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Le avventure dei Principi Amir & Akhmed. Il Diaspro rosso e la strega Luthien
Le avventure dei Principi Amir & Akhmed. Il Diaspro rosso e la strega Luthien
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Le avventure dei Principi Amir & Akhmed. Il Diaspro rosso e la strega Luthien

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Di queste pratiche di magia bianca avevano tratto grande giovamento tutti gli abitanti dell’isola di Cora, dove Luthien aveva vissuto per molti anni, insieme a tutta la sua particolare e numerosa famiglia.

Purtroppo, il libro non spiegava il motivo per cui, improvvisamente, la strega aveva subito un radicale cambiamento e si era trasformata “nell’l’angelo del male”.

Giunto all’ultima pagina Amir lesse la famosa profezia e immaginò di essere lui l’eletto. Nel libro si descriveva fin nei minimi particolari il Diaspro rosso, di cui lui non aveva mia sentito parlare prima. Adesso il mistero più grande da risolvere era trovare questo talismano.

Ma dove cercarlo?

Istintivamente, iniziò a ripetere sempre la stessa frase.

“Una tragedia sfiorata… un talismano. Una tragedia sfiorata… un talismano…”.

All’improvviso ebbe un sussulto, come se fosse riuscito a risolvere quell’intricato e misterioso enigma.

“Ci sono… ci sono…», iniziò ad urlare a voce alta, “come sono stato stupido a non averci pensato prima. La tragedia sfiorata in mare con mio fratello Akhmed… è quello il posto… e lì che si trova il potente talismano… il Diaspro rosso. Io l’ho visto… io l’ho visto!! Domani mattina presto uscirò in mare e cercherò nelle profondità degli abissi… così come recita la profezia”.

Capitolo settimo

IL DIASPRO ROSSO

“Dov’è… dov’è…», si sentiva riecheggiare nella stanza.

Il principe Amir si aggirava tra le sue cose buttando all’aria tutto ciò che gli capitava tra le mani, come se stesse cercando il bene più prezioso del mondo.

“Dov’è il Libro dei ricordi… maledetti… ridatemelo subito o vi farò fucilare… anzi impiccare all’albero più alto dell’isola… e dopo vi fucilo… personalmente…”.

Proprio nel momento in cui pronunciava quelle minacce si materializzò la figura del capo bibliotecario: Ermes il greco.

“Mio principe”, si affrettò a tranquillizzarlo, “il libro è già al sicuro ed in buone mani. Se desidera… mi troverà in biblioteca ad aspettarla. Penso che sia giunto il tempo per una lunga e approfondita chiacchierata da fare insieme”.

Amir si voltò sorpreso e puntò il suo sguardo diritto verso di lui, aggrottò le sopracciglia e irrigidì la mascella, poi lo redarguì violentemente: “Fino a prova contraria sono ancora il principe ereditario di quest’isola… anzi… tra non molto tempo diventerò il re di Astagatt e nessuno… soprattutto un capo bibliotecario come te… può dirmi cosa devo o non devo fare!!”.

“Caro principe”, replicò Ermes, “la responsabilità per la custodia di questo preziosissimo libro mi è stata affidata da suo padre, il re Mohammed, lo stesso giorno in cui presi servizio nella biblioteca reale. Solo il sovrano può autorizzare qualcuno a consultare il testo. Purtroppo Lei ha sottratto il libro con l’inganno e di questo dovrà rendere conto direttamente a suo padre quando ritornerà dall’isola di Cora. Adesso mi scusi ma il dovere mi chiama”.

Amir non potette fare altro che osservarlo, immobile, mentre si allontanava dalla stanza con il libro sotto al braccio.

Fu in quel momento che decise che fosse giunto il momento di attuare il suo piano. Doveva assolutamente trovare il Diaspro rosso e dimostrare a tutti, suo padre compreso, che lui era l’unico e solo eletto indicato nella profezia. Si vestì rapidamente con gli abiti tipici di Astagatt e si avviò verso l’uscita segreta del palazzo reale, quella stessa che utilizzava tutte le volte che desiderava camminare per la citta senza essere riconosciuto dai passanti.

Al porto si fermò al cantiere navale dove procedevano febbrili i lavori di potenziamento della flotta. Qui poté ammirare la costruzione della nuova nave ammiraglia a cui era stato dato il nome di sua madre “Regina Adeela”. Un velo di commozione sembrò scendergli sul viso ma riuscì a farsi forza per non piangere.

Sua madre era partita già da due settimane e la mancanza dei genitori iniziava a farsi sentire.

