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Calore
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Calore

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“Mi hanno sparato, ringhiato contro, quasi graffiata e coinvolta in un’esplosione.” disse Envy con un sorriso, che però scomparve quando vide lo sguardo sul viso della sua amica. “Sto bene, davvero.” aggiunse rapidamente.

Ignorando Envy, Tabatha si limitò a fissare Devon quando tornò nella stanza. “Dove diavolo eri quando Envy è stata ferita?” Non poté farne a meno. “Lei è la mia migliore amica e dovresti prenderti cura di lei!”

Trevor sorrise tra sé, felice che qualcuno, oltre a lui, desse finalmente a Devon una più che meritata sgridata.

“A lottare per le nostre vite.” disse Devon in sua difesa. “Non ho potuto raggiungerla, ma Winnie the Pooh qui l’ha portata in salvo.”

“Sì, dopo che Hello Kitty ha lasciato che si allontanasse da lui.” concluse Trevor, cercando di non ridere al pensiero che Devon credeva ancora che fosse un orso mannaro...Se solo Devon sapesse la verità su ciò che era realmente. La voglia di ridere svanì quando il suo sguardo tornò su Envy. Se Devon avesse saputo la verità, allora lo avrebbe saputo anche Envy ed era stanco di farsi sorprendere a mentire.

Tabatha ed Envy si scambiarono uno sguardo rassegnato ed Envy mimò la parola ‘aiuto’ sapendo che Tabby avrebbe capito.

“Ehi Trevor, puoi darmi uno strappo a casa?” chiese Tabatha, cercando di allontanare Trevor dalla stanza prima che Devon gli staccasse la testa...o che Envy desse i numeri con entrambi.

Trevor sospirò ed infilò le mani in tasca. “Certo, scendo e metto in moto l’auto.”

Dopo che Trevor se ne andò, Envy diede a Tabby uno sguardo di sollievo. “Grazie!”

Tabatha sorrise. “Non ringraziarmi perché adesso mi dovete un favore.”

“Ti darò tutto quello che ho!” esclamò Devon con un sorriso.

“Compresa Envy?” chiese Tabatha, con gli occhi scintillanti.

“Neanche per sogno.” rispose Devon, facendole l’occhiolino.

Tabatha si finse delusa. “Beh, questo toglie tutto il divertimento.”

Envy ridacchiò quando Tabatha uscì impettita dalla stanza, fingendo di sbattere la porta nel mentre.

Capitolo 2

“Mettimi giù, succhiasangue impazzito!” gridò Alicia, graffiando la schiena di Damon dalla spalla su cui lui l’aveva issata. Nel momento in cui si era resa conto che non erano diretti al Night Light voleva che lui si fermasse...ovviamente volere ed ottenere erano due cose diverse. “Voglio andare da Micah!”

“Michael mi ha detto di riportarti qui e qui resterai.” ordinò Damon, entrando con calma nella stanza di Alicia. La gettò sul letto e sussultò quando le sue unghie gli lasciarono lunghi segni sulla schiena. Ringhiando aggiunse “Non credo che il tuo ragazzo rimarrà troppo deluso se arriverai con ritardo nel suo...letto.”

Alicia sbuffò e cercò di precipitarsi giù dal letto, ma Damon la afferrò immediatamente con le mani ben salde sulle spalle.

Damon guardò verso di lei, cercando ancora una volta di lanciarle il suo incantesimo addomesticante. “Dannazione, ti ho detto di fermarti!”

“Non sono un cane, io sono un gat...” La mente di Alicia si svuotò per un attimo mentre lo fissava, guardando il modo in cui i suoi capelli pendevano lungo quel viso perfetto. Sentì qualcosa nella bocca dello stomaco risvegliarsi con desiderio. Abbassando lo sguardo sulle sue labbra, ricorse all’unica cosa a cui riuscì a pensare per scacciare dalla mente il pensiero di baciarlo...l’aggressione.

