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Cuori Svelati
Si udirono urla nel caos. La sua gola era secca e la sua vista—Dio, non vedeva niente. Qualcosa di liquido gli bagnava il volto. Matt cercò di sollevare la mano ma non riuscì a muoverla. In quel momento si rese conto che le urla provenivano dalle sue labbra, e che era quasi certo che non avrebbe vissuto abbastanza a lungo per dire a Claire che l’amava…
“Matt, svegliati” ordinò Claire.
Non si mosse. La sentiva chiamarlo vagamente. Voleva andare da lei, ma era difficile. Il suo corpo era congelato nell’incubo dell’incidente. La fatica di liberarsi e raggiungere la realtà impiegò ogni briciolo della sua volontà. L’incubo era qualcosa che cercava di evitare, ma che lo perseguitava comunque. Era il tormento con cui viveva ogni giorno. Pensava che quel giorno sarebbe morto, eppure era ancora vivo. I rimpianti che aveva realizzato di avere in quel momento non se n’erano andati.
La differenza era che ora non pensava di meritarsi Claire. Non ne era degno, e non aveva il diritto di dirle quanto il suo amore per lei fosse cresciuto con gli anni. Lui si meritava qualcuno meglio di lui. Matt aprì gli occhi al suono della voce di lei. Sbatté le palpebre diverse volte, ma davanti a lui vedeva comunque tutto sfocato. Il colore biondo oro dei suoi capelli si mescolava al suo viso. Se non fosse stato abituato alla sua voce, non avrebbe avuto idea che davanti a lui si trovava Claire.
“Che succede?” le domandò alzando la mano per asciugarsi il sudore da un sopracciglio. “Perché mi hai svegliato?”
“Stavi urlando”. Gli passò le mani fredde nei capelli bagnati dal sudore. “Era come se…” s’interruppe e rimase in silenzio per qualche momento. “Che cosa stavi sognando?”
La sua voce era colma di preoccupazione. Odiava il fatto che tutto ciò che lui faceva sembrava preoccuparla. Matt non voleva dirle dell’incubo. Lo tormentava molto più di quanto volesse ammettere, ma questa era stata la prima volta in cui si era palesato con Claire presente. Era il suo fardello, e non l’avrebbe sporcata con la bruttezza dello stesso, ed era qualcosa che non poteva essere cambiato. Il risultato era la sua nuova realtà. Aveva tamponato quell’auto, ed il camion dietro di lui aveva tamponato il suo veicolo. La conseguenza era stata una reazione a catena di gomme stridenti, metallo piegato e vetri rotti. Allontanò l’immagine e riportò l’attenzione su di lei. “Non è niente di cui ti devi preoccupare”.
“Troppo tardi” sbuffò lei. “Sono preoccupata. Non puoi fare in modo che io smetta di tenere a te solo perché ti mette a disagio”.
Matt avrebbe desiderato poterla tirare a sé e baciarla. Era una pessima idea. La cosa peggiore che avrebbe potuto fare in quel momento. Quante volte doveva ricordare a sé stesso che lei meritava molto meglio di lui? Aveva avuto la sua possibilità e l’aveva sprecata. Come avrebbe potuto sapere che la vita gli avrebbe messo davanti una difficoltà di proporzioni epiche? Non c’era modo di saperlo. Lei doveva andare avanti con la sua vita e trovare qualcun altro, perché Matt non sarebbe stato nient’altro che un fardello. Non poteva aspettarsi che Claire si sarebbe presa cure di lui per il resto della sua vita. Se avesse avuto l’occasione di rimettersi in sesto e scoprire chi era adesso, l’avrebbe dovuto fare da solo. Era ora di smettere di compatirsi e ricominciare a vivere. Ciò significava che Claire doveva andarsene, e lui doveva imparare come vivere senza di lei. L’amava—forse l’avrebbe sempre amata, ma non poteva più dipendere da lei. Matt si era preso cura di sé stesso per anni, e si ricordava eccome chi era.