Girò i tacchi e si avviò verso la bottega del panettiere dov’era sicuro che avrebbe potuto respirare l’odore del pane fresco appena sfornato.

Diego, il fornaio, si divertiva a preparare delle pagnottelle dalle forme più curiose e strane, ma pur sempre buonissime.

Proveniva da una nobile famiglia, di lontane origini italiane, e avrebbe potuto seguire la strada professionale del padre: diventare ambasciatore.

Al contrario, scelse di frequentare l’Accademia di belle arti perché sognava di diventare il pittore più famoso dell’intero arcipelago.

Un giorno, mentre era diretto a scuola, incontrò l’amore della sua vita Maria “La Cinesina”, così soprannominata a causa della forma dei suoi occhi dal taglio tipicamente a mandorla.

Purtroppo il loro amore fu contrastato dal padre di Diego a causa delle umili origini della ragazza. Inoltre, non desiderava affatto imparentarsi con una famiglia di provenienza cinese. Diego non volle sentir ragioni e decise di sposarla contro il volere di tutti. Per questo motivo fu allontanato dalla sua famiglia e diseredato di tutti i suoi averi, tranne per una piccola cifra che, per la legge dell’isola, ogni primogenito aveva il diritto di ereditare al compimento dei diciotto anni.

Con quei soldi Diego Costa ebbe la possibilità di organizzare un modesto ma divertente matrimonio per la sua Maria e di prendere in affitto un piccolo forno a legna, vicino al porto, dove iniziò a lavorare come fornaio per mantenere la sua nuova famiglia. La coppia ebbe fortuna. Gli affari andarono molto bene tanto che Diego, in poco tempo, diventò il panettiere ufficiale di palazzo reale.

Le sue pagnottelle non avevano eguali sull’isola ed erano famose, soprattutto, le sue ciambelle condite alla “Vergara”, la rara spezia. Ma, come purtroppo accade nella vita, l’infame destino era in agguato.

La moglie Maria, dopo aver partorito senza alcun problema la prima figlia Jasmine, morì dando alla luce Fatima, la figlia più piccola, a causa di complicazioni sorte dopo il parto.

Da quel giorno, negli occhi azzurro cielo di Diego, scese un perenne velo di tristezza.

Amir, fin da bambino, aveva frequentato la sua panetteria e qui aveva conosciuto Fatima. Tra i due nacque subito una forte simpatia tanto che, ogni volta che poteva, si recava in quella panetteria solo con la speranza di poterla rivedere. In quelle occasioni doveva essere sempre accompagnato dal capo della sua scorta personale, il fedele “Colosso”.

Quando non gli veniva concesso dal re il permesso di uscire, allora s’intrufolava nelle cucine reali nella speranza che, con l’arrivo di Diego e il suo pane, ci fosse anche la bella Fatima. Il principe, in quelle circostanze, si accontentava di lanciare solo dei brevi ma intensi sguardi che la silenziosa ragazzina ricambiava, con un sorriso misto di timidezza e vergogna.

Tutti a palazzo sapevano della passione di Amir per la figlia del panettiere, compresi i suoi reali genitori. Un giorno Re Mohammed volle parlare con suo figlio per metterlo in guardia dai facili innamoramenti.

In quella occasione gli rammentò il suo rango e gli disse che molto presto gli sarebbe succeduto sul trono di Astagatt. Doveva rinunciare a Fatima, immediatamente, perché quello era un amore impossibile, mentre doveva occuparsi solo della bellissima Sofia, sua promessa sposa.

Amir rimase molto impressionato dal discorso di suo padre tanto che, per alcuni mesi, si tenne a debita distanza dalla panetteria e fece di tutto per dimenticarla. Si concentrò nello studio e nello sport, più di quanto non avesse mai fatto in tutta la sua vita.

Ma tutto fu inutile.

Il suo ultimo pensiero, prima di addormentarsi, era sempre per lei, la bella figlia del panettiere. La sua immagine gli frullava nella testa come quei ritratti di fanciulle dal volto angelico che, fin da piccolo, aveva visto appesi nella sala del trono.

Amir allontanò da sé quei ricordi e si diresse velocemente verso la casa di Diego il fornaio. Nel suo elaborato piano anche Fatima avrebbe avuto un ruolo importante. Doveva solo trovare il modo per incontrarla da sola e convincerla a seguirlo senza fare troppe domande. Non era solo l’aspetto fisico di quella ragazza ad attirarlo come una calamita, ma anche la sua caparbietà e tenacia nel fare le cose. Con il suo aiuto, probabilmente, sarebbe riuscito nell’impresa di ritrovare il Diaspro rosso.