“Tu non sei il mio padrone!” Alicia lo colpì al petto, ma se ne pentì quando Damon chiuse gli occhi per il dolore e si chinò verso di lei.

“Ti hanno mai sculacciata per farti crescere?” ringhiò Damon tutto sudato. Si rotolò via da lei per sdraiarsi supino.

“Ti piacerebbe.” Alicia aggrottò la fronte, chiedendosi come fosse possibile che l’avesse appena portata dall’altra parte della città come un uomo di Neanderthal, e ora sembrava che stesse per svenire solo perché lei lo aveva colpito. “Stai bene?” chiese lei con sospetto, non volendo sentirsi in colpa per la propria reazione.

Damon aprì gli occhi solo per trovarsi faccia a faccia con un stupido orsacchiotto. I suoi occhi di ametista si limitarono a leggere il collare che esso indossava...c’era scritto ‘Micah’...

“Sto alla grande...e tu?” le rispose mentre si metteva a sedere, chiedendosi perché finiva sempre per essere coinvolto con gli esseri umani...soprattutto le donne. Portano solo guai. Alzandosi, si diresse verso la porta sperando di non fare qualcosa di patetico, come svenire. “Se provi a lasciare questa casa prima che torni Michael ti farò mangiare quell’orsacchiotto.”

Alicia guardò la porta finché non se ne fu andato, poi alzò un sopracciglio verso il suo innocente orsacchiotto “Beh, io so quello che ho fatto...ma tu che hai fatto per farlo incazzare?”

Roteò gli occhi e si allungò per accendere la lampada. Damon l’aveva gettata sul letto così in fretta che non avevano nemmeno acceso la luce. Stava per prendere l’orsacchiotto ma si bloccò quando qualcosa sul letto attirò la sua attenzione. Proprio lì dove Damon era steso c’era una macchia rossa recente. Allungò la mano e stava per toccarla quando si ritrasse.

Alzandosi dal letto, Alicia uscì sul balcone e scivolò verso l’altra porta a vetri che conduceva in camera di Damon. Quello che vide le fece crollare il cuore sul pavimento.

Damon sbatté la porta della camera da letto e si strappò via la camicia nera, lanciandola nella stanza. Così facendo, alcuni proiettili rimasti all’interno della camicia colpirono il pavimento e le pareti. Il suo corpo li stava costantemente spingendo fuori dalla sua carne nel tentativo di guarire. Lui fece un respiro profondo e guardò le ferite sanguinanti con doloroso disgusto. Erano i proiettili ancora in espulsione ad impedire alle ferite di chiudersi.

Vedendo un proiettile fuori a metà dal petto, lo estrasse completamente. Con l’altra mano strinse il palo del letto così forte che il legno cominciò ad incrinarsi e rompersi. Se non fosse per il sangue del licantropo che aveva prosciugato prima, adesso sarebbe inginocchiato ad urlare come un dannato. A pensarci bene, probabilmente non sarebbe affatto uscito da quella villa.

Il sangue di un essere paranormale era più potente del sangue umano, ma era ovvio che, se voleva guarire più velocemente, allora doveva trovare altro sangue. Nessuno l’aveva mai accusato di essere paziente.

Con un grugnito, Damon lasciò cadere sul pavimento il proiettile che aveva appena estratto e andò all’armadio per prendere un’altra camicia. Tutto quello che trovò furono alcuni pullover...ne prese uno nero dalla gruccia e lo indossò prima di dirigersi verso il balcone.

Alicia teneva la mano sulla bocca per non piangere, vedendo le numerose ferite sul petto di Damon. Alcuni fori di proiettile erano ancora sanguinanti e alcuni stavano effettivamente spingendo i proiettili fuori dalla sua pelle. Non c’era da stupirsi che si fosse contorto quando lei l’aveva colpito. Sentì un lampo di dolore afferrare il proprio petto. Come poteva essere stata così crudele?