“Hai ragione” certo che aveva ragione. Non significava però che lui sarebbe dovuto essere il soggetto del suo ricordarselo giornalmente. “Non ti avevo detto di andare? Che ci fai qui?”
La donna sospirò. “Credo di averti detto che tu potrai vincere la battaglia, ma io vincerò la guerra”.
Giusto. Aveva detto qualcosa del genere. Beh, poteva lasciare che lei pensasse che i due fossero coinvolti in un match che avrebbe decretato un vincente, ma la verità era che non ne sarebbe valsa la pena. Claire doveva comprendere ciò che lui aveva già fatto. “Non c’è nessuna guerra”.
“Certo che sì. Prima hai delimitato i confini. Io ho colto il guanto di sfida”.
Matt chiuse gli occhi e prese un respiro profondo. “Pensavo veramente ciò che ho detto. Forse mi sono espresso male”.
Lei emise una risata nasale. “C’è un solo modo per esprimersi al riguardo”.
“Ad ogni modo…” sentii un muscolo della sua mascella contrarsi quando un dolore lo pervase all’interno. Era più difficile di quanto pensasse. “Ho bisogno che tu vada a casa. Non posso averti qui tutti i giorni”.
Claire rimase in silenzio alle sue parole. A che cosa stava pensando? Matt desiderava più di ogni altra cosa vedere il suo volto. Il suo bellissimo viso a forma di cuore che lo perseguitava. Almeno poteva trovare rifugio nei suoi ricordi, ma non era la stessa cosa come vivere la vita al presente. Claire illuminava il suo mondo come niente e nessun’altro. Sfortunatamente lui rabbuiava invece quello di lei. Non poteva permettere che i suoi problemi ricadessero più su di lei. Matt doveva andare avanti con la propria vita. Non poteva sapere che cosa essa avesse in serbo per lui. Avrebbe o non avrebbe potuto riacquistare la vista. Era qualcosa che solamente il tempo avrebbe potuto rivelare. Nel frattempo doveva pianificare ogni possibilità.
“Non mi chiedi della mia giornata?”
Che cos’era esattamente? Una distrazione? Una mancanza? Non poteva lasciare che questo cambio d’argomento facesse in modo che i suoi desideri fossero ignorati. “Non ignorare ciò che ho detto solo perché non ti piace”.
Lei si alzò dal letto facendolo rimbalzare indietro dallo scompenso del peso. Quando Claire finalmente parlò, sembrava come se si trovasse dalla parte opposta della stanza. Si voltò nella direzione della voce. Un flash di rosa e nero, ed una luce splendente l’avvolse in un’aura dorata. La luce del sole che filtrava dalla finestra donava ai colori un tono più vibrante. Le diverse sfumature quasi bruciavano la sua vista facendogli venire voglia di allungarsi verso di lei e toccarla.
“Ho visto Dani oggi”.
Si morse il labbro. Forse l’avrebbe lasciata parlare un po’ più a lungo. Avevano sparato a Dani ed era quasi morta. La sua migliore amica, e l’unica persona sulla quale era stato in grado di contare nel corso degli anni. “Come sta?”
“È a casa, prova ancora dolore, ma sta organizzando il suo matrimonio”.
Gli angoli della bocca di Matt s’inclinarono in alto. “Non ho mai pensato di vederla legarsi ad un uomo per il resto della sua vita”.
Il sorriso sulle sue labbra cadde alle sue stesse parole. Non l’avrebbe vista perché la sua vita continuava ad eluderlo. Voleva guardarla percorrere la navata. Matt desiderava vedere la felicità brillare sul suo volto. Per tutto il tempo in cui era stato in ospedale, aveva desiderato aprire gli occhi per riuscire finalmente a vedere tutto. Dani e Ren che si erano trovati nel bel mezzo del caos, ed avevano scoperto qualcosa di molto più bello. Per quanto Matt fosse felice per lei, era altrettanto disperato per sé stesso. L’autocommiserazione non aveva mai fatto bene a nessuno, quindi allontanò i pensieri negativi.
