche tu. Sto bene e sto iniziando a pensare che non importa quanto dormo, sono sempre stanca". Le sue mani si muovevano veloci sulla tastiera mentre lei inseriva i test richiesti nel file della paziente. "Ma se sei davvero preoccupata per me perché non ti unisci a me e Jessica a pranzo? Potrebbe servirmi un buffet".
"Per cosa?" L'ultima volta aveva saputo che Lana e Jessica erano migliori amiche. "Pensavo ti piacesse".
"Sì" la rassicurò Lana. "Ma è iperprotettiva da quando ha scoperto che sono… sai…" Si guardò intorno, poi mise una mano sulla bocca e disse in un sussurro "Incinta".