Fece per aprire la porta ma si fermò quando Damon si voltò, afferrò un maglione dall’armadio e lo infilò. Voleva piangere davvero quando vide la sua schiena insanguinata, che era messa peggio del suo torace. Quante volte lei lo aveva colpito sulla schiena prima che entrassero nella sua stanza. Alicia sentì le ginocchia indebolirsi a quel pensiero.

Quando lui si diresse verso il balcone, lei si spostò rapidamente e si girò, appoggiandosi al muro di mattoni tra le due camere. Portandosi una mano sul proprio petto illeso, trattenne il fiato e sperò che lui non uscisse e la sorprendesse a spiarlo.

Il panico cedette rapidamente il posto al dolore...poi alla rabbia e alla confusione. Damon le aveva mentito alla villa...tutto quel sangue era suo. Perché lo aveva fatto? Perché l’aveva protetta e non le aveva detto di essere ferito? Avrebbe potuto essere ucciso...e per cosa? Per salvarla?

Gli occhi di Alicia si spalancarono quando il balcone improvvisamente si aprì e Damon saltò sulla balaustra della terrazza guardando la strada sottostante. Era in equilibrio sulla solida ringhiera ma, prima che potesse saltare, sentì la sua presenza dietro di sé. Poteva sentire tutte quelle emozioni nella sua aura e sospirò...era stanco e ferito e non aveva più voglia di lottare con lei stasera.

“Michael ha cancellato il loro ricordo di te lì stasera. Se torni da Micah prima che ti chiamino...annullerai tutto quello che lui ha fatto per aiutarti. Se non vuoi restare per me...allora fallo per Michael, almeno.” Detto questo, Damon saltò giù dal balcone sull’erba.

Alicia sussultò e corse alla ringhiera di pietra, guardando giù mentre lui cadeva ciecamente. I suoi occhi si spalancarono e si aggrappò alla pietra quando capì che la cieca caduta di Damon non era così cieca come pensava. Le sue braccia si allargarono e sembrò che stesse attirando le ombre intorno a sé, avvolgendole strette...poi svanì prima di colpire il suolo.

Alicia lo cercò nell’oscurità, pronta a seguirlo quando lo avrebbe visto, ma non c’era niente... …nemmeno il rumore dei passi. Si sentiva dispiaciuta per lui e per il dolore che lui stava sopportando per colpa sua.

Si avvolse le braccia intorno, sentendosi improvvisamente più sola di quanto si aspettasse e desiderò disperatamente che lui non fosse andato via. Doveva dirgli che le dispiaceva...voleva dirgli grazie e in realtà voleva colpirlo di nuovo per non averle detto che era ferito. Dove stava andando? Cosa facevano i vampiri quando erano feriti?

Lui voleva che restasse lì e facesse quello che Michael aveva chiesto. Con un sospiro, decise di obbedire per una volta...ma non lo faceva per Michael.

Dando le spalle al balcone, Alicia tornò nella sua stanza e si sedette sul letto. Fissò il telefono per qualche istante, chiedendosi cosa avrebbe dovuto se avesse squillato. Avrebbe dovuto rispondere? E se non fosse Michael? Cosa sarebbe successo se qualcuno come Warren o Quinn avesse chiamato Michael e avesse risposto lei al telefono?

Damon aveva ragione...doveva abbastanza ad entrambi da dover aspettare almeno la mattina, prima di prendere decisioni o fare qualcosa che non avrebbe dovuto. Ricordò il tono della voce di Michael quando aveva detto a Damon di portarla a casa. Nessuno la voleva lì stanotte, tranne Damon forse...un’altra cosa di cui avrebbe potuto ringraziarlo.

Desiderando che il tempo passasse più in fretta, si alzò e indossò una maglietta sottile. Tirando le coperte sul letto, si distese e cercò di mettersi a dormire. Presto iniziò a fare troppo caldo, anche se aveva lasciato il balcone aperto per far entrare la brezza fresca. Per quasi un’ora si girò e si rigirò, e alla fine alzò una mano per asciugarsi il sudore sulla fronte.