“Non hanno stabilito una data certa, per quanto ne so. Dani deve ancora guarire”.
“Già”. Matt odiava l’idea che la sua migliore amica stesse soffrendo, e non poteva aiutarla in nessun modo. Almeno poteva trovare conforto nel sapere che l’uomo responsabile dell’atto si trovava in prigione e non le avrebbe più fatto del male.
Claire si schiarì la voce e poi disse, “Ad ogni modo, mi sono fermata da lei per consegnarle dei documenti dall’ufficio”.
Matt s’accigliò. Non aveva considerato lo stato delle cose in ufficio. Poiché entrambi erano feriti, lo studio sarebbe andato in pezzi. Dani era appena stata dimessa dall’ospedale. “Non dovrebbe lavorare nelle sue condizioni”.
“Non essere ridicolo. Non andrà in tribunale” sospirò Claire. “È ancora in grado di pensare e recensire dei documenti. Dalle un po’ di fiducia per il fatto di aver mantenuto il suo intelletto e la sua abilità di usare il cervello con il quale è nata”.
Accidenti. Aveva ancora ragione. Avrebbe dovuto smetterla di ribattere, intanto che c’era. “Scusami. È—beh—mi preoccupo”.
Claire scoppiò a ridere. “Non saresti tu se non ti preoccupassi. Dani sta bene. Ha il suo dottore personale che si prende cure di lei”.
Una fitta di dolore lo raggiunse al cuore. Non era niente di più di un accenno d’invidia. Desiderava ciò che Dani aveva. La gelosia non era qualcosa con cui solitamente lui aveva avuto a che fare, eppure non poteva sopprimere ciò che provava al momento. Forse quando si sarebbe rimesso in senso l’avrebbe avuto anche lui. Fino ad allora avrebbe solamente dovuto sperare di rispettare le sue aspettative. “Quando ti trasferisci?”
“Siamo già ritornati su quello?”
“Non ce ne siamo mai allontananti” scosse il capo. “Non ho intenzione di lasciar stare”.
Che cosa doveva fare per farle capire? Era così testarda, meravigliosa e bellissima. Ovviamente l’ultimo aspetto rappresentava solo un ricordo.
Gli altri aggettivi invece erano evidenti ogni giorno. Claire sopportava molto da parte di Matt. Era ora che lei ricominciasse a vivere. Dovevano farlo entrambi.
“Che ne dici se intavoliamo questa discussione dopo la tua prossima visita con Ren?”
Lui fece per interromperla, ma lei non glielo concesse.
“Non cercare di convincermi. Non me ne andrò a meno che lui non dica che non è un problema lasciarti solo. Parlerò anche con la tua dottoressa e con Lana. Se tutti e tre sono d’accordo, allora me ne andrò”.
“D’accordo” si trovò d’accordo con riluttanza. Avrebbe telefonato a tutti e tre per assicurarsi personalmente che potessero essere d’accordo sul fatto che avrebbe potuto vivere da solo. Matt non voleva pensare a questa cosa fra di loro come una guerra, ma non significava che non potesse attuare delle strategie meglio di un generale pluridecorato. “Accetto questi termini”.
Specialmente se intendeva utilizzarle a proprio favore.
CAPITOLO CINQUE
Matt venne sospinto in avanti quando l’auto urtò un piccolo dosso mentre Claire manovrava l’auto nel parcheggio dell’ospedale. Era il giorno in cui avrebbe appreso se la sua vista stava migliorando o se…deglutì il nodo alla gola. L’alternativa non era qualcosa a cui voleva dar voce. Era inaccettabile considerare il fatto che avrebbe potuto non vedere mai più. La vista offuscata che aveva dovuto sopportare durante il mese precedente era fastidiosa, e non aveva percepito segni del fatto che stesse guarendo.