La sua pelle era più calda di quanto avrebbe dovuto essere, così allontanò le coperte nel tentativo di raffreddarsi. Frustrata, sistemò le coperte finché non furono come un lungo cuscino poi rotolò su un fianco, abbracciandolo e poggiandoci una gamba sopra. Iniziò a muoversi contro la coperta, gradendo quella sensazione tra le cosce e le strinse ancora più forte.

Gli occhi di Alicia si spalancarono quando improvvisamente riconobbe i sintomi di quello che le stava accadendo. Aveva letto a riguardo e lo aveva visto con una delle sue compagne di scuola.

“No...” sussurrò, sentendo la paura assalirla a quel pensiero. “Ti prego, fa’ che io non sia in calore.”

*****

Damon attraversava la città tra le ombre, dirigendosi verso i quartieri più malfamati in cerca di qualcosa o qualcuno da uccidere. Cercò di allontanare Alicia dalla sua mente, ma sembrava che più tempo passava accanto a lei, più profondamente lei si infiltrava sotto la sua pelle. La cosa più strana era che...a lui questo piaceva.

Aveva basato la propria vita sul non preoccuparsi di niente...e di nessuno. Era anche orgoglioso di averla usata come regola per prendere quello che voleva. Lui voleva lei e lei doveva smetterla di tentare il diavolo. Quando era saltato dal balcone, pregò che lei fosse abbastanza intelligente da non seguirlo. Fortunatamente, la ragazza aveva un po’ di auto-conservazione.

Finalmente lui raggiunse il suo obiettivo: una zona degradata di Los Angeles. Damon rimase sul ciglio buio del marciapiede, sorridendo quando le auto della polizia passavano e tutti sparivano. Non appena i poliziotti furono lontani, la feccia sarebbe uscita dal nascondiglio e si sarebbe rimessa all’opera come al solito.

Damon sogghignò verso due donne poco vestite e continuò a camminare mentre loro cercavano di attirarlo con i loro corpi. Forse qualche settimana prima avrebbe potuto prendere la cosa in considerazione, ma adesso...non voleva avere niente a che fare con l’altro sesso. Il pensiero di prosciugare una di loro gli diede un po’ il voltastomaco.

Girando un angolo, Damon notò due teppisti più avanti ed entrambi lo guardavano mentre si avvicinava. Adesso era questo di cui aveva più voglia.

“Come va?” chiese uno con voce profonda. Infilò le mani nelle tasche della giacca, in attesa di vendergli un po’ di roba. Quando vide lo sguardo nei suoi occhi selvaggi lasciò perdere, pensando che questo ragazzo avesse già preso la sua roba altrove.

Damon non rispose e continuò a camminare. Sapeva cosa stava per accadere e aspettava con ansia. Questi due ragazzi erano probabilmente i re di questa strada, con muscoli possenti e scuri occhi inespressivi. Poteva sentire l’odore di sangue vecchio sui loro vestiti e vide le nocche rovinate, proprie dei bulli. Sì, probabilmente si consideravano delle leggende.

“Ehi.” gridò il secondo “Il mio amico ti ha fatto una domanda.”

“E il mio silenzio avrebbe dovuto fargli capire che non ero dell’umore adatto.” lo avvertì Damon, poi girò la testa per guardarli. Fece un sorriso malvagio, con le zanne che brillarono alla luce soffusa del lampione, quando essi videro le iridi rosse nei suoi occhi. “Tuttavia, una cena con entrambi mi sta bene.”

Damon si mosse rapidamente, afferrando il primo e prosciugandolo in meno di un minuto. Iniziò a sudare per il dolore quando altri proiettili iniziarono ad uscire più velocemente e caddero a terra con udibili tintinnii metallici. Inclinando la testa, rise senza fiato prima di lasciar cadere l’uomo morto.

L’eco del secondo uomo che scappava attirò la sua attenzione e Damon corse dietro di lui, avvolgendosi di nuovo nelle tenebre per nascondersi nell’inseguimento. Il dolore e l’adrenalina mantenevano i propri livelli.

Raggiunse il robusto delinquente e lo seguì per qualche istante, godendo dell’odore della paura. Quando l’uomo iniziò a rallentare Damon ridacchiò nell’oscurità, portando l’uomo a correre di nuovo. Sì, era questo quello di cui aveva bisogno...liberare il mondo da un paio di delinquenti mentre si nutriva del sangue necessario per guarire.

Iniziando ad annoiarsi dell’inseguimento, Damon raggiunse l’uomo e lo scagliò in un vicolo. C’è da dire che la lotta dell’umano fu valorosa, ma in confronto alla forza superiore di Damon...il risultato fu inevitabile.

Alla fine, la lotta dell’uomo cessò e Damon lo lasciò cadere sul cemento. Durante la lotta, piccoli pacchetti di polvere bianca erano caduti dalle tasche dell’uomo insieme ad una mazzetta di soldi abbastanza spessa e ad una pistola. Damon si inginocchiò accanto al cadavere e, usando un angolo della camicia, si ripulì il viso da qualsiasi prova, prima di prendere i soldi e infilarseli nella tasca posteriore, poi si allontanò.

Raggiungendo l’ingresso del vicolo, Damon infilò le mani in tasca ed iniziò a camminare lungo il marciapiede come se non gli importasse di nulla. Ora che il suo bisogno di uccidere e di nutrirsi era stato parzialmente soddisfatto, poteva scegliere la sua prossima vittima con un gusto più piacevole.

Misery aveva osservato l’intera scena tra il vampiro e i due esseri umani che lui aveva scelto come vittime. Voleva avvicinarsi a lui ma era troppo debole per farlo. Invece, si soddisfò alimentandosi con la paura dei due umani mentre il vampiro li prosciugava. La loro morte era stata deliziosa.

L’incontro con Kane quella sera l’aveva costretta ad usare a tutto il potere che aveva accumulato da quando era fuggita dalla grotta. Quando aveva combinato il proprio potere con il sangue di Kane, aveva usato quasi tutto quello che aveva. Creare crepe nelle pareti dimensionali di questo mondo era un processo noioso e ci sarebbe voluto molto più potere di quello che aveva al momento. Poteva sentire il male in questa zona e sapeva di aver risvegliato alcuni dei demoni più deboli che dormivano qui.

Doveva essere più forte per assottigliare le pareti a sufficienza affinché i demoni dall’altra parte se ne accorgessero e ne approfittassero. Se i demoni erano abbastanza potenti...avrebbero completato la crepa dall’altro lato e si sarebbero uniti a lei in questo mondo.

Mentre la sua dimostrazione non era sufficiente per fare ciò che voleva, il male in questa città stava prolificando e non ci sarebbe voluto molto per riportare il proprio potere al livello necessario. Una volta raggiunto quel livello...avrebbe cercato di rompere nuovamente le pareti di questa dimensione. L’aura di questo vampiro non era gustosa come quella di Kane, ma la somiglianza e il potenziale del rito del sangue c’erano sicuramente.

Questo vampiro...anche se aveva mostrato un lato sadico che piaceva a Misery...il suo potere era completamente diverso da quello di Kane. Lei sapeva già come sfruttare il vero potere di Kane, ma più guardava l’anima di questo, più vedeva la pericolosa verità. Il potere che questo possedeva poteva essere rilasciato solo proteggendo qualcosa che ama. Era un potere inutile poiché la creatura reprimeva tale emozione.

Dopo aver studiato il vampiro per qualche istante, Misery decise che era meglio se egli rimanesse senza amore, perché semmai avesse sfruttato tale emozione...il suo potere sarebbe stato illimitato.