L’auto si fermò. “Sei pronto per entrare?” domandò Claire.
No, non lo era. Non del tutto. In ospedale avrebbe o ricevuto belle notizie—o le peggiori. Ad ogni modo non era certo di essere sicuro di volerne sapere qualcosa. La sua vita era stata un limbo per troppo a lungo. Non ne aveva però parlato. L’ultima cosa che voleva fare era riversare tutte le sue ansie su Claire. Le avrebbe dato un’ulteriore ragione per restare a controllarlo. “Certo”. Alzò la mano e cercò la maniglia all’interno della portiera. “Andiamo a vedere il Dottor Sousa”.
“Ti posso aprire io la portiera”.
“No” sbottò lui. Contrasse con forza la mascella. “Riesco ad aprirmi da solo la dannata portiera”.
Posò la mano sulla maniglia e tirò. L’aprì e prese un respiro profondo. Tutto era molto più difficile di com’era prima, ma non era invalido. Poteva fare certe cose, e non aveva bisogno che Claire lo aiutasse anche nei minimi aspetti.
“Matt…”
L’ignorò e scese dal veicolo. Poi si rese conto che aveva bisogno di lei. Non aveva idea di dove si trovassero nell’affollato parcheggio, figurarsi individuare l’ingresso dell’ospedale. Accidenti, era così frustrante. Si appoggiò alla portiera ed attese che Claire si posizionasse al suo fianco. Ogni minuto in cui rimaneva inerte e dipendente da qualcun altro lo irritava sempre di più.
“Scusami” sospirò lei. “Non è mia intenzione darti fastidio”.
“Tranquilla” rispose, ed un muscolo della sua mascella si contrasse. Non voleva le sue scuse. “Adesso possiamo entrare?”
Gli cinse la vita con un braccio e cominciarono a camminare. Matt distingueva alcuni oggetti. La maggior parte di loro dedusse che fossero auto nel parcheggio. Non che potesse vedere la loro forma, ma aveva senso. I diversi colori erano evidenti, ma dopo un po’ presero a mescolarsi uno nell’altro. Udì le porte slittare ed aprirsi, ed entrarono. Claire lo guidò in ogni passo del tragitto, lungo il corridoio, sull’ascensore e finalmente nello studio di Ren.
“Ren?” Claire busso alla porta.
“Entrate” rispose il dottore.
Matt le concesse di aiutarla ad entrare. Si allungò e tastò la sedia prima di accomodarcisi lentamente. “Hai buone notizie?”
Avrebbe desiderato vedere l’espressione sul viso di Ren. L’avrebbe aiutato a comprendere. Basarsi solamente sul suo tono di voce non gli avrebbe dato la possibilità di capire il quadro completo. Si trattennero poiché non volevano indispettirlo. Anche Dani aveva tentennato attorno al problema in modo che Matt non si dovesse preoccupare. Era la sua vita quella che era stata irrevocabilmente cambiata dall’incidente.
“Ci sono stati dei miglioramenti negli ultimi raggi che abbiamo fatto”.
Perché non sembrava felice? La sua voce era piatta come sempre. Perché non era qualcosa per cui festeggiare? Ogni miglioramento era qualcosa per cui aveva pregato ogni volta in cui era venuto ad un controllo dai dottori e durante gli incessanti test. Il suono blando della voce del Dottor Sousa lo faceva irritare. I pami delle sue mani erano umidi—Matt se li asciugò sui pantaloni e disse, “è una bella cosa, vero?”
“I tuoi test vanno bene” Ren s’interruppe. “Infatti mi aspettavo che la tua vista progredisse un po’ di più perché appunto, le analisi vanno bene. Mi preoccupa il fatto che la tua vista non sia migliorata”.