Damon sentiva odore di vampiri senz’anima svolazzare intorno a lui e nei vicoli bui. Per un attimo pensò di liberare la città da alcuni di loro, ma decise che aveva già fatto la sua buona azione quel giorno. Se volevano nutrirsi della gentaglia di quest’area, allora chi era lui per fermarli? Non che lui non avesse fatto la stessa cosa. Mentre continuava a camminare, altri proiettili caddero dalla camicia e colpirono il terreno, tintinnando sul marciapiede come ricordi dimenticati.

I peli sulla nuca di Damon si rizzarono e lui smise di camminare, girando la testa da un lato all’altro...si sentiva osservato. Alla fine, girando la testa indietro, i suoi occhi si restrinsero quando vide una sagoma informe, in agguato sul tetto dell’edificio accanto.

Tornando indietro nelle ombre, Damon avvolse l’oscurità attorno a sé, odiando che in questa città non ci fosse privacy con tutti quei dannati esseri paranormali in giro. Prima di venire qui, non era mai stato a contatto con mutanti né caduti. Nel suo paese, i mutanti erano stati scacciati nell’antichità ed erano abbastanza intelligenti da non tornare. Non si era mai reso conto di quanto patriottico fosse mentre ripuliva una terra.

Non era mai stato un viaggiatore del mondo come Kane e Michael...non quando si divertiva così tanto lì dov’era. Ma non era un mutante quello sul tetto...era un caduto, e non era uno degli uomini che aveva visto in chiesa. Questo doveva essere quello fuggito.

*****

Zachary fece un sospiro di sollievo quando l’ultimo giornalista finalmente si annoiò e lasciò la sua, tra virgolette, scena del crimine. Riportò la propria attenzione sui vigili del fuoco coperti di fuliggine e fece una smorfia apatica. Poverini, non avevano avuto la possibilità di domare quell’incendio, anche se sembravano grati che non fosse divampato oltre i confini della tenuta di Anthony Valachi. Zachary sorrise quando vide quello per cui stava aspettando.

Aveva creato un incendio così potente che sapeva che non ci avrebbe messo molto a bruciare tutto quello che c’era. Lo aveva fatto per due motivi. Uno era per pietà degli umani che sacrificavano la propria vita quotidianamente giocando con il fuoco, e l’altro era per distruggere ogni prova che gli umani non dovevano trovare...incluso corpi per l’autopsia o ossa da esaminare.

“Sembra che si stia spegnendo.” disse Chad avvicinandosi a Zachary. “Mi sorprende che Trevor non sia qui.”

“Oh, c’era.” Zachary sorrise. “L’ultima volta che l’ho visto stava trascinando tua sorella fuori di qui, così io ho potuto accendere il fuoco.”

“Cosa?” urlò Chad, poi si avvicinò in modo che nessuno potesse sentirlo. “Sono qui da una dannata ora e solo adesso mi stai accennando che mia sorella è stata quasi uccisa stasera?”

“Il proiettile l’ha solo sfiorata.” Zachary amava prendersi gioco del nuovo arrivato. Si sentì un po’ in colpa quando Chad sbiancò in viso. “Rilassati, sta bene.”

“Sei un coglione.” gli disse Chad senza rimorso.

“Mi è stato detto di peggio.” Zachary scrollò le spalle. “Ma per adesso puoi chiamarmi ‘capo’. Ho velocizzato la tua pratica quindi è fatta. Non lavori più per il dipartimento di polizia. Loro lavorano per te e tu lavori per la CIA, per quanto gli riguarda. E questo rientra sotto la giurisdizione della CIA, poiché si tratta di un caso di mafia.”

“Quindi cosa dovrei fare adesso?” chiese Chad, sentendosi un po’ perso e pensando segretamente a come picchiare il giaguaro per aver messo di nuovo in pericolo sua sorella.

“Goditi la promozione perché ti lascio gestire questo per stanotte.” Zachary gli diede una pacca sulla spalla, prima di aprire la portiera dell’auto e scivolare dentro. Contò fino a tre prima che Chad bussasse al finestrino. Abbassandolo, inarcò un sopracciglio.

“Che cosa gli dico?” Chad chiese Chad.

“Qui sta il colpo di genio. Non puoi fornire informazioni in questo momento.” Zachary rise e rialzò il finestrino, poi rise di nuovo quando Chad diede un calcio al suo pneumatico mentre lui sgommava.

Il suo sorriso svanì quando fu solo con i propri pensieri. Sapeva che buona parte del branco di lupi era innocua e che era solo agli ordini dell’alfa, ma il resto potrebbe volersi vendicare per la morte di Anthony Valachi. Alcuni avrebbero additato i soccorritori di Micah, altri avrebbero accusato Steven e la fidanzata infedele. In entrambi i casi, ciò avrebbe messo il Night Light sulla lista nera di ciò che rimaneva della mafia in città.

Estraendo il suo cellulare, Zachary fece una chiamata al membro del PIT che era sotto copertura nella sezione più pericolosa del branco di lupi. Se stavano preparando quello che pensava, allora sarebbe stato saggio continuare e mandare un paio di minacce di morte al Night Light, solo per mantenere i puma in guardia, o ancora meglio...fargli chiudere il club per un po’.

*****

Angelica guardò fuori dalla finestra verso la città sottostante, pensando all’incubo che l’aveva svegliata. Vedere tutte le luci e la vita della città, anche nel bel mezzo della notte, le ridiede sicurezza ed era difficile distogliere lo sguardo.

Non aveva mai avuto un incubo prima d’ora...non aveva mai fatto un solo sogno ed era questo che la turbava di più. Strofinò le dita sul marchio sul suo palmo, incolpandolo dell’incubo. Era così persa nei pensieri morbosi che quando la porta dietro di lei sbatté, le venne quasi un colpo.

Zachary aveva aperto la porta in silenzio, nel caso in cui Angelica stesse ancora dormendo. Quando la vide lì assorta, non poté resistere alla tentazione e sbatté la porta. La sua reazione fu addirittura migliore di quanto lui avesse sperato.

“Se io fossi un demone, ti avrei morso.” la derise lui, poi abbassò lo sguardo sul pugnale che lei teneva così stretto da avere le nocche bianche. “O forse no.” si corresse lui accigliato. “Cos’ha smosso la tua gabbia?”

“Incubi.” disse Angelica sinceramente mentre allentava la presa. Nessuna bugia a riguardo... …non con lui comunque. Lei inspirò profondamente cercando di allentare la tensione delle sue spalle, poi storse il naso “Puzzi di toast bruciato.”

“Mi vuoi lavare la schiena?” Zachary fece un cenno con le sopracciglia mentre si dirigeva verso il bagno.

Angelica lanciò un’altra occhiata fuori dalla finestra prima di allontanarsi. Sentendo l’acqua della doccia si sedette sul divano, prese il taccuino accanto al portatile e cominciò a disegnare l’uomo che aveva visto nella grotta. Visto che lui l’aveva marchiata, allora l’incubo doveva essere opera sua. Iniziò dai suoi occhi e ammorbidì i tratti della matita mentre il volto prendeva forma sulla carta.

Zachary uscì dal bagno tamponandosi i capelli con l’asciugamani. Andando dietro Angelica, guardò il ritratto dell’uomo con cui l’aveva vista nella grotta. Vide la delicatezza con cui disegnava i lunghi capelli neri dell’uomo...come se il vento stesse ancora soffiando. Per essere un demone, era sicuro che sembrasse un diavolo affascinante agli occhi di lei.

“Adesso hai un odore migliore.” commentò Angelica mentre lo guardava. Tamburellando sul disegno, gli chiese “Possiamo metterci in contatto con Dean in modo da potergli mostrare questa immagine?”