Matt rilassò la schiena sulla sedia ed assimilò le parole del Dottor Sousa. Doveva stare meglio…eppure così non era. Che cazzo si doveva fare di tale informazione? Era difettoso. Beh, se si guardava in tal modo—lo era. Fare tutto nel modo più complicato era il proprio modo di vivere la vita. Sembrava una buona idea arrampicarsi sulla collina quando avrebbe potuto scivolare giù dalla stessa facilmente. Forse era un modo testardo del suo corpo di agire come il suo solito.
“Che cosa significa?”
Udiva il fruscio dei fogli, ma oltre a ciò l’accoglieva solo il silenzio. Gli vennero le vertigini ed ondeggiò. Allungò il braccio e si issò alla scrivania di Ren. Ragnatele d’incertezza colmavano la sua mente. Sarebbe stato sempre così? Sarebbe guarito, eppure non era ancora successo. Che brutte notizie stava per dargli Ren?
“Matt?” Claire attirò la sua attenzione, nella sua voce era impressa preoccupazione. “Che cosa sta succedendo?”
Scosse il capo, “sto bene”.
“Non sembri stare bene. Non è il momento di trattenersi”.
Matt strinse la mano attorno al bracciolo della sedia. Non aveva bisogno di questo. “Claire, lasciami solo con Ren. Devo parlargli in privato”.
“Non…”
“Va’” ordinò lui, interrompendo la sua obiezione. “Ritorna fra poco”.
“Se ne sei sicuro” la sua voce era esitante. Sentì poi le scarpe di lei spostarsi sul pavimento. Claire si abbassò e gli mise una mano sulla spalla. Era immobile, forse cercava una ragione per restare. Nessuna quantità di esitazione gli avrebbe fatto cambiare idea. Se non fosse stato scortese lei avrebbe trovato un modo per restare, e lui non poteva far sì che ciò accadesse.
“Lo so”. I muscoli della sua mascella s’indurirono. “Non sei necessaria qui”.
Claire soppresse un sussulto dalla sorpresa alle parole di lui. La sedia di Claire indietreggiò quando si alzò in piedi. “Ren, mi puoi chiamare quando hai finito? Ho bisogno di un po’ d’aria fresca”.
“Sì, certo” disse Ren. “Non dovremmo metterci troppo”.
I tacchi delle sue scarpe produssero un morbido rumore mentre se ne andò, ma Matt non tentò nemmeno di guardarla andarsene. Sembrava che fosse un comportamento inutile, poiché la sua vista continuava ad eluderlo. Era questo adesso, ed era ora di accettarlo. Claire sarebbe dovuta uscire dalla sua vita. Era l’unica scelta che ancora le restava.
“Siamo soli” cominciò Ren. “Mi vuoi dire che cosa succede nella tua testa?”
Dove cominciare? La sua vita faceva schifo. Non aveva idea di che cosa avrebbe fatto. Claire era la donna che voleva, e non credeva di poterla raggiungere. Non aveva niente da offrirle. Oh, e la cecità era più o meno permanente.
“Voglio che mi spieghi senza mezzi termini. Che possibilità ci sono di sistemare ciò che non va in me?”
“Credi che vedrai offuscato per il resto della tua vita, vero?” domandò Ren con fare calmo. “La mia onesta opinione è che è questo il tuo problema”.
Che diavolo significava? “Non ti sto seguendo. Che cosa c’entra? Non ha senso”.
“Per farla semplice, non c’è un motivo medico dietro la tua continua cecità. Tutti i testi hanno mostrato che sei guarito e che le ferite si stanno sgonfiando. Sei sano, ed i tuoi occhi dovrebbero esserlo altrettanto”.
Ma. Che. Cazzo? “Allora per favore spiegami perché i miei occhi si rifiutano di cooperare”.
Ren sospirò. “Non lo so, ma credo sia psicologico”.
Il buon dottore stava dicendo che era malato di mente? Dopo aver considerato le cose doveva concedergli che aveva ragione. “Spiegami. Che cosa devo fare per riacquisire la vista? È possibile?”
“Sì, con l’ausilio della terapia dovrebbe esserlo”.
Matt prese un respiro profondo. “Non stai parlando di terapia fisica, vero?”
Forse era una bella idea vedere uno strizzacervelli. L’incidente l’aveva danneggiato in molti modi. Gli incubi continuavano ad assillarlo ogni notte. Non voleva parlarne con Claire, ma un professionista sarebbe stato necessario per mettersi tutto alle spalle.
“No. Ti consiglio uno psichiatra. L’incidente ti ha messo alla prova. Ti aiuterà in molti modi. Che sia ciò che ti blocca emotivamente—ti potrebbe aiutare a mettertelo alle spalle. Dopo che sarai guarito in ogni aspetto credo che riacquisirai la vista”.
Il disagio lo pervase. “La fai sembrare semplice”.
“Niente di tutto ciò sarà semplice. Non è semplice come guarire qualcosa di fisico. È tutto mentale, e non guarirai a meno che non sarai pronto. In qualche modo è molto più difficile di ciò che faccio io. Ho molto rispetto per coloro che gestiscono le complessità della personalità, del carico emotivo ad ogni altro aspetto psicologico. Non è una scienza esatta”.
Una parte di lui non comprendeva come ciò che Ren stava dicendo potesse essere possibile. Perché mai impedirebbe a sé stesso di vedere? Era tutto ciò per cui aveva pregato da quando si era svegliato nel letto d’ospedale con le garze che ricoprivano ogni centimetro del suo viso. Se avesse riacquistato la vista sarebbe stato in grado di rivendicare la propria vita—e forse avrebbe potuto smettere di comportarsi da coglione con Claire. Odiava la sua attitudine con lei più di ogni altra cosa. Non si meritava di soffrire tutta la frustrazione di lui. Era uno dei motivi per il quale voleva che Claire se ne andasse e trovasse qualcos’altro su cui concentrarsi. Ma se la sua condizione fosse stata psicologica, forse avrebbe iniziato a lavorare su qualsiasi cosa la bloccasse. Che parte di lui era così danneggiata da non far migliorare la sua vista?
“Quindi la tua opinione di esperto è che sono una persona fottuta, ed il mio problema va oltre le tue capacità”.
“Capisco perché piaci a Dani” rise Ren. “Ma sì. Non c’è niente di medico che possa fare per te. Vuoi che chiami la Dottoressa Adams e fissi un appuntamento?”
Davvero? Una parte di lui voleva correre urlando nella direzione opposta. Non farlo. Continuare a correre e non guardarsi indietro—era l’unica cosa che si vedeva in grado di fare. Gli ci volle tutto dentro di sé per non arrendersi al bisogno. La verità era che era molto più che spaventato di cercare di farcela da solo piuttosto che vedere uno strizzacervelli. Che cos’avrebbe fatto se fosse riuscito a trovare un modo per uscire dallo studio di Ren? Forse sarebbe andato a sbattere contro il primo muro e si sarebbe ferito nuovamente il suo cervello già danneggiato. La cosa non gli lasciava molte opzioni. Infatti per quanto ne sapeva ne aveva solamente una.
“Sì. Prendi l’appuntamento”.
Ren sollevò il telefono e si accordò con la dottoressa. Matt lo ascoltò parlare con la segretaria. “Grazie, Christie. Dì a Marlee di chiamarmi se avesse delle domande”.
“Ecco fatto”. Ren strappò il foglietto sul quale aveva scritto. Il suono della carta che veniva stracciata riempì le orecchie di Matt. “Vuoi che lo dia a Claire?”
“No” contrasse la mascella con forza. “Dallo a me”.
Ren porse a Matt il foglietto. Dopo averlo stretto nella mano lo infilò nella tasca dei pantaloni. “Voglio che tu dica a Claire che sto abbastanza bene per non avere una babysitter in pianta stabile”.
“Sei sicuro che sia una buona idea?”
“Non posso più averla nella mia casa” Matt voleva che lo lasciasse in pace—il che non era completamente vero, ma era per il meglio. Lei si meritava molto di più di ciò che lui aveva da offrirle. Se fosse riuscito a riacquistare la vista, allora forse…non ci voleva pensare. Desiderare qualcosa non la faceva accadere, e gli conveniva andare avanti come meglio poteva. Senza Claire. “Non sarò in grado di concentrarmi con lei in casa. Sono assistito anche da altri, ma non voglio qualcuno in casa mia tutto il giorno”.
Ren tamburellò sulla scrivania con qualcosa. Forse una penna? Cliccava in un ritmo che era quasi ipnotizzante, riempiendo il silenzio mentre attese che il dottore rispondesse. Tap. Tap. Tap. Matt si concentrò sul suono e si ricordò di avere pazienza, il che non era il suo forte, ma era qualcosa di necessario tutto il tempo. Dopo qualche secondo Ren interruppe finalmente il tamburellare e rispose, “Accetterò ad una condizione”.
“Tutto quello che vuoi” rispose Matt. Avrebbe venduto la propria anima pure di ottenere ciò che voleva. “Dimmi”.
“Chiamami se avrai bisogno di qualcosa. Mi sentirò meglio sapendo che avrai qualcuno che ti controllerà almeno una volta al giorno. E prima che tu possa obiettare, non deve essere Claire. Fissa degli appuntamenti con Lana o Dani quando si sarà ripresa. Non m’importa chi sia, a patto che tu accetti. Non sei pronto per stare completamente solo”.
“M’inventerò qualcosa” a Matt non piaceva la cosa, ma avrebbe preferito che fosse un medico a controllarlo piuttosto che Claire. “La terapista occupazionale viene già tre giorni alla settimana. Lana due volte. Ho i weekend liberi”.
“Io e Dani possiamo venire di domenica. Trova qualcun altro per il sabato e siamo a porto”.
Matt sorride. “Grazie, Ren. Come sta Dani?”
“Bene. È un po’ testarda, irascibile e autoritaria”.
“E la ami” gli angoli della bocca di Matt si contrassero in alto. Era geloso, ma anche felice per la sua migliore amica.
“La amo. L’ho sempre amata” commentò Ren. “So che le piacerebbe vedere come stai, quindi sarà felice di sapere che ti verremo a trovare tra un paio di giorni”.
“Mi manca. Dille di non fare troppo” scoppiò a ridere. “So che è più facile a dirsi che a farsi. Sono consapevole di quando possa essere testarda”.
Matt aveva incontrato Dani al college, ed erano diventati migliori amici. Frequentarono la stessa facoltà e poi aprirono lo studio associato nella loro città natale. Ren era stato il suo migliore amico alle superiori e l’uomo che avrebbe sempre conservato il suo cuore. Dani pensava di aver perso la sua occasione con lui, ed era andava avanti come meglio aveva potuto. La vita però aveva avuto altri piani per lei, e si era assicurata che ritrovassero il modo per stare insieme. Ora erano gioiosamente innamorati e stavano programmando di trascorrere il resto della vita insieme.
“È vero. Vuoi che chiami Claire?”
Il sorriso di Matt scomparve dal suo viso. Claire sarebbe stata incazzata con lui. Non aveva voluto lasciarlo solo con Ren, ma non aveva avuto scelta. Era stato l’unico modo per assicurarsi che non si sarebbe intromessa quando Matt avrebbe chiesto a Ren di supportare la sua decisione di stare solo.
“Sì, scrivile. Forse risponderà più velocemente in tal modo” disse. Doveva affrontare la realtà. “Sono pronto per andare a casa”.
E spiegare a Claire perché doveva lasciarlo stare e vivere la propria vita. Non era stupido. Sapeva che lei lo amava tanto quanto lui amava lei. Ma questo era l’unico modo. Con il tempo avrebbe compreso.